giovedì 12 agosto 2021

The Giver: Felice distopia chimica

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The Giver, di Phillip Noyce uscito nel 2014, ha un che di dickiano. Basato sull'omonimo romanzo di Lois Lowry (primo di una serie di quattro), racconta di un mondo post-apocalittico, ma non nel senso classico del termine, ma di una società che quell'apocalisse non meglio identificata l'ha superata. La storia è ambientata in una comunità piuttosto vasta, ma comunque ridotta rispetto a quanto siamo abituati, in cui sono state eliminate tutte le fonti di conflitto: invidia, competizione, gioia, amore. L'idea di base è che sottraendo tutto ciò al genere umano, si possa in questo modo impedire l'insorgere della violenza. Per sottolineare la cosa la pellicola è girata all'inizio in bianco e nero, un po' come in Pleasantville: anche se la storia era sostanzialmente differente, l'idea dietro il bianco e nero è simile, ovvero quella di sottolineare una società tutto sommato uniformata che non è in grado di apprezzare le miriadi di sfumature presenti nell'animo umano.
Il protagonista, Jonas, fa parte di un'unità familiare, composta da due genitori e da una sorella più piccola. Non sono suoi parenti per linea genetica: queste famiglie non sono costituite per libera scelta, ma attraverso delle decisioni che vengono prese dagli anziani secondo regole ben precise. Persino la sopravvivenza dei neonati è decisa da regole, in questo caso il peso del bambino. I neonati scartati vengono uccisi, ma avendo eliminato qualsiasi sentimento umano, la società e chi materialmente compie l'omicidio non prova alcun senso di colpa, non rendendosi realmente conto di quello che sta facendo.
Al compimento del suo 18.mo anno d'età, Jonas partecipa, insieme con gli altri diciottenni, alla cerimonia di assegnazione del suo compito, e lì scopre che il suo destino è quello di essere uno dei membri più importanti della comunità: il prossimo Accoglitore di Memorie, ovvero colui cui vengono affidate le memorie di tutto il genere umano. Prima, però, dovrà essere addestrato dal precedente Accoglitore, che per l'occasione diventa il Donatore.
Nelle settimane e nei mesi che seguono Jonas inizia a sperimentare una serie di eventi che altrimenti gli sarebbero preclusi dalle regole: ha il permesso di mentire, non prende le medicine del mattino, e soprattutto inizia a vedere il mondo a colori. Il problema, per la società utipica in cui vive, è che Jonas era stato sin da prima piuttosto ricettivo a queste sensazioni. Nonostante il bianco e nero, vedeva il mondo sotto un'ottica e un punto di vista differente da quello della società in cui è nato e vissuto. La percezione dei colori, tra l'altro, insieme con la capacità di provare emozioni e sentimenti, come confermato dal prosieguo della pellicola, è controllata proprio tramite le sostanze chimiche assunte dagli abitanti ogni mattina. Ad esempio Fiona, amica di Jonas (e anche qualcosa di più) inizia a vedere il mondo per un po' proprio come lo stesso Jonas quando segue il consiglio del suo amico d'infanzia e inizia a imbrogliare con una mela il sistema di somministrazione delle medicine.
Ovviamente per riportare i sentimenti nel mondo degli uomini (o quanto meno nell'insediamento di Jonas), sarebbe troppo lungo convincere uno a uno tutti gli abitanti a non prendere più le medicine, e in effetti il film ruota intorno a due cardini sostanziali: la scoperta del giovane di tutto ciò che è stato sottratto all'uomo in nome della pace e della tranquillità, e come riportare all'uomo ciò che gli è stato sottratto. Importante in questo percorso il momento della scoperta della violenza, la prima occasione in cui Jonas compie una scelta veramente sua.
Alla fine The Giver risulta un ottimo mix tra riflessione e azione con anche un cast di tutto rispetto con attori come Meryl Streep nel ruolo del capo della comunità, Jeff Bridges nel ruolo del Donatore, e Brenton Thwaites nel ruolo di Jonas, che avevo già visto in Maleficent e in Titans (in quest'ultimo caso nel ruolo di Dick Grayson).

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