mercoledì 15 settembre 2021

Il colore dell'universo

Quando guardiamo il cielo di notte, ciò che vediamo è un'immensa oscurità costellata qua e la da alcune luci che sembrano scintillare, effetto dovuto alla presenza dell'atmosfera terrestre. Verrebbe, dunque, da dire che l'universo è quasi completamente nero, C'è però un problema: il nero non è un colore, come ricorda Ivan Baldry del Liverpool John Moores University Astrophysics Research Institute, ma l'assenza di luce rilevabile, o in altri termini di luce visibile. Che poi è quella che ci arriva dalle galassie e dalle stelle che vediamo con i nostri strumenti.
A quel punto ecco che Baldry, Karl Glazebrook e un nutrito gruppo di colleghi, quelli che lavoravano per il 2dF Galaxy Redshift Survey, pensò bene di determinare il colore medio dell'universo (o se preferite il colore che un osservatore esterno molto lontano avrebbe percepito guardando il nostro universo). Per ottenere il risultato, il gruppo è partito dalle circa 200000 galassie osservate dal 2dF-GRS, tutte racchiuse in pochi miliardi di anni luce (che considerando la sua età è all'incirca il presente dell'universo), e ne ha ricavato lo spettro di emissione di tutta la luce di queste galassie (in un certo senso ha fatto, in maniera un po' sofisticata, lo stesso esperimento con la luce bianca fatto da Isaac Newton: farla passare attraverso un prisma). Il risultato è una sorta di "arcobaleno":
20210915-universe-spectrum
Come vedete lo spettro prodotto contiene una serie di righe più scure: sono queste che contengono le informazioni scientificamente più interessanti, quelle cioé relative agli elementi che hanno prodotto quello stesso spettro. La forza di ciascuna riga, ovvero quanto sono scure rispetto al resto dello spettro, è determinata dalla temperatura delle stelle che hanno contribuito allo spettro stesso. Inoltre le differenze tra una stella e l'altra sono dovute anche all'età stessa delle stelle: ad esempio le stelle più giovani producono una luce molto vicina al blu, mentre quelle vecchie tendono al rosso.
Prima di determinare quali sono gli elementi presenti nell'universo, però, è necessario apportare una piccola correzione dovuta all'espansione dell'universo: man mano che lo spaziotempo diventa sempre più grande, la luce che ci giunge dalle stelle subisce uno spostamento verso il rosso (redshift). Una volta ripulito lo spettro "globale" da questo effetto, il risultato che si ottiene è questo:
20210915-universe-spectrum-no-redshift
A questo punto il gruppo è pronto per calcolare il colore medio dell'universo, ottenendo un colore non molto lontano dal bianco, come facilmente intuibile dal suo codice html, #FFF8E7:
20210915-cosmic-latte
La scoperta di questo colore, battezzato cosmic latte (si sono ispirati al nome italiano della nostra galassia, la Via Lattea, che è la lingua di Galileo Galilei), però non è ancora la fine della storia.
Come scritto sopra lo spettro dell'universo è determinato dal numero di stelle giovani e vecchie presenti in quel momento. Questo vuol dire che è esso stesso influenzato dall'età dell'universo e, come c'è da aspettarsi, esso risulta molto più vicino al blu in prossimità del Big Bang:
20210915-color-universe-from-big-bang-to-present-day
La striscia sopra, in un certo senso, mostrerebbe il colore di tutta la luce prodotta dall'universo in funzione dello scorrere del tempo. Qualcuno, ovviamente, potrebbe obiettare che il risultato è stato ottenuto con una porzione relativamente piccola di universo, ma una delle basi dell'astronomia moderna è che l'universo stesso è isotropo, ovvero che qualunque porzione di universo si guardi questa risulta identica (entro gli errori sperimentali) a una posta lungo una direzione diversa dalla prima. Il fatto che all'occhio le porzioni dell'universo risultino differenti una dall'altra non cambia di molto la faccenda, visto che alla prova dei fatti la densità e la quantità di luce che ci vengono risultano effettivamente isotrope (entro gli errori spetimentali).
Leggi anche:
What Is the Color of the Universe?
What color is the universe?
Baldry, I. K., Glazebrook, K., Baugh, C. M., Bland-Hawthorn, J., Bridges, T., Cannon, R., ... & Taylor, K. (2002). The 2dF galaxy redshift survey: Constraints on cosmic star formation history from the cosmic spectrum. The Astrophysical Journal, 569(2), 582. doi:10.1086/339477 (arXiv)

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