domenica 30 settembre 2012

The dune and the spice

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The beginning is a very delicate time. Know then that it is the year 10191. The Known Universe is ruled by the Padishah Emperor Shaddam IV, my father. In this time, the most precious substance in the universe is the spice Melange. The spice extends life. The spice expands consciousness. The spice is vital to space travel. The Spacing Guild and its navigators, who the spice has mutated over 4,000 years, use the orange spice gas, which gives them the ability to fold space. That is, travel to any part of universe without moving.
Oh, yes. I forgot to tell you — the spice exists on only one planet in the entire universe. A desolate, dry planet with vast deserts. Hidden away within the rocks of these deserts are a people known as the Fremen, who have long held a prophecy that a man would come, a messiah who would lead them to true freedom. The planet is Arrakis, also known as Dune.
(from Dune's film by David Lynch | animation by Pascal Blanche)

sabato 29 settembre 2012

La logica a fumetti

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All'interno del vasto mondo della divulgazione, una delle serie più di successo mai realizzata nel mondo anglosassone è quella degli Introducing. Ognuno di questi libri, che vengono ancora oggi prodotti, assegnati, per quel che riguarda i testi, ad abili accademici, ha certamente un vantaggio che ne permette una buona diffusione spesso indipendentemente dal valore dell'opera stessa: uniscono il saggio scientifico con il racconto a fumetti.
Più che un vero e proprio racconto a fumetti, però, ognuno degli Introducing è più un libro illustrato, dove solo in alcune occasioni spuntano delle pagine a fumetti classiche, mentre l'impostazione è spesso molto più quella dei poster (o delle infografiche, come si dice nel mondo 2.0). Il primo editore in assoluto a portare gli Introducing in Italia è stata la Feltrinelli: è d'obbligo citare titoli storici come Einstein, Darwin, Wittgenstein, ma soprattutto i libri di produzione più recente sono arrivati in Italia grazie alla Raffaello Cortina Editore. Sono così arrivati sugli scaffali titoli come La relatività a fumetti, L'evoluzione a fumetti, Il tempo a fumetti, tutti certamente argomenti più o meno complessi, ma a ben guardare il più complesso di tutti è sicuramente quello che affronta La logica a fumetti di Dan Cryan e Sharron Shatil, rispettivamente dello University College di Londra e della Open University di Israele, illustrato da Bill Mayblin.
L'argomento trattato dai tre coraggiosi autori è sicuramente di quelli difficili. La logica non è certo una disciplina banale, a incominciare dalla sua formulazione più semplice, quella che fino a qualche anno fa era praticamente obbligatoria nei programmi scolastici di matematica. Il primo ostacolo che bisogna affrontare è dare una buona definizione di logica, una di quelle che sia solida e salda nel tempo, e assolutamente indipendente dal tipo di logica utilizzata (perché di logiche ce ne sono più d'una, come vedremo). Una buona definizione è certamente quella proposta in fondo alla prima pagina dell'Introducing di oggi:
La logica è semplicemente lo studio delle argomentazioni che conservano la verità.
Se però adesso inizio a fare il pignolo e scrivo che si potrebbe definire la logica usando la conservazione della falsità e non cambierebbe assolutamente nulla nella bontà della definizione poc'anzi proposta, probabilmente qualcuno inizierebbe a lasciare questo articolo in questo punto preciso. Questa precisazione, però, è semplicemente un modo per far comprendere quanto, in effetti, la logica non sia una strada così semplice da percorrere, e che spesso, invece, è usata un po' troppo alla leggera un po' in ogni ambito (fateci caso, magari prima di andare a letto, ripensando alla giornata).
Molto spesso, infatti, pretendiamo dalla logica che questa ci dica se una tale affermazione sia vera o falsa, ma in realtà la logica semplicemente ci dice se un ragionamento è corretto o meno, ovvero se a partire da una data argomentazione posso dedurre la verità o la falsità di una tesi a partire dalle ipotesi iniziali.
Chiarito questo punto iniziale, possiamo provare ad addentrarci un po' nella storia della logica, che poi è proprio quello che fa La logica a fumetti.
Tutto iniziò con Aristotele, che pose le prime regole della logica interessandosi agli enunciati, in particolare a degli enunciati semplici contenenti un singolo predicato. Grazie agli enunciati, Aristotele fu in grado di costruire dei sillogismi, ovvero una serie di tre enunciati, legati uno all'altro in modo logico, tali per cui la conclusione risulta automaticamente vera a partire dalla verità dei primi due enunciati. Ovviamente basta che uno solo dei due enunciati sia falso o che non ci sia alcun nesso tra i primi due enunciati per rendere falsa o invalida la conclusione.
Il primo salto di qualità la logica lo fece quasi subito grazie a Crisippo di Soli, il primo ad utilizzare i connettivi logici (ovvero paroline come e, o, se), assolutamente mancanti nella prima formulazione aristotelica. Per riscorpire i risultati di Crisippo e poter anche avanzare sulla strada della logica, però, si dovette attendere il XVII secolo e l'arrivo di Leibniz che scardinò, in questo caso nella logica, il predominio della filosofia aristotelica, sponsorizzata dalla chiesa cattolica, un po' come fecero Galileo e soci nel campo della fisica e dell'astronomia.
Leibniz, però, oltre a fornirci una logica simbolica, ci lasciò anche la così detta reductio ad absurdum o dimostrazione per assurdo. Il metodo funziona molto semplicemente negando una delle ipotesi di partenza: se questa negazione porta a una contraddizione, allora l'enunciato che è conseguenza dell'ipotesi negata è vero. Il metodo viene proficuamente applicato in particolare quando è molto complicato dimostrare direttamente la verità di un qualche teorema, mentre spesso arrivare a una contraddizione logica è decisamente più semplice.

venerdì 28 settembre 2012

WikiLovesMonuments: Parabiago

Utilizzando l'applicazione per Android, che ricordo funziona cercando i monumenti sul database di quelli rilasciati dalle istituzioni pubbliche e private che li hanno in carico, ho caricato su Commons due della sessantina di monumenti disponibili a Parabiago, dove sta per finire la supplenza che mi ha fatto cambiare idea riguardo la mia partecipazione allo ScienceCamp2012 che si terrà a Riva del Garda durante la Blogfest 2012: Vi ricordo della festa luzzese collegata con il concorso.

mercoledì 26 settembre 2012

Lucca Comics & Science 2012

Tra e-mail e telefonate Andrea Plazzi è riuscito a organizzare un evento a dir poco interessante: un ciclo di tre incontri all'interno di Lucca Comics 2012 in cui si parlerà di fumetti e scienza, e che vuole essere solo la prima di una si spera lunga serie di eventi di questo genere. Andrea, su suggerimento dell'altro organizzatore, Roberto Natalini, mi ha invitato a partecipare e quindi andrò, proprio grazie alla scienza, alla mia prima Lucca Comics! Di cosa parlerò? Forse a braccio di quel che mi viene in mente, adattandomi alla discussione, forse con una mezza idea su Feynman, ma non di questo romanzo tanto atteso, che per Lucca ancora non avrò ancora letto, ma della sua figura in generale di grande fisico e divulgatore, al di là delle rappresentazioni fumettistiche. Questa, però, è solo un'idea, un abbozzo, che prima mi devo occupare d'altro!
Ad ogni modo, eccovi la presentazione dell'evento:
Lucca Comics & Science è una sezione del programma culturale di Lucca Comics & Games che cercherà di promuovere il binomio Lucca-Scienza, esplorando rapporti e collegamenti tra quest'ultima e l'intrattenimento come momento formativo cruciale per la crescita dell'individuo.
Quindi Scienza e Comics, Games e Animazione, lo "zoccolo duro" del festival, per allargarsi a letteratura, cinema, poesia, spettacolo, Internet.
Gli ultimi anni hanno visto il lento, costante ampliamento della presenza di temi scientifici nei media e nella comunicazione, col successo di massa di Festival e l'esplosione (in termini relativi) del numero delle matricole di corsi universitari scientifici "di base" (Matematica, Fisica, Informatica).
Si tratta di un andamento globale, come confermato dal successo internazionale di serie di culto e ormai longeve come The Bing Bang Theory, dove spunti tipicamente scientifici e i tanti riferimenti pop alla cultura dell'immagine si integrano in una brillante "situation comedy".
Nelle prime edizioni un ruolo privilegiato l'avrà la matematica, di cui si vogliono dimostrare le potenzialità comunicative spesso insospettate.
La prima edizione esplora attraverso una breve serie di incontri alcuni dei temi che verranno approfonditi a partire dal 2013, con il contributo di ospiti internazionali di assoluto rilievo scientifico (e – come vedremo – mediatico).

Il programma, più o meno dettagliato, lo trovate su MaddMaths!

martedì 25 settembre 2012

Frozen Space

- How many stars are there in the universe?
- So many! More than you could ever count!
- Is there music in space?
- No theres only silence.
- But silence is music!
- Yes, if you know how to listen.
- Are there other people in the universe?
- Thats a good question. What do you think?
- I dont know!
- The universe is bigger than anything, so if its just us, It seems like an awful waste of space!
(from Frozen space by Mandragora Scream)

Una parte grande quanto il tutto

Ieri ero quasi entrato in una delle terze della scuola dove sto supplendo (materia: fisica) quando un paio di studenti della classe quarta della stessa sezione mi chiamano per pormi una domanda. Mi aspetto uno dei soliti giochini di matematica creativa, quand'ecco invece una domanda decisamente inaspettata, una domanda sull'infinito!
Di infinito se ne era già scritto, qui sopra, e visto che questi link potrebbero servirmi, vale la pena, prima di ricapitolare velocemente la questione, metterli a disposizione in queste prime righe, ovvero Georg Cantor, l'uomo che ha sviluppato la matematica dell'infinito; le recensioni sui tre libri dedicati all'infinito; Quella sagoma di Arlecchino, che nella seconda parte propone il paradosso di Banach-Tarski.
Detto questo iniziamo subito: il numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1]$ dei numeri reali è, ad esempio, lo stesso del numero di elementi contenuti nell'intervallo $[0;1000]$. Prima di rispondere, tra l'altro positivamente alla domanda, bisogna introdurre un primo concetto, ovvero quello della cardinalità: con questa proprietà in pratica si identificano il numero di oggetti contenenti in un dato insieme. Ad esempio gli oggetti contenuti nell'insieme portamonete coinciderà con il numero di monete contenute nel nostro portamonete. Quando gli insiemi cui pensiamo sono insiemi finiti, è semplice vedere che un qualsiasi sottoinsieme ha cardinalità inferiore all'insieme dato, a meno di non prendere come sottoinsieme l'insieme stesso. Quando però gli insiemi sono infiniti, la questione diventa leggermente meno intuitiva.
Il primo ad accorgersi di questo fatto fu il nostro Galileo Galilei, che scoprì quello che poi venne chiamato come Il paradosso di Galileo: la cardinalità dell'insieme dei numeri interi è la stessa dell'insieme degli interi quadrati, o detta in altri termini tutti i numeri naturali sono la radice quadrata di un altro numero naturale. O detta ancora più semplice: di qualunque numero naturale posso sempre calcolare il quadrato. Se così non fosse, i naturali sarebbero superiori ai naturali al quadrato.
In questo modo io sto associando a ciascun numero naturale il suo quadrato, ovvero sto costruendo una corrispondenza biunivoca, ovvero una operazione che mi associa ad ogni elementi di un dato insieme A uno e un solo elemento di un altro insieme B. Quando tra due insiemi A e B esiste una corrispondenza biunivoca, allora i due insiemi hanno la stessa cardinalità.
Questa prima stranezza scoperta (o forse riscoperta) da Galileo è semplicemente un indizio della forse ancora più strana proprietà che un qualsiasi sottoinsieme dei numeri reali ha la stessa cardinalità dell'insieme di tutti i numeri reali. E questo vuole anche dire che tutti i sottoinsiemi della retta reale hanno tra loro la stessa cardinalità.
Un modo per vederlo graficamente è utilizzare il paradosso del cerchio(1):
Facendo partire delle rette dall'origine del cerchio, posso associare ciascun punto di una qualsiasi corda all'interno della circonferenza con ciascun punto di una corda più grande o, addirittura, con ciascun punto della retta tangente del cerchio e parallela alla corda!
Forse è una dimostrazione un po' semplicistica, ma ha il pregio di essere semplice e diretta e, soprattutto, spero sia sufficiente per convincere i miei studenti e placare la loro sete di curiosità matematiche, senza che debba passare l'ore prevista della giornata di oggi a raccontare i numeri trascendentali e altri paradossi sull'infinito.

(1) Immagine tratta da Galileo's Views on Infinity di Lubański, M., pubblicato su The Galileo affair: A meeting of faith and science, Proceedings of the Cracow Conference, May 24-27, 1984

lunedì 24 settembre 2012

I Gabinetti di Fisica

La storia di come è nato il primo esperimento di barcamp scientifico, lo ScienceCamp2012 ospitato all'interno della Blogfest di fine settembre, quella a Riva del Garda dove vengono consegnati i Macchianera Blog Award, è stata ottimamente riassunta da Beatrice Mautino. Alla discussione su facebook non ho partecipato, ma mi sono piacevolmente ritrovato coinvolto nel giro di e-mail che è seguito quando la proposta si è effettivamente concretizzata grazie all'organizzazione della Blogfest. All'inizio contavo di partecipare anche io, ma un'imprevisto sotto forma di supplenza in un liceo scientifico mi impedisce di essere a Riva del Garda: viaggio troppo complicato e lungo per poter salvare capra (la giornata di lavoro al liceo) e cavoli (la presenza a Riva del Garda). Mi dovrò, così, accontentare di guardare da lontano, se magari ci sarà uno streaming, la riunione, al massimo di contribuire via blog o, se la tecnica potrà, di partecipare via chat. Una mezza idea in questo momento la sto portando avanti, ma molto probabilmente si concretizzerà in occasione di Comunicare Fisica 2012, che quest'anno di terrà a Torino e dove dovrei essere presente l'11 ottobre. E allora, leggendo il post di Beatrice di cui sopra, mi è venuta in mente una lettura recente, che tral'altro si ricollega all'esperienza di Comunicare Fisica 2010: un articolo uscito sul Giornale di Fisica vol.50, n.3, del 2009, preso proprio a quella conferenza, dedicato ai così detti "Gabinetti di Fisica". Queste istituzioni, un po' laboratori, un po' luoghi di incontro e discussione, un po' luoghi anche di divulgazione, mi hanno dato la sensazione di essere molto sperimentali e dinamici, un po' come spero possano diventare i barcamp scientifici nostrani. E allora ho pensato che pubblicare un paio di passaggi da quell'articolo potrebbe essere una buona introduzione al barcamp di Riva del Garda.
Buona lettura!


Origine e sviluppo dei Gabinetti di Fisica in Italia
A partire dal XVII secolo, con la nascita della Fisica Sperimentale, nuovi strumenti scientifici fecero la loro comparsa. Tali strumenti si differenziavano radicalmente dalla grande maggioranza degli strumenti antichi, giacché questi ultimi avevano scopi essenzialmente pratici, quali la navigazione o l'agrimensura. Strumenti come ad esempio termometri, barometri, pompe a vuoto e così via, erano invece autentiche "macchine fisiche" atte a consentire l'osservazione dei fenomeni naturali e la dimostrazione delle leggi fisiche secondo il metodo sperimentale. Gradualmente, tra la fine del XVII secolo e l'inizio del XVIII secolo, le "macchine fisiche" trovarono uno specifico luogo di raccolta, sovente denominato "Gabinetto di Fisica".
La fine del XVII secolo segna anche l'esordio di una nuova modalità di insegnamento della fisica in ambito accademico, e in particolare, come per prima accadde presso le Università di Oxford, Cambridge, Londra, Leida, quello della dimostrazione con macchine fisiche. Tra i più abili dimostratori si ricorda la figura dell'abate Jean-Antoine Nollet, il cui trattato Leçons de physique expérimentale (pubblicato a Parigi tra il 1743 e il 1748) presenta oltre 350 esperimenti. Molto spesso le macchine fisiche erano finalizzate all'intrattenimento della colta nobiltà dell'epoca, e talvolta gli apparati si trovavano anche all'interno delle case di facoltosi personaggi e principi. Notevole fama ebbero alcuni Gabinetti di Fisica privati quali quello dello zar Pietro il Grande, di lord Cowper a Firenze e di Laura Bassi a Bologna, tutti attivi intorno alla metà del Settecento. Altrettanto significativo fu il Gabinetto di Fisica del re Ferdinando II di Borbone a Napoli, attivo nel secolo successivo.
Nelle università le macchine fisiche furono dapprima di proprietà dello stesso insegnante di fisica sperimentale che spesso faceva "lezioni private", cioè lezioni pagate dall'università tenute dal professore spesso in "sua propria casa". Queste "macchine" furono poi acquistate dalle università stesse e confluirono, assieme a donazioni provenienti da collezioni private, nei Gabinetti di Fisica, generalmente istituiti con delibera delle università. Tra il secolo XVIII e il XIX nacquero così in Italia importanti Gabinetti di Fisica. Uno dei primi fu quello di Torino, le cui origini risalgono probabilmente al 1721. Altri importanti Gabinetti sorsero a Padova (col Teatro di Filosofia Sperimentale di Giovanni Poleni risalente al 1740), Bologna (al cui sviluppo, risalente al 1745 contribuì Papa Benedetto XIV con importanti donazioni), Roma (Teatro fisico della Sapienza, 1748), Perugia (fondato da Luca Antonio Pellicciari nel 1759), Pavia (1771), Modena (risalente al 1772, data nella quale Francesco III chiamò ufficialmente ad insegnare la "Fisica generale" Fra Mariano Morini di Parma), Genova (1784), Napoli (Gabinetto Fisico del re Ferdinando II di Borbone, 1813), Urbino (1832).
Fondi particolari erano stanziati anche a scopo di compenso del "macchinista", un abile artigiano addetto alla manutenzione delle "macchine" e che eseguiva materialmente esperienze dimostrative di quanto spiegato dal "Professore". Questo personaggio, "spesso uomo di scienza, era un abilissimo artigiano, capace inoltre di realizzare nuove apparecchiature su richiesta del docente. Il macchinista aveva anche l'incarico di migliorare, adattare strumenti acquistati da costruttori italiani, francesi, inglesi, tedeschi oppure oggetto di lasciti. A volte lo stesso professore era costruttore ed ideatore di strumenti o ne seguiva da vicino la realizzazione".
Sebbene i Gabinetti di Fisica universitari fossero nati da esigenze di insegnamento e di studio, anche l'aspetto della divulgazione della nuova scienza sperimentale era considerato importante. Ad esempio, a Roma, durante il pontificato di Pio VI (1775-1799), l'insegnamento della fisica venne regolamentato, stabilendo anche che nel periodo di vacanza, per quindici giorni, il professore doveva tenere presso il Teatro fisico altrettante lezioni pubbliche con esperimenti eseguiti dal macchinista.

domenica 23 settembre 2012

Libri di sangue: le stelle della morte

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Raccontiamo la versione semplice: avete mai letto L'uomo tatuato illustrato di Ray Bradbury? Sul corpo di un uomo che vaga in giro per gli Stati Uniti ci sono dei tatuaggi che cambiano continuamente, raccontando storie ogni volta differenti. Sostituite ora all'uomo tatuato di cui sopra un altro completamente ricoperto di sangue, che però non si dispone in forme particolari, come dei tatuaggi, per esempio, ma veri e propri racconti, ognuno scritto con una scrittura differente. Questi sono i Libri di sangue di Clive Barker, autore horror non proprio diffusissimo in Italia, nonostante in patria sia tra i più apprezzati del genere, ma che sta arrivando nel nostro paese, dopo l'uscita di alcuni fumetti tratti da alcune delle sue opere e pubblicati dalla Magic Press (ad esempio La casa delle vacanze di Chris Oprisko e Gabriel Hernandez), anche grazie alla Castelvecchi che ha iniziato a pubblicare proprio i suoi Libri di sangue, una raccolta di racconti dell'orrore decisamente inquietanti.
Ognuno dei racconti contenuti in questo primo libro propone un orrore differente: si va dal serial killer mistico, sullo stile del Jack lo squartatore di Robert Block (Macelleria Mobile di Mezzanotte), alla versione moderna della casa infestata, dove più che una casa infestata c'è una intera scuola posseduta (Mai dire maiale). Di tutto il libro, però, il racconto che più mi ha colpito è stato sicuramente In collina, le città, dove una coppia di omosessuali leggermente in crisi, in gita nei territori dell'ex-Jugoslavia, sarà testimone di un epico e tradizionale scontro tra due paesotti vicini, uno scontro incredibile e al tempo stesso terribile, dove il minimo errore rischia di spopolare per molti e molti anni entrambi i due campanili.

sabato 22 settembre 2012

Casi violenti

Spero non vi offenderete per l'accostamento nel finale della recensione, ma sento che è importante e va considerato d'ispirazione, soprattutto in un momento particolare come questo!

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Il 1987 fu uno degli anni più importanti per il fumetto, con l'uscita di molte opere di un certo spessore. Cito le stesse tre presenti nell'introduzione di Paul Gravett(2): Maus di Spiegelman, lungo romanzo a fumetti sulla seconda guerra mondiale; Dark Knight di Frank Miller, uno degli autori di maggior successo del periodo grazie alle sue interpretazioni di Devil sulla sua serie regolare e di Batman su Year One; Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons.
In particolare Moore, tra gli sceneggiatori, era in quel momento il principale punto di riferimento, grazie a opere come la serie Swamp Thing, ereditata da Len Wein, creatore del personaggio, o alle incredibili storie di Capitan Bretagna, ma soprattutto grazie a V for Vendetta con Sam Lloyd, una critica politica al governo della Tatcher nascosta in un fumetto popolare di intrattenimento di genere distopico. Moore, oggi, scrive poco, ha in un certo senso lasciato spazio ai giovani, a coloro che hanno cercato di prenderne l'eredità, scrittori come Grant Morrison, Mark Millar, Brian Michael Bendis. A questa categoria, però, appartiene anche Neil Gaiman, che nel 1987 era un giovane giornalista che cercava di raccontare quei fumetti di cui sopra (e molti altri) al grande pubblico, e che cercava anche di scriverlo, un fumetto.
E fu fortunato, perché incontrò Dave McKean e il già citato Gravett, che accettò l'idea che i due autori alle prime armi (o quasi: mentre Gaiman si era fatto le ossa come giornalista, McKean aveva già proposto nel giro dell'autoproduzione un po' di suoi lavori) gli stavano proponendo: un fumetto di 4-5 pagine che alla fine divenne Casi violenti, il fumetto d'esordio di Gaiman, la sua prima collaborazione con McKean, uscito proprio in quel fortunato anno, il 1987.
Forse Casi violenti non è un'opera epocale, una di quelle pietre miliari che hanno cambiato il mondo del fumetto, come Maus o Dark Knight o Watchmen, ma è un ottimo fumetto, uno di quelli che sembra fatto apposta per sintetizzare una atmosfera, uno stile di racconto che ha radici ben precise e identificabili come il noir ma che nelle mani dei due esordienti è al tempo stesso nuovo.

venerdì 21 settembre 2012

Il caso

"Come osa parlare delle leggi del caso? Il caso non è forse l'antitesi di tutte le leggi?" Così dice Bertrand all'inizio del suo Calcul des probabilités (Calcolo delle probabilità). La probabilità è opposta alla certezza, questa è tutto ciò che è sconosciuto e quindi sembra che non si possa calcolare. Vi è una contraddizione apparente, almeno, su cui molto è già stato scritto. Prima di tutto cos'è il caso? Gli antichi distinguevano tra i fenomeni che sembravano obbedire alle leggi armoniose stabilite una volta per tutte mentre quelli attribuiti al caso erano quelli che non potevano essere previsti perché erano ribelli a qualunque legge. In ogni area, legislazioni specifiche non decidevano nulla, hanno solo tracciato i limiti entro i quali era permesso muoversi in maniera casuale. In questo progetto, la possibilità di parola aveva un preciso significato, uno scopo: quella che è stata l'occasione per uno, era anche l'occasione per un altro e anche per gli dei.

(Henri Poincaré, Science et Méthode, traduzione dall'originale francese con l'ausilio di Google Translate passando però dall'inglese | un grazie a pollon sbattimento).

giovedì 20 settembre 2012

Il verde, il blu e la libertà di scelta

Nel 2010 il Consorzio Enfapi, ditta specializzata nella formazione professionale, ha diffuso per le strade di Treviglio questo manifesto:
Come spesso succede ho scovato il manifesto grazie a tumblr, che mi ha permesso di scoprire come sia tornato quest'anno a fare il giro dei blog, probabilmente grazie al perdurare dello stato di crisi. E' finito infatti nelle pagine estive di ROARS e PrecariaMente e su quelle settembrine di Book and Negative e di strategie evolutive, dove c'è un'accorata difesa dei laureati che mi sento di condividere in toto. Eppure:
Sono laureato (con lode), faccio il professionista e non guadagno male, tuttavia sono il primo a dire che la pubblicità di enfapi dipinge la realtà, oltre ad essere azzeccata. L'italia ha bisogno di ottimi laureati, in discipline scientifiche, non ti eserciti di modesti laureati in scienze dell'educazione, psicologia, giurisprudenza, lettere, economia (a treviglio), etc. Ha quindi molto più senso invitare, chi è portato, verso i lavori manuali, che sono notoriamente molto ben pagati.
Credo che il punto stia tutto qui: l'Italia ha prodotto una quantità immane di laureati inutili e generalmente poco preparati, rendendo la vita difficile a quei pochi realmente qualificati e preparati che negli stessi anni venivano formati. E l'esistenza dei primi ha generato un circolo vizioso per cui a subire l'astio e l'incomprensione della gente sono soprattutto i secondi, ovvero matematici, chimici, fisici e via discorrendo.
Per cui se c'è qualcuno che impedisce alle scuole prima e alle università poi di farsi carico della formazione di gente che non ha voglia di studiare o non ne ha la testa, ne trarremo tutti un gran vantaggio e la libertà di scelta individuale non farebbe altro che aumentare.
D'altra parte la formazione professionale non universitaria (scusate se aggiungo questa precisazione solo ora, ma d'altra parte anche la formazione universitaria è professionale!) rischia di essere solo un rimandare il problema, visto che difficilmente un ragazzo preparato ad affrontare un lavoro manuale potrà essere pagato quanto un extracomunitario in nero...

mercoledì 19 settembre 2012

La chiave di Volta

Ero nella sala insegnanti del liceo scientifico di Piarabiago dove mi trovo a fare una supplenza di fisica, l'altro giorno, aspettando l'inizio di quello che sarebbe stato un lungo e noioso collegio dei docenti, quando la mia attenzione viene colpita da un articolo in bacheca, dal titolo interessante. In particolare c'è questo passaggio:
I docenti che arrivano nel nostro istituto, anche quelli di ruolo, seguono un corso sulle nostre procedure di qualità e vengono affiancati per il primo anno da un collega. L'obiettivo è di uniformare l'approccio sia organizzativo sia didattico, evitare per esempio che un nuovo insegnante dia voti più bassi o più alti o assuma attegiamenti completamente divergenti rispetto al gruppo docenti
(Roberto Silvani, preside del liceo Volta di Milano, tratto da un articolo di Federica Cavadini)
Ho pensato immediatamente al modello finlandese, quello che citavo un paio di giorni fa, e al fatto che c'è gente in Italia che non aspetta l'arrivo di un qualche legislatore per applicare le buone pratiche che ci vengono dall'estero.

martedì 18 settembre 2012

Mi vergogno

Cercherò di farvi capire perché e soprattutto di cosa. Ricostruiamo la storia, un po' grazie alla buona creanza di chi l'ha iniziata, un po' grazie a una delle migliori applicazioni twittere per Android alternative a quella ufficiale, TweetCaster.
Tutto inizia con Emanuela che, via twitter, condivide questa pagina dall'account facebook di (Cattiva) Scienza in TV, un progetto che ho contribuito a fondare e che ho spinto all'inizio della sua carriera (metto anche lo screenshot per motivi che saranno chiari alla fine del post):

lunedì 17 settembre 2012

Gli insegnanti sono la chiave

A fine agosto dello scorso anno sul New York Times Sol Garfunkel e David Mumford hanno lanciato una proposta (tradotta in italiano da Roberto Natalini su MaddMaths!) per migliorare l'insegnamento della matematica negli Stati Uniti. Un problema simile lo si è recentemente riscontrato anche in Inghilterra dove la matematica, trattata come tutte le altre materie, viene lasciata dagli studenti subito dopo i primi approcci con la disciplina. In entrambi i casi sono molto interessanti le considerazioni che Flavia Giannolli fa su MaddMaths! e su dueallamenouno. In particolare in quest'ultimo articlo viene suggerita l'importanza di una migliore formazione degli insegnanti da una parte e di un incoraggiamento degli stessi. In effetti questa proposta sembra fare eco a quanto scrive Irwin Kra sul numero 4 del 59.mo volume dei Notices of the AMS(1):
Non ci sono abbastanza insegnanti di matematica ben informati e talentuosi nelle nostre scuole pubbliche e in molte di quelle private. Molte classi sono tenute da persone con poca conoscenza e scarso amore verso la matematica.(1)
Per cui una prima importante soluzione proposta da Kra è
Formare e selezionare i migliori insegnanti è indipendente dalla revisione dei curricula.(1)
Ciò che stupisce è che a queste stesse conclusioni erano giunto un report del settembre 2007 condotto da Barber e Mourshed, How the world’s best-performing schools come out on top. Il report, esaminando i dati delle indagini PISA (Programme for International Student Assessment) sul livello di istruzione degli studenti dell'area OCSE, determinato un gruppo di top performers all'interno del sistema, è arrivato a delle conclusioni molto interessanti:
L'esperienza di questi sistemi top performers suggerisce che tre sono le cose che hanno maggiore importanza: 1) scegliere le persone adatte a diventare insegnanti; 2) trasformarle in validi educatori e 3) fare in modo che il sistema sia in grado di assicurare la migliore istruzione possibile ad ogni studente.(2)
In generale tutti i sistemi virtuosi preselezionano i futuri insegnanti nella fascia alta dei laureati e successivamente propongono un percorso altamente specializzante ed estremamente selettivo. Ad esempio nel sistema finlandese
- Gli aspiranti insegnanti appartengano alla fascia superiore dei laureati (20%). 300 domande a risposta multipla per verificare le conoscenze aritmetiche di base, la padronanza della lingua, e problem solving (per l'accesso ai corsi di formazione).
- Tests per valutare le capacità di gestione delle informazioni, di pensiero critico e di sintesi dei dati.
- Verifica delle attitudini all'insegnamento. Colloqui mirati a valutare le motivazioni all'insegnamento, all'apprendimento, le capacità di comunicazione e l'intelligenza emozionale (abilità a percepire, valutare e gestire le proprie emozioni e quelle di un gruppo).
- Verifica delle attitudini all'insegnamento. Esercizi di gruppo e prove di insegnamento; tests di comunicazione e rapporti interpersonali.
- Dopo aver superato il corso di formazione, i candidati sono scelti dalle singole scuole.(2)
Questo percorso serve per farsì che i neo-insegnanti rispettino alla fine tre condizioni di base:
- Gli insegnanti debbono essere in grado di individuare le carenze del loro modo di insegnare.
- Gli insegnanti debbono essere in grado di acquisire modalità di insegnamento alternative; in generale, questo passaggio è possibile solo mediante "dimostrazioni" che si svolgono nelle classi.
- Gli insegnanti devono essere motivati a migliorare il loro rendimento. Questa motivazione non è, in generale, suscitata da incentivi materiali ma solo da alte aspirazioni, da un senso condiviso del progetto educativo, e, soprattutto, da una convinzione collettiva di poter fare insieme la differenza.(2)
A proposito di quest'ultimo punto, Kra(1) sembra invece pensarla diversamente, ovvero che il salario è una grande parte dell'equazione(1). Probabilmente ciò deriva dal fatto che quello degli Stati Uniti non è uno dei sistemi top performer e lo stipendio di base di un insegnante è probabilmente inferiore rispetto a quello di una carriera altrettanto qualificata:
Gli insegnanti sono assunti inizialmente a tempo determinato con uno stipendio paragonabile a quello di professioni che richiedono una formazione simile(2)
Questo tempo determinato non è di pochi mesi, ma si protrae tra i 3 e i 5 anni, tempo ritenuto sufficiente per ottenere la fase conclusiva della formazione e valutare il neo insegnante nel modo più completo possibile.
Per ottenere tutto questo, però, viene portato avanti un programma che può essere così esemplificato:
- Costruire abilità di insegnamento durante il periodo di formazione trasferendo gran parte delle attività degli aspiranti insegnanti nelle classi delle scuole dove andranno ad insegnare.
- Affiancare il giovane insegnante appena assunto con 'istruttori' (insegnanti di provata capacità cui viene ridotto il carico didattico diretto).
- Selezionare e formare 'istruttori' degli insegnanti neo-assunti di grande qualità.
- Fare in modo che gli insegnanti si aiutino a vicenda. Nelle scuole dei sistemi top performers è diffusa la cultura del progetto educativo collettivo, della riflessione critica sul lavoro svolto e dell'aiuto reciproco.(2)

domenica 16 settembre 2012

Lindbergh: ho visto un drago volare

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Uno dei miei cartoni animati preferiti degli ultimi anni, I cacciatori di draghi, di produzione francese, è ambientato in un mondo fantastico dove gli uomini vivono su isole volanti così in alto nel cielo che non si sa cosa c'è nel vuoto sotto di loro. Per spostarsi da un'isola all'altra quindi si utilizzano ponti, come per le isole più vicine, draghi ammaestrati (almeno quelle razze ammaestrabili) e macchine volanti. Immaginiamo, ora, di essere in un posto del genere: una grande quantità di terreno molto grande, con i confini a strapiombo e immersa nella nebbia, in modo tale che gli abitanti non possono sapere di vivere su un'isola volante. Ovviamente, come in tutte le società ristrette e chiuse, c'è un re che impone la sua legge: tasse, tributi e poi una particolare legge:
Nessun essere vivente ha il permesso di volare.
Chi è scoperto costruire delle macchine volanti viene arrestato e severamente punito, a meno che non provi la macchina oltre i confini, con probabilmente scarsi successi, come è accaduto a Merius, guardiano dei confini, scomparso oltre questi nel tenativo di volare via dal regno di Eldora. Il figlio di Merius, Knit, ha invece nel suo cuore il sogno di volare e andare via da Eldora per vedere il mondo. Questo sogno, però, sembrava inesorabilmente irrealizzabile fino a che non piomba all'improvviso dal cielo un mostro volante cavalcato da un demonio!
Il mostro volante si rivelerà, invece, un lindbergh, una sorta di drago senza ali in grado, però, di cavalcare le correnti con le possenti zampe posteriori e di volare grazie all'ausilio di ali artificiali. Il demone che lo cavalca, invece, è semplicemente un uomo, Shark, un pirata del cielo che riuscirà a fuggire via insieme con Knit sfruttando Plamo, un cucciolo di Lindbergh.
Il fatto che Shark fosse, come scoprì dopo la fuga, un pirata, distrusse la fiducia di Knit nel suo nuovo amico, ma solo il nobile gesto di liberare un gruppo di schiavi da una nave governativa permise al ragazzino di guardare il suo benefattore con un rispetto forse maggiore di quello che l'entusiasmo inziale dell'incontro su Eldora avevano suscitato in lui.
Mentre i nostri eroi si preparano per una gara di volo, i misteri su Eldora e sul piccolo Plamo restano ancora da scoprire, lasciati in sospeso da Ahndongshik per privilegiare l'avventura e la scoperta delle caratteristiche e delle abilità dei lindbergh. Il manga è fin qui interessante e appassionante, disegnato con uno stile che ricorda Yoshikazu Yasuhiko, ma leggermente più caricaturato, ed è un esplicito omaggio al sogno del volo e al grande aviatore di cui prende il nome: Charles Lindbergh!

sabato 15 settembre 2012

Law #3: Sotto silenzio

Caci e Salati, nell'introduzione al terzo numero, avvisano i lettori: con Sotto silenzio finisce la presentazione dei personaggi. Questo vuol dire che tutto quello che c'era da sapere su ciascuno dei personaggi è già stato detto. In effetti gli unici personaggi che forse potrebbero ancora dire qualcosa nei tre numeri successivi sono Gwen Brandise, la capa, Donald Martini, l'ex-FBI, e Rachel Roth, la novellina. Questi sembrano essere in effetti i personaggi più sfaccettati nello studio, quelli il cui approfondimento non può essere fatto con un paio di numeri. Nel numero precedente, infatti, Fidarsi è male, è stato semplice capire qualcosa di più di Nat Naik, il nerd (in effetti in questa terza uscita si nota una maggiore familiarità degli autori con il personaggio) e dell'avvocato di grido dello studio, Chris Sanders. Se proprio vogliamo all'appello manca Michelle Miller (la profiler delle giurie, se proprio vogliamo essere un po' tecnici: magari, entro la fine della serie, farà anche il lavoro di profiler vero e proprio!), ma al momento non sembra un difetto della serie, visto anche il ritmo incalzante delle tre storie fin qui uscite e della funzione che la dottoressa sembra ricoprire nella serie: quella di osservatrice.
Ad aiutare l'approfondimento dei personaggi ci pensa, poi, la scheda pubblicata dietro il frontespizio, che per questo Sotto silenzio è stato affidato al grandissimo (e disneyano di formazione) Fabio Celoni Paolo Mottura (il frontespizio, non la scheda!).

Storia di un maestro, una volpe e di una SUSY dispersa

Origini segrete: tutta questa storia nasce da una innocua domanda di pollon sbattimento su twitter: "tutti davanti alla tele?"
Da qui la discussione è velocemente degenerata verso lo zen, se così si può dire, e questa è la sistemazione diciamo così editoriale del racconto che ne è uscito. Non credo di aver rispettato un ordine cronologico, per quello c'è lo storify del mio socio, ma sono andato un po' a sentimento, cercando di non far saltare troppo la coerenza interna della storia. Inoltre ho fatto alcune aggiustatine (minuscole che diventano maiuscole e viceversa; una sistemazione della punteggiatura; modifiche minori di questo genere, insomma!) che spero rendano gradevole e piacevole la lettura della storia nel suo complesso.


Un maestro zen stava seduto su una pietra. L'allievo gli chiese il permesso di guardare la tele.
"Certo", rispose il maestro.
"Grazie, Maestro!" e si avviò verso il televisore.
"Di nulla, carissimo!"
"Mi scusi, Maestro, ma mi squilla twitter. Forse è lei che mi chiede qualcosa?"
Strada facendo un serpente, che stava in mezzo al sentiero, di cui non si era avveduto per l'eccitazione, lo morsicò.
"Guarda", rispose il maestro; e guardò. C'era scritto: "Attento al serpente!"
"Io sono stato attento al serpente, Maestro. E' il serpente che non è stato attento al mio piede..." scrisse l'incauto morente sull'ultimo twitt.
"Ma non preoccuparti, ragazzo. Il tuo eroismo non sarà stato vano. Tutto Facebook ne sarà testimone!"
"Argh!" sospirò l'incauto morente
"Manca il link", disse un corvo(1) che osservava tutta la scena
Il maestro non era un nativo digitale, ma era ancora vivo.
"Il segreto non sta nel nativo", disse il Maestro, "ma nel digitale!"
E poi si mosse fischiettando verso il tramonto...
"Eh no! Questo non è un western!" protestò uno spettatore.
Il corvo pensò alla susy e scosse la testa "Nemmeno l'LHC è riuscito a scovarla" pensò sconsolato(2)
"Dov'era la susy?" chiese una volpe di passaggio(3).
"Chiedi a Lucien, il bibliotecario"(4), rispose scontroso il corvo. Le volpi di passaggio sono frivole di natura, ma questa era la principessa delle volpi, così per cercare nuove informazioni trotterellò fin da Lucien il bibliotecario.
Lucien era bibliotecario dalla notte dei tempi, o da pochi minuti, dipende se gli andavi a genio, e Lucien, al vedere una sì nobile ospite, disse: "Vuoi la risposta breve o quella lunga?"
La volpe, che non era principessa delle volpi per niente, rispose: "Carissimo Lucien, le vostre risposte sono sempre meravigliose"
"Così mi lusinghi, carissima!" disse Lucien, che si sistemò meglio nella poltrone per iniziare a raccontare. Cominciò a preparare la pipa riempiendone il fornelletto con erba gatta e paglia zuccherina, e con la cenere che iniziava a cadere tracciò dei segni magici sul pavimento(5)
La volpe affascinata non perdeva un gesto, lasciandosi sfuggire qualche "oh!"
"E' così che dovrebbe andare il mondo", disse Lucien, "ma il mondo si rifiuta di farlo, perché in fondo l'esistenza di SUSY non è così importante come vuole farci credere. E questo, in conclusione, forse vuol dire che il mondo non ha bisogno di SUSY"
Una lacrima si fermò sulla morbida guancia pelosa della principessa, che riconosceva nella SUSY un esempio di eleganza(6)
"L'eleganza non è tutto" disse, accarezzandole la testa, Sogno(7), giunto in quel momento per riposarsi dal suo lungo viaggio
"Fosse almeno sbagliata!"(8) disse il corvo, quello dell'inizio della storia, poco prima che la volpe si addormentasse per sognare.

mercoledì 12 settembre 2012

Proprietà del vuoto

Per ogni insieme $A$:
L'insieme vuoto è un sottoinsieme di $A$: \[\forall A: \varnothing \subseteq A\] L'unione di $A$ con l'insieme vuoto è $A$: \[\forall A: A \cup \varnothing = A\] L'intersezione di $A$ con l'insieme vuoto è l'insieme vuoto: \[\forall A: A \cap \varnothing = \varnothing\] Il prodotto cartesiano di $A$ con l'insieme vuoto è ancora vuoto: \[\forall A: A \times \varnothing = \varnothing\] L'unico sottoinsieme dell'insieme vuoto è l'insieme vuoto stesso: \[\forall A: A \subseteq \varnothing \Rightarrow A = \varnothing\] L'insieme potenza dell'insieme vuoto è un insieme che contiene solo l'insieme vuoto: \[2^{\varnothing} = \{\varnothing\}\] Il numero di elementi dell'insieme vuoto, ovvero la sua cardinalità, è zero: \[| \varnothing | = 0\]
Le proprietà dell'insieme vuoto sono tratte dalla corrispondente pagina su en.wiki. L'idea del post viene un po' da una e-mail di Piotr Silverbrahms, uno degli insigni Rudi, un po' da alcune discussioni ascoltate, o forse lette, in giro, sulla ricerca del corrispondente matematico dell'atomo. E direi che l'insieme vuoto è il perfetto candidato al ruolo.

martedì 11 settembre 2012

Avvistamenti nel cielo

Negli ultimi giorni ho prodotto uno sforzo abbastanza intenso per consentire al blog di partecipare, in maniera virtuale, al congresso del SETI 4° convegno dell'International Academy of Astronautics che si terrà a fine mese a San Marino (dettagli sul carnevale abbinato). Avrete certamente notato la monopolizzazione, che è passata anche attraverso i post non scientifici: tra l'articolo dedicato al SETI e quello su un'esperienza in classe per capire come si rivelano le biotracce su un pianeta extrasolare c'è stato l'intermezzo sui primi quattro volumi dell'integrale di Valerian e Laureline, che è per certi versi ancora a tema con l'atmosfera degli ultimi giorni. E anche oggi non ci allontaniamo troppo da questa atmosfera con alcune pagine tratte da un famoso fumetto di fantascienza che ha iniziato le pubblicazioni nel 1962 per la Gold Key: Space Family Robinson, ideato da Del Connell, lo scrittore, e Dan Spiegle, il disegnatore, è uscito, tra alti e bassi, chiusure e riaperture, cambi di editore e di nome, fino al 1982. La serie originale, però, si è protratta fino al numero 36, uscito nell'ottobre del 1969 e si è avvalsa delle belle illustrazioni di copertina di George Wilson.
Una delle particolarità del fumetto è l'inserimento di paginette divulgative e di simil-fumetti dello stesso genere che vanno dall'astronomia, allo spazio, al mondo naturale, senza quel pizzico di pseudoscienza che non guasta mai in un'opera prettamente fantascientifica. Direttamente collegato con quest'ultimo filone è Sightings in the sky, storiella che compare sul terzo numero della rivista e che tratta degli UFO, gli oggetti volanti non identificati. Il punto di vista è molto semplice, forse semplicistico direbbe un appassionato di ufo, ma è certo indicativo della leggerezza con cui la redazione trattava un po' tutti gli argomenti, anche quelli seri, una leggerezza che secondo me non è nemmeno così banale. D'altra parte la frase conclusiva del fumettino è anche indicativa dell'ottimismo verso la scienza e le missioni nello spazio che si respirava a quell'epoca:
With our ever-increasing ventures into space, sightings in the sky may soon be explaned, scientifically and accuratelly, by our astronauts. Unidentified Flying Objects will no longer be unidentified.
Le immagini che vedrete nel boxino qui sotto sono tratte da Comic Reading Library:

lunedì 10 settembre 2012

Studio, in classe, delle biotracce di un pianeta extrasolare

Le Olimpiadi Internazionali dell'Astronomia sono una competizione tra studenti delle scuole superiori di tutto il mondo con test riguardanti l'astronomia. Come paese partecipante, l'Italia ogni anno organizza le selezioni nazionali durante le Olimpiadi Italiane dell'Astronomia, organizzate dalla Società Italiana dell'Astronomia in collaborazione con l'INAF. L'attività delle Olimpiadi è inoltre inclusa nel programma per l'educazione d'eccellenza del MIUR. La presidenza del Comitato Olimpico Italiano ha base presso l'Osservatorio Astronomico di Brera, ed è da questa istituzione che negli ultimi due anni sono partiti i lavori per realizzare una piattaforma didattica di supporto alle Olimpiadi. La piattaforma, basata su Moodle, al momento in fase di progettazione e di test, contiene una prima serie di voci di uno snello syllabus astronomico, e propone test (esercizi e prove pratiche) e problemi di preparazione alle prove di accesso. Per il futuro, però, si vorrebbe trasformare la piattaforma stessa in un supporto didattico completo per gli insegnanti e le scuole che aderiranno all'iniziativa. Da qui nasce l'interesse di testare su questo blog possibili materiali didattici, al momento extra-olimpici, e raccolti sotto una apposita categoria.

Come ho cercato di raccontare nel lungo post dedicato al SETI, l'arrivo di Kepler ha permesso una vera e propria rivoluzione nella ricerca dei pianeti extrasolari, dando anche un'impulso allo sviluppo di tecniche in grado di determinare se un pianeta è abitabile o meno. Il metodo utilizzato da Kepler è quello del transito, che può essere riprodotto in laboratorio, ma che abbinato a una tecnica particolare può essere utilizzato anche per determinare differenti combinazioni di acqua, superficie, rocce, vegetazione, ovvero le così dette biotracce. Ad esempio un pianeta che potrebbe supportare la vita (almeno quella cui siamo abituati sulla Terra) presenterà una superficie rocciosa, coperta da una certa percentuale di acqua. Questa tecnica si chiama spettropolarimetria:
It measures the intensity spectrum of the reflected light (spectroscopy) and also its degree of polarization (polarimetry).(1)
Utilizzando pochi e relativamente semplici strumenti, anche questa esperienza può essere riprodotta in classe, ma per farlo in modo opportuno, Gorazd Planinsic e Rick Marshall consigliano di approfondire separatamente i due concetti di base di spettro e polarizzazione.
Per realizzare l'esperienza si utilizza una lampadina a bulbo smerigliato, o comunque una a incandescenza della potenza di 60W(3) (ad esempio del diametro di 8cm), come modello della stella, e una palla di polistirolo (o di qualunque altro materiale e del diametro di circa 6 cm) dipinta di verde come modello del pianeta. A questo punto si posizionano stella e pianeta su un tavolo al centro della stanza dell'esperimento, in modo che i centri siano allineati, si invitano gli studenti a mettersi intorno a questo sistema solare muniti di opportuno filtro polarizzatore(4) e si spegne la luce della stanza. Dopo aver acceso la luce della lampadina, si inizia ad osservare il sistema con i filtri, o mettendo in rotazione il sistema stesso, o facendo girare gli studenti intorno al sistema, in modo da osservare le differenze nella luce emessa in base alla posizione relativa del pianeta rispetto alla stella.
Già in questa fase è possibile scattare delle foto: ad esempio si possono scattare, come hanno fatto Planinsic e Marshall, due foto dello stesso punto del sistema(5) ma con il filtro in due posizioni differenti, quella orizzontale e quella verticale. Per apprezzare poi le differenze tra le due foto si possono utilizzare alcuni software di photo editing usando l'opzione di sottrazione(6). Con questa operazione si sottrae
(...) the brightness of each pixel on one image from that of the same pixel on another image and then takes the absolute value of the result. If making a difference image of the colour images the resulting image has unusual colours. To avoid this distracting effect we converted our difference images into greyscale images that show only intensity variation. The brightness of the resulting image is largest where the emitted light is linearly polarized in a vertical or horizontal direction. In our case this is the part of the exoplanet from which the light is reflected. All surfaces that emit non-polarized light (such as the middle of the bulb) or emit light polarized at 45° with respect to the vertical appear dark (in the latter case this is because the intensities of the light transmitted by perpendicular polarizers are the same). Light scattered by the glass surface of the bulb is also partially polarized in the direction perpendicular to the glass. This explains the bright halo around the edge of the bulb image. Note that the dark spots at approximately 45° are consistent with our previous statement.
Questo modello, però, è piuttosto semplice, visto che il pianeta viene rappresentato come una palla sostanzialmente liscia. Per avvicinarsi a un pianeta decisamente più realistico basta, utilizzando la colla, ricoprire la superficie di sabbia. Quindi, una volta asciutto questo primo strato, incollare alcune foglie per simulare la vegetazione e della carta igienica bagnata per simulare laghi, fiumi, oceani. Così preparato il pianeta, la classe è pronta a ripetere l'esperienza e scattare nuove fotografie. Raccolto e rielaborato il materiale, sarà semplice notare come la luce riflessa da differenti materiali abbia luminosità differenti, mentre per alcuni di essi la luminosità è addirittura dipendente anche dall'angolazione della macchina fotografica.

domenica 9 settembre 2012

Valerian e Laureline: in un tempo lontano lontano!

Neri spazi infiniti dell'universo, soli incandescenti che illuminano terre sconosciute... Quanti miliardi di civiltà, quanti miliardi di miliardi di esseri viventi ricevono la vostra luce?...
E' così che inizia L'impero dei mille pianeti, terza storia del ciclo di Valerian e Laureline: agenti spaziotemporali, che prosegue nella pagina successiva con
In una galassia lontana (...)
Già. Avete capito bene. La mitica saga di Guerre Stellari ha proprio questo inizio, ma non condivide solo questo con le avventure realizzate da Pierre Christin e Jean-Claude Mézières. Molte suggestioni visive, le atmosfere al limite del fantasy, anche alcune scene chiave sono identiche quasi fino al plagio, alle soluzioni proposte all'interno della saga dai due cartoonist francesi, tanto che alla fine dell'anteprima di Guerre Stellari durante una convention fantascientifica in quel di Metz, Mexieres disse:
Sembra quasi la trasposizione cinematografica di Valerian.
More about Valérian e Laureline agenti spazio-temporali vol. 1
Quella di Valerian e Laureline, però, non era iniziata come una saga stellare: Valerian, infatti, è un agente della polizia temporale di Galaxity, la capitale della Terra di un lontano futuro, e deve tornare indietro nel tempo, all'XI secolo per la precisione, per evitare che un fuggiasco della sua epoca cambi il normale corso degli avvenimenti. Questa in sintesi la prima avventura della serie, Brutti sogni, dove Valerian incontra Laureline, una popolana dell'XI secolo, e saranno destinati a non separarsi più.
Più o meno lo stesso schema, una avventura nel passato della Terra, avviene ne La città delle acque mobili. In questo caso ci troviamo in una New York di fine XX secolo, colpita da un terribile disastro, inondata d'acqua e decisamente spopolata, e già qui i due autori iniziano a variare sin da subito rispetto a quella che probabilmente è una delle fonti ispiratrici, la serie di racconti Time patrol di Poul Anderson, dove gli agenti temporali affrontano sempre delle missioni nel lontano passato su avvenimenti storici ben noti (o loro variazioni plausibili). La città delle acque mobili, originariamente pubblicata in due parti, è invece una storia sul futuro prossimo (rispetto agli autori) con protagonista un uomo del futuro remoto, un modo semplice per vedere con occhio distaccato una delle possibili conseguenze delle azioni irresponsabili dell'uomo sul pianeta.
More about Valérian e Laureline agenti spazio-temporali vol. 2
Il secondo volume dell'integrale che la 001 edizioni dedica a questa pietra miliare della fantascienza prosegue con storie spaziali tendenti al fantasy, ovvero quelle storie che maggiormente hanno influenzato il team di George Lucas: Il mondo senza stelle, Benvenuti su Aflolol e Gli uccelli del padrone. In particolare Il mondo senza stelle potrebbe aver dato lo spunto, con le opportune variazioni, per Miliardi di tappeti di capelli di Andreas Eschbach, un libro che oscilla tra il favolistico e la space opera classica e che per certi versi richiama proprio alla saga di Valerian e Laureline.
Ad ogni modo con le storie di questo secondo volume, Meziers e Christin iniziano a utilizzare in maniera sempre più evidente le loro storie per lanciare spunti politici ai lettori: d'altra parte Christin è laureato in scienze politiche!
Grazie alle saghe spaziali che stanno realizzando, i due autori, infatti, non solo riescono a inventare mondi fantastici, ma soprattutto a raccontare le varie strutture sociali, con tutti i loro difetti e differenze. Il mondo senza stelle racconta di un mondo in guerra continua, diviso tra due città, una di soli maschi e una di sole femmine, diventando così una metafora della dialettica, a volte violenta, tra uomini e donne; Gli uccelli del padrone è una storia di ispirazione quasi kirbyana dove i nostri due agenti spaziotemporali devono affrontare un essere dal grande potere psicologico che controlla mentalmente un intero pianeta, diventando così una sorta di metafora per le monarchie totalitarie. Il mondo di Aflolol, infine, la storia centrale del volume, è dal punto di vista politico l'avventura più interessante. Il popolo di Aflolol, degli instancabili viaggiatori del cosmo, vengono descritti come una sorta di sempliciotti che riescono solo a combinare pasticci, almeno confrontandosi con i terrestri. In effetti la storia, peraltro divertente, dove gli aflololiani sembrano una versione extraterrestre dei galli di Goscinny e Uderzo, sembra mettere a confronto la società terrestre, sostanzialmente immutata rispetto a quella del XX secolo, con una società più semplice e libera come quella di un gruppo di cacciatori-raccoglitori. Mezieres e Christin sembrano quindi mostrare una sorta di simpatia verso questo genere di società, delle proto società libertarie, come sembra confermare anche l'ultima storia del terzo volume, Gli eroi dell'equinozio.

venerdì 7 settembre 2012

Con la mano li puoi salutare

Una delle domande che da un paio di secoli a questa parte ci poniamo più di frequente e se c'è altra vita intelligente nell'universo. Questa domanda ha generato alcuni interessanti romanzi fantascientifici: ad esempio Crociera nell'infinito di Alfred Elton van Vogt, romanzo ispirato al viaggio di Charles Darwin sulla Bagle (il titolo originale dell'opera è, infatti, The Voyage of the Space Beagle), è una ricerca nello spazio profondo condotta dall'astronave Argus alla ricerca di vita aliena. La nave spaziale incontrerà nel suo cammino vestigia di civiltà estinte, ma interagirà anche con dei veri e propri alieni.
Questa ricerca di altre intelligenze cosmiche oltre i limiti del nostro Sistema Solare ha anche affascinato, per molti motivi, anche gli stessi scienziati. Famosa ad esempio la cena (o forse era un pranzo) dove Enrico Fermi espose il suo altrettanto famoso paradosso da cui Frank Drake trasse ispirazione per la sua famosa equazione. E Drake divenne uno dei fondatori del progetto SETI(5), Search for extraterrestrial intelligence, un progetto che ha coinvolto non pochi ricercatori in giro per il mondo.
Questo genere di ricerca, che potrebbe sembrare assurda quanto mettersi a fare il ghostbuster, si basa, innanzitutto, sull'assunto che
(...) an alien civilization wishing to make contact with other races would broadcast a signal that is easily detectable and easily distinguishable from natural sources of radio emission. One way to achieve these goals is to send a narrowband signal. By concentrating the signal power in a very narrow frequency band, the signal will stand out among the natural broadband sources of noise.(1)
All'inizio, dunque, SETI si concentrava sull'ascolto di segnali radio provenienti dallo spazio. Il tipo di segnale che va rilevato, però, presenta alcuni problemi: innanzitutto la stabilità in frequenza, causata dalle accelerazioni del trasmettitore e del ricevitore(1), che per esempio sono influenzate dalle velocità di rotazione (intorno all'asse, intorno alla stella). Risolvere questo problema non è di principio impossibile: sicuramente conosciamo molto bene il nostro pianeta per fare questo genere di correzioni, ma per un pianeta alieno? La storia è sicuramente molto diversa, soprattutto se è un pianeta completamente sconosciuto (non dimentichiamo che quando si posero le basi del SETI di Kepler non c'era ancora nemmeno l'ombra).
An alien civilization narrowly beaming signals at the earth could correct the outgoing signal for the transmitter's motions, but a civilization transmitting an omnidirectional beacon could not make such an adjustment.(1)
Un modo per porre rimedio è utilizzando l'effetto Doppler(1), ma questo vuol dire realizzare un bel po' di calcoli, cui bisogna aggiungere un altro bel po' di domande sulle caratteristiche del segnale stesso:
at what frequency will it be transmitted? What is its bandwidth? Will it be pulsed? If so at what period? Fully investigating a wide range of these parameters requires proportionally larger computing power.(1)
E non dimentichiamo poi che bisogna capire se il segnale rilevato e di presunta origine extraterrestre non sia, in realtà, di origine cosmica (prodotto cioè da una stella o da una galassia o da qualche altro oggetto non artificiale che viaggia nello spazio).
Tutti questi calcoli sono estremamente complessi e lunghi e necessitano di una potenza ben maggiore rispetto a quella disponibile nei supercomputer. E' per questo che nel 1995 David Gedye, un project manager della Starwave Corp., propose di utilizzare il calcolo distribuito per realizzare un supercomputer virtuale: nasce SET@home(2).
Il primo passo nella costruzione del progetto è trovare un buon telescopio radio. Il candidato ideale era il telescopio di Arecibo, a Porto Rico, gestito dalla Cornell University e dalla National Science Foundation(2). Questa scelta, però, presentava un piccolo problema: il tempo di utilizzo. SETI non poteva utilizzare in esclusiva il radiotelescopio, poiché quest'ultimo veniva già sfruttato per diverse ricerche astronomiche e meteorologiche. Il problema venne risolto nel 1997 dal progetto SERENDIP di Berkeley, che sviluppò una tecnica per utilizzare una seconda antenna(2).

mercoledì 5 settembre 2012

Lupi

I tre lupi in apertura, Zanna, Colas e Pietra, sono tratti da Lupi di Andrea Pazienza.

martedì 4 settembre 2012

Libri sull'orlo dell'infinito

More about Tutto, e di più
Con il ritratto dedicato a Georg Cantor ho cercato di raccontare un po' della storia che sta dietro la ricerca sull'infinito in matematica. Alla base di quella biografia ci sono due dei tre libri che oggi vorrei mettere a confronto, Tutto, e di più, di David Foster Wallace, nell'edizione di Codice abbinata con Le Scienze, e Il mistero dell'alef di Amir D. Aczel. A questi due testi va aggiunto Verso l'infinito ma con calma del nostro Roberto Zanasi.
Dei tre testi quello più emozionante e appassionante è sicuramente il primo: DFW riesce ad essere estremamente rigoroso, tanto che Tutto, e di più potrebbe tranquillamente essere adottato come libro di testo anche all'università. Lo stile è certamente piuttosto discorsivo per un libro di questo genere, ma la profondità dei concetti raccontati e il modo in cui DFW ha scelto di trattarli lo rende una lettura decisamente avanzata. Il criterio che ha poi seguito per raccontare la storia sulla matematica dell'infinito non è tanto quello cronologico (motivo per cui le informazioni biografiche sono ridotte all'osso), quanto un tentativo logico di avvicinarsi per gradi al cuore dell'infinito. I concetti matematici, infatti, sono raccontati per gradi in modo che il lettore possa avvicinarsi al concetto successivo forte della conoscenza precedente: è sostanzialmente per questo che il libro di DFW potrebbe tranquillamente essere adottato come libro di testo, visto che l'impostazione di base lo ricorda molto.
Questo non vuol certo dire che un lettore qualsiasi non possa provare a leggerlo, ma come si suol dire: lettore avvisato, mezzo salvato!
More about Il mistero dell'Alef
Il mistero dell'alef potrebbe, invece, far parte, di quel gruppo di testi che lo stesso DFW definisce pop, ma non in senso buono, tra tutti i testi dedicati a Cantor e alla sua vita. In effetti Aczel, soprattutto nella prima parte, non disdegna l'uso di aneddoti anche non verificati o un certo ammiccamento verso il misticismo. C'è addirittura un intero capitolo dedicato alla cabala: niente di eccezionalmente mistico, in fondo si sta parlando di un libro di matematica, e poi l'intento dell'autore è quello di mostrare come si possa trovare la matematica, in particolare quella dell'infinito, un po' dappertutto, e come anche i gruppi di filosofi apparentemente più impensati si siano avvicinati al concetto stesso.
Ad ogni modo il capitolo è attraversato, se così si può dire, dal concetto di En Sof, ovvero Infinito. Questo concetto veniva utilizzato dai cabalisti per descrivere Dio, altrimenti indescrivibile e incomprensibile, se non attraverso la limitata visione delle dieci sefiroth, che sono gli unici aspetti comprensibili del divino oltre ad essere i nodi dell'albero della vita, su cui ad esempio si basa uno dei più bei romanzi italiani di tutti i tempi, Il pendolo di Foucault. In un certo senso tutta questa storia si En Sof e sefiroth sembra un modo diverso per esprimere un concetto matematico come questo: la somma delle parti di cui il tutto è costituito è inferiore rispetto al tutto. Non solo: quando poi i cabalisti si occupano di geometria (rette, punti, rette che viaggiano verso l'infinito) sembra proprio che nelle loro elucubrazioni mistiche si siano avvicinati al concetto di infinito così come è oggi concepito.
Interessante, poi, osservare come nel suo excursus storico Aczel citi due matematici e religiosi minori, Thomas Bradwardine e Nicola Cusano. Il primo fece alcune osservazioni interessanti sulle grandezze continue:
sono composte da un numero infinito di continui dello stesso tipo.
Il secondo, partendo da queste osservazioni, arrivò a concludere che, seppur per motivazioni teologiche, i lati di un poligono inscritto in una circonferenza, tenda all'infinito all'aumentare degli stessi. Nonostante ciò, però, un poligono non potrà mai coincidere con un cerchio, per quanto siano numerosi i suoi lati.

lunedì 3 settembre 2012

Una mostra e una supernova

Innanzitutto ricordo che il 12 settembre alle 18:45 presso l'ex-Chiesa di San Carpoforo, via Marco Formentini, Milano, ci sarà l'inaugurazione della mostra X l'universo invisibile: un percorso tra arte e scienza (non dimenticate di leggere come il sottoscritto l'ha annunciata...).
Una settimana dopo, invece, il 21 settembre alle 18:00, presso la Sala Delle Adunanze dell'Istituto Lombardo, all'interno del Palazzo Brera, in via Brera 28, a Milano, Claudia Travaglio, per il ciclo I cieli di Brera, presenterà il seminario Le supernovae e gli elementi della tavola periodica.
Per chi fosse a digiuno sull'argomento, giusto un paio di parole: le supernove sono delle stelle che esplodono e lanciano nello spazio tutta la materia stellare prima contenuta all'interno del loro spazio. Queste esplosioni, che gettano nello spazio interstellare un po' di elementi pesanti della tavola periodica (tipo il ferro) sono la fonte di diffusione principale di materia nell'universo, anche perché sono proprio le stelle il laboratorio cosmico che produce buona parte degli elementi della tavola periodica che riusciamo a trovare sulla Terra (a parte quelli provenienti da asteroidi e meteoriti, o quelli che produciamo in laboratorio).
Infine, per chi volesse, ci sono anche le visite guidate dell'Osservatorio Astronomico di Brera. La visita per questo mese è fissata per il 21 settembre alle 16:30. Avrà una durata di due ore e potrete prenotarvi a partire da lunedì 17 settembre utilizzando un pratico form on-line.

domenica 2 settembre 2012

Distinti saluti, Jack lo squartatore

Torno a scrivere di un fumetto GP grazie a Joe Lansdale, Champion Joe, che insieme con il fratello John e con il disegnatore Kevin Colden, realizza la sua versione a fumetti del racconto di Robert Bloch Distinti saluti, Jack lo squartatore.
E' così che si conclude una delle tante lettere che il famoso Jack aveva inviato agli investigatori di Scotland Yard durante gli efferati omicidi a lui associati. La storia di Bloch, e quindi quella dei Lansdale, si collega con l'altro, leggendario Jack, il Saltatore di cui avevo scritto tempo addietro sempre grazie a un fumetto, in quell'occasione un manga, uscito sempre per la GP. Un anno fa avevo ricordato come, secondo alcune leggende, il Saltatore era emigrato negli Stati Uniti a spaventare le persone in varie città sparse per quel grande paese. Bloch, nel suo racconto, unisce la leggenda del Saltatore con l'efferato Squartatore, che infatti sembra sia ritornato in attività a Cleveland, dove iniziano a venire ritrovati corpi orrendamente mutilati, ovviamente grazie all'azione di un affilato coltello.
A indagare una giovane reporter, Jenny, sir Guy Hollis, figlio di un investigatore di Scotland Yard che si trovò coinvolto negli omicidi di White Chapel, lo psicologo John Carmody. In particolare i primi due si troveranno ad affrontare, faccia a faccia, Jack, un'ombra secca e nervosa che salta da un tetto all'altro con grandissima agilità proprio come il Saltatore. L'assassino, però, sembra cercare di realizzare una sorta di pentacolo magico, forse per preservare la sua esistenza su questa terra, suggerisce Hollis, ma a un certo punto Bloch stupisce il lettore introducendo un elemento della letteratura dell'orrore, quello della bambola assassina: che Jack in realtà sia una bambola animata da chissà quale antica magia?
La soluzione è ancora più incredibile e sorprendente, e il finale è molto hitchcockiano.

sabato 1 settembre 2012

Agenzia investigativa

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Le investigazioni scientifiche come oggi le conosciamo hanno mosso i primi passi nel XIX secolo. In quel periodo l'Italia era decisamente all'avanguardia, non tanto per gli studi di Cesare Lombroso, quanto per la creazione di una delle prime divisioni investigative al mondo preparate per utilizzare le conoscenze messe a disposizione dalla scienza nelle investigazioni. La Black Diamond è una agenzia investigativa privata di questo genere e lo si capisce sin dalla prima volta in cui entra in campo, subito dopo l'esplosione del treno alla stazione di Lebanon. L'agenzia si trova, così, per le mani un caso complicato: da una parte un sospetto fuggito appena possibile dal luogo della strage, dall'altro un rapporto con i servizi segreti che più che collaborare sembrano mettere i bastoni tra le ruote.
The Black Diamond. Agenzia investigativa è un romanzo per immagini che Eddie Campbell realizza a partire dalla sceneggiatura cinematografica scritta da C. Gaby Mitchell e mescola elementi del noir con l'hard boiled e infine con le suggestioni del wetsern. La trama ricorda in parte quella de Il fuggitivo, con un uomo, forse innocente, in fuga per trovare le prove che possano scagionarlo. A differenza, però, del film con Harrison Ford, che interpreta un tranquillo accademico, John Hardin, che conosciamo come un tranquillo agricoltore, si scoprirà essere qualcosa di molto più pericoloso e preparato rispetto a un uomo catapultato all'improvviso in una storia irreale.
La trama imbastita da Mitchell è poi un alternarsi di azione, mistero e investigazione classica, senza un attimo di respiro, con Campbell molto bravo a mantenere il ritmo cinematografico: si legge, dunque, più che un romanzo a fumetti, un vero e proprio film a fumetti, che può essere visto come una sorta di passaggio dall'epopea classica del western, caratterizzata dai grandi spazi, dai cavalli e dal pensiero semplice dei pionieri che abitano queste immense praterie, a un modo completamente diverso, caratterizzato da segreti, intrighi e tradimenti.