domenica 31 marzo 2019

Topolino #3305: Un numero pieno di stelle

Come già scritto nell'intro alla recensione de Il restyling inventino, Topolino #3305 si rivela un buon numero sia grazie ai redazionali, sia grazie alle storie. Certo, c'è una questione di censura di cui scriverò un paio di righe, ma la qualità della confezione non viene intaccata, anche se tali atteggiamenti risultano piuttosto fastidiosi, sia per i lettori sia per gli autori. Ad ogni modo prima di iniziare ad esaminare un paio di storie di questo numero, mi permetto di segnalarvi l'intervista al direttore di Topolino, Alex Bertani fatta in quel di Cartoomics.
Pesce d'Aprile cosmico
L'esperto sceneggiatore Bruno Sarda mette in campo il trio più noto di cugini, Paperino, Paperoga e Gastone. A differenza di altre sue storiche e più valide storie, come ad esempio Il pendolo di Ekòl, in questo caso i tre cugini diventano antagonisti: Paperino e Paperoga, infatti, decidono di vendicarsi di un pesce d'aprile che Gastone ha combinato contro di loro l'anno prima, e per farlo ideano una strana storia di alieni persi nello spazio. I due cugini, però, tra una risata e l'altra, non riescono effettivamente a controbilanciare la fortuna di Gastone che alla fine porta a una incresciosa situazione per Paperino e Paperoga!
Sarebbe indubbiamente interessante provare a reintrodurre l'idea di giorni particolare in cui la fortuna di Gastone si spegne, ed effettivamente il primo d'Aprile potrebbe essere un ottimo giorno, ma per ora dobbiamo accontentarci di una storia come questa, godibile e divertente e molto ben disegnata da Marco Palazzi, che effettivamente, confrontandola con la precedentemente citata storia de Il pendolo di Ekòl, mostra uno stile influenzato proprio da Franco Valussi, disegnatore di quella mitica parodia.

sabato 30 marzo 2019

Ritratti: Leonard James Rogers


Leonard James Rogers - via commons
Qualunque affermazione straordinaria sui matematici avrebbe una necessità: dover essere dimostrata. Per cui affermare che Leonard James Rogers è stato un potenziale matematico romantico è una di quelle affermazioni straordinarie che necessita di essere dimostrata. E la dimostrazione è semplice: ha rischiato grosso a causa di non si sa bene quali malattie in due occasioni nel corso della sua vita. Per fortuna della matematica si è ripreso entrambe le volte, la prima durante la fanciullezza e la seconda in età adulta(1).
La malattia che lo colpì durante l'infanzia gli impedì, però, di frequentare regolarmente la scuola, così tale J Griffith del Jesus College, noto matematico di Oxford interessato alle funzioni ellittiche, notando le abilità matematiche del giovane figlio di Thorold Rogers, professore di economia politica, decise di istruirlo durante questo primo periodo travagliato dell'infanzia di Leonard.
Rogers, superata la malattia, crebbe uomo dai molteplici interessi, e in ognuno di questi riusciva sempre a distinguersi. Ad esempio coltivando la sua prima passione, la musica, era diventato un musicista dotato e discretamente famoso. Oltre questo era anche linguista, un bravo imitatore, un bravo pattinatore e si dilettava nella progettazione di giardini rocciosi. Il segreto del suo successo era impegnarsi in attività di suo gradimento(1).
Nel campo della matematica e dell'accademia ciò si tradusse in vari traguardi, oltre all'ottenimento dei vari titoli tipici dell'accademia britannica (la scholarship in matematica nel 1879 presso il Balliol College, cui si aggiunsero un secondo classical moderation nel 1882 e il bachelor in musica nel 1884). Tra il 1888 e il 1919, anno in cui si dovette ritirare per un certo periodo a causa di una nuova grave malattia, ricoprì la carica di professore di matematica presso lo Yorkshire College, oggi Università di Leeds(1).

venerdì 29 marzo 2019

Le grandi domande della vita: elettroni, neutroni e litigi di quartiere

Come ormai si stanno stabilizzando i post della rubbrica de Le grandi domande della vita, la prima parte è ampia e dedicata a un argomento che merita un certo approfondimento. Nella sua incarnazione mensile l'argomento principale non è sempre tratto da una domanda su quora, ma non è questo il caso, sebbene in qualche modo possa essere considerato come il passo successivo alle grandi scoperte sperimentali sulle particelle che hanno dato il via alla rivoluzione quantistica nei primi due decenni del XX secolo.
La caduta a spirale dell'elettrone
Uno dei motivi per cui si può tranquillamente affermare che la meccanica quantistica non è semplice da comprendere è che torna più o meno sempre una domanda tipo: come mai l'elettrone non cade dentro il nucleo?
La storia inizia con Ernest Rutherford. Se ricordate nella serie delle scoperte, avevamo visto come il fisico neozelandese aveva giocato un ruolo fondamentale nella scoperta del protone.
Rutherford, all'inizio del XX secolo, si trovava a Cambridge presso il prestigioso Cavendish Laboratory diretto da Joseph John Thomson che, dopo aver scoperto l'elettrone nel 1897, aveva proposto il famoso modello a panettone per l'atomo, ovvero una distribuzione di carica positiva con all'interno le cariche negative sparse qua e la come l'uvetta in un panettone. Rutherford, però, nel 1909 conducendo una serie di esperimenti con delle lamine d'oro scoprì che all'incirca una particella alfa su ottomila veniva respinta indietro. Dopo aver ripetuto l'esperimento varie volte, il fisico neozelandese concluse che l'unica spiegazione plausibile per tale comportamento era che all'interno dell'atomo doveva esistere un centro di carica positiva, mentre l'elettrone, la carica negativa, ruotava intorno a tale nucleo. Successivi esperimenti scoprirono che il nucleo occupava un millesimo di miliardesimo del volume dell'atomo con una massa del 99.98%: l'atomo era dunque una immensa distesa di vuoto, proprio come il Sistema Solare.
A causa dell'incredibile fiducia che i fisici riponevano nella meccanica dell'epoca, ovvero nelle leggi che oggi identifichiamo come "fisica classica" sviluppate da Galileo Galilei, Isaac Newton e raffinate da James CLerck Maxwell, nessuno all'epoca si era chiesto come mai l'elettrone non cadesse all'interno del nucleo. In realtà il modello di Rutherford destò l'interesse di Niels Bohr che, nel 1912, si ritrovò a lavorare proprio con Rutherford. La possibilità di accedere ai dati sperimentali del grande fisico, permise al teorico danese di constatare una certa incompatibilità tra il modello di Rutherford e le equazioni di Maxwell: secondo queste ultime l'elettrone avrebbe dovuto perdere energia a ogni giro, ridurre il raggio della sua orbita e finire inevitabilmente all'interno del nucleo in quella che può essere vista come una vera e propria caduta a spirale.
Quindi la conclusione doveva essere una di queste due: o gli esperimenti di Rutherford erano sbagliati o le equazioni di Maxwell non erano lo strumento matematico corretto per descrivere il comportamento di un elettrone all'interno dell'atomo.
Bohr optò per la seconda ipotesi, confortato dai risultati teorici ottenuti da Max Planck e Albert Einstein nel decennio precedente: Niels, infatti, avanzò l'ipotesi che l'elettrone nel nucleo può muoversi solo a determinate orbite. Ciascuna di queste orbite è associata a una diversa energia e l'elettrone può salire a un'orbita superiore solo se acquista un'energia pari alla differenza tra le due orbite, oppure se l'elettrone è su un'orbita superiore, può scendere a quella inferiore rilasciando sotto forma di fotone una quantità di energia pari alla differenza tra i due livelli: nasceva il modello dell'atomo di idrogeno di Bohr.
L'eleganza dell'idea venne accompagnata dalla correttezza dei risultati: il modello di Bohr era in grado di prevedere correttamente tutti i livelli dello spettro dell'idrogeno, ma già quando si provava ad applicare il modello all'elio, modello ed esperimenti non erano più in accordo. Era necessario introdurre qualche nuovo elemento nella faccenda. Il primo nuovo elemento lo introduce Louis de Broglie suggerendo che, così come la luce intesa come onda mostra comportamenti particellari, allora anche le particelle come gli elettroni possono mostrare comportamenti ondulatori. A partire da questo punto, Werner Heisenberg, ritiratosi sull'isola di Helgoland nel Mare del Nord per pensare meglio, elaborò la rappresentazione matriciale della meccanica quantistica che aveva come conseguenza il suo famoso principio di indeterminazione

giovedì 28 marzo 2019

L'unicità della realtà

Indeciso fino all'ultimo su cosa scrivere, alla fine mi viene in mente che posso pescare dal solito pozzo delle bozze sparse qua e là per una rapida segnalazione di un papero pubblicato su arXiv nel 2013, A quantum approach to the uniqueness of Reality:
A brief review is given of the present state of an approach to consistency between basic quantum mechanics and a unique macroscopic reality, with no assumption of branching in the state of the universe. The main new idea consists in the recognition of local properties in the growth and transport of entanglement between a macroscopic measuring quantum system and a microscopic measured one. Moving waves of entanglement from the environment arise then and carry external phases, affecting significantly the state of the measuring device. These "predecoherence" waves perturb randomly the growth of other waves, which carry entanglement with the measured system. The outcome of these wave interactions could generate random fluctuations in the quantum probabilities of different measurement channels, which could lead in turn to a collapse mechanism satisfying Born's probability rule, according to earlier works by Nelson and Pearle. A necessary randomness in the environment remains however unexplained and some suggestions regarding algorithmic complexity of the wave functions in a large quantum system e are made along that direction.
Ovviamente non sto a tediarvi oltre, avendo in qualche modo sviscerato l'argomento in almeno un paio di articoli, che quindi colgo l'occasione di segnalarvi qui sotto:

mercoledì 27 marzo 2019

La ballata di Circe

"Questa verdura è stata raccolta dalle stesse persone che me l'hanno venduta. L'ho acquistata al mercato della terra. Questa verdura è stata raccolta da chissà chi. L'ho acquistata al supermercato.
Sono ugualmente made in Italy, ma spesso il made in Italy, nel mondo dell'ortofrutta, è costruito sul sudore degli immigrati clandestini piegati sui campi a raccogliere frutta e verdura.
E sono clandestini perché c'è qualcuno che ha deciso che fuggire da una guerra, per esempio, è illegale. E se ogni tanto si tiene un barcone fuori dal porto, magari carico di donne e bambini che non possono andare a lavorare nei campi, è solo per far finta che si sta facendo qualcosa per tenere i clandestini lontano dai patri confini, mettendo sotto il tappeto quelli che invece servono a raccogliere frutta e verdura.
E a poco serve chiedere il boicottaggio del made in Italy, tanto il resto del mondo ce lo compra, e comunque anche nel resto del mondo le cose non vanno poi così meglio."
Più o meno così avevo immaginato di raccontare La ballata di Circe, primo romanzo di Daniele De Michele meglio noto come Don Pasta, cuoco itinerante che tra una esibizione di cucina e musica e reportage giornalistici cerca di recuperare la cucina semplice e diretta di un tempo. Allo stesso modo è anche questo breve romanzo, che racconta di un'odissea moderna di un immigrato qualunque, con un sogno tutto suo, in fuga dal suo paese, la Turchia, a causa di una donna e che per una donna, in Italia, nel salento, avrà ancora dei problemi.
Scritto con stile leggero, quasi favolistico, scorre veloce nella lettura non solo per la sua brevità, ma anche per la capacità affabulatoria di De Michele, che ho spesso avuto modo di apprezzare durante le performace cui ho avuto la fortuna di assistere.

martedì 26 marzo 2019

Il custode di un mondo

Attirato prima dai disegni in copertina, tratti da Lectures on astronomical theories di John Harris del 1876, e poi dalla trama nel risvolto della copertina che stuzzica il lettore suggerendo per La custodia dei cieli profondi il genere fantascientifico, acquisto quasi senza pensarci su due volte il romanzo di Raffaele Riba, restando alla fine della lettura al tempo stesso deluso e soddisfatto.
La delusione nasce dal fatto che, in realtà, non è un romanzo di fantascienza; la soddisfazione dal fatto che l'astronomia ha comunque un ruolo non indifferente all'interno della narrazione. A voler essere pignoli, un elemento fantascientifico è presente: l'esplosione di una supernova ha illuminato i cieli notturni sopra l'Italia, in particolare dalle parti di Cascina Odessa, sconvolgendo il ciclo vitale di esseri umani e animali. Così il protagonista, forse proprio a causa di quest'ultimo evento che, come molti nella sua vita, hanno sconvolto il suo fragile equilibrio, ricostruisce la sua storia per spiegare più che giustificare le scelte che ha compiuto non solo nel corso della sua vita, ma soprattutto nel finale del libro. In qualche modo Gabriele, protagonista e narratore, si erge a custode dei valori che lo hanno cresciuto, caricandosi anche di responsabilità non sue.
In tutto questo l'astronomia gioca un ruolo importante, perché il padre di Gabriele, un insegnante di matematica, non ha mai fatto mancare ai suoi due figli spunti e stimoli legati alla fascinazione dell'universo. Gabriele e il fratello Emanuele hanno spesso litigato per chi doveva sfogliare il libro con le illustrazioni astronomiche, che alla fine hanno portato quest'ultimo a intraprendere la carriera di astronomo. La differenza con cui i due interpretano la fascinazione astronomica insieme con le scelte differenti che i due compiono è utile per distinguere i due personaggi uno dall'altro, mentre intorno i loro genitori sembrano iniziare a cedere le armi un po' alla volta al mondo e a se stessi.
Così Gabriele diventa in un certo senso custode di un mondo che sta scomparendo, che solo incidentalmente potrebbe coincidere con uno stile di vita campagnolo, per così dire, ma che è molto più di questo visto che in qualche modo Gabriele non lo rappresenta nemmeno così bene.

domenica 24 marzo 2019

Topolino #3304: I misteri della domotica

Sebbene abbia elogiato la storia d'apertura di Topolino #3304 come l'unica in grado di sollevare la qualità di Topolino #3304, anche la storia seguente presenta alcuni elementi interessanti, che pur se non la pongono come la migliore del numero, la mettono comunque a un livello decisamente superiore rispetto alle brevi, inclusa quella di Enrico Faccini e a quella di chiusura dedicata a Paperinik.
Andiamo, però, con ordine e cerchiamo di capire cosa fanno Topolino e Orazio insieme.
Apprendisti a vicenda
Topolino ha dei problemi con la casa domotica che gli ha sistemato Orazio, così il più famoso riparatutto di Topolinia deve intervenire in casa dell'amico. Alla fine delle operazioni Orazio propone a Topolino di diventare suo assistente e quest'ultimo accetta.
Le premesse della storia di Giuseppe Zironi, come evidenziato anche dal titolo, sembrano quelle delle tipiche avventure degli anni Settanta del XX secolo scritte dai fratelli Abramo e Giampaolo Barosso di stampo urbano e ricche di gag. E in effetti la prima parte della storia si svolge sostanzialmente su quell'impianto narrativo: Zironi, infatti, gioca con l'incapacità di Topolino con le tecnologie domotiche e con la sua deformazione professionale da detective. Le cose cambiano nella seconda parte, quando effettivamente Orazio e Topolino si trovano ad affrontare un terzetto di criminali.
La combinazione di tutti questi elementi risulta ben equilibrata, mentre la sceneggiatura è sviluppata per rendere Orazio e non Topolino il vero protagonista della storia. E questo permette anche di far emergere l'altro elemento portante della trama di Zironi: la domotica stessa.

sabato 23 marzo 2019

Battute memorabili: al telequiz


da Zio Paperone e la febbre del telequiz di Rudy Salvagnini e Francesc Bargadà Studio da Paperino Mese #87, settembre 1987

venerdì 22 marzo 2019

Il fiume del tempo

cc @stefacrono @astrilari @cosmobrainonair @Pillsofscience @real_fabristol @Scientificast @mediainaf
Non avevo molta voglia di scrivere nulla di troppo lungo, ma mi sono accorto che la serie di articoli su 01011001 degli Ayreon di Arjen Anthony Lucassen era ferma da un mese, sempre rinviata per vari motivi, così eccomi qui, pur nell'ora tarda, a concludere questa prima trilogia dedicata agli Ayreon.
Dopo The Fifth extinction, dedicata all'estinzione dei dinosauri, il sommario del secondo cd di 01011001 prosegue con alcuni spunti interessanti sull'evoluzione nella quarta traccia, Unnatural selection, per poi proseguire con due canzoni dal contenuto relativistico, The river of time e $E=mc^2$, che accorpo insieme per ovvi motivi.
Estratti dal testo
The mystery solved, the answer to life
The final solution, a chance to survive
Vi ricordo che i Forever, protagonisti del concept album degli Ayreon, hanno cercato una casa per il loro patrimonio genetico. Una volta mandato sulla Terra, genera gli esseri umani, che però sembrano indirizzati verso lo stesso destino da cui hanno cercato di sottrarsi i Forever, che quindi discutono di una soluzione finale, un'occasione per sopravvivere.
We can save this ill-fated race
Who are lost in the ocean of space
Show them the way to reverse their decline
Guide them back on the river of time
Follow the wave, speed up the flight
Slow down time, faster than light
In qualche modo la soluzione propone un vagheggiato viaggio nel tempo, possibile solo andando più veloci della luce. E più o meno è anche quello che pensano i due scienziati del XXI secolo protagonisti della successiva $E=mc^2$:
It all came to me in the wake of a dream
Bending space, reversing the stream
The knowledge is mine to influence time
And avert our decline (we'll avert our decline)
Per ottenere lo scopo, però, bisogna
Let's break the equation... $E=mc^2$
Le due canzoni, poi, oltre ad avere una continuità tematica molto stretta, sono anche musicalmente la seconda continuazione della prima in un vero percorso narrativo continuativo senza interruzione se non per i protagonisti, interpretati da Hansi Kürsch dei Blind Guardian e Bob Catley dei Magnum per The river of time e dall'olandese Wudstik e da Marjan Welman per $E=mc^2$.

giovedì 21 marzo 2019

Notte supermassiccia

Un quasar è un così detto nucleo galattico attivo (AGN, active galactic nucleus) particolarmente luminoso rispetto alla media degli AGN. E' una sorgente di radiosegnali e si ritiene che al suo interno sia presente un buco nero. Nel 2015 un gruppo di ricercatori, soprattutto cinesi e statunitensi, ha scoperto un quasar particolarmente luminoso a una distanza di 12 miliardi di anni luce dalla Terra e con un probabile buco nero di massa di diversi miliardi di masse solari. Un buco nero così massivo risulta alla fine una sfida particolarmente interessante, visto che la sua origine sarebbe in un momento prossimo all'espansione iniziale dello spaziotempo (il momento del Big Bang, per usare una terminologia più sintetica e colorita!): una distanza di 12 miliardi o poco più dalla Terra vuol dire un tempo tra uno e due miliardi dopo il Big Bang!
A sintetizzare la situazione ci pensa ottimamente Xiaohui Fan in un commento pubblicato su NPR:
How can a quasar so luminous, and a black hole so massive, form so early in the history of the universe, at an era soon after the earliest stars and galaxies have just emerged? And what is the relationship between this monster black hole and its surrounding environment, including its host galaxy?
This ultraluminous quasar with its supermassive black hole provides a unique laboratory to the study of the mass assembly and galaxy formation around the most massive black holes in the early universe.
La scienza è, dunque, un'avventura emozionante ricca di domande che spuntano spesso quando meno te lo aspetti.
Wu, X. B., Wang, F., Fan, X., Yi, W., Zuo, W., Bian, F., ... & Yang, Q. (2015). An ultraluminous quasar with a twelve-billion-solar-mass black hole at redshift 6.30. Nature, 518(7540), 512. doi:10.1038/nature14241 (arXiv)

mercoledì 20 marzo 2019

[812] - Primavera

Una Luce esiste in Primavera
Non presente nell'Anno
In nessun altro periodo -
Quando Marzo è a mala pena qui.

martedì 19 marzo 2019

Le ultime pagine

Il 24 maggio 1543 le ultime pagine del suo libro arrivarono da Norimberga. Donner le portò al letto del malato, e l'istante successivo vide la vita abbandonare il suo corpo, come se Copernico avesse resistito tutti quei mesi solo per vedere il libro terminato.
- da Il segreto di Copernico di Dava Sobel
I tempi, nella memoria, si confondono, mentre gli eventi sembrano susseguirsi a scatti, come scene di un film. Così potrei dire di avere un'idea abbastanza precisa di ciò che dovrebbe aver provato Jerzy Donner in quel momento: entrare nella sala rianimazione un'ultima volta e poi, alcune ore dopo, ricevere l'annuncio della fine delle sue sofferenze, come se avesse atteso che fossimo di nuovo tutti insieme.
Quasi un anno e mezzo fa.
Non me la sento di scrivere di più su mio padre e su come ha lottato letteralmente fino all'ultimo respiro, ma in qualche modo oggi sentivo la necessità di doverlo ricordare.

lunedì 18 marzo 2019

Il mondo povero di Yona Friedman

Yona Friedman non è un anarchico, anche se ha avuto molte influenze libertarie. Queste, in particolare, si notano in un testo di rapida lettura ma di grande chiarezza, Come vivere con gli altri senza essere né servi né padroni, riportato in Italia grazie ad elèuthera, meritoria piccola casa editrice di testi anarchici i cui libri solitamente mi procuro presso Il libraccio o presso quell'altra meritoria istituzione che si chiama Book Pride.
Ciò che colpisce di più del saggio di Friedman è l'agile commistione tra disegni e testo. I disegni, che in pratica sono schematici, molto simili alle pitture rupestri realizzate dai nostri antenati primitivi prima dell'invenzione della scrittura, rendono più semplice la comprensione delle idee di Friedman sull'esistenza di due generi di gruppi distinti, quelli paritari e quelli gerarchici. E' evidente che Friedman non si schiera a favore di uno o dell'altro, ma semplicemente cerca di descriverli nel modo più oggettivo possibile in un certo senso per permettere al lettore di poter scegliere quale sia la sua condizione preferita. Il motivo di questa scelta è evidente, ed è ben raccontato nella parte centrale del libro, 24 pagine di un testo lucido e incentrato sul mondo povero, dove l'architetto anticipa i movimenti sulla decrescita suggerendo che, in vista del possibile crollo dell'attuale modello gerarchico cresciuto ben oltre le proprie capacità, le istituzioni dovrebbero iniziare a realizzare strutture locali autonome in grado di distribuire le risorse primarie senza la necessità di attendere rifornimenti o ordini dal centro. Inoltre Friedman non solo ritiene che tale modello sia più efficace, ma permetterebbe anche una riduzione dei commerci, oltre che una diminuzione della specializzazione, rispondendo anche a una delle obiezioni più classiche, quella sul progresso tecnologico: il suo esempio più lampante sono proprio i gruppi di ricerca, che in tutto il mondo riescono, senza eccessive specializzazioni al loro interno, a costruire tecnologie e conoscenze che prima non c'erano. In questo senso la sempre maggiore specializzazione degli scienziati sembrerebbe un ostacolo, che in qualche modo viene controbilanciato dalla maggiore multidisciplinarietà di molte linee di ricerca considerate di frontiera, come ad esempio quelle astrobiologiche.
In qualche modo il modello della ricerca scientifica potrebbe essere proprio la strada da seguire per la costruzione di una società un po' più vicina a quella libertaria, ma questa è solo una delle conclusioni di chi scrive alla chiusura di un testo diretto non solo grazie alla prosa chiara di Friedman, ma anche grazie all'uso di disegni schematici e di facile comprensione.

domenica 17 marzo 2019

Topolino #3303: Un piccolo destino

Tolta la storia d'apertura, L'enigmatica stoffa inconsumabile, il resto del numero del Topolino in edicola questa settimana vivacchia tenendosi intorno a un livello medio basso, iniziando dalla seconda e ultima parte della nuova storia dei Wizards of Mickey.
Plasmare un nuovo destino
L'idea di fondo della storia, rivelata nel finale ma abbastanza evidente sin dal titolo della saga, Destino, è più che lodevole. Il modo di sviluppare il compito risulta, invece, un po' confusionario, come se in fase di stesura della sceneggiatura Matteo Venerus abbia ritenuto opportuno tagliare elementi e situazioni che avrebbero reso più scorrevole la storia. In effetti sembra essere di fronte a una narrazione che procede a scatti, con scene e vignette che non sono ben collegate una all'altra, il che è un peccato sostanzialmente per due motivi: il soggetto, per quanto classico nel genere fantasy, risulta comunque interessante anche per il modo in cui Venerus sembrava volerlo sviluppare; inoltre i disegni di Roberto Marini sono come al solito belli da vedere e in alcune vignette spettacolari, anche grazie alla capacità dell'esperto disegnatore disneyano di passare da una costruzione classica della pagina a una più dinamica e supereroistica (giusto per dare un termine di paragone).

sabato 16 marzo 2019

Madre Terra

Il mito della Grande Madre, anche intesa come Madre Natura o come Madre Terra, è comune a molte culture primitive ma non solo. In pratica la Grande Madre è una divinità, o entità femminile che incarna il ciclo di nascita-sviluppo-maturità-declino-morte-rigenerazione tipico non solo degli esseri umani, ma anche del ciclo cosmico. Non a caso Children of the Sea, manga in cinque tankobon di Daisuke Igarashi uscito nel 2014 in Italia per Panini Comics, è ricco di miti sulla creazione del mondo, dove le entità femminili hanno un ruolo fondamentale, e sui loro legami con le stelle lontane. Ovviamente è un legame mitico, mistico e interiore che i protagonisti di Children of the Sea sperimentano nel corso della loro ricerca, in qualche modo non molto diversa dalla ricerca di Ronnie James Dio nella sua prima canzone per i Black Sabbath:
In the misty morning, on the edge of time
We've lost the rising sun, a final sign
As the misty morning rolls away to die
Reaching for the stars, we blind the sky

venerdì 15 marzo 2019

Breve storia del pi greco / parte 6

E siamo giunti alla sesta puntata della "breve storia del pi greco" che sto componendo con certosina pazienza all'interno dei Carnevali della Matematica in edizione "pi day". E anche se l'edizione #127 è ancora abbastanza fresca, eccovi subito la puntata 2019 della storia del numero che ha fatto la matematica!


Dilbert di Scott Adams

Nel 1910 il più noto matematico indiano, Srinivasa Ramanujan, trovò una serie di formule rapidamente convergenti per il calcolo delle cifre decimali del $\pi$. Una di queste è già comparsa in una delle precedenti puntate della breve storia. La ripropongo anche qui per rinfrescare la memoria: \[\frac{1}{\pi} = \frac{2 \sqrt{2}}{9801} \sum_{k=0}^{\infty} \frac{(4k!) (1103 + 26390k)}{(k!)^4 396^{4k}}\] Un'ampia collezione di formule e metodi per determinare le cifre decimali del $\pi$ dovute a Ramanujan sono presenti in un suo articolo del 1914, Modular equations and approximations to $\pi$, che sono anche la base di partenza per le così dette formule di Ramanujan-Sato, sviluppate a partire dal lavoro del 2002 di Takeshi Sato proprio sull'articolo di Ramanujan. Di questo genere di formule ne esistono 11 tipi o livelli, ma tutte sono riducibili alla seguente struttura: \[\frac{1}{\pi} = \sum_{k=0}^\infty s(k) \frac{Ak+B}{C^k}\] dove $s(k)$ è una sequenza di interi che può essere espressa usando i coefficienti binomiali (che per semplificare possiamo dire sono i numeri di cui è fatto il triangolo di Tartaglia, o di Pascal, dipende se siete italiani o francesi!), mentre $A$, $B$, $C$ sono forme modulari, ovvero funzioni analitiche a più dimensioni generalmente a valori complessi... e più semplice di così non riesco a spiegarle. O forse potrei proporre come esempio di forma modulare la serie di Eisenstein (che peraltro è stata oggetto di studio proprio di Ramanujan): \[E_k(\Lambda) = \sum_{0 \neq\lambda\in\Lambda}\lambda^{-k}\] dove $k$ è un intero maggiore di $2$, condizione necessaria per la convergenza della serie, mentre $\lambda$ è un vettore dello spazio $\Lambda$.
L'aspetto interessante del coinvolgimento delle forme modulari è che le serie di Ramanujan-Sato note fino al 2012 coinvolgevano numeri reali, ma la prima con numeri complessi venne scoperta proprio quell'anno dal trio Heng Huat Chan, James Wan, Wadim Zudilin, che hanno contribuito abbondantemente allo sviluppo di questa particolare tipologia di successioni, che peraltro sono alla base degli algoritmi utilizzati oggi per determinare sempre più cifre del $\pi$.

giovedì 14 marzo 2019

Carnevale della Matematica #127

E' passato un anno, ma appena dieci edizioni, dall'ultimo pi day festeggiato insieme e anche per questo 2019 l'edizione di marzo del Carnevale della Matematica viene ospitata, per l'ottavo anno di fila, qui su DropSea. Il Carnevale, nel frattempo, è giunto alla ragguardevole cifra di 127 edizioni, per cui prima di addentrarci tra i contributi di questo mese e le ormai consuete notizie pi greche permettetemi di introdurvi alle curiosità legate al numero principe dell'edizione.
31.mo numero primo dopo il 113 e prima del 131, il 127 è un numero primo di Mersenne, come il 107, un numero primo isolato, poiché né 125 = 127 - 2 né 129 = 127 + 2 sono numeri primi, e un numero primo cubano. No, questo genere di numeri non è stato scoperto né da un matematico cubano, né è stato visto scorrazzare sulle spiaggie di Cuba, ma nella sua espressione gioca un ruolo fondamentale il cubo.
In effetti si distinguono due tipi differenti di primi cubani, quelli della prima forma, ricavabili dalla seguente espressione: \[p = \frac{x^3-y^3}{x-y} \text{ con } x = y+1\] ovvero della forma \[3y^2+3y+1\] e quelli della seconda forma \[p = \frac{x^3-y^3}{x-y} \text{ con } x = y+2\] ovvero della forma \[3y^2+6y+4\] con $y$ numero intero positivo. In particolare il 127 è un primo cubano della prima forma: per generarlo basta mettere 6 al posto di $y$. In realtà non tutti i numeri di questa forma sono anche primi. Ad esempio per $y$ pari a 5 si ottiene 91, che è solo dispari, e per $y$ pari a 7 ecco 169 come risultato, neanch'esso primo. Sempre restando nel "dominio" dei numeri primi, il 127 è anche la somma dei primi 9 numeri primi dispari.
Il 127 è anche un numero esagonale centrato, ovvero uno di quei numeri che può essere rappresentato con la forma di un esagono e assume l'espressione matematica \[1 + 3n (n-1)\] che sviluppandola diventa \[3n^2 -3n +1\] che non è molto differente dalla prima forma dei numeri cubani. E infatti i numeri esagonali che si ottengono con $n$ intero positivo sono gli stessi numeri cubani della prima forma, numero 1 a parte che è "solo" esagonale (è cubano, ma non primo cubano, per $y = 0$).
Tornando un attimo ai numeri primi di Mersenne, ovvero numeri della forma $2^n-1$, si scopre agilmente che 127 è il più piccolo primo di Mersenne triplo. Il motivo è che $127 = 2^7-1$ e $7=2^3-1$, con $3=2^2-1$ il più piccolo numero di Mersenne e $7$ il più piccolo numero di mersenne doppio.
Il 127 è anche un numero di Motzkin, il settimo per la precisione. Questi numeri curiosi vennero scoperti da Theodore Motzkin in ambito geometrico.
Li spiego con un esempio: supponiamo di mettere su una circonferenza 4 punti. A questo punto ci possiamo chiedere in quanti modi possiamo collegare i punti con delle corde che non si intersecano. La risposta è 9, che è anche il quinto numero di Motzkin. Ovviamente ogni numero di questo genere risponde proprio alla domana su quanti modi esistono per collegare $n$ punti su una circonferenza con corde non intersecantesi.
E' anche un numero di Friedman in ben due basi differenti. In base 10: \[120 = -1+2^7\] e in base 2: \[1111111 = (1 + 1)^{111} - 1 \cdot 1\] dove ovviamente 1111111 è la rappresentazione binaria di 127.
Come il 117 è un numero congruente e nontotiente e come il 37 è anche fortunato. Inoltre fa parte della terna pitagorica (127, 8064, 8065).
Altra proprietà curiosa è quella di essere il numero dispari più piccolo che non può essere scritto nella forma $p + 2^n$, con $p$ numero primo ed $n$ intero.
Fuori dall'ambito matematico il 127 è associato a due oggetti celesti, la cometa 127P/Holt-Olmstead e l'asteroide 127 Johanna.
Come di consueto i pezzi di storia del pi greco sono inseriti tra un contributo e l'altro come notizie pi greche, per cui iniziamo subito con i contributi dei carnevalisti per l'edizione 2019 del pi day!

martedì 12 marzo 2019

I Rompicapi di Alice: Tutta questione di memoria


Carl Gauss
La leggenda più nota per raccontare il precoce talento di Carl Friedrich Gauss è la classica storia in cui il piccolo riuscì a sommare i primi 100 numeri naturali, compito lasciato alla classe di cui era studente per tenere buoni i bambini durante un'improvvisa assenza della maestra. Eppure la storia che racconta Martin Gardner sul numero di aprile del 1965 di Scientific American è ancora più sconvolgente: il buon Gauss era figlio di un muratore e mentre il padre stava sistemando il libro delle paghe dei suoi lavoratori, il giovane Carl gli disse che i conti erano sbagliati. A questo punto, anche solo per dimostrare che il figlio si sbagliava, Gauss senior ricontrollò i calcoli scoprendo che, al contrario, il piccolo Carl aveva affermato il giusto: aveva solo 3 anni e nessuno gli aveva ancora insegnato nulla sulla matematica!
Nella storia della matematica, Gauss è uno dei pochi principi di questa disciplina ad avere avuto non solo una grande creatività, ma anche una velocità di calcolo inavvicinabile, sorretta evidentemente da una forte memoria. Queste ultime caratteristiche non sono spesso abbinate con la prima, la creatività, e anzi in alcuni casi ne sono di impedimento, ma Gauss non è l'unico esempio di grandi scienziati che sono stati in grado di abbinare queste tre capacità in una sola mente.
Altro esempio a noi più recente è quello di John von Neumann. Pioniere nell'ideazione e progettazione dei moderni computer, era anche molto abile nel calcolo a mente. Si narra infatti che, quando era a Los Alamos, era tenuto da conto come uno degli esperti del calcolo insieme con Enrico Fermi e Richard Feynman: in particolare, mentre l'italiano prendeva il regolo calcolatore e Feynman la calcolatrice, von Neumann utilizzava solo il calcolo mentale. E ovviamente non aveva alcun timore di sbagliare, più o meno come tutti i... "calcolatori".
A riprova, però, della difficoltà di mettere insieme velocità di calcolo, memoria e creatività c'è, però, il confronto tra von Neumann e altri campioni del calcolo a mente, che fanno letteralmente scomparire le abilità degli scienziati qui citati o di altri come Leonhard Euler o John Wallis, anch'essi abili a calcolare senza l'ausilio di carta e penna.

domenica 10 marzo 2019

Topolino #3302: E venne il giorno

E venne il giorno in cui un numero di Topolino viene letteralmente salvato dalla storia d'apertura, dedicata ai sessant'anni di Atomino Bip Bip. E visto che di quella storia ho già scritto, non mi resta che "parlare" del resto del sommario.
Maghi vagabondi
Dopo una serie di saghe interessanti, Destino, la nuova avventura dei Wizards of Mickey firmata da Matteo Venerus, segna un deciso passo indietro, non tanto nel soggetto quanto nel suo sviluppo. L'idea di fondo non sembra nemmeno male: una serie di incubi tormentato i Wizards of Mickey, che così decidono di chiarire cosa c'è dietro questa inquietudine. Lo svolgimento della storia, però, è piuttosto rapido, tanto da dare la sensazione di essere composta da porzioni slegate una dall'altra, mentre molte battute sembrato letteralmente calate dall'alto senza alcuna giustificazione, semplicemente fuori contesto.
I difetti della storia vengono enfatizzati e non limitati dall'ottima prova di Roberto Marini ai disegni: la collaborazione con Venerus su WoM ha permesso al bravo disegnatore di sperimentare come capita a pochi altri con la griglia e la composizione delle vignette. Conseguenza di ciò è stata l'esplosione di un tratto in grado di risultare efficace sia nella gestione delle espressioni e delle movenze dei personaggi, sia nelle scene più spettacolari.
Vedremo come proseguirà Destino, ma visto questo esordio la sensazione è quella di essere di fronte a una delle saghe più brutte di WoM in assoluto.

sabato 9 marzo 2019

Dal rock al digitale: l'Osservatorio Astronomico di Brera sempre al top!

Sta arrivando un ricco panorama di proposte interessanti per gli appassionati di astronomia da parte dell'Osservatorio Astronomico di Brera che inizia sin dal primo giorno della prossima settimana:
Lunedì 11 marzo, ore 21:00, per il ciclo Pop Science, presso il Planetario "Ulrico Hoepli" di Milano, in collaborazione con L'Officina del Planetario, Ilaria Arosio dell'Istituto Nazionale di Astrofisica - Osservatorio Astronomico di Brera, presenta la conferenza/spettacolo Tutte le stelle del rock. Cinquanta anni di astronomia attraverso una rivoluzione musicale:
8 giugno 2010. In un'afosa serata milanese trentacinque mila persone accalcate, urlano all'unisono le parole "supermassive black hole". Non sono astrofisici, non sono scienziati; è il pubblico presente allo stadio "G. Meazza di San Siro per il concerto dei Muse, rock band inglese, in occasione dell'uscita dell'album "Black Hole and revelation". Cantano e rimandano a un concetto squisitamente scientifico e specialistico. Einstein l'avrebbe mai immaginato? I Muse non sono i soli: dai Pink Floyd ai Genesis, passando per i Queen, Pearl Jam, David Bowie, Police e arrivando a Bruce Springsteen, Radiohead e Coldplay da 60 anni il rock'n'roll attinge alla scienza e all'astronomia giocando con concetti, formalismi, suoni e parole. La scienza ogni giorno ci restituisce immagini, idee e sensazioni che entrano nel bagaglio culturale collettivo; tutti le vivono, molti le colgono e qualcuno le restituisce... a tempo di rock!

venerdì 8 marzo 2019

La musica del pi greco

Con un po' di ritardo, per prepararci tutti quanti all'avvento del pi day (mancano poco meno di 6 giorni), eccovi un bel video sulla sonificazione delle cifre decimali del $\pi$. E non è per nulla una brutta sonificazione: ascoltare per credere:

Un grazie a Laura Paganini di Cosmo Brain per avermi segnalato il video, e visto che ci sono vi inizio ad anticipare che la prossima puntata di questa piccola trasmissione web-radiofonica sarà dedicata proprio al $\pi$. E indovinate chi sarà ospite?

giovedì 7 marzo 2019

Alita, l'angelo della battaglia cinematografica

Alita è stato il primo manga che ho letto, e direi che non potevo iniziare con un'opera migliore il mio rapporto con il fumetto giapponese. Era il 1997 e avevo acquistato l'edizione della Panini(1): era da tempo che desideravo accostarmi a questo genere di fumetto, che peraltro presentava anche una implicita difficoltà nel senso di lettura. Se da un lato mi risultò abbastanza veloce e naturale adattarmi (e devo dire che all'inizio mi era difficile tornare al senso di lettura occidentale, cosa che oggi è di molto ridotta se non quasi scomparsa), dall'altro venni letteralmente colpito dalla storia postapocalittica e fortemente cyberpunk e dalla struttura narrativa: Yukito Kishiro, infatti, inseriva spesso degli inserti di spiegazioni tecniche delle armi e delle armature che rendevano in qualche modo ancora più "immersiva" la lettura dei vari episodi. Inoltre i personaggi tormentati, la ricerca di Alita della sua umanità, i disegni dettagliati senza alcuna vera cartoonizzazione delle figure (a parte gli ovvi stilemi del genere manga) mi colpirono positivamente, rendendo di fatto Alita una pietra di paragone con qualunque altro manga che mi capitò poi di scegliere.

mercoledì 6 marzo 2019

Dimostrazioni senza parole: la formula di Strassnitzky

\[\frac{\pi}{4} = \arctan \frac{1}{2} + \arctan \frac{1}{5} + \arctan{1}{8}\] Leopold Karl Schulz von Strassnitzky, matematico austriaco, nel 1884 fornì questa formula, una variazione su quella di John Machin, al collega tedesco Zacharias Dahse che quello stesso anno riuscì così a calcolare 200 cifre decimali, tutte corrette, per $\pi$.
L'immagine è realizzata con LaTeX e il pacchetto tickz: il codice sorgente su github
Nelsen, R. B. (2013). Proof without words: The formulas of Hutton and Strassnitzky. Mathematics Magazine, 86(5), 350-350. doi:10.4169/math.mag.86.5.350 (jstor)

lunedì 4 marzo 2019

[930] - Circonferenza

I poeti accendono non le lampade
ma se stessi - spengono
gli stoppini che essi stiolano
se la luce vitale
è loro propria come fanno i Soli -
Ogni era è come una lente
che dissemina la propria
circonferenza -
Avevo già pubblicato la traduzione di questa poesia di Emily Dickinson su "Il giorno della poesia matematica", ma per questa riproposizione solitaria ho rivisto leggermente quella mia traduzione, che ora spero sia più aderente al senso che la grande poetessa voleva dare ai suoi versi.

domenica 3 marzo 2019

Topolino #3301: Alla ricerca di un titolo che non ho

Un numeto tutto sommato non male che si chiude con una rara ristampa, quella di Bianco papero, storia d'esordio del Papersera, che serve per lanciare l'albo con le ristampe delle avventure della serie. Ovviamente concluderò questa recensione proprio con Bianco papero, ma aprirei senza indugi con l'ultimo episodio de Il conte di Anatrham.
Raccoglier barbabietole in Gran Bretagna
L'ottima saga in costume ideata da Marco Bosco si conclude un po' in maniera scontata, un po' con una piccola sorpresa, assolutamente improponibile con i personaggi disneyani nel loro ambiente "naturale". Anche questo episodio, che porta a conclusione tutte le sottotrame sviluppate dallo sceneggiatore, si snoda con il solito buon ritmo di ciascuna delle quattro puntate precedenti grazie anche all'ottima capacità di interpretazione di Nico Picone, che, come forse avevo già scritto per uno degli episodi precedenti, forse in un paio di vignette eccede troppo con le ombre, ma nel complesso risulta particolarmente efficace in quella che può essere considerata come la sua prima, grande prova da disegnatore disneyano.
Se dal punto di vista dei personaggi c'è ben poco da segnalare rispetto a quanto scritto nei numeri scorsi, la storia presenta gli ultimi spunti di approfondimento, in particolare la raccoglibietole meccanica semovente, che permette a Paperon Pound di risolvere la vertenza sindacale con gli agricoltori di barbabietole da zucchero del circondario. La macchina, costruita da Archie Meed, è di un lustro o poco più in anticipo, visto che la prima raccoglibietola sembra risalga al 1913, anno in cui l'azienda statunitense The Great Western Sugar Company indisse un bando per la progettazione di una raccoglibietola di successo(1). Le barbabietole da zucchero, infatti, fino all'inizio del XX secolo si dovevano raccogliere a mano, nonostante le prime macchine agricole propriamente dette erano in circolazione sin dalla fine del XIX secolo, ovviamente mosse dalla forza del vapore.

sabato 2 marzo 2019

Pi Day 2019: Leonhard Euler, l'uomo del pi greco

#piday #piday2019 #matematica #carnevaledellamatematica cc @MathisintheAir @maddmaths @andreaplazzi @ComicsScience @Pillsofscience @stefacrono @cosmobrainonair @92sciencemusic @Popinga1
E' stato proprio Leonhard Euler il matematico che ha assegnato al fino all'epoca conosciuto come numero di Archimede il nome con cui lo conosciamo oggi: $\pi$. Questa e altre curiosità le trovate nella serie di articoli Breve storia del pi greco, di cui qui sotto vi metto i link alle varie puntate: E' un work in progress che spero di proseguire anche quest'anno (rispetto all'anno scorso sono in deciso ritardo, per cui non garantisco una gran ricchezza...), dopo la consueta pubblicazione delle curiosità come notizie pi greche all'interno del Carnevale della Matematica, edizione pi day. Anche in questo caso vi segnalo tutte le edizioni del Carnevale pubblicate su DropSea in occasione del giorno del $\pi$:
Carnevale #47 | #59 | #71 | #83 | #95 | #107 | #117
L'avvicinamento al pi day non si esaurisce con questo articoletto, ma proseguirà anche settimana prossima: spero siate in trepidante attesa!

venerdì 1 marzo 2019

Il potere delle rivelazioni

#JudasPriest #Nostradamus #heavymetal cc @emmecola @astrilari @cosmobrainonair @real_fabristol
Recupero, con qualche modifica, l'ultimo contributo lungo apparso su Shock Addizionali: ispirando al venerdì musicale, che più o meno sto cercando di rispettare nell'ultimo periodo, vi propongo una recensione di un vecchio album power metal. L'articolo ha, in qualche modo, una dedica a Moreno Colaiacovo, che ha proposto un titolo ispirato proprio alla mia passione per il metal a un articolo a suo modo interessante che abbiamo scritto insieme poco più di 6 anni fa.
I Judas Priest sono sicuramente uno dei gruppi più tecnicamente dotati della scena metal mondiale: d'altra parte sono, insieme con gruppi come Led Zeppelin, Black Sabbath o Deep Purple, fondamentali per le origini e lo sviluppo dell'heavy metal. Un po' come i Dream Theater con James LaBrie, cui dedicherò un articoletto in uno dei prossimi venerdì, anche i Judas Priest trovano abbastanza presto il loro cantante simbolo, Rob Halford, abile nell'interpretazione, con una grande presenza scenica e un registro vocale decisamente molto vario, mostrato in particolare in Nostradamus, uscito nel 2008 (quasi dieci anni fa, dunque). Halford si esibisce in vari generi: dal metal vero e proprio, al melodico fino al lirico.