Probabilmente
Emmanuel Civiello è uno dei più grandi illustratori
fantasy al mondo. Quando i suoi disegni esplodono a tutta pagina, è un piacere perdersi nei dettagli del tratto e nella ricchezza del colore. Le sue creature fantastiche, poi, sono perfettamente plausibili, i guerrieri sprigionano forza e potenza, le donne bellezza e sensualità. Folletti ed esseri di questa stazza risultano alla fine inevitabilmente simpatici. Almeno fino a che all'osservazione con i soli occhi non si aggiunge la lettura dei dialoghi di
Thomas Mosdi, apprezzato sceneggiatore transalpino del
fantastico.
L'incontro tra i due autori
fantasy, con il senno di poi, non poteva che essere inevitabile e ha prodotto ben due tetralogie,
Il seme della follia, dove Civiello collabora anche ai testi, e
Korrigan. Per quanto quest'ultima sia, come opera successiva, molto più matura e tecnicamente più valida sia dal punto di vista delle illustrazioni, sia dal punto di vista dei testi,
Il seme della follia è invece una storia molto più ricca e interessante e molto meno banale di quel che potrebbe sembrare.
Rispetto a
Korrigan, che è un
fantasy classico, come vedremo,
Il seme della follia è una interessante combinazione tra le storie sulle fate e alcune opere fondamentali del
fantastico. L'inizio è cupo e violento, con l'invasione da parte delle truppe di un ancora sconosciuto nemico nelle terre delle fate. Il popolo di
Faerie è quindi costretto a fuggire e tutti si rivolgono alla regina delle fate, l'unica speranza per un mondo morente, proprio come ne
La storia infinita la regina bambina lo è di
Fantasia. Purtroppo la regina delle fate muore e lì dove sorgeva il suo castello sorge un albero immenso e contorto: la sua tomba.
I pochi poteri rimastili, però, le consentono di assegnare la classica
cerca a
Igguk Plitchwook: l'elfo alchimista, anche se controvoglia, dovrà trovare il
Cuore di Cristallo, un oggetto che dovrebbe salvare
Faerie. E il folletto inizia così un viaggio lungo il regno insieme a una scalcinata compagnia che, affrontando pericoli sopra e anche sotto la terra, lo porterà all'assalto finale al castello del crudele avversario,
Oberon, il primo marito della regina delle fate. E con la regina, riportata in vita grazie alla sua
cerca, Igguk avrà un dialogo che nei contenuti non è troppo diverso da quello che hanno
Sebastian e la regina bambina di
Fantasia di fronte all'ultima scintilla di vita del regno.
Purtroppo la sconfitta di
Faerie è inevitabile: la guerra si gioca, letteralmente, tra Oberon e il re delle fate su
Faerie e tra un giovane monaco e Merlino sulla Terra. Ognuno dei quattro personaggi è una
rappresentazione o
manifestazione del suo corrispettivo su ciascun mondo, e i due avversarì così giocano due partite che in realtà sono una al gioco più famoso del mondo: gli scacchi. La sfida immortale da cui Mosdi e Civiello traggono ispirazione è la partita a scacchi immortalata da
Bergmann ne
Il settimo sigillo, e lo dimostrano l'iconografia utilizzata e l'inevitabile sconfitta di Merlino. E il mago del ciclo
arturiano è, insieme al suo avversario, una rappresentazione simbolica del passaggio dal mondo druidico a quello cristiano, un passaggio non certo incruento.
Approfondire dal punto di vista storico questo passaggio non è certo semplice, quindi mi limiterò a raccontare brevemente il probabile simbolismo che potrebbe essere alla base della scelta degli autori nell'utilizzo del personaggio. Secondo la tradizione cattolica, Merlino ha dei natali demoniaci e quindi, rappresentando egli la tradizione druidica della Gran Bretagna, diventa un facile mezzo per demonizzare quella stessa tradizione. Al tempo stesso, però, Merlino è anche l'artefice della salita al trono di
Artù, un simbolo troppo potente e radicato per essere cancellato così facilmente. E infatti questa parte non viene distrutta, ma anzi esaltata, grazie ai valori della cavalleria. Non a caso, come ben scrive
Tolkien nel saggio che accompagna la sua riedizione de
Il cavaliere verde, molti dei miti della tavola rotonda sono di ispirazione cristiana. La presenza di Merlino in questi miti è dunque un simbolo per suggerire come il mago, abbandonata una fede errata, ha
giustamente abbracciato una nuova e più giusta tradizione.
In poche parole Merlino è diventato il simbolo del passaggio dal
druidismo al
cristianesimo (o
cattolicesimo) e dell'accettazione di una tradizione nuova giunta nell'indomito regno di Gran Bretagna. Il ruolo di Merlino sembra essere lo stesso, nonostante la sconfitta finale. Anche perché l'ultima scintilla di vita di
Faerie, il
seme della follia, continua a brillare nella mano del mago morente, così come l'ultima scintilla di
Fantasia brillava nelle mani di
Sebastian prima di iniziare a ricostruire il fantastico mondo.
Di diverso impianto è invece
Korrigan. Innanzitutto è un'opera tecnicamente più valida, non solo per i disegni, ma soprattutto per i dialoghi. Laddove
Il seme della follia presentava dialoghi troppo moderni e brillanti, piuttosto piatti per il contesto
fantasy della storia, qui la prosa di Mosdi raggiunge in alcuni punti toni da epica classica. La trama è classica ed è una abbastanza evidente variazione su quella de
Il signore degli anelli.
Balor, signore dei
Fomori, è stato rinchiuso nella sua fortezza all'interno del
mondo degli dei del tempo degli eroi e delle fatate creature dai suoi più acerrimi avversari, i
Tuatha De Danann. Questi, come gli
Ainur, vivono in una terra separata e lontana dalle altre, raggiungibile solo via mare, ma l'arrivo di
Luaine, accompagnata da due folletti del
clan dei
Korrigan,
Emer ed
Eolas, riuscirà ad ottenere il loro aiuto contro Balor per liberare la madre, diventata l'inconsapevole mezzo del cattivo per liberarsi dalla sua magica prigione, e il nonno, rinchiuso nelle segrete del castello incantato.
In effetti ad aiutare Luaine nell'attacco finale scenderà in campo anche una sorta di
Aragorn, il cavaliere dei Tuatha, messer
Arianrod cui nel momento decisivo si uniranno anche
Medh Maeb, figlia dello stupro di Balor su una Tuatha, e l'entità marina dai mistici poteri
Shassurrah, imprigionata e torturata dai Fomori ma liberata proprio grazie a Luaine. Interessante, poi, notare come, nonostante tutto il potere magico dei Tuatha, per rinchiudere Balor questi esseri potenti sono stati costretti a ricorrere alla magia dei druidi della Terra, e questo è stato al tempo stesso il motivo del successo iniziale ma anche il punto debole intorno cui è ruotato il piano di Balor, rapire gli umani nella notte di Samain, e quindi l'intera storia di Mosdi e Civiello.
Alla fine
Korrigan è un
fantasy classico, con molti punti di collegamento con il romanzo principe del genere,
Il signore deigli anelli, e con tutta l'opera e la mitologia sviluppata da
Tolkien. Supportato dalle splendide illustrazioni di Civiello, Mosdi ha anche dimostrato in questo caso un'ottima conoscenza del linguaggio del genere, sfruttandolo appieno, senza le imprecisioni e le imperfezioni de
Il seme della follia, e questo, visto che nella trama la loro prima tertralogia è molto più interessante, lascia un po' l'amaro in bocca. Ad ogni modo alcuni dettagli (innanzitutto il rito che ha permesso a Balor di ottenere la conoscenza sulla natura della magia umana) lasciano la vicenda leggermente aperta, quindi non sarebbe così incredibile leggere delle nuove avventure di Luaine in futuro.