lunedì 30 maggio 2022

Cose strane nel sottosuolo di Hawkins

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C'ho pensato a lungo sull'opportunità e sui tempi di scrivere una recensione delle prime tre stagioni di Stranger Things. Alla fine, visto l'arrivo recente su Netflix dell'iconica serie dei fratelli Duffer, poteva valere la pena di scrivere qualche riga. Soprattutto perché mi posso considerare un fan entusiasta del lavoro di Matt e Ross Duffer, gemelli, e nostalgici degli anni Ottanta, come è ben chiaro a chiunque veda la serie.
La storia, tra l'altro, è un crogiolo di citazioni dell'epoca: si va dai giochi di ruolo, alla musica (la colonna sonora, tra l'altro, è curata, tra gli altri, da Fabio Frizzi, senza dimenticare L'esorcista, ovviamente il film, ma la trama di base è in tutto e per tutto Super 8 di J. J. Abrams, con però alcuni opportuni cambiamenti che rendono Stranger Things più seriale certo, ma a ben vedere anche più facilmente mainstream.
Super 8, che sostanzialmente porta avanti un'operazione nostalgia molto simile a Stranger Things, dopo averci portato al limite del terrore, ci mostra come l'alieno in realtà non è una vera minaccia per gli esseri umani, ma sta semplicemente cercando di andare via da un posto che non è casa sua e dove è finito per uno sbaglio. In Stranger Things gli alieni, in realtà, sono esseri minacciosi che condividono il pianeta con noi, o almeno vivono su una Terra che in qualche modo si trova in una sorta di sovrapposizione con la nostra. Una Terra parallela, per farla più semplice. Ad ogni buon conto, a parte questa differenza di motivazioni tra i due alieni, la trama della prima e della seconda stagione è abbastanza sovrapponibile a Super 8. C'è persino un tentativo da parte di uno dei giovani protagonisti di avvicinarsi ai demogorgoni, un tentativo di aprirsi all'altro, al diverso. E' in questo, infatti, la principale differenza con Super 8: l'altro, il diverso, si rivela inequivocabilmente nemico, avversario. Non c'è alcuna possibilità di convivenza o di comprensione, ma solo assimilazione e sottomissione. Gli esseri umani che si accostano all'avversario, l'equivalente del boss del livello finale di un videogioco, vedono il loro lato malvagio avere il sopravvento in maniera a dir poco irreversibile.
In questo senso forse delle prime tre stagioni è proprio la terza la più interessante, proprio per la costruzione di questo rapporto tra il male del sottomondo e gli esseri umani. Gli stessi autori, in qualche modo, lasciano anche intendere che, in fondo, gli stessi umani hanno in se quel seme del male che permette al sottomondo di avere un'apertura per entrare. Il tutto, poi, si mescola con le atmosfere da guerra fredda, che peraltro preparano in maniera perfetta il terreno alla quarta stagione, di cui, come detto, è appena stata rilasciata la prima parte.
Anche il finale. comunque, è citazionistico, visto che risulta in tutto e per tutto sovrapponibile a quello di Fear Street, anche se il tema è leggermente differente.
Ad ogni buon conto Stranger Things è un prodotto azzeccato per tematiche, caratterizzazione dei personaggi, casting degli attori, colonna sonora e citazionismo spinto. E presto inizierò la visione della quarta stagione, che promette dai trailer di alzare l'asticella della qualità di un bel po'.

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