giovedì 9 maggio 2019

Il penultimo pericolo

Dopo essere stati recuperati da Kit Snicket dal bordo della spiaggia salmastra, i tre orfani Baudelaire vengono infiltrati da quest'ultima all'interno dell'Hotel Climax come conciergie in modo da spiare i discorsi degli ospiti e raccogliere informazioni utili per i V.F. Questi ultimi, convocati da un misterioso J.S., si riuniranno giovedì all'Hotel Climax quando, si spera, verrà risolta definitivamente la questione legata alle malefatte del Conte Olaf. Succedeva, in molte serie televisive di una trentina di anni fa, che l'ultimo episodio della stagione fosse una sorta di ricapitolo di tutti gli episodi precedenti, mostrando personaggi e situazioni presenti nel corso delle varie puntate. Allo stesso modo Il penultimo pericolo raccoglie in un unico luogo, l'Hotel Climax, quasi tutti i personaggi incontrati dagli orfani Baudelaire nel corso della Serie di sfortunati eventi che è capitata loro dal giorno in cui il signor Poe ha comunicato ai tre bambini di essere diventati orfani. Però questo Penultimo pericolo, come dice il titolo stesso, non è l'ultimo della serie, ma, appunto, il penultimo, nello specifico il 12.mo.
Così anche questa recensione è la penultima, almeno relativamente alla serie di romanzi, ma visto che c'è da considerare anche una recensione della serie prodotta da Netflix, siete sempre in tempo per abbandonare tutto e darvi, ad esempio, al giardinaggio, che forse è meglio che leggere le recensioni di libri ricchi di sfortunati eventi.
Ad ogni buon conto, se siete ancora qui a leggere, non mi resta che proseguire.
Il romanzo ruota intorno a quanto sia labile il confine tra le due fazioni dello scisma dei V.F. e, per traslato, tra "malvagi" e "persone degne". Questa sfumatura è ben rappresentata sin dall'inizio da Frank ed Ernest Climax, manager e proprietari dell'albergo nonché gemelli indistinguibili. L'unica differenza è la fazione per la quale parteggiano: quella dei "degni" per Frank, quella dei "malvagi" per Ernest. Le difficoltà che i tre fratelli Baudelaire incontrano nel (non riuscire a) distinguerli sono dunque metafora di quanto sia spesso complesso distinguere il "bene" dal "male", e non solo per una questione di punti di vista. Inoltre i tre piccoli protagonisti si barcamenano tra gli eventi che si susseguono, muovendosi un po' alla cieca, sempre a corto di informazioni: nonostante la posizione di concierge permette loro di ascoltare discorsi interessanti, arriva sempre quell'istante in cui la raccolta delle informazioni viene interrotta poco prima del raggiungimento del momento topico. A tutto questo si aggiunge anche il momento di autoriflessione, con il solito sguardo critico dovuto alle posizioni differenti di Violet e Klaus, sulle azioni che i tre hanno compiuto nel corso degli 11 romanzi precedenti.
Lemony Snicket, o per meglio dire Daniel Handler, alza in qualche modo l'asticella delle difficoltà e dei momenti di crisi per i tre orfani, stimola il lettore a riflettere sui concetti di bene e male, giusto e sbagliato, apparenza e sostanza, oltre che sull'importanza della mediazione e della cultura, intesa non solo come raccolta di informazioni, mentre il finale del libro diventa una promessa per una risoluzione definitiva di tutta la vicenda.

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