venerdì 29 maggio 2020

Le grandi domande della vita: un po' di luce in questo grigio

E alla fine l'ho fatto: ecco una puntata "speciale" de Le grandi domande della vita ispirata alle domande che sono state rivolte a Gabriella Greison. La speranza è quella di riuscire a fare un lavoro migliore.
Gemelli paradossali
Bene: su questo non dovrebbero esserci problemi e spiegare cosa sia il paradosso dei gemelli non dovrebbe essere così complicato: è quando due che sono identici in tutto e per tutto e dici che sono gemelli in realtà non lo sono... Ah! No! Ho sbagliato paradosso!
Bando alle facezie, come ben racconta la vignetta di apertura, il paradosso sorge quando, di due gemelli, ne mandiamo uno nello spazio. Quando questo torna a casa, è invecchiato più lentamente del gemello rimasto sulla Terra. Bene, abbiamo risolto il problema delle pensioni: spediamo tutti nello spazio! No. Neanche questo va bene, anche perché, in effetti, una spiegazione che riporta tutto a posto c'è.
Il punto centrale della questione è che il gemello astronauta a un certo punto, quando inverte la rotta per tornare a casa, deve prima decelerare e quindi accelerare. Questo implica che il sistema di riferimento dell'astronave in viaggio verso la sua destinazione è differente rispetto al sistema di riferimento dell'astronave al ritorno. Questo vuol dire che il tempo misurato sull'astronave nei tre momenti distinti (a) viaggio verso la sua destinazione (b) arrivo (c) viaggio di ritorno è differente in ognuna di queste situazioni, come giusto che sia. E infatti facendo i calcoli corretti si scopre che il tempo trascorso per il gemello in viaggio è uguale al tempo trascorso per il gemello rimasto sulla Terra.
Sul paradosso c'è una bella canzone dei Queen scritta da Brian May. Ve la metto qui sotto anche se non è una delle particelle musicali:
L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Questa qui sopra è L'infinito di Giacomo Leopardi, che però non sembra aiutarci molto nel rispondere a una delle domande più classiche dell'essere umano: cos'è l'infinito?
In un certo senso la sua definizione è pari a domande altrettanto classiche come il chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. E le cose si complicano ulteriormente se affrontiamo il concetto dal punto di vista della matematica.
Prima di tutto un piccolo recap: l'infinito è sempre stato qualcosa di misterioso da tenere un po' nascosto. I pitagorici, in effetti, cercarono di non divulgare tutti quei numeri che erano in qualche modo legati con l'infinito, come i numeri trascendentali, che non solo avevano un numero infinito di cifre decimali, ma che non era nemmeno possibile definrli attraverso le 4 operazioni. L'esempio più noto di tale numero è proprio il $\pi$, che, all'interno della matematica occidentale, venne trattato per la prima volta da Archimede, che non aveva certo paura di trattare con l'infinito.
Archimede, però, non si spinse fino a quelle estreme conseguenze cui arrivò, parecchi secoli dopo, Georg Cantor, che secondo molti impazzì nel tentativo (ma secondo altri non sarebbe riuscito se fosse stato sano di mente!). Cantor pose le basi per la teoria degli insiemi e fornì gli strumenti per contare gli infiniti. All'interno di questa teoria, si può definire un insieme infinito quando questo risulta equipotente a un suo sottoinsieme proprio.
Un altro modo di vedere l'infinito è attraverso il concetto di limite: possiamo semplificarlo in questo modo. Si parla di infinito quando a una data quantità finita ne puoi aggiungere una grande a piacere ottenendo un numero sempre più grande senza mai riuscire a trovare il massimo.
In effetti ci sono altri modi di vedere l'infinito, tutti diversi anche se in qualche modo analoghi. La cosa più interessante è che in alcune situazioni gli infiniti si combinano tra loro in modi così incredibili da fornire risultati finiti!
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Storie di tutti i giorni
Uno dei compiti più difficili quando prendi la scienza, la rielabori e la servi al lettore è quello di cercare di fornire anche solo una piccola applicazione del risultato che stai raccontando. Il problema è quando questo risultato è così recente che ancora, di applicazioni nella vita di tutti i giorni, non ce ne sono. E così ti riduci a raccontare di quando Albert Einstein, che nella sua vita non ha mai creato nulla, creò qualcosa...
In realtà se vogliamo cercare applicazioni alla vita di tutti i giorni derivanti dalla ricerca basta effettivamente guardarsi intorno: il mondo non sarebbe quello che è se non ci fosse stato nel corso dei secoli almeno un essere umano sufficientemente curioso da cercare di capire le cose per semplificare i compiti di tutti i giorni. Ad esempio senza l'impulso a faticare di meno per trasportare oggetti non ci sarebbe stata la ruota, esempio più ovvio di ricerca applicata alla vita di tutti i giorni.
Il vero punto, allora, è: chiediti quali ricerche, quali storie, quali fatiche ci sono dietro, ad esempio, la scoperta dei tessuti che utilizziamo oggi, da quelli che indossiamo a quelli che usiamo per le tende o per coprire i tavoli. O quali ricerche hanno permesso di ottenere l'inchiostro particolare che rende la scrittura più scorrevole. Tutti questi sono esempi di scienza dei materiali, le cui applicazioni vanno dal mondo che sperimentiamo ogni giorno fino all'incredibile idea di costruire lo scudo di Capitan America!

Nessun commento:

Posta un commento