domenica 6 ottobre 2019

Topolino #3332: I colori della scienza

Il Topolino attualmente in edicola è decisamente nel segno della scienza, non solo grazie a La Luna d'occasione di Alessandro Sisti e Francesco D'Ippolito, ma anche grazie alla storia di chiusura. Anche il resto del sommario presenta alcune storie notevoli su cui soffermarsi, come la prima puntata di una nuova doppia storia su Paperinik e un nuovo episodio di Paperino paperotto che dopo la scorpacciata adolescenziale dei numeri precedenti, conclusasi con l'ultima puntata di Young Donald Duck, riporta su Topolino l'infanzia di Paperino nella bucolica Quack Town.
Scienza, obiettivo comune
Nonostante lo stile narrativo un po' semplicistico, Matteo Venerus riesce nell'intento di costruire una storia intorno al messaggio centrale già espresso nel titoletto di questa sezione: la scienza è, o comunque dovrebbe essere l'obiettivo comune di tutto il genere umano.
Minni e i colori della scienza segna l'esordio delle Victorian Ladies, rinviato dopo la storia prevista ad agosto e poi cancellata per fare spazio all'omaggio di Topolino ad Andrea Camilleri.
La storia è raccontata come una sorta da Minni a Tip e Tap: protagonista è un'antenata vittoriana di Minni, Minni Seamouse, pittrice e naturalista, che parte per un viaggio di esplorazione scientifica insieme con Zapotech e con la botanica Trudy a bordo della Challenger, guidata da Mickey Jacktop con piglio autoritario e dispotico, come si conviene per i capitani dell'epoca.
I punti interessanti nella storia sono effettivamente vari. Iniziamo dalla nave: effettivamente è esistita una nave vittoriana con quel nome, la HMS Challenger, nave britannica varata il 13 febbraio del 1858. Questa, per conto della Royal Society compì una spedizione scientifica, nota come Spedizione Challenger, tra il 1872 e il 1876 che compì una serie di interessanti osservazioni naturalistiche che gettarono le basi della moderna oceanografia. In particolare la spedizione si avvalse di due capitani, tre naturalisti e due oceanografi, ovviamente tutti maschi. Infatti, per quanto il mestiere di naturalista ha visto la presenza di molte donne, erano poche quelle che si mettevano in viaggio in giro per il mondo, come ad esempio la tedesca Amalie Dietrich, che portò a termine alcune osservazioni sul campo in Australia.
Per contro Minni Seamouse rappresenta anche un genere di naturalista molto vicino a Maria Sibylla Merian o a Ernest Thompson Seton, che univa alle osservazioni scientifiche, anche l'arte di illustrare la natura che la circonda. Minni Seamouse, però, si spinge anche oltre: in una breve scena, nel tentativo di raccontare all'equipaggio l'importanza e la bellezza della missione scientifica che stanno compiendo, dipinge un quadro del mondo preistorico, in un certo senso anticipando quanto avrebbe fatto dalla fine del XIX secolo l'illustratore Charles Robert Knight con le ricostruzioni dei dinosauri, le cui ossa venivano scoperte, tra bufale e sabotaggi tra naturalisti concorrenti, proprio in quegli anni.
Altra curiosità che effettivamente ha una corrispondenza storica è la conduzione della nave da parte di Jacktop. Effettivamente i capitani dell'epoca, ma anche quelli che li precedevano, si ritenevano in un certo senso delle vere e proprie divinità sulla nave. La loro parola era legge e i marinai erano, in pratica, a loro completa disposizione. In questo senso Topolino/Jacktop non fa alcuna differenza rispetto ai capitani reali dell'epoca, e il fatto che i marinai della Challenger vengano rappresentati tutti con le medesime sembianze, quelle di Sgrinfia, è un evidente riferimento alla condizione sottomessa dei marinai stessi a bordo della nave, dove nessuno di essi era realmente essenziale e dunque ci si poteva permettere di perdere qualche marinaio durante il tragitto.
L'ultima chicca che vale la pena citare è, però, l'ultimo quadro realizzato da Minni Seamouse, dove la naturalista e pittrice immagina di rappresentare la Terra con un piccolo punto blu in un cielo scuro pieno di stelle, chiaro riferimento alla famosa fotografia pale blue dot, la famosa fotografia scattata dalla sonda Voyager 1 il 5 settembre del 1977 su ispirazione di Carl Sagan.
Il tutto, però, viene confezionato, come detto all'inizio, in maniera forse un po' troppo semplicistica, con scene caratterizzate da scambi di battute in alcuni casi sbrigative e non molto realistiche. Gli stessi cambi di scene vengono lasciati a didascalie che proseguono battute iniziate nelle vignette conclusive della pagina precedente, laddove forse una didascalia classica, come il semplice "Tempo dopo" o con uno scandire del tempo più preciso avrebbe invece giovato a rendere la storia meno slegata di quanto appare.
Per contro la sceneggiatura sembra porsi decisamente al servizio delle illustrazioni (perché in alcune vignette di questo bisogna "parlare") di Paolo De Lorenzi, che si esibisce in varie occasioni in vignettone efficaci e spettacolari, che risultano particolarmente importanti e centrali all'interno della storia progettata da Venerus, senza nulla togliere all'ottima gestione delle espressioni dei personaggi.
L'antipatica atmosfera martiniana.
Sono cresciuto con Giorgio Pezzin e Bruno Sarda sul settimanale e con Carl Barks e Guido Martina sugli albri di ristampe (Classici, Grandi Classici, Almanacchi), però non riesco a guardare con la stessa nostalgia di molti coetanei o lettori più giovani alle storie di Martina, per quanto le abbia amate e apprezzate. Sarà probabilmente per questo che alcuni degli aspetti della prima puntata de La disfida di Villa Rosa mi sono sembrati anacronistici, anche se coerenti con quanto scrivo da mesi relativamente alla caratterizzazione dei personaggi disneyani.
Marco Gervasio, evidentemente nostalgico delle atmosfere martiniane, non rinuncia a esse nemmeno in questa nuova storia che prosegue con il suo progetto di riportare su Topolino il diabolico vendicatore. E il soggetto, in un certo senso più efficace rispetto alla storia precedente, è indubbiamente martiniano: per cercare il bottino di un gangster, Paperone scopre che dietro il possesso di Villa Rosa da parte di Paperino c'è un piccolo imbroglio. Questo spinge il comune a rifare la lotteria per la Villa, i cui biglietti questa volta vengono equamente divisi tra Paperone e Rockerduck, mettendo a rischio i segreti di Fantomius e, per traslato, quelli di Paperinik, inclusa la sua identità segreta. Gervasio, però, è attento a non prendere il Paperinik martiniano in toto: laddove il diabolico vendicatore degli esordi, anche durante la fase di transizione verso eroe senza macchia, non si faceva alcuno scrupolo a compiere effrazioni e violare cassaforti, quello attuale invece ha molti dubbi nella correttezza di tali azioni, che giustifica come necessarie per mantenere al sicuro la sua identità segreta.
Per contro molte battute hanno l'anacronistica atmosfera introdotta da Martina, con l'uso di metafore che hanno lo scopo da un lato di esaltare le capacità intellettive di Paperone rispetto ai suoi interlocutori e per contro di arrivare alla denigrazione più o meno esplicita non solo della spalla, ma soprattutto del nipote Paperino. In questo senso il ripescare a piene mani dall'atmosfera conflittuale tra Paperone e Paperino continua a restare seccante da leggere, nonostante ci si trovi in una storia di Paperinik, e dunque con il più che probabile riscatto finale di Paperino nei confronti di chi lo ha vessato nel corso della storia. In questo caso, però, al situazione è mitigata dal fatto che Paperino non è mosso tanto dall'invidia, dal desiderio di rivalsa (o vendetta) o da altri sentimenti più o meno conflittuali, ma dalla semplice protezione della sua libertà di movimento come eroe, che se limitata avrebbe delle ricadute non solo sulla sua vita, ma anche su tutta Paperopoli.
In questo senso risulta ottima la scelta di non lasciare i disegni a Gervasio, ma di affidarli a un altro disegnatore, in questo caso Lorenzo Pastrovicchio, decisamente molto più bravo ed efficace di Gervasio. Non è solo una questione di tratto, molto più ricco di dettagli e plastico rispetto a quello di Gervasio, ma anche nella gestione dei personaggi e soprattutto del mantello di Paperinik, i cui movimenti sono molto più coerenti rispetto al mantello inamidato sempre teso anche in assenza di vento o di movimenti del personaggio, marchio di fabbrica di Gervasio.
I lavatoi di Viterbo
La corsa dei lavatoi, storia di Valentina Camerini disegnata da Alessia Martusciello per la serie di Paperino paperotto è, in effetti, pur nella sua brevità (16 pagine) un piccolo evento, riferendosi alla Maratona dei lavatoi svoltasi il 3 ottobre a Viterbo e ispirata al lavoro con cui una delle classi dell'istituto "Vanni" ha vinto il premio Topolino del concorso FAI 2018/19. La storia scivola via veloce e lineare: Paperino e i suoi compagni di scorribande a Quack Town si impegnano affinché il lavatoio della cittadina di campagna dove giocano ai pirati venga riparato. La sceneggiaura, abbastanza tipica per la serie di Paperino paperotto, ha però il difetto della brevità e avrebbe giovato sia di qualche pagina in più, sia del coinvolgimento di un altro paio di adulti oltre i tre coinvolti da Paperino & co. nell'impresa di recupero del lavatoio. Niente di memorabile o paragonabile a Young Donald Duck o alle classice avventure di PP8 di Bruno Enna e degli autori che hanno scritto la serie all'inizio del suo percorso editoriale.

1 commento:

  1. I'm really good to react to the new Paperino Paperotto story in reference to the Viterbo marathon on October 3rd.

    RispondiElimina