venerdì 21 giugno 2024

Le grandi domande della vita: Due non fanno tre

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Come ormai succede ogni volta che vado in Osservatorio, scendo sempre una fermata prima (a meno che non devo passare dall'edicola, anticipando così a due) per poter fare una breve passeggiata. E quella mattina, un giorno dei primi di giugno dopo la chiusura della scuola, incrocio una madre con il figlio che ripete perché più volte. E lì mi viene in mente una frase che mia nonna diceva per spegnere il mio periodo dei perché:
Perché due non fanno tre
Erano anni che non riflettevo su questa frase, ma l'effetto di tornarci oggi rispetto a quando ero bambino è quello di pensarla in termini matematici. Da un punto strettamente superficiale la risposta implica la matematica più elementare: il fatto che due oggetti sono evidentemente un numero differente rispetto a tre oggetti, per esempio due mele sono diverse da tre mele (anche se magari si possono trovare mele tali per cui due mele hanno lo stesso peso di tre mele, ma già questo è pensare da fisici e in questo specifico caso sì che due fanno tre!). Il passo successivo, però, è chiedersi: ma veramente due non fanno tre?
La prima prova che si potrebbe fare è ragionare in termini di matematica (o aritmetica) modulare. L'operazione di modulo restituisce, di fatto, il resto della divisione di un numero per un altro, generando le classi di equivalenza tra i numeri che hanno lo stesso resto. Quindi, per esempio \(15 \equiv 3 (\mod 12)\), ma anche \(27 \equiv 3 (\mod 12)\), questo perché dividere sia 15 sia 27 per 12 da come resto 3. L'uso del modulo 12 come esempio è dovuto al fatto che l'orologio è l'esempio di matematica modulare con cui abbiamo maggiore dimestichezza.
In termini di matematica modulre \(3 \equiv 1 (\mod 2)\) per cui saremmo tentati di dire che due fanno tre perché il resto della divisione di 2 con 1... Un attimo! L'operazione di modulo non implica alcuna sottrazione, inoltre, in termini del modulo 1 avremmo che \[n \equiv 0 (\mod 1) \forall n \in N\] In questo caso, però, potremmo al massimo affermare che \[(2n+1) \equiv 1 (\mod 2) \forall n \in N\] ovvero che tutti i numeri dispari sono equivalenti a 1 in modulo 2, quindi sicuramente due non fanno tre, ma tre possono fare 1!
Non è finita qui: forzando un po' la faccenda esiste, in effetti, una situazione in cui due fanno tre che fanno quattro che fanno cinque ecc... Prendiamo la base due. Essa è costituita da due sole cifre, 1 e 0. In questo caso \[2 \equiv 10_{2}\] dove il pedice sul 10 indica la base numerica mentre sul due l'ho omesso considerando la base 10 come quella standard.
Prendiamo ora la base 3. In questo caso le cifre sono 0, 1 e 2 e allora il 3 in questa base è equivalente a \[3 \equiv 10_{3}\] E più in generale, dato un qualsiasi \(n\) \[n \equiv 10_{n}\] Si, in un certo senso è un po' come barare, ma dietro c'è anche un'idea che ritengo un po' più raffinata: qualunque base numerica che utilizziamo per contare è sostanzialmente equivalente a qualunque altra e la scelta di una o dell'altra è legata agli usi. Per esempio, nonostante le basi più naturali per noi siano la base 10 e la base 20 (in questo caso contando tutte le dita a nostra disposizione), il nostro cervello ascolta la musica in base 12 (le 12 note musicali) mentre i nostri computer calcolano in base 2 (ma non solo).
Alla fine, provando a esaminare un po' più a fondo, anche provando a smontare una frase banale come la risposta di mia nonna al mio se bambino, abbiamo "scoperto" tre ambiti della matematica differenti, che ci restituiscono ancora una volta una disciplina molto più viva e meno arida di quel che si ritiene.
L'immagine in apertura è stata generata con NightCafe

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