mercoledì 6 dicembre 2017

Continuando ad aspettare Godot

Attratto dal titolo e dall'idea dell'autore, Eugenio Dario Lai, di voler dare una lettura differente di Aspettando Godot di Samuel Beckett, mi avvicino al libro in quel di Torino per acquistarlo. E sin dalle prime pagine mi rendo conto di avere fatto un acquisto non così buono come credevo.
E' sin troppo evidente, infatti, che siamo di fronte al romanzo di un esordiente: i dialoghi risultano in alcuni punti forzati e artificiosi, mentre i personaggi lasciano ben poco di memorabile nel lettore e la narrazione, in prima persona, risulta in certi punti ingenua per soluzioni narrative proposte.
A questo c'è da aggiungere il doppio filone della reinterpretazione di Godot: da un lato quello matematico, piuttosto debole con, peraltro, alcuni errori che dimostrano proprio ciò che l'autore vorrebbe tenere lontano dalla sua tesi, ovvero che i numeri possono essere interpretati a proprio piacimento (almeno quando dietro non è presente un apparato matematico sufficientemente solido); dall'altro un'interpretazione vicina alla mitologia norrena, che risulta più credibile (o quanto meno accettabile), in cui i personaggi che appaiono nella rappresentazione vengono visti come una delle divinità di quel pantheon.
In effetti è soprattutto questo parallellismo, su cui si regge la seconda parte del romanzo, che risolleva un po' un libro nel complesso abbastanza brutto, pessimo sia come saggio venduto come romanzo, sia come fantasy, peraltro ambientato nel XX secolo.

martedì 5 dicembre 2017

Biografie essenziali: Werner Heisenberg

Heisenberg era uno sciatore provetto, giocava il ping-pong con la mano sinistra e, malgrado la sua grande fama di fisico, a Lipsia (dove era professore) era più conosciuto come eccellente pianista.
Da I trent'anni che sconvolsero la fisica di George Gamow, trad. Laura Felici

martedì 21 novembre 2017

Giovanni Losurdo: La nascita dell'astronomia gravitazonale


Foto di Laura Barbalini
Praticamente tutte le sedi dell'INAF quest'anno per la settimana della luce, o Light in Astronomy, hanno messo in programma un incontro dedicato alla scoperta delle onde gravitazionali, in particolare all'osservazione delle controparti elettromagnetiche avvenuta il 17 agosto di quest'anno. In particolare l'Osservatorio Astronomico di Brera ha proposto un aperitivo con Paolo D'Avanzo e un caffè pomeridiano con Gabriele Ghisellini, entrambi appartenenti alla sede di Merate dell'Osservatorio e soprattutto un incontro divulgativo serale all'interno del ciclo dei Cieli di Brera con Giovanni Losurdo di VIRGO. In effetti Losurdo aveva tenuto un seminario scientifico anche in Osservatorio, per cui alcune delle cose che ha raccontato nel pomeriggio confluiranno nella sintesi che andrò a scrivere di seguito, come il titolo della prima sezione.
VIRGO: storia di un ritardo tutto italiano
I due esperimenti che negli ultimi tre anni sono stati protagonisti di buona parte delle notizie scientifiche ogni anno, LIGO e VIRGO, sono stati progettati e proposti alle istituzioni sostanzialmente nello stesso periodo (metà anni Ottanta del XX secolo, all'incirca). All'inizio erano da considerarsi esperimenti concorrenti, ma grazie al lavoro di Adalberto Giazotto, ideatore di VIRGO, si è andata a costruire una più stretta collaborazione, tanto da considerare i due LIGO e VIRGO come i pezzi di un unico rilevatore. D'altra parte i due nuovi interferometri (quello in costruzione in Giappone e quello approvato che verrà costruito in India) sono il passo successivo in un progetto che dovrebbe effettivamente rendere la Terra (per ora solo l'emisfero settentrionale) un vero e proprio rilevatore di onde gravitazionali.
Di fatto, però, tra LIGO e VIRGO ci sono, allo stato attuale, un paio di anni di differenza, che a un certo punto erano diventati 5, sostanzialmente dovuti ad alcuni fattori intrinseci all'Europa e all'Italia. VIRGO, infatti, è cofinanziato dalla Francia e all'epoca fu piuttosto complesso convincere le comunità scientifiche francese e italiana a investire nella costruzione dell'interferometro, mentre negli Stati Uniti l'approvazione dei fondi fu molto più celere. Alla fine, dopo due anni di trattative, VIRGO era stato accettato.
I tre anni ulteriori vennero acumulati a causa delle particolarità burocratiche dell'Italia: tra espropri del terreno, interrogazioni parlamentari, denunce e citazioni in aula si arrivò a un ritardo complessivo di cinque anni, che poi venne parzialmente recuperato prima con la costruzione e successivamente con la messa a punto vera e propria dell'esperimento.
Insomma, una tipica storia italiana, ma nonostante ciò, giusto tra giorni prima di quel fatidico 17 agosto, VIRGO aveva rilevato la sua prima onda gravitazionale, all'incirca due anni dopo la prima onda gravitazionale di LIGO.

lunedì 13 novembre 2017

Filogenesi

Alan Dean Foster non è solo uno dei romanzieri coinvolti nella novellizzazione di grandi film e saghe di fantascienza, come Alien e Star Wars, ma anche un autore originale di grande qualità. Ne è prova Filogenesi, primo romanzo della serie della Fondazione dello Humanx Commonwealth, che ho recuperato in una libreria specializzata in libri vecchi e fallati (ma ora chiusa).
Questo primo romanzo racconta delle interazioni politiche e strategiche che intercorrono tra razze aliene dopo il primo contatto. In particolare si inizia a delineare un triangolo particolare tra i thranx, degli insettoidi il cui pianeta d'origine presenta delle condizioni ambientali non molto simili a quelle della foresta amazzonica (caldo umido), gli aam, subdoli rettiloidi, e gli esseri umani. Questi ultimi iniziano a intrecciare dei rapporti diplomatici con i thranx per l'integrazione delle due razze in un percorso, che si immagina decennale, per vincere le reciproche ripugnanze fisiche.
I due protagonisti del romanzo sono un poeta thranx, Desvendapur, che fa di tutto per avvicinarsi il più possibile agli umani in modo da poter scrivere le poesie migliori della storia della sua letteratura, e Cheelo Montoya, piccolo criminale alla continua ricerca dell'occasione che gli permetta di sistemarsi per la vita.

domenica 12 novembre 2017

2048 Fibonacci

Ricordate 2048, il divertente gioco matematico di successo? Le variazioni su quel gameplay sono numerosissime e spesso si staccano anche dall'elemento numerico del gioco, sostituendo le cifre con oggetti o animali o quant'altro passi per la testa dei programmatori. Una variazione sul gioco originale particolarmente interessante e che, in questo modo, aumenta anche un po' il livello di difficoltà è quella di 2048 Fibonacci. In questo caso i numeri si fondono uno con l'altro per dare origine al successivo solo quando sono due numeri di Fibonacci consecutivi.
Vi ricordo che la serie di Fibonacci è costituita dai numeri:
\[0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, \cdots\]
dove ogni numero della successione è la somma dei due precedenti (a parte 0 e 1, ovvero i primi due numeri nella serie). Essa è attribuita a Leonardo Fibonacci che la utilizzò per risolvere il classico problema dei conigli:
Quante coppie di conigli discendono in un anno da una coppia.
Un tale mise una coppia di conigli in un luogo completamente circondato da un muro, per scoprire quante coppie di conigli discendessero da questa in un anno: per natura le coppie di conigli generano ogni mese un'altra coppia e cominciano a procreare a partire dal secondo mese dalla nascita.
- via Gianfranco Bo
Buon divertimento!

venerdì 10 novembre 2017

Essere umani

Alla domanda su "chi siamo?" prova a rispondere, in maniera apparentemente sorprendente Essere umani di Brian Christian, poeta e vincitore del titolo di "umano più umano" nel 2009.
Un'indegna introduzione
La storia inizia con il premio Loebner, una competizione internazionale tra intelligenze artificiali indetta e finanziata da Hugh Loebner. L'idea del premio nasce dal gioco dell'imitazione ideato da Alan Turing, meglio noto come test di Turing, cristallizzatosi su una formula non troppo diversa da quella proposta dal matematico britannico. Alcuni giudici, infatti, chattano per cinque minuti con un utente che non possono vedere e danno a ciascuno una sorta di livello di umanità. Alla fine vengono assegnati due premi, uno al bot risultato più umano e l'altro all'... umano più umano. In Essere umani Brian Christian racconta della sua esperienza e di come si è preparato per la sua partecipazione, di fatto realizzando una ricerca su ciò che ci rende umani.
In ultima analisi, ciò che mi ha stupito di più del libro di Christian è come, utilizzando il semplice obiettivo di dimostrarsi umano durante il test di Turing, ci si avvicini a vari aspetti più o meno connessi tra loro, come l’intelligenza, il linguaggio, la compressione delle informazioni.
I bot come terapisti
Il cuore del Premio Loebner, il moderno test di Turing, sono le ricerche sui bot. Questi sono essenzialmente dei programmi di chat (da cui il nome più preciso di chatterbot) che dialogano con gli utenti cercando di simulare degli esseri umani nel modo migliore possibile.
Il primo software di questo genere fu ELIZA, sviluppato nel 1966 da Joseph Weizenbaum. A partire da ELIZA i bot si sono sviluppati sempre di più, riuscendo ad avvicinarsi in molte occasioni al superamento del test di Turing. L'osservazione più interessante sull'argomento è che una delle principali applicazioni dei bot è nell'ambito dell'assistenza psicologica: un bot, infatti, si rivela un terapista migliore di un essere umano!
Ovviamente di possibili applicazioni se ne possono immaginare moltissime, dall'ambito letterario (vedi, ad esempio, Le argentee teste d’uovo per un'interpretazione umoristica della vicenda), a quelli politico, giornalistico e così via. E ci si aspetta che potrebbero tranquillamente affrontare qualunque genere di lavoro, almeno nel momento in cui li si dota di corpi adatti a qualunque scopo.
Certo c'è da dire che il vantaggio dei bot che hanno partecipato al premio Loebner, e in fondo di un po' tutti i bot che circolano in giro, è la loro specializzazione. I bot del premio devono convincere i giudici che sono esseri umani, un compito leggermente più semplice che esserlo sul serio, proprio grazie alle possibilità che concede lo studio del linguaggio. Una delle caratteristiche di questi bot, però, è una qual certa mancanza di creatività, non solo relativamente alla gestione della conversazione(1), ma anche nella capacità di cambiare argomento all'improvviso o in base agli spunti dell'interlocutore.
Questo, però, ci porta dritti alla delicata questione della progettazione di un'intelligenza artificiale e quindi a uno dei pionieri nel campo, Claude Shannon, che ha tra l’altro anche contribuito allo sviluppo teoria matematica della crittografia.

giovedì 9 novembre 2017

La meraviglia e l'orrore


Christopher Walken, l'attore che avrebbe ispirato Pendergast
Sul finire del XX secolo vengono commessi una serie di omicidi efferati a New York intorno al Museo di Storia Naturale. Man mano che le indagini proseguono si fa largo un'ipotesi inquietante: l'omicida non è un uomo ma un animale, uno spietato predatore. La bestia è, in effetti, un organismo geneticamente modificato sfuggito al controllo e solo l'agente speciale dell'FBI Pendergast potrà fare luce sul caso e fermare questa sorta di reliquia vivente grazie al suo acume a alle ampie risorse di cui dispone.
Relic è il primo romanzo della serie scritta da Douglas Preston e Lincoln Child, una sorta di giallo fantascientifico con forti elementi horror. Il romanzo, pur presentando il personaggio di Pendergast, non è esattamente incentrato su quest'ultimo, ma è più una vicenda corale stilisticamente ricalcata sul classico romanzo d'avventura con uno svolgimento di, in questo caso, due vicende parallele nel presente e nel passato.
Pendergast, però, emergeva sin da subito come personaggio interessante, così non poteva fare altro che ritornare: saltando il successivo Reliquary (che non ho ancora letto), l'agente speciale atterra di nuovo a New York e sempre intorno al Museo di Storia Naturale ne La stanza degli orrori, titolo italiano che però perde l'elemento centrale del titolo originale, The cabinet of curiosities.

mercoledì 8 novembre 2017

L'anello mancante

Tra i più grandi eventi degli ultimi decenni del XX secolo c'è indubbiamente la caduta del muro di Berlino, con il successivo sfaldarsi dell'Unione Sovietica e del blocco comunista europeo.
Uscito nel 1994, L'anello di ghiaccio è un romanzo di avventura con alcuni elementi scientifici anticipatori (per cui non propriamente fantascientifici) che rendono la trama particolarmente interessante: in una base sovietica ufficialmente inesistente ed ereditata dalla Russia dopo i noti fatti, viene fatta una scoperta che potrebbe migliorare la qualità della vita di moltissime persone nel mondo.
Il direttore di questa base riesce a mandare dei messaggi all'esterno, chiedendo l'aiuto di un suo particolare conoscente: l'accademico pellerossa nonché abile poliglotta Johnny Porter.
Il protagonista tratteggiato da Lionel Davidson si rivela un abile trasformista, riuscendo a calarsi, grazie alla conoscenza delle lingue e dei costumi di molte popolazioni mondiali ora in un marinaio orientale, ora in un camionista siberiano, risultando alla fine un'abile spia all'altezza persino del più noto James Bond. Risulta poi anche piuttosto credibile non solo per via dell'addestramento di alcuni mesi passato in un campo di spie altrettanto segreto, ma soprattutto per la propensione nomade di Porter che lo ha portato nel corso della sua vita ad affrontare condizioni di vita estreme, che poi sono quelle che ritrova in Siberia.
Anche i personaggi di contorno risultano particolarmente credibili, mentre l'intreccio delle vicende parallele riesce a tenere attaccato il lettore alle pagine del corposo volume, in particolare nell'adrenalinico finale con sorpresa (neanche troppo sorprendente, oserei dire).

sabato 21 ottobre 2017

Il cinema come purgatorio

Terzo sabato consecutivo dedicato ad Alan Moore, in questo caso con il secondo volume di Cinema Purgatorio, volume antologico edito da Panini Comics che raccoglie le storie dello scrittore di Northampton uscite sull'omonimo albo in bianco e nero insieme con quelle di Gart Ennis, Max Brooks, Kieron Gillen e Christos Gage.
Prigioniero del cinema
Il protagonista di Cinema Purgatorio di Moore è un ignoto personaggio, probabilmente una donna, che nei suoi ricordi si trova sempre nello stesso cinema a vedere film di genere in quello che, leggendo le storie una dietro l'altra, sembra molto una sorta di piccola storia del cinema. Ogni "pellicola", rappresentata da Kevin O'Neill, in questi ultimi anni fedele collaboratore di Moore sulle pagine della Lega degli Straordinari Gentiluomini, presenta però un dettaglio strano: ad esempio Un re al crepuscolo è visivamente un racconto di King Kong. La narrazione, in prima persona, esce dalla bocca di Kong, ma in realtà è la vita di uno degli animatori del gigantesco gorilla, Willis O'Brien, che alla fine spiega anche l'ambientazione del breve racconto di Moore e O'Neill: molto probailmente, infatti, recupera le idee di O'Brien sul personaggio che erano state "prese in prestito" da Ishirō Honda e Thomas Montgomery per King Kong contro Godzilla del 1962.
Per tutta la vita è un mix tra un film romantico e una puntata di Ai confini della realtà, con due neo sposini che, una volta entrati nella loro casa, invecchiano a una velocità impressionante. La vera chicca del trittico uscito su questo secondo volume è, però, I frateli Warner in "Una notte dagli avvocati".
E' al tempo stesso un omaggio a Groucho Marx, il più noto dei fratelli Marx, e un modo per togliersi un po' di sassolini nei confronti della Warner Bros., visto che, a mia memoria, né Groucho Marx né i suoi fratelli hanno mai lavorato perla Warner. In particolare Moore fonde la vita di Groucho con quella di Jack Warner, non molto dissimili in generale, ma molto differenti nei dettagli. Stilisticamente Moore riprende la vena umoristica mostrata nei racconti su 2000 A.D.

martedì 17 ottobre 2017

Articoli didattici sulle onde gravitazionali: dove scaricarli

Ieri è stata una giornata storica per l'astronomia italiana in particolare. Come sapete da ormai un paio di anni circa siamo riusciti ad ottenere l'osservazione diretta delle onde gravitazionali, fenomeno fisico previsto dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein e generato dalla collisione di due oggetti cosmici dalla grande massa, come possono essere due buchi neri. In totale sono stati osservati cinque grossi eventi cosmici che hanno prodotto onde gravitazionali, ma solo nell'ultimo erano coinvolte ben due stelle di neutroni. La loro presenza ha permesso di generare non solo le onde gravitazionali previste, ma anche una gran quantità di fotoni, che sono giunti sulla Terra sia sotto forma di radiazione invisibile, sia soto forma di luce visibile. Ieri presso il MIUR INAF, INFN e ASI, i tre enti principali coinvolti nella storica osservazione, hanno annunciato il risultato.
Di tutto questo ne ho scritto su Edu INAF, sia in un articolo divulgativo, sia in un articolo prettamente dedicato alla didattica. A supporto di quest'ultimo, ho pensato di raccogliere qui i paper citati di là con link per scaricarli:
La fisica einsteiniana
Oltre al primo articolo dedicato alla relatività e citato esplicitamente su Edu INAF, aggiungo qui anche gli altri due articoli della serie:
  • Kaur, T., Blair, D., Moschilla, J., Stannard, W., & Zadnik, M. (2017). Teaching Einsteinian physics at schools: part 1, models and analogies for relativity. 10.1088/1361-6552/aa83e4 - arXiv:1704.02058
  • Kaur, T., Blair, D., Moschilla, J., & Zadnik, M. (2017). Teaching Einsteinian physics at schools: part 2, models and analogies for quantum physics. doi:10.1088/1361-6552/aa83e4 - arXiv:1707.03728
  • Kaur, T., Blair, D., Moschilla, J., Stannard, W., & Zadnik, M. (2017). Teaching Einsteinian physics at schools: part 3, review of research outcomes. doi:10.1088/1361-6552/aa83dd - arXiv:1707.03729

domenica 15 ottobre 2017

Star Trek contro Star Wars

Quando ho trovato il video che segue, ho pensato a un confronto sul piano scientifico, che avrebbe molto probabilmente visto trionfare Star Trek su Star Wars, invece alla fine si è rivelato un pur gradevole e comunque ben fatto montaggio di immagini per presentare un confronto tra l'Enterprise e la Morte nera:

sabato 14 ottobre 2017

Giocare con lo spazio e il tempo

Proseguo con le recensioni "mooriane": dopo i Bojeffries, ecco due saghe fantascientifiche di stampo umoristico a loro modo rivoluzionarie.
Gli inizi di Alan Moore come sceneggiatore di fumetti risalgono alla storica rivista di fantascienza britannica 2000AD. Le storie, per lo più irriverenti e intrise del miglior umorismo dissacrante e nero degli autori di Sua Maestà, venivano realizzate da sceneggiatori e disegnatori che avrebbero successivamente invaso il mercato fumettistico statunitense e quindi mondiale.
Moore, in particolare, propose la serie dedicata a D.R.&Quinch, con protagonisti due studenti universitari di un lontano pianeta che nella loro prima avventura contribuiscono alla distruzione del pianeta Terra, di fatto esplicitando l'ispirazione di Douglas Adams sulla serie.
A fianco di questa ecco una serie di racconti, che più o meno ricadono tutti sotto l'ombrello del Tharg's Future Shocks, e le disavventure di Abelard Snazz, geniale e pasticcione risolutore di problemi (i cui clienti risultano alla fine invariabilmente scontenti).
Mentre in Snazz l'influenza di Adams risulta forse più evidente che nel resto della produzione umoristica di Moore, i racconti di Future Shocks sembrano dei piccoli episodi di Ai confini della realtà, ma senza quel senso di inquietudine che spesso si porta dietro la fantascienza, ma solo con l'idea da un lato di divertire e shockare il lettore, e dall'altro scherzare sugli schemi della fantascienza e sui piccoli e grandi difetti degli esseri umani e della società. D'altra parte è proprio in Future Schocks che si trovano le prime bordate al tatcherismo, che purtroppo sono ancora oggi attuali. E non solo in Gran Bretagna.
Le storie di cui sopra si trovano sui volumi:
The complete D.R.&Quinch
con Alan Davis
The complete Alan Moore Future Shocks
con disegnatori vari

venerdì 13 ottobre 2017

La matematica dei venerdì 13


La triskaidekafobia è la paura del 13, mentre la paraskevidekatriafobia (o qualcosa del genere!) è la paura del venerdì 13
Nella raccolta Il dilemma di Benedetto XVI, uno dei racconti proposti è firmato da Isaac Asimov, uno dei più famosi scrittori di fantascienza, oltre che divulgatore scientifico. Venerdì 13, appartenente alla serie dei Vedovi neri, è un'intelligente indagine che, partendo da una lettera datata semplicemente venerdì 13, senza indicazioni di mese o anno, e dalle informazioni in essa contenute, riesce a stabilire l'innocenza di un uomo morto da alcuni decenni, riabilitandone così il nome.
Dedicato ai triskaidekafobi
Tutto il racconto ruota intorno alla matematica del calendario gregoriano, per stabilire quale sia l'anno del venerdì 13 indicato nella lettera di cui sopra. Seguiamo le spiegazioni presenti nel racconto di Asimov:

giovedì 12 ottobre 2017

L'elastica forza di gravitazione

Utilizzando una serie di tecniche matematiche che non sto qui a dettagliare Dalgerti Milanese tratta il campo gravitazionale proposto da Isaac Newton come una composizione di forze elastiche di Hook, partendo dall'analogia tra le due leggi. Da ciò discende anche un nuovo genere di energia, che secondo l'autore potrebbe aiutare a comprendere meglio il meccanismo fisico delle quantità dei sistemi meccanici ed elettrici. Conseguenza pratica è che campi gravitazionali elastici potrebbero essere prodotti artificialmente grazie alle moderne tecniche ingegneristiche, con conseguente produzione di nuove sorgenti di energia, con applicazioni ad esempio nello sviluppo di nuovi modi per muovere i satelliti o nella possibilità di estrarre energia gravitazionale non soltanto mettendo in orbita un oggetto. Inoltre vengono suggerite anche implicazioni sulle teorie della relatività, quantistica e delle stringhe.
Milanese, D. (2017) New Interpretation of Newton’s Law of Universal Gravitation. Journal of High Energy Physics, Gravitation and Cosmology, 3, 600-623. doi:10.4236/jhepgc.2017.34046.

mercoledì 11 ottobre 2017

Auto blu

L'elegante auto blu decappottabile e desiderabile giunse dalla direzione di Beverly Hills percorrendo le dolci curve di Sunset Boulevard. Chiunque avesse visto un'auto del genere l'avrebbe naturalmente desiderata. Era stata progettata apposta per essere desiderata. Se la gente non l'avesse desiderata, la casa automobilistica l'avrebbe disegnata e ridisegnata finché non fosse stata desiderata da tutti. Il mondo adesso è pieno di oggetti del genere ed è ovviamente per questo che tutti si trovano in un perenne stato di bisogno.
Douglas Adams da Il salmone del dubbio

martedì 10 ottobre 2017

Hanaud, investigatore e teatrante

In un delitto, le parti in causa sono due: il criminale e la vittima
- da Prigioniero nell'opale, trad. Maria Grazia Griffini
Un poderoso volume contenente tre romanzi gialli di Alfred Edward Woodley Mason era rimasto lì, a languire per una ventina di anni circa, abbandonato dopo la lettura del primo dei tre romanzi, Delitto a Villa Rose. Protagonista indiscusso del volume è l'ispettore Gabirel Hanaud della Sûreté di Parigi, una sorta di teatrante dell'investigazione che dietro una apparente distrazione mostra un'attenzione ai particolari e una capacità deduttiva che rivaleggia con quella del più noto collega provato Sherlock Holmes.
Questione di spalla
D'altra parte per Mason l'elemento importante in un romanzo giallo non è tanto l'intrigo o la sfida intellettuale/enigmistica con il lettore, quanto la costruzione dei personaggi e soprattutto di un investigatore in grado di concentrare l'attenzione e l'interesse del lettore.
Per ottenere questo scopo, discostandosi così dal canone di Conan Doyle, la narrazione avviene in terza persona, pur se segue passo passo la così detta spalla, interpretata da Julius Ricardo, amico di Hanaud, in due dei tre romanzi, e da Jim Frobisher, avvocato londinese, nel secondo dei tre, La casa della freccia.
Spiccano, però, evidenti le somiglianze e soprattutto le differenze che evidentemente hanno spinto Mason a ripescare Ricardo nel Prigioniero nell'opale. Entrambe le spalle, infatti, hanno seguito Hanaud nelle sue indagini prendendo i proverbiali appunti (una sorta di tabella in stile pro/contro) e mostrando un'alternanza di emozioni nei confronti del francese che andava dall'ammirazione al rimprovero. La grossa differenza tra i due sta nel carattere di fondo, umile e propositivo quello di Frobisher, decisamente più altezzoso e a tratti arrogante quello di Ricardo. In questo senso quest'ultimo risulta così molto più efficace, sia grazie agli involontari effetti comici ottenuti (alcuni dei quali, a dire il vero, provengono dallo stesso Hanaud), sia grazie a una personalità nel complesso molto più forte. Lo stesso rapporto tra Ricardo e Hanaud, molto più confidenziale rispetto a quello con Frobisher, contribuisce a rendere più interessante persino lo stesso protagonista.

lunedì 9 ottobre 2017

L'equazione dei razzi

L'equazione dei razzi di Ciolkovskij è alla base di tutta l'esplorazione astronautica che dallo Sputnik 1, lanciato il 4 ottobre del 1957 dal cosmodromo di Baikonur, ha portato fino alla Luna. Scoperta indipendentemente da William Moore nel 1813 e da Casimir Erasme Coquillart nel 1873 per scopi militari, deve il nome allo scienziato russo Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij, pioniere dell'astronautica, che la applicò per la prima volta a un razzo destinato a viaggiare nello spazio, magari con a bordo un equipaggio. Era il 1903 quando questa equazione fece la sua comparsa su L'esplorazione dello spazio cosmico per mezzo di motori a reazione, il saggio più famoso tra gli scritti di Ciolkovskij. Il punto essenziale del suo lavoro è la trattazione matematicamente rigorosa del problema.
L'equazione, a parole, afferma che, per il principio di conservazione della quantità di moto, è possibile accelerare un corpo in una data direzione, espellendo massa nella direzione opposta.
D'altra parte l'equazione, dal punto di vista matematico, si mostra in questo modo: \[\Delta v = v_e \ln \frac {m_i}{m_f}\] dove $\Delta v$ è l'incremento di velocità dovuto alla propulsione; $v_e$ è la velocità equivalente di uscita del propulsore (provando a semplificare un po': la velocità di espulsione del propulsore rispetto al razzo); $m_i$ ed $m_f$ rispettivamente le masse iniziale e finale. Inoltre, mettendo al posto della massa finale, la massa in funzione del tempo, è possibile calcolare la variazione della velocità in ogni istante del volo del razzo.
L'equazione, valida anche per velocità equivalenti non costanti (basta sommare o integrare sui vari valori di $v_e$), deve essere modificata in caso di presenza di forze aereodinamiche (presenti durante l'attraversamento di un'atmosfera) e gravitazionali (ad esempio nel momento del distacco o dell'atterraggio).
A parte queste modifiche, è esattamente l'equazione su cui si basa la progetazione dei razzi a propellente chimico che ci hanno permesso di raggiungere la Luna.
Per il prossimo, grande salto servirà probabilmente qualcosa di più.

domenica 8 ottobre 2017

La morte della dea

Un po' favola, un po' filosofia della religione, Alla morte della dea è evidentemente influenzato da Roger Zelazny e in particolare dal Signore della Luce. Il romanzo si gioca sulla corruzione del potere divino, o quanto meno sullo sbilanciamento verso il "lato oscuro" (concetto, per quanto mai realmente scritto esplicitamente, evidentemente mutuato da Guerre Stellari, ma non solo).
I due "gemelli" del romanzo, oltre a costituire una sorta di yin e yang, risultano entrambi avere un ben scarso controllo sulla loro vita e il loro sviluppo intellettivo e culturale. In particolare il gemello oscuro risulta alla fine una bambolina in mano della strega oscura e vendicativa che porta il mondo sull'orlo dell'estinzione definitiva, mentre il gemello luminoso alla fine accetta il suo destino divino e l'opera creatrice che deve portare a termine.
Scritto con stile veloce nonostante l'influenza della meditazione orientale da un buon Darrell Schweitzer, risulta nel complesso un romanzo bello e appassionante.

sabato 7 ottobre 2017

La saga dei Bojeffries

Ispirato da alcuni recenti fumetti comici di genere fantascientifico usciti per Editoriale Cosmo, recupero la recensione di questo bel volume uscito per la Bao l'anno scorso
I Bojeffries sono una famiglia particolare: un padre che di notte va sui tetti a pesca di pipistrelli insieme con il figlio, mentre la figlia tanto disinibita quanto brutta che odia il mondo intero iniziando proprio dalla sua famiglia prova periodicamente a perdere la verginità; un vampiro e un licantropo per zii; un neonato radioattivo e un nonno che appartiene alla schiatta delle divinità extramondane ideate da Howard Philips Lovecraft.
Così in uno dei suoi primi fumetti, ritroviamo uno dei numi tutelari della poetica e della narrativa di Alan Moore, declinato con un gusto molto vicino a quello dei Monty Python, noto gruppo di comici surreali britannici. L'idea sembra quella di realizzare una famiglia alla Addams nella periferia britannica, in particolare quella di Northampton, cittadina natale dello sceneggiatore: Moore così ironizza sulla società inglese degli anni '80 del XX secolo (la serie esordì nel 1983 sull'antologico Warrior). Emerge il quadro di una società povera (non solo economicamente), che sopravvive tra piccole risse, razzismo strisciante e cliché sul sesso.
Steve Parkhouse, con il suo tratto dettagliato, riesce a seguire ottimamente le invenzioni di Moore, rappresentando al meglio la scena iniziale, uno zoom che dallo spazio porta fino ai tetti di Northampton, o nella capacità di passare da vignette praticamente spoglie ad altre straripanti dettagli. In questa serie di avventure Moore inizia poi a sperimentare, come in Vacanze estive, un vero e proprio racconto illustrato, o in Canto delle terrazze, che è uno dei fumetti-canzoni scritti dal fumettista, sulla stessa linea di The march of the sinister ducks o The old gangsters never die.
La saga dei Bojeffries
Alan Moore, Steve Parkhouse
Traduzione di Michele Foschini
brossurato, bianco e nero, 96 pagine
Bao Publishing, 2016, 14,00

Un'emozione estremamente grande

Mentre cercavo su YouTube i canali degli Osservatori Astronomici dell'INAF (almeno quelli che ce l'hanno: l'obiettivo è quelo di trovare un po' di materiale per i video della settimana su Edu INAF), mi viene in mente di voler trovare a tutti i costi un video particolare. Partiamo dall'inizio, anzi da una settimana fa: durante il Meet Me Tonight di quest'anno era presente, sia al Museo della Scienza e della Tecnica, sia al Museo di Storia Naturale Roberto Tamai dell'ESO (European Southern Observatory) per presentare l'Extremely Large Telescope, o ELT per gli amici! A un certo punto Tamai tira fuori dal cilindro un video così bello da essere emozionante:

Emozionati? Lo spero proprio, anche perché la sensazione è che con l'ELT l'ESO stia "giocando" (mi scuso per il termine vista l'importanza dell'operazione) esattamente come il CERN ha fatto con LHC.

martedì 3 ottobre 2017

La notte eterna del coniglio

Avevo lasciato da parte La notte eterna del coniglio, romanzo d'esordio di Giacomo Gardumi, per molto e molto tempo. Poi, finalmente, ho preso la decisione di leggerlo.
Alla fine gli elementi interessanti del poderoso ma veloce tomo sono molti, iniziando dalla trama: quattro gruppi di sopravvissuti a una catastrofe nucleare sono in collegamento tra loro attraverso quattro rifugi antinucleari. Alcune incomprensioni con la ditta costruttrice limitano le possibilità di connessione ed è su questo che si giocano le possibilità dell'autore nella costruzione della tensione, altrimenti impossibili considerando le capacità tecnologiche di questo genere di software già all'inizio del XXI secolo.
Gardumi, attraverso una narrazione per lo più in prima persona, costruisce un romanzo di grande tensione, che lascia un po' sullo sfondo gli elementi di fantapolitica (in parte lucidi nella capacità previsionistica dell'autore, per quanto abbia sbagliato, pur se di poco, la minaccia asiatica), che diventano semplicemente la causa che spinge una decina di persone sottoterra.
Ne esce un romanzo psicologico, filosofico, claustrofobico, in molti punti splatter, incredibilmente raro nella letteratura italiana (almeno quella di inizio secolo), indubbiamente influenzato dai reality show e forse un po' anche dal Blair Witch Project: una vera piccola sorpresa che mi spiace di aver snobbato per così tanto tempo.

lunedì 2 ottobre 2017

Il moto orario del Merz-Repsold

Come ho scritto questa mattina su Edu INAF, il telescopio Merz-Repsold, utilizzado da Giovanni Schiaparelli per osservare Marte, è stato restaurato, ricostruito e ora è in mostra preso il Museo della Scienza e della Tecnica "Leonardo da Vinci" a Milano. Una delle parti più complicate in questo complesso progetto è stata lo spostamento dei vari pezzi del telescopio. Prima di iniziare lo spostamento effettivo, sono stato presente in uno dei tanti sopralluoghi che dall'Osservatorio abbiamo fatto alla sede dell'associazione A.R.A.S.S. per renderci conto della situazione e soprattutto per consentire a Laura Barbalini di capire come sistemarsi per le riprese. Durante quel sopralluogo ho girato il breve video che segue sul moto orario del telescopio:

domenica 1 ottobre 2017

Fare ricerca in Italia

All'interno di un liquido completamente scuro galleggia un ragazzo, Rocco. Questi i suoi primi pensieri:
Normale. Vorrei un lavoro normale. Spegnere il cervello otto ore al giorno. Niente resbonsabilità, niente carriera... Niente.
Rocco, protagonista del volume, è un alter ego non solo dell'autore, Vito Antonio Baldassarro, in arte Duckbill, ma praticamente di qualunque ricercatore precario in Italia.
Fare ricerca nel nostro paese è difficile, non tanto per le difficoltà intrinseche dell'attività, quanto per le difficoltà, in varia importanza, nel reperire fondi, nell'interfacciarsi con i propri capi e con le istituzioni (in quest'ultimo caso scontrandosi spesso con la burocrazia), nel riuscire a ottenere quel minimo di autonomia che non spenga la passione non tanto verso la scienza (nello specifico di Duckbill) quanto verso il proprio lavoro.
In effetti, detta così, la vita del ricercatore precario, pagato quando va bene, sembra una bolgia infernale, e tale diventa il viaggio di Rocco a partire dal capitolo 3: un viaggio mistico in una sorta di inferno dantesco guidato da Calusia che porterà il lettore a conoscere, in maniera sempre e comunque ironica, alcuni dei punti dolenti dell'università italiana.
Emblematica sia della struttura della nostra università sia dell'atmosfera del volume è la scala sociale universitaria (a pagina 77).
Altrettanto forte è l'immagine che rappresenta l'università come una città costruita su una roccia sostenuta da una colonna sottilissima di precari: è questo che rappresenta in maniera esplicita e drammatica il senso della nostra accademia e della condizione di moltissimi ricercatori (che però non hanno legalmente questo status). I precari si rendono perfettamente conto che venendo meno il loro impegno l'intera struttura crollerebbe in pochissimo tempo, ma vi posso assicurare è molto difficile spostarsi, mancando spesso lo spirito, il coraggio e le possibilità di sopravvivere in maniera differente.
Dottor assegnista ricercatore precario. All'occorrenza autista per convegni, segretario, portaborse, tuttofare
Duckbill
144 pagine, bianco e nero, brossurato
Beccogiallo, 2015

sabato 30 settembre 2017

Ciao ciao settembre

E così settembre è arrivato alla fine. E questo mese non ho scritto e pubblicato nulla... A parte queste righe, in effetti. Il che fa 1, rendendo l'affermazione iniziale falsa!

venerdì 25 agosto 2017

Palloni effervescenti


Primo piano del geyser di El Tatio a San Pedro de Atacama, Cile. Foto di: Andres Gottlieb
Proseguono i lavori sull'astroEDU italiano. Le attività, traduzione di quelle già presenti nella versione in inglese, iniziano ad aumentare. Di seguito un estratto della seconda attività che ho avuto il piacere e l'onore di tradurre:
Quando si aggiunge l’acqua a tavolette effervescenti o al lievito in polvere, si formano delle bolle: viene prodotto un gas. Si può utilizzare questo gas per gonfiare un pallone senza soffiarci all’interno. Che genere di gas è quello prodotto? Raccogliamolo e analizziamolo attraverso alcuni esperimenti.
Anidride carbonica
L'anidride carbonica (CO2) o biossido di carbonio, non è solo uno dei più importanti gas serra, ma si trova tutto intorno a noi: nell'aria (0,0388 % vol)(1) che respiriamo; nell'aria che espiriamo (4 % vol). Si trova anche nelle bibite gassate; nelle torte, che crescono grazie alla CO2 prodotta dal lievito in polvere; e quando viene fatto bruciare un composto organico come la paraffina, la carta, il legno o il petrolio. Sia i geyser sia il vapore possono essere prodotti dall’anidride carbonica. Nella forma liquida, è utilizzata negli estintori e come refrigerante nell’industria del cibo (ad esempio per conservare e trasportare i gelati).
Ad alte concentrazioni, la CO2 può diventare pericolosa per gli umani e gli altri animali, ma è anche una sorgente di vita: durante la fotosintesi, le piante utilizzano CO2 e luce per produrre zucchero, amidi, grassi e proteine, così come l’ossigeno di cui abbiamo bisogno per sopravvivere.

lunedì 3 luglio 2017

Progetta il tuo alieno

Iniziano i lavori sulla versione in italiano di astroEDU. Questo è uno dei miei primi contributi: la traduzione dell'attività sulla progettazione di una vita aliena in grado di sopravvivere su un mondo extra-terrestre. Le indicazioni per recuperare l'attività completa, sia in inglese sia in italiano, sono in fondo al post. Qui le informazioni fondamentali. Buona lettura!
La vita può essere trovata quasi ovunque sulla Terra, dai poli all’equatore, dal fondo del mare a chilometri sotto la superficie, dalle valli asciutte alle acque sotterranee. Nel corso degli ultimi 3,7 miliardi di anni, la vita sulla Terra si è adattata a quasi ogni ambiente immaginabile. Ma cosa rende la Terra così perfettamente adatta a sostenere la vita?
Distanza dal Sole
La Terra si trova nella “zona abitabile” del nostro Sistema Solare, che è la stretta banda all’interno della quale può esistere l’acqua liquida. Se la Terra fosse più vicina al Sole, i suoi oceani evaporerebbero, impedendo l’esistenza della vita così come la conosciamo. Se il nostro pianeta orbitasse più lontano dal Sole, gli oceani congelerebbero e il ciclo dell’acqua che permette la vita sarebbe inesistente.
La “zona abitabile” non è limitata al nostro Sistema Solare: è l’area intorno a ogni stella dove la temperatura è “quella giusta” per l’esistenza di acqua allo stato liquido. Queste zone non sono così fredde da farla ghiacciare o così calde da farla bollire. Per le stelle più calde, la zona abitabile è più lontana dalla stella, mentre per quelle più fredde è più vicina.

venerdì 23 giugno 2017

Le grandi domande della vita: Alan Turing

Oggi, 23 giugno, ricorrono i 105 anni dalla nascita di uno dei più noti e importanti matematici del XX secolo. Ed è stato allora più che naturale dedicargli la puntata odierna de Le grandi domande della vita!
Girasoli
Della serie di Fibonacci ho scritto anche abbastanza di recente, ma oggi è il caso di ritornarci, visto che uno degli ultimi lavori di Alan Turing era dedicato alla serie numerica e alla sua presenza in natura, in particolare nella struttura delle piante(1): si potrebbero considerare gli sforzi di Turing come uno dei più importanti tentativi per rispondere al perché la sequenza si ripete in natura.
Il problema era noto come la fillotassi di Fibonacci e può essere definito come segue:
Le forme a spirale sulle teste dei girasoli sembrerebbero seguire la sequenza di Fibonacci, suggerendo la proposta di Turing che studiando i girasoli potremmo capire meglio come crescono le piante
Turing scrisse il suo interesse in ua lettra allo zoologo JZ Young:
Riguardo il punto (iii), Turing scrisse in un’altra lettera:
a nostra nuova macchina sta per arrivare lunedì. Spero di fare qualcosa riguardo alla “chimica embiologica”. In particolare penso di poter dare conto della comparsa dei numeri di Fibonacci in connessione con rappresentare l’aspetto dei numeri di Fibonacci in connessione con le pigne.(1)
Nel 2012 Jonathan Swinton, durante il Manchester Science Festival che si tiene ad ottobre, annunciò i risultati del grande esperimento sui girasoli di Turing:

sabato 17 giugno 2017

Le grandi domande della vita: freddo quantistico

Con un’estate così calda, non c’è nulla di meglio che rinfrescarsi scendendo sotto lo zero assoluto! E per i più curiosi, entriamo nei segreti delle code!
Scendere sotto lo zero assoluto
Secondo la definizione di zero assoluto, questa:
è la temperatura più bassa che teoricamente si possa ottenere in qualsiasi sistema macroscopico e corrisponde a $0 K$ ($–273,15 ^circle C$). Si può mostrare con le leggi della termodinamica che la temperatura non può mai essere esattamente pari allo zero assoluto, anche se è possibile raggiungere temperature molto vicine ad esso. Allo zero assoluto le molecole e gli atomi di un sistema sono tutte allo stato fondamentale (ovvero il più basso livello di energia possibile) e il sistema ha il minor quantitativo possibile di energia cinetica permesso dalle leggi della fisica. Questa quantità di energia è piccolissima, ma sempre maggiore di zero. Questa energia minima corrisponde all’energia di punto zero, prevista dalla meccanica quantistica per tutti i sistemi che abbiano un potenziale confinante.
Per cui sembrerebe che nulla possa essere più freddo dello zero assoluto, e quindi che non possa esistere una temperatura assoluta negativa. Eppure nel 2013 è stato creato per la prima volta un gas atomico on una temperatura al di sotto dello zero assoluto(1, 2)!
Il punto essenziale dell’esperimento è nella visione probabilstica della temperatura. In questo modo possono succedere alcuni effetti interessanti, come la contrazione di un gas riscaldato o il flusso di energia da un sistema a una data temperatura verso uno a una temperatura superiore.
Il gruppo di ricercatori di Braun e soci ha racchiuso in una trappola quantistica costituita da campi magnetici e raggi laser, alcuni atomi ultrafreddi di potassio riuscendo a portarli a una temperatura di poco inferiore allo zero assoluto (all’incirca $-10^{-9} K$). Questa scoperta apre la strada da un lato alla possibile realizzazione di sistemi con un’efficienza mai vista finora, e dall’altro alla possibilità di investigare un fenomeno che potrebbe essere alla base dell’energia oscura(2).

giovedì 15 giugno 2017

Iddu e le stelle

Non potendo muoverci ed esplorare l’universo in tempi umani, il modo che abbiamo sviluppato per "esplorare" l’universo è raccogliendo la radiazione che ci manda. Il primo e più semplice modo che abbiamo mai utilizzato è indubbiamente l’occhio, però le informazioni che riusciamo a raccogliere utilizzando questo mezzo sono piuttosto limitate. L’universo, infatti, emette energia su varie frequenze: basta solo utilizzare lo strumento giusto per leggerle!
Uno dei segnali che ci manda con maggiore abbondanza è però costituito da particelle ad alta energia, i così detti raggi cosmici. Possiamo immaginarli un po’ come i proiettili animati messicani di Chi ha incastrato Roger Rabbit?: pieni di energia e pronti a interagire con la materia che incontrano.

I Fantastic quattro disegnati da Jack Kirby
Radiazioni dallo spazio profondo
La storia della loro scoperta inizia nel 1909 con il fisico tedesco Theodor Wulf che, misurando le radiazioni intorno alla Torre Eiffel scoprì che i conteggi erano maggiori in cima rispetto alla base. Questa osservazione, però, nonostante la pubblicazione su Physikalische Zeitschrift, non venne mai accettata dalla comunità. Per avere una nuova osservazione nella stessa direzione di quella scoperta da Wulf bisogna attendere il 1911 quando l’italiano Domenico Pacini realizzò alcune misure analoghe su un lago, sul mare e a una profondità di 3 metri dalla superficie. I risultati andavano nella direzione della diminuzione della radioattività subacquea: Pacini concluse allora che una parte della ionizzazione doveva essere dovuta a fonti differenti dalla Terra(1).

domenica 11 giugno 2017

Il senso del Lear

Ho avuto la fortuna (o la sfortuna, ancora devo capirlo bene anche io) di vedere (ormai un mese fa) il Lear di Edward Bond, libera e moderna riscrittura del più famoso Re Lear di William Shakespeare. E leggendo un po' di tempo fa un articolo di Alessandro Fusacchia che propone un intervento fatto a un auditorium pieno di studenti delle medie, arrivo in fondo e trovo il senso ultimo dello spettacolo di Bond:
non fidatevi di chi vi dice che per proteggervi bisogna costruire un muro alto, talmente alto da non riuscire più a vedere che cosa c’è dall’altra parta, e che noi dobbiamo rinchiuderci tutti al di qua, da questa parte. Di questi signori non vi fidate. Perché quel muro non serve a proteggervi. Serve solo ad impedirvi di scoprire qualcosa che non conoscete ancora: voi stessi.

sabato 10 giugno 2017

Le grandi domande della vita: la perfezione di Olinto

Scusandomi con i lettori per il leggero ritardo nella pubblicazione della consueta rubrica, vado immediatamente a raccontarvi di un numero che attirerebbe immediatamente l’attenzione di Paperon de Paperoni!
Il numero perfetto
Un tale pose una coppia di conigli in un luogo circondato da pareti. La coppia iniziò a riprodursi a partire dalla fine del primo mese e ogni mese generò una nuova coppia di conigli. Tutte le coppie, nate nel corso dell’anno, iniziarono a riprodursi a partire dal secondo mese dopo la nascita e anch’esse generarono una nuova coppia ogni mese.
Quante coppie di conigli nascono complessivamente in un anno?
La soluzione di questo rompicapo, proposto da Leonardo Fibonacci, è la famosa serie numerica che porta il suo nome, $1$ $1$ $2$ $3$ $5$ $8$ $13$ $21$ e così via. In generale l’$n$-simo numero della serie di Fibonacci è dato da: \[F_n = F_{n-2} + F_{n-1}\] Nel 1611 Johannes Kepler, italianizzano come Giovanni Keplero, scoprì che il rapporto tra due numeri consecutivi di Fibonacci approssimava sempre meglio il numero aureo $\varphi$, mentre per attendere un legame formale tra la serie e $\varphi$ bisogna attendere la formula scoperta da Jacques Binet: \[F(n) = \frac{\varphi^n - (1-\varphi)^2}{\sqrt{5}}\] La scoperta del numero aureo viene tradizionalmente associata al pitagorico Ippaso di Metaponto ed è legata allo studio del pentagono regolare. In particolare il numero aureo viene definito come il rapporto tra una diagonale del pentagono e un suo lato. Il fatto che il pentagono fosse una figura geometrica dagli attributi praticamente mistici per i pitagorici(1), ha reso lo stesso $\varphi$ un numero di una certa importanza, tanto che gli antichi greci pensavano che le proporzioni perfette, quelle del bello, fossero legate esattamente al valore di tale numero $\varphi$.
E spero sinceramente che ciò possa rispondere alla prima curiosità sul perché il numero aureo è perfetto.

venerdì 9 giugno 2017

L'Osservatorio Astronomico di Brera su YouTube

L'avevo anticipato ieri via instagram, ma oggi sulla pagina fb è anche uscito un comunicato un po' più ufficiale sull'avvenuta apertura del canale YouTube dell'Osservatorio Astronomico di Brera (cui siete tutti invitati a iscrivervi!). Il canale verrà utilizzato innanzitutto per caricare i video legati ai Cieli di Brera, la serie di conferenze divulgative organizzate dal gruppo di didattica e divulgazione dell'OAB.
A tal proposito è andato on-line il video della conferenza completa di Gabriele Ghisellini sui multiversi, di cui qui sotto vi propongo una sorta di breve sunto.

Entrambi i video sono stati girati e montati da Laura Barbalini.

giovedì 8 giugno 2017

L'evoluzione di Zenone nel tempo

Riccordate l’effetto quantistico di Zenone? C’è una piccola novità cui sono incappato recentemente scrivendo il digest del Journal of Mathematical Physics vol.58, n.3.
Proviamo prima di tutto a ricapitolare: uno dei paradossi di Zenone più noti è quello della freccia: se si scaglia una freccia contro un condannato a morte, questa per percorrere tutta la distanza, dovrà prima percorrerne metà. Una volta coperta la distanza $1/2$, le resterà un altro $1/2$ da percorrere, ma anche di questo tratto ne coprirà prima un’altra metà, ovvero $1/4$ e così via. Nell’ottica dell’aritmetica greca, questo implicava per Zenone che la freccia non avrebbe mai colpito il condannato, di fatto negando filosoficamente il moto. Un paradosso simile, come osservato da Alan Turing, avviene anche in meccanica quantistica. La sua formulazione più semplice è fornita dalla seguente citazione:
Gli assiomi standard della meccanica quantistica implicano che nel limite di osservazioni continue un sistema quantistico non può evolvere.
(Andrew Hodges in Alan Turing: the logical and physical basis of computing - pdf)
Ora due ricercatori italiani, il fisico Paolo Facchi e la matematica Marilena Ligabò, entrambi dell’università di Bari, hanno studiato l’effetto quantistico di Zenone su tempi lunghi(1). In particolare si sono concentrati sul comportamento matematico della probabilità quantistica $p^{(N)} (t)$, quando sia il tempo $t$ sia il numero di misure effettuate $N$ tende all’infinito.
I due ricercatori hanno osservato che il valore di $p$ dipende da un parametro reale $\alpha$: per $0 \leq alpha \leq 1/2$, il sistema è congelato nel suo stato iniziale e quindi il QZE ha luogo; per $1/2 < \alpha < 1$, il sistema presenta un comportamento classico; per $\alpha = 1/2$, la probabilità ha un andamento gaussiano, $e^{-t^2 / \tau^2}$, dove $\tau \propto \hbar^{-2}$.
Infine
se $\alpha \geq 1$ il limite della probabilità è una bestia strana e diventa sensibile alle proprietà spettrali dello stato $\psi$(1).
Questo, da un punto di vista fisico, complica la situazione e rende necessarie ulteriori analisi. Resta però interessante l’idea che tale effetto possa avere anche un’azione a lungo termine sui sistemi quantistici.
  1. Facchi, P., & Ligabò, M. (2017). Large-time limit of the quantum Zeno effect Journal of Mathematical Physics, 58 (3) DOI: 10.1063/1.4978851 (arXiv)

martedì 6 giugno 2017

Le argentee teste d'uovo


Illustrazione di Franco Brambilla
Benjamin è uno sceneggiatore alle prime armi. Ha scritto un cortometraggio in collaborazione con Ross Goodwin, che gli ha semplicemente fornito i dati necessari, come ore e ore di film di fantascienza e non solo. Una volta conclusa la fase di scrittura, il film è stato girato dal regista Oscar Sharp e interpretato da Thomas Middleditch, Elisabeth Gray e Humphrey Ker. La particolarità di Benjamin è di essere una rete neurale artificiale.
Reti neurali
Grazie ai suoi studi che portarono alla costruzione di Colossus, si può considerare Alan Turing uno degli ispiratori non solo per la creazione del computer, ma anche per gli studi sullo sviluppo di un’intelligenza artificiale. Il test di Turing era uno dei primi tentativi di ideare un sistema per verificare se un’intelligenza programmata da un essere umano fosse in grado di risultare indistinguibile da una umana. I ricercatori che, però, vanno considerati i veri iniziatori degli studi nel campo sono Warren McCulloch e Walter Pitts che nel 1943 svilupparono un modello di calcolo per reti neurali(1), che aprì la strada a due differenti approcci nello studio dell’intelligenza: da un lato quello sui processi biologici all’interno del cervello e dall’altro lo studio di reti neurali artificiali.

venerdì 2 giugno 2017

Le grandi domande della vita: zero in condotta

Ci avete mai fatto caso che lo zero e l'uovo rotto nel piatto hanno qualcosa in comune? Io no, mai, e continuo a non trovarci nulla di così in comune, nonostante quello che ho scritto per la puntata odierna:
Sei uno zero!
Il fattoriale di un numero intero è il prodtto di tutti i numeri compresi tra il numero stesso e uno. Ad esempio: \[5! = 5 \cdot 4 \cdot 3 \cdot 2 \cdot 1 = 120\] In una lettera a Christian Goldbach datata 26 otobre 1729, il matematico svizzero Daniel Bernoulli provava a generalizzare il fattoriale ai numeri reali(1): \[x! = \lim_{n \rightarrow \infty} \left ( n + 1 + \frac{x}{2} \right )^{x−1} \prod_{i=1}^n \frac{i+1}{i+x}\] Come spesso succedeva ai problemi di quell’epoca, non passò poco tempo che la questione finì nelle mani di Leonard Euler. In un aprima lettera(1) a Goldbach del 13 ottobre 1729, Euler diede una prima definizione della futura funzione Gamma:

martedì 30 maggio 2017

Imparare a essere uno scienziato

Uno dei nodi centrali di Edu.Inaf sono le schede didattiche. I dettagli per lo sviluppo di questa parte del sito sono vari e disparati: dalla loro struttura alle linee guida per la loro progettazione fino alla filosofia didattica da adottare. In particolare risulta interessante quello che scrivono su astroEDU relativamente alle attività didattiche basate sula ricerca: gli elementi essenziali di tali attività sono riassumibili in questa serie di punti:
  • porre domande;
  • sviluppare e utilizzare modelli;
  • pianificare e svolgere indagini;
  • analizzare e interpretare i dati;
  • utilizzare la matematica e il pensiero computazionale;
  • costruire spiegazioni;
  • argomentare a partire dai risultati;
  • comunicare informazioni.
Sono tutte abilità in qualche modo legate al metodo scientifico propriamente detto, quello sviluppato da Galileo Galilei, giusto per intenderci.

venerdì 26 maggio 2017

Le grandi domande della vita: una storia illuminante

Dopo la settimana di riposo, torna a fare (letteralmente) luce la serie più improbabile dell’universo (è che sono ancora influenzato dal towel day!).
La velocità della luce

Il set-up del'esperimento di Michelson e Morley
Oggi uno degli assunti fondamentali per la teoria della relatività di Albert Einstein e della fisica è la costanza della velocità della luce. Ma come si riesce a calcolare tale valore?
Il primo a proporre una teoria della luce che prevedesse un valore finito per la sua velocità fu il greco Empedocle, ma, come molti dopo di lui, non fece mai alcun vero tentativo per misurarne il valore. Il primo a proporre un esperimento per lo scopo fu Galileo Galilei. Nel 1638, Galilei sugerì di misurare la velocità della luce utilizzando una lanterna posta sulla cima di una collina e quindi osservando il ritardo tra il momento in cui la lanterna viene coperta e quello in cui l’occhio percepisce tale evento. Il fisico pisano non riuscì a determinare se la luce viaggiasse istantaneamente o meno, ma concluse che in quest’ultimo caso doveva essere estremamente rapida.
Nel 1667 l’Accademia del Cimento di Firenze dichiarò di aver realizzato l’esperimento di Galileo senza aver osservato alcun ritardo: d’altra parte in un esperimento di tal genere il ritardo misurabile dovrebbe essere dell’ordine degli 11 microsecondi.
La prima stima quantitativa della velocità della luce venne fatta da Ole Rømer nel 1676 a partire dalle osservazioni delle lune di Giove, in particolare Io. Egli stimò che la luce impiegava 22 minuti per percorrere il diametro dell’orbita terrestre. Utilizzando questa stima, Christiaan Huygens stabilì in 220000 km/s la velocità della luce, ovvero circa il 26% più bassa rispetto al valore reale.
Nel 1826 Léon Foucault, perfezionando il metodo della ruota dentata sviluppato da Hippolyte Fizeau, fornì un valore incredibilmente vicino a quello reale: 298000 km/s. Foucault utilizzò degli specchi rotanti, cosa che fecero anche Albert Michelson e Edward Morley nel 1887 in quello che è ancora oggi l’esperimento più famoso sulla determinazione dela velocità della luce, soprattutto perché giocò un ruolo fondamentale nella discussione più generale sull’etere e nello sviluppo della teoria della relatività ristretta.
Nel 1983 la 17.ma Conferenza Generale sui pesi e le misure stabilì per la velocità della luce nel vuoto il valore costante di 299792458 m/s, rendendo così la luce una costante all’interno del sistema internazionale di misure.

giovedì 25 maggio 2017

L'ultima occasione

La passione per la scienza e le sue qualità affabulatorie hanno portato Douglas Adams in giro per il mondo e non semplicemente per pubblicizzare i romanzi della serie della Guida Galattica per autostoppisti o per una qualche convention tecnologica sull’ultimo oggetto uscito dalla casa della mela, ma anche per una ricerca apparentemente senza speranza: quella degli animali in via di estinzione.
Insieme con lo zoologo Mark Carwardine, Adams si è messo in viaggio con il beneplacito della BBC (che ovviamente ha utilizzato il materiale per una serie di documentari) sulle tracce del varano del Komodo, del parrocchetto (e altri volatili) di Mauritius, delle volpi volanti sempre delle Mauritius, di vari animali nello Zaire (ad esempio il gorilla di montagna o il rinoceronte o l’ippopotamo), in Nuova Zelanda sulle tracce del rarissimo kakapo, in Cina per vedere il delfino baiji che le autorità locali avrebbero protetto, ritenendolo un patrimonio della Cina al pari della famosa Muraglia.
Gli sforzi dei cinesi non sono stati coronati da successo: il baiji è stato dichiarato estinto nel 2006 e, nonostante nel 2007 venne avvistato un animale che gli somigliava, gli esperti ritengono che, anche fosse vero, comunque non avrebbe salvato dall’estinzione definitiva questa particolare razza di delfini di acqua dolce.
Il senso del viaggio di Adams e Carwardine è allora chiaro: avere un’ultima occasione per incontrare queste razze in via di estinzione, raccontare la loro lotta per la sopravvivenza, aiutati spesso da pochi individui isolati, come il barbuto e silenzioso Arab, protettore dei kakapo, un pappagallo notturno particolarmente schivo, anche con quelli della sua specie, motivo per cui si è ritrovato improvvisamente in pericolo di estinzione nel momento in cui i colonizzatori europei giunti in Nuova Zelanda hanno portato con sé dei formidabili predatori: i gatti. D’altra parte anche il kakapo non aiuta particolarmente bene la sua stessa causa: di fronte a un pericolo, infatti, si blocca, nella speranza di riuscire a mimetizzarsi con l’ambiente circostante.
Al momento, però, grazie alla protezione del governo neozelandese, questi particolari pappagalli si trovano in alcune zone protette sulle isole di Codfish Island e Anchor Island: i 126 esemplari della specie sono ancora con noi!
L’ultima occasione è un libro ricco di storie di questo genere, raccontato con un ritmo veloce e con il solito stile divertente (ma anche irriverente) del grandissimo Douglas Adams. Un libro da leggere che era stato pubblicato in Italia nel 1991 (un anno dopo la pubblicazione originale), ma che Mondadori ha ripreso lo scorso anno, ma visto che il towel day 2016 è stato occupato dal Salmone del dubbio, la recensione è stata rinviata alle celebrazioni di quest’anno.
Buon towel day a tutti!

domenica 21 maggio 2017

Dinasauri con le piume: Jianianhualong tengi

Non avrei scritto nemmeno una riga se no fosse stato per la puntata del Le grandi domande della vita sull’uovo e la gallina. Però, visto che in qualche modo dovevo recuperare la puntata del venerdì (che non è andata on-line per scarsa voglia dello scrivente…), allora ho deciso di recuperare la ricostruzione del Jianianhualong tengi fatta da Julius T. Csotonyi.
Questa nuova specie di dinosauro che assomiglia un po’ a un velociraptor con le piume (e senza sguardo criminale!): in effetti appartiene al sottogruppo dei microraptoria all’interno della famiglia dei dromaeosauridi, la stessa dei velociraptor (diciamo che sono in qualche modo cugini), ed è uno di quei dinosauri con le piume che potrebbe costituire uno dei vari passaggi che ha portato agli uccelli attuali. Ovviamente l’importanza del ritrovamento va al di là del dettaglio piumato che in questa sede mi interessa, pertanto invito i lettori a dare un’occhiata all’articolo su Nature Communications.

martedì 16 maggio 2017

I cieli di Brera: Homo sapiens nello spazio

Domani Stefano Sandrelli discuterà di conquista dello spazio per la seconda conferenza de I cieli di Brera. Appuntamento alle 18:00 presso la Sala della Passione della Pinacoteca nel Palazzo Brera, via Brera 28.
Qui sotto ben due abstract, quello di testo e quello video, girato da Laura Barbalini:
L'Homo sapiens ha conquistato lo spazio, prima volando in atmosfera, poi orbitando intorno al pianeta. E schiudendo le porte agli studi scientifici in assenza di peso. Ma non è certo stata la prima specie a farlo ne’ la più numerosa. Fra passato e presente, guardando al futuro, cercheremo di scoprire la scienza dell’uomo e dei suoi colleghi animali che lo hanno preceduto e accompagnato nello spazio. Con molta ironia.

venerdì 12 maggio 2017

Le grandi domande della vita: da Zermelo a Planck

Tra domande improbabili e argomenti seri in questa puntata scendiamo nelle fondamenta della matematica (ancora una volta!) e della fisica, partendo da...
La teoria degli insiemi
Nel 1908, Ernst Zermelo propose un primo insieme di assiomi per la teoria degli insiemi, ma, come scritto nel 1921 da Abraham Fraenkel in una lettera allo stesso Zermelo, questa prima proposta risultava incapace di mostrare l’esistenza di alcuni tipi di insiemi o l’esistenza dei numeri cardinali.
A partire dal lavoro di Zermelo, nel 1922 Fraenkel e, indipendentemente, Thoralf Skolem svilupparono un nuovo sistema costituito da 8 assiomi che, insieme con l’assioma della scelta, costituiscono i così detti assiomi di Zermelo-Fraenkel e la base per la teoria degli insiemi e per la matematica tutta.
Nonostante i teoremi di incompletezza di Kurt Godel, che mostrano come in questo sistema esistano delle affermazioni indecidibili (ovvero di cui non è possibile valutare la verità o la falsità), la teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel continua ad avere un’importanza essenziale nella matematica moderna, soprattutto per motivazioni storiche: tale sistema è in effetti la sintesi del lavoro di molti matematici e logici, tra cui non si può dimenticare Bertrand Russell, che accettarono la sfida di David Hilbert di risolvere l’ipotesi sull’infinito di Georg Cantor e di assiomatizzare in maniera completa la matematica. Questi sforzi, che alla fine portarono alla comprensione che non esisterà mai un sistema di assiomi che rende la matematica completa, continuarono comunque anche dopo l’accettazione della teoria ZFC, come ad esempio la teoria degli insiemi di Tarski–Grothendieck sviluppata da Alfred Tarski e Alexander Grothendieck(1).

mercoledì 10 maggio 2017

Longitudine

Alle origini degli Osservatori Astronomici non c’è la verifica della legge di gravitazione di Isaac Newton, ma un problema molto più concreto: la determinazione della longitudine.
Campagne militari

John Harrison
La Terra è una sfera, cosa abbastanza nota (a parte qualche buontempone qua e là) sin dall’antica Grecia. Essa viene convenzionalmente suddivisa in 24 spicchi, ognuno largo 15°. Questo vuol dire che, conoscere l’angolo rispetto a un meridiano di riferimento, vuol dire conoscere la propria posizione sul globo, anche in considerazione del fatto che determinare la latitudine è molto più semplice grazie alla posizione del Sole o alla lunghezza del giorno o alla posizione delle stelle note sull’orizzonte.
Tale informazione (lo propria posizione sulla superficie terrestre) assume un’importanza essenziale sia per i commerci sia per le campagne militari, non solo sulla terra ma anche sul mare. Il problema è che determinare tale posizione è stato per molti secoli piuttosto complicato, almeno fino a che regnanti della Gran Bretagna non decisero di istituire un premio per risolvere l’annoso problema della longitudine.
Le strade che vennero intraprese furono due, una che volgeva il suo interesse verso il cielo, l’altro verso l’utilizzo di strumenti di misurazione del tempo. Nel primo caso, fino all’istituzionalizzazione della sfida, lo strumento migliore a disposizione era il sestante. Il suo utilizzatore, però aveva la necessità di conoscere i cieli, cosa non così scontata, e fu proprio per ovviare al problema che vennero istituiti i primi Osservatori Astronomici: il loro scopo era determinare le mappe del cielo nel modo più preciso possibile, in modo tale che la misurazione della posizione apparente di quelle stesse stelle in un’altra porzione del globo permettesse di determinare, attraverso le differenze, la posizione rispetto ai dati pubblicati sull’Almanacco di Greenwich. Questo divenne l’almanacco più utilizzato non solo per la forza della marina inglese dell’epoca, ma anche grazie al lavoro certosino dei vari Astronomi Reali che si sono succeduti alla guida dell’Osservatorio Reale di Greenwich, a partire da John Flamsteed, il primo, fino al reverendo Nevil Maskelyne, il cui impegno in particolare portò alla diffusione degli Almanacchi Astronomici e che potrebbe essere considerato il “cattivo” della storia.
Maskelyne, infatti, fu un grande fautore del metodo celeste per la determinazione della longitudine contro la misurazione del tempo. Consideriamo che l’unico modo che all’epoca si riteneva valido per determinare l’ora sul mare era il pendolo, che però risentiva dei cambiamenti climatici e, in minima parte, anche dei movimenti della nave causati dalle onde del mare. Poiché ogni minimo errore rischiava di modificare di molto la posizione calcolata rispetto a quella reale, misurare la longitudine attraverso il tempo implicava migliorare e di molto gli strumenti di misurazione del tempo: gli orologi.

sabato 6 maggio 2017

Le grandi domande della vita: speciale Ridi Topolino

Puntata uscita con un giorno di ritardo: la lettura prima di tutto. E poi dovevo anche smettere di ridere!
Ritorna in edicola la mitica Ridi Topolino, con una raccolta speciale di alcune delle storie inedite uscite sul bimestrale e realizzate da Tito Faraci e Giuseppe Ferrario. Se Panini ci delizierà ancora una volta con questa rivista, solo il tempo ce lo dirà, ma è certo che è stata di ispirazione non solo per la carriera fumettistica di un tale di nome Sio, ma anche questa puntata de Le grandi domande della vita (e forse in qualche angolino del mio cervello anche della rubrica stessa!).
1+1

da Ridi Topolino #3
Come abiamo già visto, ci sono volute 300 e più pagine a Bertrand Russell e Alfred North Whitehead per dimostrare che $1+1=2$. Questo è un esercizio abbastanza complicato quando si vuole scendere nelle profondità del mare matematico, oppure ecessivamente banale quando, alla domanda, si fornisce la risposta, perché $2$ è definito come $1+1$. Una dimostrazione, che forse non avrà la completezza formale di quela di Russell, ma che è anche didatticamente utile, può tranquillamente utilizzare i postulati del matematico italiano Giuseppe Peano(1):
  1. $1$ è un numero appartenente a $N$
  2. Se $x$ è un numero in $N$, allora il suo sucessore $x'$ è in $N$
  3. Non esiste alcun $x$ tale che $x' =1$
  4. Se $x$ non è $1$, allora esiste un $y$ in $N$ tale che $y' = x$
  5. Se $S$ è un sotoinsieme di $N$, $1$ è in $S$, e l’implicazione $X \in S \Rightarrow x' \in S$ è vera, allora $S=N$
Allora si definisce ricorsivamente la somma:
Siano $a$, $b \in N$. Se $b=1$, allora, utilizzando i postulati 1 e 2, $a+b = a'$. Se $b$ è diverso da $1$, alora sia $c' = b$, con $c \in N$ (dal postulato 4), e per definizione $a+b=(a+c)'$.
llora devi definire $2 = 1'$.
Dalla sua definizione e dai postulati 1 e 2, segue che $2 \in N$.
Possiamo allora dimostrare che $1+1=2$:
Prendiamo la definizione della somma e applichiamola al caso in cui $a=b=1$: \[1+1=1'=2\]
Esiste una formulazione differente dei postulati di Peano che sostituisce l'$1$ con lo $0$ nei postulati 1, 3, 4, 5. Questo costringe a modificare la definizione della somma:
Siano $a$, $b \in N$. Se $b=0$, allora per definizione $a+b = a$. Se $b$ è diverso da $0$, allora sia $c' = b$, con $c \in N$, e per definizione $a+b=(a+c)'$.
Quindi si definiscono $1 = 0'$, e $2 = 1'$. La dimostrazione del teorema sulla somma delle due unità diventa leggermente differente:
Utilizzando la seconda parte della definizione della somma si ottiene: \[1+1=(1+0)'\] e utilizzando la prima parte nelle parentesi si ottiene: \[1+1=(1)'=1'=2\]

sabato 29 aprile 2017

La voce del fuoco

Alan Moore ha letteralmente rivoluzionato il mondo del fumetto supereroistico con opere che, però, ne trascendono il genere. In particolare con V for Vendetta, Moore, in questo caso coadiuvato da David Lloyd ai disegni, ha realizzato un fumetto distopico assolutamente plausibile e tremendamente vicino a realizzarsi con alcune evidenti influenze anarco-libertarie. Qualcosa di simile, ma molto più subdolo, venne proposto con Watchmen, disegnato da Dave Gibbons, in cui Moore inserì anche tutta una serie di elementi esteriori che rendono un'opera indubbiamente supereroistica.
Il seguito della sua carriera, segnato dal litigio con la DC Comics, l'editore che segnò buona parte dei suoi lavori mainstream, è una sperimentazione continua le cui punte massime, almeno all'esterno del mondo del fumetto, sono da considerarsi le esibizioni artistico-magiche realizzate a Northampton, città natale di Moore.
Gli elementi essenziali di tali esibizioni, successivamente trasportate in fumetto da Eddie Campbell, che con Moore aveva realizzato From Hell, si basavano sulla storia della città: non solo i contenuti, sia quelli verbali sia quelli musicali e visuali, ma anche il luogo scelto per le esibizioni erano accuratamente scelti in funzione dei nodi storici più importanti del luogo, trasformando tali esibizioni in eventi unici oltre che in esempi perfetti di geomanzia. Un sottoprodotto, non meno importante, è La voce del fuoco, primo romanzo di Moore, pubblicato in Italia dalla BD nel 2006, e ambientato esattamente in quel di Northampton.

venerdì 28 aprile 2017

Le grandi domande della vita: fredde come le montagne

Nonostante la bella stagione si lasci ancora desiderare (almeno qui a Milano), iniziamo a concentrarci sui misteri della termodinamica delle stagioni:
Aria calda, aria fredda
Quando a scuola impariamo che l’aria calda è più leggera e quindi sale, mentre quella fredda scende, questo non sembra stridere con quanto, invece, abbiamo imparato dall’esperienza, ovvero che in montagna fa più fresco. La spiegazione che più spesso ci si da è quella dei venti in alta quota, ma di fatto non può essere considerata completamente sodisfacente. Una possibile risposta al quesito su come mai in montagna fa più fresco che in pianura o al mare può venire dall’equazione dei gas perfetti, nonostante l’aria non possa essere considerato un gas perfetto \[PV = nRT\] L’equazione, determinata da Émile Clapeyron nel 1834 a partire dai lavori di Robert Boyle, Jacques Charles e Amedeo Avogadro, pur risultando meno precisa di quella scoperta da Johannes Diderik van der Waals, è utile per capire qualitativamente l’effetto di abbassamento delle temperature con l’altitudine che sperimentiamo in estate.
Prendiamo un pallone aereostatico riempito di una data quantità di aria riscaldata da un fornelletto a gas. All’aumentare della temperatura, la pressione all’interno del pallone inizia ad aumentare, permettendogli così di alzarsi verso gli strati superiori dell’atmosfera. La pressione agli strati superiori, come ci insegna la legge di Stevino, è però sempre più bassa e così la temperatura esterna. Questa diminuzione di temperatura, a causa dello scambio di calore tra interno ed esterno del pallone, determinerebbe una diminuzione della temperatura e quindi della pressione dell’aria calda, che viene compensata da successive aperture del fornelletto che consentono al pallone di restare in aria.
Prendiamo ora una quantità di aria calda sul livello del mare libera di muoversi e senza alcuna costrizione da parte di palloni aereostatici. Essa si muoverà verso l’alto, strato dopo strato, incontrando aria più fredda e scambiando calore con questi strati, senza però ricevere dall’esterno alcun rifornimento energetico, come invece avviene nel pallone aereostatico. Questo scambio di calore, allora, genera la diminuzione di temperatura dell’aria calda man mano che sale verso la cima della montagna, dovuto essenzialmente agli urti con le molecole più lente di aria fredda. A causa di questi urti, la velocità media dell’aria calda diminuisce e dunque anche la sua temperatura, come evidente giocando un po’ con l’equazione di Boltzmann e la teoria cinetica dei gas: \[T = \frac{m v^2}{3 k}\] dove $m$ è la massa di una molecola d’aria, $v$ la velocità media di ciascuna di esse, $k$ la costante di Boltzmann.