Ideatore della serie televisiva Ai confini della realtà, Rod Serling ne ha anche scritto un certo numero di episodi, alternandosi a vari, grandi scrittori del genere, tra cui spiccano autori come Richard Matheson o Ray Bradbury. Nella raccolta di Urania 1151, come al solito recuperata a una bancarella, vengono presentati una manciata di racconti trati da altrettanti episodi della serie.
Il libro si apre con Il solitario, un racconto di gusto dickiano su un uomo che, condannato all'esilio dalla Terra, si innamora dell'androide che gli viene passato sottobanco per impedirgli di impazzire. In effetti, di tutti i racconti della raccolta, questo d'apertura è quello che soffre di più, insieme con Quell'energumeno del signor Dingle (che per ironia di fondo ricorda il già citato Bradbury), dello scarso sviluppo del tema trattato, mentre quello per molti versi più efficace (innanzitutto per l'approfondimento dei due protagonisti) è Un desidero grande grande, storia di un pugile a fine carriera alla ricerca di quell'ultimo guizzo che gli permetta di ritirarsi con dignità. A essere debole è il finale e soprattutto l'assenza di una qualsivoglia morale (difetto presente in tutti i racconti, ma in questo più evidente proprio grazie alla sua maggior qualità complessiva), che sembra lì, sventolata davanti al lettore a ogni passo.
Il racconto che da il titolo alla raccolta è, invece, la sintesi delle peregrinazioni di un aereo disperso tra i meandri del tempo, saltando ogni volta da un punto all'altro della storia terrestre. In effetti è il racconto di un gruppo di indomiti che cercano di ritornare al loro punto temporale d'origine.
Nel complesso i racconti sono un ottimo esempio della varietà di tematiche del fantastico trattate da Ai confini della realtà, ognuno con pregi e difetti ma che tuttosommato si lasciano leggere con gusto, interesse e un certo piacere, anche grazie al loro ritmo televisivo.
sabato 19 novembre 2016
venerdì 18 novembre 2016
Mondo Matematico: la crittografia
Proseguo con le recensioni/approfondimenti della collana da edicola Mondo Matematico. Dopo il volume sui numeri primi, nella seconda, doppia uscita erano proposti insieme due testi sul teorema di Pitagora e sulla crittografia. Oggi provo a raccontarvi quest'ultimo, un libro indubbiamente interessante e ricco di approfondimenti, sebbene in certi punti scritto da Joan Gomez Urgellés in maniera forse eccessivamente asettica:
La storia della crittografia sembra intimamente legata con lo sviluppo della scrittura: uno dei primi esempi crittografici risale infatti ai babilonesi, con una tavoletta cui mancavano alcune lettere, e non perché si sono persi a causa del tempo trascorso (all'incirca 4500 anni fa).
Ad ogni buon conto, si possono clasificare i cifrari dell'antichità in due tipi diversi: per trasposizione e per sostituzione. Il primo si basa sulla trasposizione delle lettere che compongono il messaggio: supponendo che esse siano $n$, il numero di possibili messaggi che si possono comporre è pari a $n!$. Unico elemento che fece cadere in disuso il sistema era la difficoltà nel poter utilizare chiavi semplici per le operazioni di crittazione e decodifica.
Il secondo, che ebbe in Giulio Cesare il suo più noto utilizzatore (tanto che uno dei codici di critazione porta il suo nome) prevede la sostiuzione di ciascuna lettera dell’alfabeto con un’altra fornita grazie alla traslazione dell'intero alfabeto. Dal punto di vista matematico questi ultimi cifrari sono indubiamente i più interessanti, basandosi sulla matematica modulare.
L'operazione di modulo, $a \mod b$, restituisce il resto dela divisione di $a$ per $b$ e introduce una interessante classe di equivalenza (ovvero un sottoinsieme di oggetti di un dato insieme che godono di una stessa proprietà): avere lo stesso resto nella divisione per $b$. Così, per esempio $5 \equiv 14 (\mod 3)$, questo perché sia 5 sia 14 forniscono lo stesso resto quando li dividiamo per 3.
Anche il cifrario di Cesare aveva un punto debole: l'analisi delle frequenze. Come qualunque scherlockiano può dirvi, per ogni lingua si possono determinare le frequenze con cui ciascuna lettera compare all’interno del vocabolario. Così confrontando le frequenze delle lettere (o simboli) presenti nel messaggio da decifrare con le frequenze della lingua in cui si presume che tale messaggio sia stato scritto, è possibile risalire con buona precisione al messaggio originario. Per ovviare all'analisi delle frequenze, Blaise De Vigenère sviluppò l'omonimo quadrato, costituito come segue:
Ad ogni buon conto, si possono clasificare i cifrari dell'antichità in due tipi diversi: per trasposizione e per sostituzione. Il primo si basa sulla trasposizione delle lettere che compongono il messaggio: supponendo che esse siano $n$, il numero di possibili messaggi che si possono comporre è pari a $n!$. Unico elemento che fece cadere in disuso il sistema era la difficoltà nel poter utilizare chiavi semplici per le operazioni di crittazione e decodifica.
Il secondo, che ebbe in Giulio Cesare il suo più noto utilizzatore (tanto che uno dei codici di critazione porta il suo nome) prevede la sostiuzione di ciascuna lettera dell’alfabeto con un’altra fornita grazie alla traslazione dell'intero alfabeto. Dal punto di vista matematico questi ultimi cifrari sono indubiamente i più interessanti, basandosi sulla matematica modulare.
L'operazione di modulo, $a \mod b$, restituisce il resto dela divisione di $a$ per $b$ e introduce una interessante classe di equivalenza (ovvero un sottoinsieme di oggetti di un dato insieme che godono di una stessa proprietà): avere lo stesso resto nella divisione per $b$. Così, per esempio $5 \equiv 14 (\mod 3)$, questo perché sia 5 sia 14 forniscono lo stesso resto quando li dividiamo per 3.
Anche il cifrario di Cesare aveva un punto debole: l'analisi delle frequenze. Come qualunque scherlockiano può dirvi, per ogni lingua si possono determinare le frequenze con cui ciascuna lettera compare all’interno del vocabolario. Così confrontando le frequenze delle lettere (o simboli) presenti nel messaggio da decifrare con le frequenze della lingua in cui si presume che tale messaggio sia stato scritto, è possibile risalire con buona precisione al messaggio originario. Per ovviare all'analisi delle frequenze, Blaise De Vigenère sviluppò l'omonimo quadrato, costituito come segue:
martedì 15 novembre 2016
Psycho: il rassicurante sorriso di Norman Bates
Il 16 giugno del 1960 al DeMille Theatre di New York venne proiettato per la prima volta Psycho, uno dei tanti capolavori del maestro del brivido cinematografico Alfred Hitchcock. Il film era basato sull'omonimo romanzo di Robert Bloch uscito l'anno precedente, i cui diritti di immagine erano stati acquistati dallo stesso Hitchcock praticamente a tempo di record. Il film del regista statunitense fu una vera e propria scommessa personale, anche contro la sua stessa casa di produzione, la Paramount, che alla fine divenne il semplice distributore della pellicola.
Il romanzo di Bloch, d'altra parte, è uno splendido esempio della più tipica narrativa americana d'azione, ma non solo. Di fatto, ispirandosi alle gesta del serial killer Ed Gein arrestato nel 1957, due anni prima della pubblicazione del romanzo, Bloch introduce gli elementi del noir (l'approfondimento psicologico, in particolare dei personaggi negativi) all'interno del tipico hard boiled, ottenendo un duplice effetto: da un lato una narrazione veloce e appassionante, anche nelle sezioni che approfondiscono la personalità del famoso albergatore Norman Bates, e dall'altro scene truculente, praticamente splatter, che Hitchcock, con grande maestria, rende meno esplicite, ma probabilmente più evocative.
In effetti se la pellicola restituisce come immagini simbolo gli occhi spiritati e il sorriso sinistro di Bates e la lama del suo coltello pronta a colpire, il romanzo di Bolch approfondisce il protagonista a un livello più intenso e intimo, anche grazie alla voce dell'infanzia che convive insieme con le altre due presenti nella sua personalità multipla.
Un libro appassionante che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine senza concedergli alcuna tregua.
In effetti se la pellicola restituisce come immagini simbolo gli occhi spiritati e il sorriso sinistro di Bates e la lama del suo coltello pronta a colpire, il romanzo di Bolch approfondisce il protagonista a un livello più intenso e intimo, anche grazie alla voce dell'infanzia che convive insieme con le altre due presenti nella sua personalità multipla.
Un libro appassionante che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine senza concedergli alcuna tregua.
lunedì 14 novembre 2016
Il segno del Re Giallo
Nel suo progetto di riproposizione e aggiornamento dei miti di Lovecraft, lo sceneggiatore Alan Moore sembra aver trovato una chiave narrativa interessante per quella che può essere considerata la sua opera definitiva sul tema, Providence, realizzata in collaborazione con il disegnatore Jacen Burrows. Moore, infatti, decide di trarre ispirazione per l'ambientazione iniziale e per il gioco metanarrativo di stampo borgesiano con un libro inesistente ma dagli effetti reali da Il Re in Giallo, raccolta di racconti di Robert Chambers.
Il Re in giallo del titolo è una misteriosa commedia teatrale, citata in varie occasioni in alcuni dei racconti della raccolta, e che ispirerà lo stesso Lovecraft per la creazione delle atmosfere e di alcuni dei nomi e delle immagini presenti nei Miti di Cthulhu.
L'inizio oscilla tra il gotico e la fantascienza: Il riparatore di reputazioni è l'unico, insieme con Il segno giallo, ambientato negli Stati Uniti (gli altri tutti a Parigi) una ventina di anni dopo la pubblicazione effettiva della raccolta dopo una guerra che, invece, viene descritta in alcuni dei racconti parigini. Insieme con i racconti della prima parte, sono quelli più squisitamente gotici grazie alle citazioni tratte dalla fantomatica opera maledetta che da il titolo al libro e a un'ottimo utilizzo degli elementi tipici del brivido, come follia, fantasmi, ricerca di segreti proibiti e la presenza inquietante, ma comunque sottintesa, dell'oscuro Re Giallo.
La seconda parte, invece, è costituita sastanzialmente di racconti romantici che perdono qualunque elemento di brivido per concentrarsi su un gruppo di artisti a Parigi durante la guerra citata nel racconto d'apertura. In questo senso, dunque, risulta inclassificabile la raccolta di Chambers, forse troppo nettamente distinta nelle due sezioni, sebbene in un paio di racconti della prima parte alcuni elementi romantici sono pur presenti. Interessante, ad ogni modo, il racconto che fa da spartiacque, che in realtà è una raccolta di versi del brivido tratti dal libro proibito Il Re in Giallo.
Nel complesso una lettura interessante, che permete di avvicinarsi a una delle fonti di ispirazione di Lovecraft e di buona parte della narrativa del brivido e del mistero.
Racconti vittoriani
Classificare il libro di racconti di Chambers sotto l'ombrello generico del gotico è probabilmente un po' eccessivo se consideriamo che non tutti i racconti hanno un'ispirazione fantastica e non tutti riescono a essere d'atmosfera con la stessa efficacia.Il Re in giallo del titolo è una misteriosa commedia teatrale, citata in varie occasioni in alcuni dei racconti della raccolta, e che ispirerà lo stesso Lovecraft per la creazione delle atmosfere e di alcuni dei nomi e delle immagini presenti nei Miti di Cthulhu.
L'inizio oscilla tra il gotico e la fantascienza: Il riparatore di reputazioni è l'unico, insieme con Il segno giallo, ambientato negli Stati Uniti (gli altri tutti a Parigi) una ventina di anni dopo la pubblicazione effettiva della raccolta dopo una guerra che, invece, viene descritta in alcuni dei racconti parigini. Insieme con i racconti della prima parte, sono quelli più squisitamente gotici grazie alle citazioni tratte dalla fantomatica opera maledetta che da il titolo al libro e a un'ottimo utilizzo degli elementi tipici del brivido, come follia, fantasmi, ricerca di segreti proibiti e la presenza inquietante, ma comunque sottintesa, dell'oscuro Re Giallo.
La seconda parte, invece, è costituita sastanzialmente di racconti romantici che perdono qualunque elemento di brivido per concentrarsi su un gruppo di artisti a Parigi durante la guerra citata nel racconto d'apertura. In questo senso, dunque, risulta inclassificabile la raccolta di Chambers, forse troppo nettamente distinta nelle due sezioni, sebbene in un paio di racconti della prima parte alcuni elementi romantici sono pur presenti. Interessante, ad ogni modo, il racconto che fa da spartiacque, che in realtà è una raccolta di versi del brivido tratti dal libro proibito Il Re in Giallo.
Nel complesso una lettura interessante, che permete di avvicinarsi a una delle fonti di ispirazione di Lovecraft e di buona parte della narrativa del brivido e del mistero.
domenica 13 novembre 2016
Apocalypso!
La Coniglio è fallita, quindi quando mi è capitato di poter acquistare volumi di questo editore, che a un certo punto sembrava poter essere un valido alter ego d'autore della Bonelli per le librerie, non mi sono lasciato sfuggire l'occasione di acquistare la raccolta di storie brevi di Tuono Pettinato.
Sono tutti racconti che propongono una risata amara a partire da considerazioni intelligenti e interessanti. Curiosa in questo senso è L'uomo che non aveva compleanno, su un tizio che non voleva festeggiare il proprio compleanno, tanto da aver dimenticato anche il giorno in cui avrebbe dovuto festeggiarlo. C'è poi Abbattuto impietosamente mentre cercava di evadere dalla realtà, storia sull'essenza stessa del lettore seriale il cui protagonista sembra un prototipo dell'Alan Turing di Enigma. C'è quindi una rivisitazione del Signor Bonaventura, che Pettinato mette a confronto con la flessibilità, in una storiella bicromica rosso-verde cadavere, un omaggio a Philip Dick (Ma gli androidi sognano in balloons elettrici?), un omaggio ai mecha (che saranno presenti anche in Enigma) e ai supereroi della Marvel.
Con Omeopatia sconfigge un Hitler rinato nell'intestino di un poveretto spedendo il suo stesso clone all'interno del corpo del malato in una riedizione tragicomica del Viaggio allucinante di Richard Fleischer e in chiusura c'è una serie di storielle che qualcuno migliore di me definirebbe anticlericali, ma che mi limito a suggerire che semplicemente invitano il lettore a ragionare sulla religione e le sue conseguenze.
Sono tutti racconti che propongono una risata amara a partire da considerazioni intelligenti e interessanti. Curiosa in questo senso è L'uomo che non aveva compleanno, su un tizio che non voleva festeggiare il proprio compleanno, tanto da aver dimenticato anche il giorno in cui avrebbe dovuto festeggiarlo. C'è poi Abbattuto impietosamente mentre cercava di evadere dalla realtà, storia sull'essenza stessa del lettore seriale il cui protagonista sembra un prototipo dell'Alan Turing di Enigma. C'è quindi una rivisitazione del Signor Bonaventura, che Pettinato mette a confronto con la flessibilità, in una storiella bicromica rosso-verde cadavere, un omaggio a Philip Dick (Ma gli androidi sognano in balloons elettrici?), un omaggio ai mecha (che saranno presenti anche in Enigma) e ai supereroi della Marvel.
Con Omeopatia sconfigge un Hitler rinato nell'intestino di un poveretto spedendo il suo stesso clone all'interno del corpo del malato in una riedizione tragicomica del Viaggio allucinante di Richard Fleischer e in chiusura c'è una serie di storielle che qualcuno migliore di me definirebbe anticlericali, ma che mi limito a suggerire che semplicemente invitano il lettore a ragionare sulla religione e le sue conseguenze.
Il Cappellaio Matto Digest: ottobre 2013
Ed eccoci al nuovo digest del Cappellaio Matto. Il mese di ottobre inizia con un blocco, tra post del blog e articoli su LSB, dedicati a Topolino Comics&Science:
Recensioni: Topolino alla ricerca di Albert Einstein e Topolino e Orazio travolti dalle onde gravitazionali, cui si affiancano i...
Post di approfondimento: Il dottor Pi e la conferenza Solvay del 1927 e Le mistiche onde gravitazionali
Il resto del sommario di ottobre, invece, è così ripartito, iniziando con Il caffé del Cappellaio Matto:
E per chiudere gli articoli usciti su LSB:
Post di approfondimento: Il dottor Pi e la conferenza Solvay del 1927 e Le mistiche onde gravitazionali
sabato 12 novembre 2016
Monologo quantistico: portare la fisica a teatro
Gabriella Greison (@GREISON_ANATOMY) è un fisico, ma anche un'attrice e una divulgatrice. In questi giorni ha portato a Milano al Teatro Menotti lo spettacolo 1927. Monologo quantistico centrato intorno alla quinta conferenza Solvay. Non mi metto a riscrivere su argomenti di cui ho già scritto, per cui cercherò semplicemente di raccontarvi le impressioni dello spettacolo, cui sono andato ad assistere insieme con l'amico Giovanni giovedì sera.
Quello della fisica, attrice per l'occasione, è un racconto appassionato di un momento storico che ha visto la concentrazione dei punti di riferimento per molte generazioni di fisici dal 1927 in poi. E' un racconto sulla fisica, quella scoperta dai 29 scienziati riuniti nei pressi di Bruxelles, importante anche per il mondo di oggi così come lo conosciamo, ma anche un racconto sugli scienziati, la loro vita, le loro manie, persino le loro paure e preoccupazioni.
La storia procede spedita, con buon ritmo (nonostante qualche esitazione, evidentemente dovuta a un eccesivo uso della memoria, che è al tempo stesso amica e nemica dell'attore), pur se vive in una sorta di ambiguità, molto quantistica, tra l'essere una Ted lesson da un lato e un racconto leggero e teatrale dall'altro. In questo senso alcuni passaggi risentono della difficoltà di permettere al corpo di muoversi un po' di più sul palco (in questo senso apprezate un paio di battute improvvisate all'inizio del secondo capitolo, ad esempio, molto ben accompagnate dai gesti), mentre altri momenti sono squisitamente teatrali (come ad esempio il capitolo in cui Gabriella costruisce un percorso per un trenino seduta a piedi nudi sul palco) e altri ancora creano (o quanto meno provano a creare) una sorta di complicità e vicinanza con gli spettatori.
Personalmente, nonostante questi difetti, ho apprezzato sia il racconto in sé, sia il modo di presentarlo, che forse poteva essere migliorato grazie a un maggior apporto iconografico: infatti, come nelle migliori TED lesson, sullo schermo del palco venivano proiettate in alcuni momenti foto e citazioni. Forse questo espediente poteva essere utilizzato maggiormente, ma nel complesso siamo di fronte a uno spettacolo interessante e ben recitato, soprattutto perché traspare evidente la passione di Gabriella Graison nei confronti della fisica e di quei fantastici personaggi della conferenza Solvay del 1927 che hanno reso la fisica una protagonista (certo non sempre amata e apprezzata) dei nostri tempi.
Tra racconto apassionato e TED Lesson
Strutturato in capitoli, il racconto inizia con Benjamin Couprie, il fotografo della foto di gruppo di quella conferenza del 1927, la riunione con i più grandi cervelli del XX secolo. L'inizio, nonostante l'ottima interpretazione che vede Couprie parlare con la lapide di Paul Dirac, mi stimola cattivi pensieri a causa del ricordo di un altra opera dove l'attore ha interpretato tre personaggi distinti con tre monologhi distinti in una discesa sempre più inevitabile verso la noia. Sarà stato per la materia o per chissà che altro motivo, ma questo effetto è stato per fortuna scongiurato e il capitolo successivo inizia con la Greison che, sul palco, interpreta se stessa seduta a un tavolino, mentre si trucca, beve un bicchiere d'acqua e quindi inizia a parlare.Quello della fisica, attrice per l'occasione, è un racconto appassionato di un momento storico che ha visto la concentrazione dei punti di riferimento per molte generazioni di fisici dal 1927 in poi. E' un racconto sulla fisica, quella scoperta dai 29 scienziati riuniti nei pressi di Bruxelles, importante anche per il mondo di oggi così come lo conosciamo, ma anche un racconto sugli scienziati, la loro vita, le loro manie, persino le loro paure e preoccupazioni.
La storia procede spedita, con buon ritmo (nonostante qualche esitazione, evidentemente dovuta a un eccesivo uso della memoria, che è al tempo stesso amica e nemica dell'attore), pur se vive in una sorta di ambiguità, molto quantistica, tra l'essere una Ted lesson da un lato e un racconto leggero e teatrale dall'altro. In questo senso alcuni passaggi risentono della difficoltà di permettere al corpo di muoversi un po' di più sul palco (in questo senso apprezate un paio di battute improvvisate all'inizio del secondo capitolo, ad esempio, molto ben accompagnate dai gesti), mentre altri momenti sono squisitamente teatrali (come ad esempio il capitolo in cui Gabriella costruisce un percorso per un trenino seduta a piedi nudi sul palco) e altri ancora creano (o quanto meno provano a creare) una sorta di complicità e vicinanza con gli spettatori.
Personalmente, nonostante questi difetti, ho apprezzato sia il racconto in sé, sia il modo di presentarlo, che forse poteva essere migliorato grazie a un maggior apporto iconografico: infatti, come nelle migliori TED lesson, sullo schermo del palco venivano proiettate in alcuni momenti foto e citazioni. Forse questo espediente poteva essere utilizzato maggiormente, ma nel complesso siamo di fronte a uno spettacolo interessante e ben recitato, soprattutto perché traspare evidente la passione di Gabriella Graison nei confronti della fisica e di quei fantastici personaggi della conferenza Solvay del 1927 che hanno reso la fisica una protagonista (certo non sempre amata e apprezzata) dei nostri tempi.
La settimana della luce 2016 a Brera
In occasione della settimana della luce (in effetti la settimana aperta per la difusione dell'astronomia e dell'astrofisica) l'Osservatorio Astronomico di Brera a Milano ha organizzato una serie di eventi che vanno a iniziare già a partire da domani:
Domenica 13 novembre, ore 11:30 - Tutti su... Plutone! - Evento per bambini 4-11 anni, presso la Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano. Ingresso gratuito senza prenotazione.
Dettagli su Astrokids 2016
Mercoledì 16 novembre, ore 18:00 - per I cieli di Brera, presso la Sala Delle Adunanze dell'Istituto Lombardo Palazzo Brera, Via Brera 28, Milano, in collaborazione con l'Istituto Lombardo, Fabrizio Tavecchio presenta: "Nuova luce sulla materia". Ingresso libero fino ad esaurimento posti (100 posti max)
Sempre sabato 19 novembre, dalle 10:00 alle 18:00, apertura straordinaria della Galleria degli Strumenti dell'Osservatorio
Inoltre dal 14 al 19 novembre: Lontano, lontano nel tempo..., mostra presso la Galleria degli Strumenti antichi dell'Osservatorio. Sarà visitabile secondo gli orari di apertura dell'Osservatorio.
Attività per le scuole su prenotazione a sul minisito della settimana della luce.
Domenica 13 novembre, ore 11:30 - Tutti su... Plutone! - Evento per bambini 4-11 anni, presso la Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano. Ingresso gratuito senza prenotazione.
Dettagli su Astrokids 2016
Mercoledì 16 novembre, ore 18:00 - per I cieli di Brera, presso la Sala Delle Adunanze dell'Istituto Lombardo Palazzo Brera, Via Brera 28, Milano, in collaborazione con l'Istituto Lombardo, Fabrizio Tavecchio presenta: "Nuova luce sulla materia". Ingresso libero fino ad esaurimento posti (100 posti max)
Giovedì 17 novembre, dalle 18:00 alle 21:00 - Open Night per l'Osservatorio Astronomico di Brera: apertura straordinaria della Galleria degli Strumenti e della Cupola Schiaparelli. Turni di visita ogni 30 minuti. Prenotazione in loco il giorno della visita a partire dalle 17:00. Ingresso libero fino a esaurimento posti
Sabato 19 novembre - ore 11:00 e 15:30 - Un telescopio tutto per sé, presso la Cupola a fiore dell'Osservatorio Astronomico di Brera, in collaborazione con PACTA. Dei Teatri. Recital multimediale di e con Mauria Eugenia D'Aquino e Ilaria Arosio. Prenotazione obbligatoriaSempre sabato 19 novembre, dalle 10:00 alle 18:00, apertura straordinaria della Galleria degli Strumenti dell'Osservatorio
Inoltre dal 14 al 19 novembre: Lontano, lontano nel tempo..., mostra presso la Galleria degli Strumenti antichi dell'Osservatorio. Sarà visitabile secondo gli orari di apertura dell'Osservatorio.
Attività per le scuole su prenotazione a sul minisito della settimana della luce.
venerdì 11 novembre 2016
Gli anelli di Emmy Noether
Non sempre gli anelli si mettono al dito. O al naso. O... Attenzione: post avanzato
Uno dei risultati più famosi di Emmy Noether è l'omonimo teorema sulle grandezze invarianti in fisica. La matematica tedesca, però, ha prodotto una quantità incredibile di lavori in poco meno di trent’anni in svariati campi. Con uno dei più importanti, Idealtheorie in Ringbereichen(1), ha fondato la teoria degli anelli commutativi, fornendone una prima, generale definizione.
Provando a semplificare ciò che leggerete più sotto con (si spera) maggior dettaglio, si potrebbe scrivere così: si parte da un insieme matematico chiamato anello (vedi definizione più avanti). All’interno di un anello si possono eventualmente definire dei particolari sottoinsiemi chiamati ideali. Emmy Noether ha dimostrato che, se in un dato anello si riescono a trovare una serie di ideali incastrati uno dentro l’altro, un po’ come delle scatole cinesi, allora un qualsiasi ideale di quell’anello è costruito utilizzando un numero finito di sottoinsiemi ideali, o se preferite una qualsiasi scatola ideale che posso costruire utilizzando elementi dell'anello è costituita a sua volta da un numero finito di scatole più piccole, anch’esse ideali.
A questo si aggiunge un risultato forse ancora più importante, che generalizza il teorema fondamentale dell’artimetica. Si parte da quelle che potremmo chiamare, seguendo l’analogia delle scatole, le scatole elementari. Allora ogni scatola ideale di un anello noetheriano è costituita da un numero finito di scatole elementari.
Scritto ciò, avvertendovi in anticipo, il resto del post è una descrizione decisamente più tecnica di quanto riportato qui sopra. Se avete voglia, proseguite la lettura, altrimenti quanto letto vi dovrebbe bastare per capire il risultato ottenuto da Emmy Noether.
Uno dei risultati più famosi di Emmy Noether è l'omonimo teorema sulle grandezze invarianti in fisica. La matematica tedesca, però, ha prodotto una quantità incredibile di lavori in poco meno di trent’anni in svariati campi. Con uno dei più importanti, Idealtheorie in Ringbereichen(1), ha fondato la teoria degli anelli commutativi, fornendone una prima, generale definizione.
Provando a semplificare ciò che leggerete più sotto con (si spera) maggior dettaglio, si potrebbe scrivere così: si parte da un insieme matematico chiamato anello (vedi definizione più avanti). All’interno di un anello si possono eventualmente definire dei particolari sottoinsiemi chiamati ideali. Emmy Noether ha dimostrato che, se in un dato anello si riescono a trovare una serie di ideali incastrati uno dentro l’altro, un po’ come delle scatole cinesi, allora un qualsiasi ideale di quell’anello è costruito utilizzando un numero finito di sottoinsiemi ideali, o se preferite una qualsiasi scatola ideale che posso costruire utilizzando elementi dell'anello è costituita a sua volta da un numero finito di scatole più piccole, anch’esse ideali.
A questo si aggiunge un risultato forse ancora più importante, che generalizza il teorema fondamentale dell’artimetica. Si parte da quelle che potremmo chiamare, seguendo l’analogia delle scatole, le scatole elementari. Allora ogni scatola ideale di un anello noetheriano è costituita da un numero finito di scatole elementari.
Scritto ciò, avvertendovi in anticipo, il resto del post è una descrizione decisamente più tecnica di quanto riportato qui sopra. Se avete voglia, proseguite la lettura, altrimenti quanto letto vi dovrebbe bastare per capire il risultato ottenuto da Emmy Noether.
martedì 8 novembre 2016
Il dilemma di Benedetto XVI
Ho inseguito questa raccolta di racconti uscita su Urania 745 sin da quando il nome di questo papa è uscito sulla ruota della Città del Vaticano, e finalmente sono riuscito a trovarlo in una delle librerie di Milano che trattano libri vecchi e fallati.
Alla fine il lettore non può fare altro che interrogarsi su cosa avrebbe fatto al posto dei protagonisti nel momento di prendere la decisione finale sullo stato mentale del papa.
Più o meno uno schema simile può essere trovato in molti altri racconti fantascientifici, come ad esempio Mentre l'Atlantico muore di Hilbert Schenck, fulgido esempio di eco-fantascienza che ruota intorno a un esperimento sfuggito di mano (guarda un po'!) ai militari (l'elemento che soddisfa maggiormente, oserei scrivere utopistico, è come un'istituzione accademica, per quanto statale, riesca a opporsi grazie alla necessità di divulgare le scoperte per la salvezza del pianete a un'altra che si copre dietro il paravento della sicurezza nazionale), o Lui di Alan Dean Foster (lo scrittore della novelizzazione di Alien), dove l'elemento fantastico è rappresentato dal Carcharodon megalodon, che diventa un modo per filosofeggiare sull'uomo e sul suo rapporto con se stesso e con gli altri.
Fantascienza, fantasy, horror
Il racconto di apertura, che da anche il titolo alla raccolta, è opera di Herbie Brennan, scrittore passato al lato umoristico del genere (in effetti la serie con cui l'ho scoperto è un mix di fantasy e fantascienza scritta con uno stile alla Douglas Adams, vista comunque l'importanza della scienza in questi romanzi) e si regge su tre elementi distinti. Il racconto, infatti, propone l'elemento scientifico nella macchina che permette al terapeuta contattato dal Vaticano di esaminare la mente del papa per determinarne la pazzia. L'elemento fantastico è nella possibilità dell'esistenza di questa macchina. L'elemento distopico è quello più interessante di tutta la faccenda e si presenta sin dal titolo originale, The armageddon decision.Alla fine il lettore non può fare altro che interrogarsi su cosa avrebbe fatto al posto dei protagonisti nel momento di prendere la decisione finale sullo stato mentale del papa.
Più o meno uno schema simile può essere trovato in molti altri racconti fantascientifici, come ad esempio Mentre l'Atlantico muore di Hilbert Schenck, fulgido esempio di eco-fantascienza che ruota intorno a un esperimento sfuggito di mano (guarda un po'!) ai militari (l'elemento che soddisfa maggiormente, oserei scrivere utopistico, è come un'istituzione accademica, per quanto statale, riesca a opporsi grazie alla necessità di divulgare le scoperte per la salvezza del pianete a un'altra che si copre dietro il paravento della sicurezza nazionale), o Lui di Alan Dean Foster (lo scrittore della novelizzazione di Alien), dove l'elemento fantastico è rappresentato dal Carcharodon megalodon, che diventa un modo per filosofeggiare sull'uomo e sul suo rapporto con se stesso e con gli altri.
lunedì 7 novembre 2016
Il terzo reich: il lato oscuro del gioco
E' nel gioco che riveliamo la nostra vera natura.Si può passare un'estate ad affrontare un orrore proveniente da un antro oscuro che vuole conquistare la tua anima, oppure andare in giro per il mondo seguendo l'inspiegabile richiamo da un'isola nel mar Mediterraneo, oppure si può passare l'estate a divertirsi in Costa Brava. Certo per Udo Berger, turista tedesco, il divertimento sfocia nel lavoro: doversi preparare per una convention sui gochi da tavolo. La sua specialità è Il terzo reich, gioco di guerra sul secondo conflitto mondiale.
Ovidio
Udo si ritrova con la fidanzata Ingborg nell'albergo dove era stato con i genitori durante l'adolescenza, gestito dall'affascinante Frau Else, di cui Udo è invaghito. A questo gruppo si uniranno poi Hanna e Charly, anche loro tedeschi, con cui verrà intrecciato un rapporto di confidenza che costituisce una delle molte linee narrative portate avanti da Roberto Bolano in questo romanzo breve, veloce ma intenso per contenuti.
L'intreccio delle diverse linee narrative, le immagini intense al limite dell'horror e la narrazione in prima persona rendono Il terzo reich un noir a tutti gli effetti. Bolano, infatti, esplora l'animo del protagonista, dibattuto tra l'amore per la fidanzata, la passione per i giochi da tavolo, l'infatuazione per Frau Else e la partita al Terzo reich con il Bruciato, un personaggio silenzioso e particolarmente drammatico anche grazie alle ustioni di cui è pieno il suo corpo.
domenica 6 novembre 2016
Giochi esagonali: Make7!, UniWar, Antiyoy
Tra i giochi per Android che ho installato negli ultimi mesi c'è una categoria particolare che si gioca su una plancia costituita da celle esagonali. Uno dei più interessanti dal punto di vista logico e matematico è Make7! in cui l'obiettivo è realizzare tre celle adiacenti contenenti lo stesso numero.
Quando si ottiene un risultato del genere, le tre celle vengono sostituite da una cella con il numero successivo fino ad arrivare al 7. Giunti a questo punto, tre 7 adiacenti generano un'esplosione. Alla versione di base, quella classica dove le cifre vengono fornite in blocchi ruotabili, vengono aggiunte altre due versioni, una con blocchi non ruotabili mandati al giocatore in gruppi di tre e una con blocchi ruotabili mentre sulla plancia, più o meno casualmente, una delle celle già piazzate si trasforma in un countdown fino all'esplosione, che può essere scongiurata o realizzando una tripletta o facendo esplodere un tris di 7 lì accanto.
Un altro gioco su plancia esagonale è, invece, UniWar, strategico abbastanza interessante dove bisogna gestire una serie di basi e di truppe con l'obiettivo di conquistare tutte le basi presenti. Non è durato molto essenzialmente per l'alto consumo della batteria. L'ultimo gioco interessante di questo terzetto è Antiyoy (su Google Play), che riprende sia il gameplay (obiettivo quello di conquistare tutto il territorio, o quanto meno la maggior parte dell'isola su cui si gioca) sia la successione dei personaggi di Slay di Sean O'Connor (peraltro anche Slay ha una sua versione per Android). Può essere giocato sia nella versione a mappa casuale sia in modalità campagna con mappe di difficoltà crescente. Come in Slay, una volta raggiunto l'obiettivo minimo della mappa, si può scegliere se interrompere la partita, ottenendo così la vittoria, o proseguire. In quest'ultimo caso a proprio rischio e pericolo, poiché esiste la possibilità di perdere la sfida, considerando che bisogna anche gestire le risorse a disposizione per sostenere l'esercito necessario per la conquista.
Un altro gioco su plancia esagonale è, invece, UniWar, strategico abbastanza interessante dove bisogna gestire una serie di basi e di truppe con l'obiettivo di conquistare tutte le basi presenti. Non è durato molto essenzialmente per l'alto consumo della batteria. L'ultimo gioco interessante di questo terzetto è Antiyoy (su Google Play), che riprende sia il gameplay (obiettivo quello di conquistare tutto il territorio, o quanto meno la maggior parte dell'isola su cui si gioca) sia la successione dei personaggi di Slay di Sean O'Connor (peraltro anche Slay ha una sua versione per Android). Può essere giocato sia nella versione a mappa casuale sia in modalità campagna con mappe di difficoltà crescente. Come in Slay, una volta raggiunto l'obiettivo minimo della mappa, si può scegliere se interrompere la partita, ottenendo così la vittoria, o proseguire. In quest'ultimo caso a proprio rischio e pericolo, poiché esiste la possibilità di perdere la sfida, considerando che bisogna anche gestire le risorse a disposizione per sostenere l'esercito necessario per la conquista.
sabato 5 novembre 2016
Una Alice un po' dark
Avrei dovuto scriverla io la recensione del fumetto, ma per varie questioni non sono riuscito, così la recensione è toccata a Lisa Cecconi, che ha realizzato un ottimo lavoro. Qui semplicemente metto in ordine alcuni appunti sparsi che avevo scritto all’epoca (e che ovviamente utilizzo per segnalare la recensione di Lisa!)
Alice nel Paese delle Meraviglie è un romanzo piuttosto noto, anche solo grazie alla trasposizione animata surrealista di Hamilton Luske per la Disney. Nell'ultimo lustro, poi, il personaggio ha prestato nome e ispirazione a vari spettacoli teatrali, incluse le trasposizioni propriamente dette.
Lewis Carroll, pseudonimo utilizzato dal matematico Charles Dodgson, ha poi inserito nel romanzo stesso una serie di giochi e paradossi matematici approfonditi su vari libri e articoli(1) oltre che sulla fondamentale edizione che raccoglie i due romanzi della serie, annotata da Martin Gardner. Lo stesso romanzo, prima di essere dato alle stampe, venne realizzato da Carroll in un’edizione manoscritta appositamente per Alice Liddell e le sue amiche, alle quali in un pomeriggio d’estate aveva narrato per la prima volta la favola. Oltre ad essere più breve rispetto al Paese delle Meraviglie, Alice Underground presenta anche varie differenze, come alcuni spunti ed episodi successivamente tagliati o una Alice dai capelli scuri, come la bambina che ispirò il personaggio, disegnata dallo stesso Carroll. L'Alice nel Paese delle Meraviglie di David Chavel e Xavier Collette recupera quella Alice originale, in luogo della bambina bionda ritratta da John Tenniell nella prima edizione rilegata del libro o nel famoso film disneyano.
In generale questa nuova trasposizione del romanzo carrolliano è estremamente fedele al testo e, a differenza di altre trasposizioni, si concentra esclusivamente sul primo romanzo, senza combinare gli elementi del Paese delle Meraviglie con Attraverso lo specchio, come ad esempio è accaduto con il film di Luske. D’altra parte Collette, pur non escludendo un’ispirazione proveniente sia da Tenniell sia dal film animato, ha cercato di trovare una strada e uno stile personale approcciandosi al romanzo:
Alice nel Paese delle Meraviglie è un romanzo piuttosto noto, anche solo grazie alla trasposizione animata surrealista di Hamilton Luske per la Disney. Nell'ultimo lustro, poi, il personaggio ha prestato nome e ispirazione a vari spettacoli teatrali, incluse le trasposizioni propriamente dette.
Lewis Carroll, pseudonimo utilizzato dal matematico Charles Dodgson, ha poi inserito nel romanzo stesso una serie di giochi e paradossi matematici approfonditi su vari libri e articoli(1) oltre che sulla fondamentale edizione che raccoglie i due romanzi della serie, annotata da Martin Gardner. Lo stesso romanzo, prima di essere dato alle stampe, venne realizzato da Carroll in un’edizione manoscritta appositamente per Alice Liddell e le sue amiche, alle quali in un pomeriggio d’estate aveva narrato per la prima volta la favola. Oltre ad essere più breve rispetto al Paese delle Meraviglie, Alice Underground presenta anche varie differenze, come alcuni spunti ed episodi successivamente tagliati o una Alice dai capelli scuri, come la bambina che ispirò il personaggio, disegnata dallo stesso Carroll. L'Alice nel Paese delle Meraviglie di David Chavel e Xavier Collette recupera quella Alice originale, in luogo della bambina bionda ritratta da John Tenniell nella prima edizione rilegata del libro o nel famoso film disneyano.
In generale questa nuova trasposizione del romanzo carrolliano è estremamente fedele al testo e, a differenza di altre trasposizioni, si concentra esclusivamente sul primo romanzo, senza combinare gli elementi del Paese delle Meraviglie con Attraverso lo specchio, come ad esempio è accaduto con il film di Luske. D’altra parte Collette, pur non escludendo un’ispirazione proveniente sia da Tenniell sia dal film animato, ha cercato di trovare una strada e uno stile personale approcciandosi al romanzo:
(...) Ho giusto tentato di dare una versione personale di questo paese delle meraviglie. E' difficile non essere influenzati da tutti questi riferimenti. Il mio metodo… anche se sembra un po' semplicistico, non è certo guardare tutto ciò che è stato fatto! Mi baso unicamente sulle brevi descrizioni dei personaggi che si possono trovare nel libro, che non sono, in definitiva, molto dettagliate (...)(2)Alla fine, anche grazie a una colorazione scura e in molte scene a una tavolozza basata su colori freddi, emerge una Alice un po' dark che anche nello stile di disegno ricorda la protagonista del videogioco American McGee's Alice.
- e anche online su siti e blog scientifici, vedi per esempio la serie dei Rompicapi di Alice ↩
- Dall'intervista Petites questions à... Xavier Collette ↩
Il Cappellaio Matto Digest: settembre 2013
A quanto pare questi primi giorni di novembre sembrano caraterizzati da una certa continuità nelle pubblicazioni dei post. Il digest del Cappellaio Matto però prosegue con le uscite di settembre (vedi agosto):
Tratti e forme: l'evoluzione a fumetti | STEAM variant cover: le origini segrete di una news | The house of the rising sun (che sembra abbia avuto un discreto successo) | Dominare la matematica
In particolare quest'ultimo post è l'approfondimento della recensione de Il dominatore della matematica uscita sul Topolino #3174 e con la quale entriamo nel regno delle recensioni uscite su LSB:
Sergio Algozzino e l'arte dell'attesa | Paperi #3 – ONE$: scavare nel cadavere dell'apparenza (consigliato dallo scrittore del fumetto!)
Ci sarebbe un altra recensione uscita asettembre, ma di quella ne scriverò con il prossimo digest dedicato a ottobre!
venerdì 4 novembre 2016
Autisti marziani
Narrazione leggera, brillante e ironica dei nostri primi passi su Marte
La missione ExoMars 2016 ha avuto un doppio esito, positivo per il satellite di comunicazioni messo in orbita intorno a Marte, e che servirà per la missione successiva, negativo per il lander, che invece si è schiantato su Marte. L'ammartaggio di Schiaparelli ha, infatti, avuto esito negativo a causa di un non meglio identificato problema tecnico: a quanto pare il computer ha frenato il lander per appena 3 dei 30 secondi previsti. La causa di questo malfunzionamento potrebe essere una malprogrammazione del software o una difficoltà nell'incrocio dei dati provenienti dai sensori.
Ovviamente ci sarà nei prossimi quattro anni la necessità di capire l'origine del problema, per poter ridefinire la missione che dovrebbe portare nel 2020 un vero e proprio rover, come il famoso Spirit della Nasa.
Questi dispositivi mobili che vengono periodicamente inviati su Marte non si muovono di loro iniziativa, ma vengono guidati da Terra, con grande precisione, attenzione e lentezza, essenzialmente a causa dei 14 minuti per inviare e ricevere informazioni dal pianeta rosso. Tra gli attuali Autisti marziani che lavorano presso il JPL della Nasa c'è anche l'italiano Paolo Bellutta che, coadiuvato da Stefano Dalla Casa, ha scritto un'interessante guida per i suoi aspiranti colleghi! L'uomo di Marte ha esplorato le possibilità di sopravivenza di uno scienziato rimasto solo sulla superficie marziana. Questo vero e proprio Robinson Crusoe del terzo millennio (e si spera che su Marte ci andremo entro questo millennio!) può essere considerato come un passo intermedio (ancora da compiere) nel processo di colonizzazione del pianeta rosso, iniziato, seppure in maniera indiretta, nel 1964 grazie alle prime foto scattate dal Mariner 4, la prima delle sonde terrestri a riuscire nell’impresa di avvicinarsi a sufficienza al pianeta.
Fino ad allora l'osservazione di Marte era stata fatta da lontano utilizzando il classico strumento dell'astronomo: i telescopi. Sebbene le osservazioni rislagono fino agli albori della civiltà, i più noti osservatori del pianeta sono stati considerati Giovanni Schiaparelli e Percival Lowell. In particolare quest'ultimo, a causa di una cattiva traduzione degli scritti dell'italiano, suggerì che sulla superficie marziana abitasse un popolo tecnologicamente avanzato. L'equivoco era nato a causa della traduzione del termine "canali", reso in inglese con "canals", utilizzato per i "canali artificiali", mentre Schiaparelli intendeva "canali naturali", suggerendo così un'idea forse meno forte di vita intelligente sul nostro vicino cosmico, ovvero quella di presenza di acqua corrente su un altro pianeta del sistema solare.
Ad ogni buon conto le idee di Lowell scatenarono gli scrittori di fantascienza, in particolare Edgar Rice Burroughs, che così trovò materiale per ideare la saga di John Carter eroe di Barsoom (il nome natio di Marte secondo Burroughs), e H.G. Wells con la sua Guerra dei mondi.
Tornando all'esplorazione di Marte, il passo successivo furono le missioni Viking, 1 e 2. Esse erano costituite da un orbiter e da un lander, con quest'ultimo che avrebbe effettuato l'esplorazione vera e propria del suolo marziano. Possiamo considerarli come i veri primi pionieri della possibile futura colonizzazione del pianeta.
Tra alterne fortune l'importante passo successivo avviene nel 1997 con l'entrata in orbita del Mars Global Surveyor e il successivo atterraggio del Pathfinder il 4 luglio del 1997, che però non arriva solo: deposita, infatti, il primo rover della storia del pianeta, il Sojourner. E ovviamente a guidarlo, da Terra e con un ritardo di 14 minuti circa, c'è il primo team di autisti marziani!
La missione ExoMars 2016 ha avuto un doppio esito, positivo per il satellite di comunicazioni messo in orbita intorno a Marte, e che servirà per la missione successiva, negativo per il lander, che invece si è schiantato su Marte. L'ammartaggio di Schiaparelli ha, infatti, avuto esito negativo a causa di un non meglio identificato problema tecnico: a quanto pare il computer ha frenato il lander per appena 3 dei 30 secondi previsti. La causa di questo malfunzionamento potrebe essere una malprogrammazione del software o una difficoltà nell'incrocio dei dati provenienti dai sensori.
Ovviamente ci sarà nei prossimi quattro anni la necessità di capire l'origine del problema, per poter ridefinire la missione che dovrebbe portare nel 2020 un vero e proprio rover, come il famoso Spirit della Nasa.
Questi dispositivi mobili che vengono periodicamente inviati su Marte non si muovono di loro iniziativa, ma vengono guidati da Terra, con grande precisione, attenzione e lentezza, essenzialmente a causa dei 14 minuti per inviare e ricevere informazioni dal pianeta rosso. Tra gli attuali Autisti marziani che lavorano presso il JPL della Nasa c'è anche l'italiano Paolo Bellutta che, coadiuvato da Stefano Dalla Casa, ha scritto un'interessante guida per i suoi aspiranti colleghi! L'uomo di Marte ha esplorato le possibilità di sopravivenza di uno scienziato rimasto solo sulla superficie marziana. Questo vero e proprio Robinson Crusoe del terzo millennio (e si spera che su Marte ci andremo entro questo millennio!) può essere considerato come un passo intermedio (ancora da compiere) nel processo di colonizzazione del pianeta rosso, iniziato, seppure in maniera indiretta, nel 1964 grazie alle prime foto scattate dal Mariner 4, la prima delle sonde terrestri a riuscire nell’impresa di avvicinarsi a sufficienza al pianeta.
Fino ad allora l'osservazione di Marte era stata fatta da lontano utilizzando il classico strumento dell'astronomo: i telescopi. Sebbene le osservazioni rislagono fino agli albori della civiltà, i più noti osservatori del pianeta sono stati considerati Giovanni Schiaparelli e Percival Lowell. In particolare quest'ultimo, a causa di una cattiva traduzione degli scritti dell'italiano, suggerì che sulla superficie marziana abitasse un popolo tecnologicamente avanzato. L'equivoco era nato a causa della traduzione del termine "canali", reso in inglese con "canals", utilizzato per i "canali artificiali", mentre Schiaparelli intendeva "canali naturali", suggerendo così un'idea forse meno forte di vita intelligente sul nostro vicino cosmico, ovvero quella di presenza di acqua corrente su un altro pianeta del sistema solare.
Ad ogni buon conto le idee di Lowell scatenarono gli scrittori di fantascienza, in particolare Edgar Rice Burroughs, che così trovò materiale per ideare la saga di John Carter eroe di Barsoom (il nome natio di Marte secondo Burroughs), e H.G. Wells con la sua Guerra dei mondi.
Tornando all'esplorazione di Marte, il passo successivo furono le missioni Viking, 1 e 2. Esse erano costituite da un orbiter e da un lander, con quest'ultimo che avrebbe effettuato l'esplorazione vera e propria del suolo marziano. Possiamo considerarli come i veri primi pionieri della possibile futura colonizzazione del pianeta.
Tra alterne fortune l'importante passo successivo avviene nel 1997 con l'entrata in orbita del Mars Global Surveyor e il successivo atterraggio del Pathfinder il 4 luglio del 1997, che però non arriva solo: deposita, infatti, il primo rover della storia del pianeta, il Sojourner. E ovviamente a guidarlo, da Terra e con un ritardo di 14 minuti circa, c'è il primo team di autisti marziani!
giovedì 3 novembre 2016
Iddu: il richiamo del dio del fuoco
La seconda magica lettura di un'estate fa by @andreavismara2 per @edizionispartac
Ognuna di loro ha una vita che in qualche modo e per un qualche motivo deve abbandonare, un qualche dramma alle spalle, piccolo o grande che sia, ma comunque sufficientemente importante da spingerli a compiere, a un certo punto, una scelta. Non è certo l'unica che hanno compiuto nella vita, ma è quella che, quando ti giri dietro e rivedi il film, è quella con la "esse maiuscola", quella che ti fa dire "ecco, senza quella scelta, ma proprio senza quella, sarei completamente diverso, ora, la mia vita sarebbe completamente diversa".
Sono dieci persone, dieci personaggi in un certo senso, scritti e diretti da una forza più grande di loro, una sorta di richiamo inesorabile, che sottrae loro quello che ci piace chiamare "libero arbitrio".
In un certo senso ciascuno dei dieci personaggi, alla fine, accetta questo semplice fatto, accetta quel numero limitato di desideri che Iddu gli ha concesso:
«Be', il libero arbitrio ce l'hanno dato in dotazione proprio per questo, per rovinarci la vita con le nostre mani, se vogliamo».Dieci persone, sparse in giro per il mondo. Ognuna è in cerca di qualcosa: un amore, un padre, una fuga, un riposo.
«Ah, una filosofa, bene. Senti, ma perché non finisci quella brodaglia e te ne vai a dispensare buoni consigli altrove? Non ho bisogno di un'infermiera».
Ognuna di loro ha una vita che in qualche modo e per un qualche motivo deve abbandonare, un qualche dramma alle spalle, piccolo o grande che sia, ma comunque sufficientemente importante da spingerli a compiere, a un certo punto, una scelta. Non è certo l'unica che hanno compiuto nella vita, ma è quella che, quando ti giri dietro e rivedi il film, è quella con la "esse maiuscola", quella che ti fa dire "ecco, senza quella scelta, ma proprio senza quella, sarei completamente diverso, ora, la mia vita sarebbe completamente diversa".
Sono dieci persone, dieci personaggi in un certo senso, scritti e diretti da una forza più grande di loro, una sorta di richiamo inesorabile, che sottrae loro quello che ci piace chiamare "libero arbitrio".
In un certo senso ciascuno dei dieci personaggi, alla fine, accetta questo semplice fatto, accetta quel numero limitato di desideri che Iddu gli ha concesso:
mercoledì 2 novembre 2016
Mondo matematico: i numeri primi
Nell'ultimo periodo, particolarmente lungo e difficile, mi sono ritrovato a leggere di seguito, intervallati da una sola raccolta di fantascienza, un po' di libri di scienza, soprattutto matematici. E', infatti, arrivata in edicola la serie Mondo matematico che, nonostante buona parte degli argomenti li conosca abbastanza bene, mi ha attirato e ho iniziato ad acquistare.
La collana è la versione italiana di una serie di libri divulgativi in spagnolo che presentano una strutura ben definita: prefazione, svuiluppo dell'argomento in una serie di capitoli, eventuali appendici, bibliografia e ringraziamenti. All'interno sono poi posizionati a intervallare il testo principale una serie di box che propongono brevi digressioni e curiosità che arricchiscono la lettura e possono ovviamente essere letti secondo i gusti del lettore.
Vediamo un po' quali libri e quali argomenti propone la collana iniziando con il volume dedicati ai numeri primi, di Enrique Gracian. Il libro è una cavalcata nella storia dello studio di questi particolari numeri a partire dalle origini: la necessità del contare con la scoperta dei numeri stessi e di uno dei primi risultati ad essa legati, il teorema fondamentale dell'aritmetica sulla fattorizzazione. Da qui il salto verso la ricerca di una qualche regolarità nella distribuzione dei numeri primi è breve e passa anche attraverso la mitica biblioteca di Alessandria. Costruita da Tolomeo I "Sotere", venne affidata alla gestione di Demetrio, allievo di Teofrasto, all'epoca in esilio. Il modus operandi della biblioteca era abbastanza semplice: chiedere in prestito testi da altre città, su tutte Atene, e ricopiarli per poi mandare indietro le copie e tenersi gli originali. Stessa operazione venne fatta con le navi che giungevano nel porto. Quando il gioco venne scoperto, con la protezione di Tolomeo, la città impose ai commercianti che giungevano al porto di... portare dei testi di varia natura per essere consegnati e ricopiati nella biblioteca.
La biblioteca di Alessandria divenne, così, il maggior centro di raccolta di informazioni e cultura dell'antichità, ma anche un ottimo modo per diffonderla. Inclusa la matematica. Torniamo ai numeri primi: il primo salto importante venne fatto con Marin Mersenne, religioso dell'ordine dei minimi. Proprio a lui sono dedicati i numeri primi di Mersenne, numeri della forma \[2^p -1\] con $p$ primo.
Un'altra delle caratteristiche di Mersenne fu la sua capacità di mantenere i contatti con altri scienziati e matematici dell'epoca, con i quali portava avanti varie ricerche nel campo. Lo si potrebbe considerare un antesignano della moderna colaborazione accademica e uno spirito piuttosto affine all'ungherese Paul Erdos, il matematico con il maggior numero di collaborazioni.
Tra gli amici di penna di Mersenne figurava anche Pierre de Fermat, noto soprattutto per il suo famoso ultimo teorema, ha anche ottenuto diversi risultati nella teoria dei numeri. In particolare il piccolo teorema di Fermat:
La collana è la versione italiana di una serie di libri divulgativi in spagnolo che presentano una strutura ben definita: prefazione, svuiluppo dell'argomento in una serie di capitoli, eventuali appendici, bibliografia e ringraziamenti. All'interno sono poi posizionati a intervallare il testo principale una serie di box che propongono brevi digressioni e curiosità che arricchiscono la lettura e possono ovviamente essere letti secondo i gusti del lettore.
Vediamo un po' quali libri e quali argomenti propone la collana iniziando con il volume dedicati ai numeri primi, di Enrique Gracian. Il libro è una cavalcata nella storia dello studio di questi particolari numeri a partire dalle origini: la necessità del contare con la scoperta dei numeri stessi e di uno dei primi risultati ad essa legati, il teorema fondamentale dell'aritmetica sulla fattorizzazione. Da qui il salto verso la ricerca di una qualche regolarità nella distribuzione dei numeri primi è breve e passa anche attraverso la mitica biblioteca di Alessandria. Costruita da Tolomeo I "Sotere", venne affidata alla gestione di Demetrio, allievo di Teofrasto, all'epoca in esilio. Il modus operandi della biblioteca era abbastanza semplice: chiedere in prestito testi da altre città, su tutte Atene, e ricopiarli per poi mandare indietro le copie e tenersi gli originali. Stessa operazione venne fatta con le navi che giungevano nel porto. Quando il gioco venne scoperto, con la protezione di Tolomeo, la città impose ai commercianti che giungevano al porto di... portare dei testi di varia natura per essere consegnati e ricopiati nella biblioteca.
La biblioteca di Alessandria divenne, così, il maggior centro di raccolta di informazioni e cultura dell'antichità, ma anche un ottimo modo per diffonderla. Inclusa la matematica. Torniamo ai numeri primi: il primo salto importante venne fatto con Marin Mersenne, religioso dell'ordine dei minimi. Proprio a lui sono dedicati i numeri primi di Mersenne, numeri della forma \[2^p -1\] con $p$ primo.
Un'altra delle caratteristiche di Mersenne fu la sua capacità di mantenere i contatti con altri scienziati e matematici dell'epoca, con i quali portava avanti varie ricerche nel campo. Lo si potrebbe considerare un antesignano della moderna colaborazione accademica e uno spirito piuttosto affine all'ungherese Paul Erdos, il matematico con il maggior numero di collaborazioni.
Tra gli amici di penna di Mersenne figurava anche Pierre de Fermat, noto soprattutto per il suo famoso ultimo teorema, ha anche ottenuto diversi risultati nella teoria dei numeri. In particolare il piccolo teorema di Fermat: