domenica 21 gennaio 2024

Topolino #3556: Omaggio a Praga

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Le storie con cui è, almeno personalmente, stato evidente il talento un po' barocco e un po' gotico di Fabio Celoni uscirono fondamentalmente in sequenza: Torna a casa Paperino, su testi di Fabio Michelini, uscita sul Topolino #2084, e Soul Papers, su testi di Nino Russo, pubblicata sul #2091. Se consideriamo che dal suo esordio con I 3 perocellini e la fata nel bosco, sempre di Michelini, uscita sul #1871, il suo tratto si è modificato molto poco, esordiendo sin da subito come uno dei disegnatori più personali del panorama disneyano, di fatto Celoni da qul momento in poi ha semplicemente raffinato la composizione della pagina, la recitazione dei personaggi e la ricerca delle atmosfere più congeniali proprio al suo tratto. Atmosfere che, in un certo senso, Michelini aveva fatto emergere benissimo proprio con Torna a casa Paperino e la nebbiosa scena posta nelle pagine finali di quella storia.
Inizio la recensione dell'ultimo numero di Topolino con questo tuffo nel passato perché Le nebbie di Meyrink, nuovo episodio de L'ora del terrore di Lord Hatequack (lo so che il titolo della serie è un altro, ma passatemi questa variazione!) di fatto riporta Celoni proprio a quella storia d'esordio, che in effetti sembra "tagliata" da Marco Nucci proprio sul suo stile di disegno.
La storia, in qualche modo, riporta il lettore verso La lampada bisestile, non solo per la presenza del Dottor Piuma, ma anche per il luogo di ambientazione: la nebbiosa città di Meyrink nella valle Mousekatonich. Vela la pena, quindi, spendere due righe sul citazionismo presente in questi toponimi, per poi passare a quello che effettivamente è la storia, un non troppo velato omaggio a Praga e a uno dei suoi scrittori. Inizamo dalla valle, che è una citazione della Miskatonic University, l'univarsità della città di Arkham. Sia la città sia l'università sono spesso presenti nei racconti e nei romanzi di Lovecraft, che è a sua volta omaggiato proprio con Lord Hatequack.
A sua volta la nebbiosa Meyrink è un omaggio allo scrittore gotico Gustav Meyrink, famoso soprattutto per Il golem, romanzo ambientato proprio a Praga, città nella quale si trasferì nel 1883 insieme con la madre. La bellezza del romanzo stava nelle atmosfere cupe, nel personaggio che da il titolo al romanzo, quel golem che è un vero e proprio uomo d'argilla (di fatto i vari Clayface batmaniani sono ispirati proprio dal golem) animato dalla magia cabalistica per proteggere il ghetto ebraico, e il giovane Charousek, studente di medicina, che è dei personaggi umani quello che ricordo meglio. La curiosità su questo personaggio è che a sua volta è ispirato a un famoso (all'epoca) scacchista ungherese, Rudolf Charousek. D'altra parte Meyrink è stato anche un appassionato di scacchi e anche un discreto giocatore.
Torniamo, però, alla storia: i luoghi descritti nella storia di Nucci e Celoni richiamano alla memoria proprio la città di Praga, con i suoi vicoli stretti, il quartiere di Mala Strana e il Ponte Carlo (che diventa Tarlo per l'occasione topolinesca. L'iconografia della città, poi, oscilla tra fine Ottocento e primi del Novecento. Non è un caso che quasi metà della vicenda sia ambientata nel 1924, appena 4 anni prima dell'uscita del film L'uomo che ride di Paul Leni, uno dei film gotici appartenenti alla corrente della cinematografia espressionista tedesca. Tra l'altro, a conferma di questa ambientazione a cavallo delle epoche storiche, lo stesso film del 1928 è a sua volta tratto dal romanzo omonimo di Victor Hugo del 1869. A suggerire l'accostamento tra la storia di Nucci e Celoni con questo film muto è l'avversario di Topolino, il Ladro di ombre che, soprattutto nella seconda parte della storia, ricorda e non poco Gwynplaine, con l'aggiunta di un cappello a cilindro che, invece, lo fa accostare al Cappellaio Matto, il nemico di Batman, però. E forse non è un caso che il simbolo della città di Meyrink sia una specie di pipistrello stilizzato che, in qualche modo, richiama il simbolo di Batman così come lo disegnò Ted McKeever nelle poche occasioni in cui rappresentò, con stile in un certo senso espressionista, proprio il Cavaliere Oscuro.
Alla fine di tutti questi citazionismi e spunti (e alcuni li ho omessi, altrimenti avrei rischiato di doppiare la lunghezza fin qui ottenuta), restiamo in mano con una storia di serial killer, sostituito con uno sforbiciatore seriale (e altrattanto pazzo) di ombre, che riesce a portare l'orrore, il terrore e il gotico senza la necessità di dover versare sangue, ma senza dimenticare nemmeno di far sorridere, se non addirittura ridere.
Ancora una volta resta poco spazio (e poca concentrazione) sul resto del sommario. In particolare mi concentrerei sul terzo episodio della saga pietresca delle Giovani Marmotte. Con La pietra miliare Bruno Enna e Alessandro Perina portano Bob Tycoon, Newton e nipotini nell'antica Londra, quella dell'imperatore Adriano, alla ricerca di una scheggia della pietra miliare che dava inizio alla strada romana di Londra. E' interessante come il viaggio nel tempo di Newton e soci venga rappresentato dai due autori molto alla Intertellar (ovviamente mi riferisco al viaggio all'interno del buco nero). E forse è questo il limite principale della nuova saga di Enna: è più appassionante per questi aspetti che non per la ricerca in se dei nostri eroi.

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