giovedì 25 gennaio 2024

L'archeologa col vestito di seta

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C'era una volta un vestito di seta, uno di quelli pieni di pieghe che si portavano a fine Ottocento, negli Stati Uniti, che magari qualcuno potrebbe aver visto in qualche film o serie televisiva d'epoca. La sua storia prima del 2013 è abbastanza ignota, fatto sta che in quell'anno finì nella collezione di Sara Rivers Cofield, archeologa, che esaminandone le tasche, ritrovò un foglietto con una serie di appunti contenenti parole apparentemente scritte un po' a caso. Il foglietto, da quel momento in poi, assurse alle attenzioni dei crittografi come uno dei cifrari più difficili da risolvere di tutti i tempi. E, per essere un cifrario così irrisolvibile, ci sono voluti alla fine 10 anni per trovare una soluzione, visto che nel luglio del 2023 (data di pubblicazione online) su Cryptologia è apparso un articolo a firma di Wayne Chan con la soluzione del Silk Dress cryptogram.
Ne ha dato notizia Il Post (e leggendo il titolo mi sono chiesto chi della redazione abbia collaborato all'incredibile successo, ma ovviamente era una domanda retorica relativa al titolo) e così mi sono andato a interessare alla cosa, spulciando velocemente le sue 42 pagine. La cosa che mi ha colpito di più è stato il lavoro certosino di Chan che ha cercato tra i documenti storici fino a trovare il codice utilizzato da chi, quel biglietto, lo ha scritto. In pratica il pizzino conteneva i dati meteorologici di alcune stazioni meteo negli Stati Uniti e più che di una decifrazione, si dovrebbe parlare di una decodifica, visto che a ciascuna parola era associato un determinato significato, ora legato alla stazione meteorologica, ora alle misure effettuate o alle condizioni meteo osservabili a vista. Di fatto la scrittura e la traduzione veniva fatta con una specie di handbook (o weather codebook, come scrive Chang) a disposizione dei meteorologi.
Questi messaggi, una volta codificati, venivano telegrafati alla sede centrale con l'obiettivo di comporre una mappa del tempo sul territorio statunitense e, successivamente nel corso degli anni, anche di altri territori limitrofi, il Canada su tutti. La necessità di una codifica, però, non era legata alla segretezza di un messaggio che, in qualche modo, era comunque pubblico (chiunque può affacciarsi alla finestra), ma puramente economica: usare meno informazioni possibili per trasmettere il messaggio stesso!
Non mi perdo nella descrizione della storia dei codebook che si sono alternati in questa storia telegrafica. In questa sede mi basta semplicemente citare che il codice di codifica del messaggio in oggetto, relativo al 16 luglio del 1887, era costituito da 11 regole che servivano a trasmettere 11 informazioni precise, come le già citate stazione meteorologica, temperatura, direzione del vento e altre analoghe.
C'è una parte dell'articolo di Chan che non ho letto ma su cui Il Post perde qualche riga: di chi fosse il vestito in cui il biglietto è stato ritrovato. Una delle direzioni per le indagini dell'identità si è concentrata sull'etichetta presente all'interno del vestito, anche se a me è sembrato abbastanza ovvio che fosse l'etichetta del sarto che lo confezionò. Per cui, direi che ormai è impossibile determinare l'identità dell'ignota meteorologa che si mise in tasca il biglietto che, evidentemente, aveva appena inviato, o forse ricevuto, dall'ufficio telegrafico.

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