Non poteva esserci titolo italiano migliore per
The crying of Lot 49 di
Thomas Pynchon. Il gioco del titolo è semplice: da un lato l'incanto è un'asta, dall'altro è qualcosa di affascinante e incantevole nel vero senso della parola. E in effetti la vicenda ha un che di incantevole, quasi magico, quando
Oedipa Mars inizia il suo lavoro di esecutrice testamentaria di un suo vecchio amante.
Oedipa, all'inizio insieme all'altro esecutore testamentario, l'avvocato (nonché amico del morto)
Metzger, viene trascinata all'interno di una sorta di complotto postale che parte dall'Europa medioevale e si trascina fino agli Stati Uniti. Parte della vicenda viene narrata nell'opera teatrale
Tragedia del corriere di
Richard Wharfinger, alla cui rappresentazione Oedipa e Metzger assistono. La storia può essere così riassunta: la
Thurn un Taxis deteneva il monopolio nella consegna della posta in Europa, un ricco giro d'affari. A un certo punto tale Tristero prova a rompere le uova nel paniere, creando un servizio di corrieri clandestino con tanto di annullo personalizzato. Ed è proprio seguendo questo annullo che Oedipa si troverà a incontrare tipi strani, alcuni legati con il mondo della storia antica e dei francobolli, che la aiuteranno a trovare il
lotto 49 con i francobolli annullati con il simbolo di Tristero, altri, invece, legati al... diavoletto di Maxwell!
A un certo punto della sua ricerca di tracce di Tristerio, seguendo il suo simbolo, la protagonista si imbatte in una sorta di club dei cuori spezzati telefonico. Uno dei componenti del club le parla della
macchina di Nefastis, una scatola costruita dal professor
John Nefastis contenente un vero
diavoletto di Maxwell.
La nostra eroina, nel suo divagare, riesce anche a parlare con Nefastis, che le spiega così la sua invenzione:
La comunicazione è la chiave. Il Diavoletto trasmette i dati al sensitivo, e il sensitivo deve rispondere nella stessa chiave. Dentro questa scatola ci sono innumerevoli miliardi di molecole. Il Diavoletto raccoglie i dati su tutte e su ciascuna. E a qualche livello psichico profondo deve entrare in contatto. Il sensitivo, allora, deve captare quegli sbalorditivi insiemi di energie, e in cambio dare qualcosa come la stessa quantità di informazione. Di modo che il ciclo continui. L'occhio del profano vede solo un pistone, sperabilmente in movimento. Un movimento piccolo, in confronto con quell'enorme complesso di informazioni, distrutto e ridistrutto a ogni corsa di stantuffo.
E prova anche a semplificare:
L'entropia è una figura del discorso, una metafora. Collega il mondo della termodinamica al mondo del flusso delle informazioni. La Macchina usa entrambi. Il diavoletto rende la metafora non soltanto armoniosa a livello verbale, ma anche oggettivamente vera.
E in un certo senso sembrano preda di deliri non dissimili anche gli uomini della sua vita (Metzger a parte, avventura di un breve periodo), il suo analista
Hilarius e il marito
Mucho, entrambi preda dell'lsd o di quale altro acido, prescritto dal primo al secondo. E mentre l'analista è preda delle paure, causate da un immaginario complotto ai suoi danni, immaginario forse quanto la
disobbedienza postale di Tristero e dei suoi eredi statunitensi, il marito, che è anche un dj radiofonico, è invece convinto che ogni persona del mondo è connessa con ogni altra persona del mondo e quindi ogni sua azione è condivisa da tutti quanti.
A tutto questo, al complotto immaginario (una vicenda che in piccolo ricorda
Il pendolo di Foucault), alla follia di Hilarius e Mucho, alla Macchina di Nefastis, all'amante fuggito con una ragazzina e a quello morto che le ha lasciato il compito di esecutrice testamentaria, si può sfuggire in un solo modo, con
L'incanto del lotto 49, che poi è anche l'incanto di una storia gradevole, divertente e... incantevole!
Per quel che riguarda Pynchon, l'entropia e il diavoletto di Maxwell, può valere la pena dare un'occhiata a
questa apposita pagina su un sito interamente dedicato allo scrittore statunitense.