(Mister No sta facendo da guida ad un turista un pò spaccone di nome Davis nella foresta amazzonica)
Davis: Nooo! Un ragno velenoso... o, se preferite, una migale, una vedova nera... e... ed è grande come la mia mano...
Mister No: Qui la chiamano caranguejeira! Io ne ho viste anche di più grosse...
Davis: ... ma... ma stava per uccidermi... per avvelenarmi... mi avrebbe ucciso... ucciso!
Mister No: Chissà... forse... ma intanto, quel che è certo è che, invece di mordere voi, sarà morsa dal nostro Mawe, che se la farà subito arrosto.
Davis: Co... cosa? Lui... lui si mangerà questo... questo schifosissimo ragno?
Mister No: Naturalmente! Purtroppo la giungla amazzonica non offre molte scelte gastronomiche a coloro che ci vivono... e poi, Mister Davis, voi non vi mangiate golosamente aragoste, granchi e polipi?
Davis: Beh, sì... certo. Tutti i sabato sera al "Seafood Bar", sotto casa mia!
Mister No: ... e allora? Non vorrete dirmi che l'aspetto di tutti quei mostriciattoli marini sia meno schifoso di quello di questa caranguejeira.
(da Amazzonia mon amour, di Guido Nolitta - testi - e Roberto Disio - disegni - dal volume 36° volume de I Classici del Fumetto)
Stomachion
domenica 31 agosto 2008
sabato 30 agosto 2008
Il club dei Miliardari
Nell'autoconclusiva Zio Paperone - Un collezionista diverso, Barks presenta un po' della ricca (di soldi) umanità presente a Paperopoli e dintorni. In un ricevimento di collezionisti sono presenti Lord Julius Seltzer, il grande collezionista di tazze da té tirolesi, e Lord Burybone, il noto collezionista di tabacchiere dell'epoca elisabettiana! Un po' più in là, invece, ecco Atticdust, la cui collezione di marmi ammuffiti va oltre ogni possibile descrizione! Già in questo caso Paperone è in difficoltà: non ha collezioni che possano confrontarsi con quelle dei personaggi che gli hanno presentato, non ha uno status symbol, a parte la sua immensa collezione di denaro che, con sua grande sorpresa, procura un giramento di testa nei colleghi collezionisti.
Già in questa occasione Paperone mette in dubbio, questa volta da se stesso, la sua ricchezza come possibile vanto, ma questa sembra che debba subire un duro colpo in Zio Paperone snob di società. In questo caso mai titolo italiano fu più azzeccato. In effetti snob è l'abbreviazione dell'espressione latina sine nobilitate, che indicava al tempo dei duchi e dei conti tutti coloro che non avevano natali nobili, ma che comunque erano accettati, non senza qualche reticenza, nella così detta alta società. E' un po' ciò che succede a Paperon de Paperoni all'inizio dell'avventura barksiana, quando il magnate paperopolese prova ad entrare in una festa organizzata nell'hotel Swelldorf Brasstoria. Viene fermato e apostrofato all'ingresso dal ricco Procello de Lardis: Ehi, sbrindellone, non penso che tu sia stato invitato (...) Questo parti è solo per persone importanti! Soltanto accennando al fatto che l'albergo dove si tiene la festa è di sua proprietà, Procello si decide a far entrare Paperone, che si trova circondato da donne ingioiellate (tanto che una di queste porta il suo monile con una carriola!), uomini che parlano di auto e quadri, incontrando persino un barbone, diventato tale dopo aver speso le sue sostanze proprio per l'acquisto di un quadro! Un campionario di varia vanità da cui Paperone si sente escluso, ottenendo un forzato ingresso solo dopo aver recuperato il rubino striato: infatti, nonostante tutto, alle sue spalle le dame di società commentano:
I VIP di Paperopoli, quindi, sono un gruppo di ipocriti attirati più dall'immagine che non dai contenuti delle persone, e tale morbo a volte colpisce lo stesso Paperone, come abbiamo visto, che o cerca un oggetto per rappresentare il suo stato sociale, o fa della finta beneficenza alla città come in Paperino e la pepita mimetizzata, o coinvolge lo stesso Paperino come oggetto del suo elevamento sociale, come avviene in Paperino presidente a tutti i costi. In questo caso il buon zione, spinto dall'invidia nei confronti dei suoi colleghi miliardari che hanno nipoti in posti importanti, impone al nipote la direzione di un motel diroccato. Il buon Paperino, aiutato dai nipotini, ripulisce i locali e, spinto dal desiderio di fama, senza la dovuta esperienza nel campo, si ritrova coinvolto in una lunga serie di guai, con ciliegina finale di invito al Re dei Barboni a soggiornare presso il motel. Non può esserci nulla di peggio nella società dell'immagine, e così Paperone chiude con il cartello Disonorato sulle spalle, e Paperino come contento presidente degli scarti e rottami della fabbrica di viti e bulloni di Paperone!
Status symbol, però, è anche il ranch lussureggiante tanto desiderato da Paperino in Paperino imprenditore terriero: il nostro eroe sospira alla radio ogni volta che passa la pubblicità dell'agenzia immobiliare, e soltanto troppo tardi si accorge dell'imbroglio che gli sta dietro. Attenzione agli imbonitori, sembra dire Barks, ma anche attenzione ai guai che potrebbero procurarvi gli status symbol che volete ottenere. In effetti per Amelia, la sensuale fattucchiera napoletana, la Numero Uno altro non è che uno status symbol, mascherato da ingrediente fondamentale nella creazione dell'amuleto della ricchezza: nella spettacolare Zio Paperone e l'inespugnabile deposito, ad esempio, mentre nella prima parte, prima catastrofica con lo scatenarsi dei poteri di Amelia sul deposito, quindi gotica e terrificante quando, in un flashback, diamo un'occhiata all'antro della strega, la strega che ammalia subisce un vero e proprio esaurimento nervoso, oltre alla distruzione della sua magica bacchetta in tanti piccoli pezzettini.
Forse cercare uno status symbol non è proprio un'ottimo affare, e ogni tanto, semplicemente, vale la pena provare ad essere se stessi.
Già in questa occasione Paperone mette in dubbio, questa volta da se stesso, la sua ricchezza come possibile vanto, ma questa sembra che debba subire un duro colpo in Zio Paperone snob di società. In questo caso mai titolo italiano fu più azzeccato. In effetti snob è l'abbreviazione dell'espressione latina sine nobilitate, che indicava al tempo dei duchi e dei conti tutti coloro che non avevano natali nobili, ma che comunque erano accettati, non senza qualche reticenza, nella così detta alta società. E' un po' ciò che succede a Paperon de Paperoni all'inizio dell'avventura barksiana, quando il magnate paperopolese prova ad entrare in una festa organizzata nell'hotel Swelldorf Brasstoria. Viene fermato e apostrofato all'ingresso dal ricco Procello de Lardis: Ehi, sbrindellone, non penso che tu sia stato invitato (...) Questo parti è solo per persone importanti! Soltanto accennando al fatto che l'albergo dove si tiene la festa è di sua proprietà, Procello si decide a far entrare Paperone, che si trova circondato da donne ingioiellate (tanto che una di queste porta il suo monile con una carriola!), uomini che parlano di auto e quadri, incontrando persino un barbone, diventato tale dopo aver speso le sue sostanze proprio per l'acquisto di un quadro! Un campionario di varia vanità da cui Paperone si sente escluso, ottenendo un forzato ingresso solo dopo aver recuperato il rubino striato: infatti, nonostante tutto, alle sue spalle le dame di società commentano:
- Quel Paperone... si vede spesso in giro, ultimamente!Senza contare poi che il rubino striato assomiglia a delle caramelle tanto appetite da pesci, meduse giganti e aborigeni di isole lontane!
- Troppo spesso! E' avaro, non tiene al suo look, ed è così borioso!
- E poi non fa che parlare di denaro!
- Già! Ma possiede il rubino striato, il segno più distintivo che esista al momento! E così dobbiamo invitarlo a tutti i ricevimenti!
I VIP di Paperopoli, quindi, sono un gruppo di ipocriti attirati più dall'immagine che non dai contenuti delle persone, e tale morbo a volte colpisce lo stesso Paperone, come abbiamo visto, che o cerca un oggetto per rappresentare il suo stato sociale, o fa della finta beneficenza alla città come in Paperino e la pepita mimetizzata, o coinvolge lo stesso Paperino come oggetto del suo elevamento sociale, come avviene in Paperino presidente a tutti i costi. In questo caso il buon zione, spinto dall'invidia nei confronti dei suoi colleghi miliardari che hanno nipoti in posti importanti, impone al nipote la direzione di un motel diroccato. Il buon Paperino, aiutato dai nipotini, ripulisce i locali e, spinto dal desiderio di fama, senza la dovuta esperienza nel campo, si ritrova coinvolto in una lunga serie di guai, con ciliegina finale di invito al Re dei Barboni a soggiornare presso il motel. Non può esserci nulla di peggio nella società dell'immagine, e così Paperone chiude con il cartello Disonorato sulle spalle, e Paperino come contento presidente degli scarti e rottami della fabbrica di viti e bulloni di Paperone!
Status symbol, però, è anche il ranch lussureggiante tanto desiderato da Paperino in Paperino imprenditore terriero: il nostro eroe sospira alla radio ogni volta che passa la pubblicità dell'agenzia immobiliare, e soltanto troppo tardi si accorge dell'imbroglio che gli sta dietro. Attenzione agli imbonitori, sembra dire Barks, ma anche attenzione ai guai che potrebbero procurarvi gli status symbol che volete ottenere. In effetti per Amelia, la sensuale fattucchiera napoletana, la Numero Uno altro non è che uno status symbol, mascherato da ingrediente fondamentale nella creazione dell'amuleto della ricchezza: nella spettacolare Zio Paperone e l'inespugnabile deposito, ad esempio, mentre nella prima parte, prima catastrofica con lo scatenarsi dei poteri di Amelia sul deposito, quindi gotica e terrificante quando, in un flashback, diamo un'occhiata all'antro della strega, la strega che ammalia subisce un vero e proprio esaurimento nervoso, oltre alla distruzione della sua magica bacchetta in tanti piccoli pezzettini.
Forse cercare uno status symbol non è proprio un'ottimo affare, e ogni tanto, semplicemente, vale la pena provare ad essere se stessi.
venerdì 29 agosto 2008
Scienza Nera
Confrontati con i disegni del grandissimo Phil Jimenez, quelli di Chris Weston sono decisamente brutti e poco efficaci, almeno per mio gusto, all'interno della saga degli Invisibili. Personalmente non li trovo efficaci rispetto alle tematiche della saga (diverso il discorso per la successiva The Filth, serializzata sul vecchio Vertigo presenta, sempre della Magic): i disegni non sono precisi né gradevoli, a maggior ragione se confrontati con quelli di Ivan Reis, che realizza il secondo capitolo della saga conclusiva, Scienza Nera. A proposito di quest'ultima, c'è comunque da notare che almeno nelle ultime due storie del volume Weston riesce, invece, a descrivere perfettamente attraverso i disegni le emozioni e le sensazioni dei protagonisti.
Comunque tra Skorpio Rising e Scienza Nera Morrison decide di chiudere molte delle trame che hanno caratterizzato la seconda e anche parte della prima stagione. Innanzitutto la sfida tra Quiper e il generale Friday e il nostro gruppo di Invisibili, quindi l'identità dello strano tipo che vediamo per la prima volta in Arcadia prima su una carrozza con Mary Shelley, quindi a Rennes le Chateau giocare a scacchi di fronte alla chiesa di quel paesino mentre Ragged Robin vi sta entrando: in effetti sembrerebbe la versione morrisoniana di Nyarlathotep, in pratica un abitatore di una dimensione superiore. Infine scopriamo come Ragged Robin sia diventata la prima viaggiatrice del tempo e assistiamo al suo salto temporale per tornare nel 2012: negli ultimi due episodi della seconda stagione Morrison, così, può dare il meglio di se. Scene che cambiano repentinamente, sovrapposizione di scene del passato e del futuro, il tutto dovuto alle distorsioni temporali causate dal salto di Robin. Nell'episodio finale, poi, viene confermata la sensazione che si ha per tutta la seconda stagione: il ricco Mason è in realtà una versione morrisoniana di Batman.
In effetti mentre in 300 Frank Miller ci presenta 300 piccoli... Batman, Morrison ci propone la sua versione distorta della JLA, in un certo senso anche fusa con i Vendicatori, considerando che Ragged Robin è rossa di capelli, come Wanda Maximoff: in questo senso è interessante come, con grande anticipo rispetto a Bendis che in Caos fa impazzire la strega Marvel, Morrison propone per questo personaggio una personalità malata e folle dopo aver passato anni a drogarsi e a creare un mondo immaginario che alla fine si rivelerà vero, probabilmente per il semplice motivo che ai suoi scritti si ispirerà Mason per creare il suo sogno di controllo mondiale (o almeno questa è l'idea che ne ho tratto leggendo le ultime due storie).
A livello di contenuti, a parte l'alto tasso di azione tipico di Morrison quando sta chiudendo un discorso, ancora una volta l'autore scozzese calca la mano sul controllo che la società moderna opera sui comuni cittadini, aggiungendo un'ultima stoccata contro l'imperante cultura dell'immagine. Mason infatti dice nel suo diagolo su un grattacielo di New York con King Mob e Ragged Robin:
E la direzione è quella di creare una generazione sempre più alienata, stupida, in un mondo sull'orlo della crisi:
E come non dare torto a Mason e quindi a Morrison? Tra l'altro è stata la mia stessa sensazione guardando Starship Troopers: come ho scritto parlando del film di Verhoven all'inizio della mia recensione del romanzo di Heinlein, l'opera cinematografica del cineasta statunitense ha calcato la mano, molto più dello scrittore, sulla costruzione di una società fortemente militarizzata, sensazione che, invece, è mitigata nel romanzo, che ha come obiettivo principale quello di diffondere le idee economico-sociali di Heinlein. Questo però è un discorso a parte, perché lo stasto di crisi e tensione del mondo è invece palpabile e osservabile quotidianamente. Ancora Mason, questa volta nel lungo dialogo finale con King Mob:
Eppure sembra interessare a pochi:
Il trionfo del controllo assoluto sull'uomo: non più la religione, come dice Marx, ormai obsoleta, ma la cultura dell'immagine!
(continua)
Puntate precedenti:
* Rivoluzione invisibile
* Inferno in America
* Criminali sensitivi
Comunque tra Skorpio Rising e Scienza Nera Morrison decide di chiudere molte delle trame che hanno caratterizzato la seconda e anche parte della prima stagione. Innanzitutto la sfida tra Quiper e il generale Friday e il nostro gruppo di Invisibili, quindi l'identità dello strano tipo che vediamo per la prima volta in Arcadia prima su una carrozza con Mary Shelley, quindi a Rennes le Chateau giocare a scacchi di fronte alla chiesa di quel paesino mentre Ragged Robin vi sta entrando: in effetti sembrerebbe la versione morrisoniana di Nyarlathotep, in pratica un abitatore di una dimensione superiore. Infine scopriamo come Ragged Robin sia diventata la prima viaggiatrice del tempo e assistiamo al suo salto temporale per tornare nel 2012: negli ultimi due episodi della seconda stagione Morrison, così, può dare il meglio di se. Scene che cambiano repentinamente, sovrapposizione di scene del passato e del futuro, il tutto dovuto alle distorsioni temporali causate dal salto di Robin. Nell'episodio finale, poi, viene confermata la sensazione che si ha per tutta la seconda stagione: il ricco Mason è in realtà una versione morrisoniana di Batman.
In effetti mentre in 300 Frank Miller ci presenta 300 piccoli... Batman, Morrison ci propone la sua versione distorta della JLA, in un certo senso anche fusa con i Vendicatori, considerando che Ragged Robin è rossa di capelli, come Wanda Maximoff: in questo senso è interessante come, con grande anticipo rispetto a Bendis che in Caos fa impazzire la strega Marvel, Morrison propone per questo personaggio una personalità malata e folle dopo aver passato anni a drogarsi e a creare un mondo immaginario che alla fine si rivelerà vero, probabilmente per il semplice motivo che ai suoi scritti si ispirerà Mason per creare il suo sogno di controllo mondiale (o almeno questa è l'idea che ne ho tratto leggendo le ultime due storie).
A livello di contenuti, a parte l'alto tasso di azione tipico di Morrison quando sta chiudendo un discorso, ancora una volta l'autore scozzese calca la mano sul controllo che la società moderna opera sui comuni cittadini, aggiungendo un'ultima stoccata contro l'imperante cultura dell'immagine. Mason infatti dice nel suo diagolo su un grattacielo di New York con King Mob e Ragged Robin:
I paparazzi hanno ucciso la principessa Diana. La prima morte al mondo causata dalla fotografia? Sto dicendo che l'immagine domina il mondo. L'allucinazione ha preso il controllo.
E la direzione è quella di creare una generazione sempre più alienata, stupida, in un mondo sull'orlo della crisi:
Be', quella è stata la cosa che nessuno ha notato, no? La guerra non sarebbe mai finita. Il perfetto stato fascista necessita di condizioni di guerra perpetua. Hai mai notato come il mondo sia in una crisi costante sin dalla Seconda Guerra Mondiale?
E come non dare torto a Mason e quindi a Morrison? Tra l'altro è stata la mia stessa sensazione guardando Starship Troopers: come ho scritto parlando del film di Verhoven all'inizio della mia recensione del romanzo di Heinlein, l'opera cinematografica del cineasta statunitense ha calcato la mano, molto più dello scrittore, sulla costruzione di una società fortemente militarizzata, sensazione che, invece, è mitigata nel romanzo, che ha come obiettivo principale quello di diffondere le idee economico-sociali di Heinlein. Questo però è un discorso a parte, perché lo stasto di crisi e tensione del mondo è invece palpabile e osservabile quotidianamente. Ancora Mason, questa volta nel lungo dialogo finale con King Mob:
L'America è in uno stato dichiarato di emergenza nazionale sin dal 9 Marzo 1933, che dà al presidente il potere di sospendere la libertà di parola e di prendere il controllo dei mezzi di comunicazione, in qualsiasi momento.
Eppure sembra interessare a pochi:
Chi se ne frega? Bruce Willis è qui per salvarci tutti.
Il trionfo del controllo assoluto sull'uomo: non più la religione, come dice Marx, ormai obsoleta, ma la cultura dell'immagine!
(continua)
Puntate precedenti:
* Rivoluzione invisibile
* Inferno in America
* Criminali sensitivi
giovedì 28 agosto 2008
Narnia (4): Il finale
Con gli ultimi due romanzi , il 4.o e il 7.o in ordine di scrittura, La sedia d'argento (1953) e L'ultima battaglia (1956), Lewis conclude la saga de Le cronache di Narnia, il magico mondo di Aslan popolato da animali parlanti, esseri fatati e fantastici e dagli esseri umani.
Il primo di questi ultimi due romanzi, La sedia d'argento, riporta a Narnia Eustachio, il cugino dei Pevensie, e co-protagonista del precedente Il viaggio del veliero. Insieme a lui una compagna di scuola, Jill, che riceverà la nuova missione che i nostri due piccoli amici devono assolvere: trovare il figlio di Caspian, ormai vecchio, e legittimo re al trono. Il giovane, sparito da dieci anni, sembra sia stato irretito da una splendida fanciulla: Lewis riporta in auge una nuova strega e ci fa esplorare il mondo sotterraneo, popolato da pallide creature, pronte a invadere il mondo superiore. Al di là della nuova cerca e delle nuove avventure narrate, Lewis affida a uno dei personaggi, il paludrone Pozzanghera, la difesa del genere fantastico e della fantasia:
Infatti La battaglia finale è soprattutto l'ultimo romanzo di Narnia. In questo caso niente di particolare: nella prima parte una pura avventura, con Narnia che deve cercare di respingere l'attacco dei calormeniani, ispirati da una scimmia che inganna i suoi compatrioti animali parlanti. La seconda e conclusiva parte è invece intrisa di atmosfere più religiose che non mitologiche, dove vengono richiamati tutti coloro che sono stati a Narnia, esclusa Susan che non vi crede più, giusto nell'attimo in cui stanno morendo a causa di un incidente ferroviario. Se tecnicamente, comunque, si torna all'antico, con una narrazione forse troppo infantile, evidente è l'idea di Lewis di raccontare la morte ai suoi giovani lettori attraverso una trama leggera, inserendo comunque alcuni insegnamenti del cristianesimo. In quest'ultimo senso, in effetti, quest'ultimo romanzo è il più cristiano di tutti.
Nel complesso la saga non è del livello del Signore degli anelli cui è stata accostata, e lo stesso Tolkien, come narratore per l'infanzia (ovvero con scritti esplicitamente rivolti ai bambini, come poteva essere Roverandom o il pur lungo Lo hobbit) è di qualità ben superiore. Detto ciò, si può considerare l'intera saga nel suo complesso sufficiente, o poco più, pur con la presenza di picchi stilistici e narrativi in romanzi come Il principe Caspian o Il viaggio del veliero. Lettura, quindi, comunque consigliata, anche solo per il periodo estivo, normalmente più leggero.
Chiudo, però, con un estratto da un articolo comparso su Fantasy Magazine:
Ultima nota: in effetti Walter Hooper, biografo di Lewis, ha scoperto che il nome Narnia è molto probabilmente ispirato alla cittadina italiana Narni, anticamente nota proprio con il nome di Narnia. Si è, infatti, scoperta tra le carte di Lewis una cartina dell'Italia romana con il nome Narnia cerchiato di rosso. La stessa scelta del leone come deus ex machina di Narnia potrebbe non essere casuale, poiché il simbolo di Narni è proprio un leone su sfondo rosso.
Il primo di questi ultimi due romanzi, La sedia d'argento, riporta a Narnia Eustachio, il cugino dei Pevensie, e co-protagonista del precedente Il viaggio del veliero. Insieme a lui una compagna di scuola, Jill, che riceverà la nuova missione che i nostri due piccoli amici devono assolvere: trovare il figlio di Caspian, ormai vecchio, e legittimo re al trono. Il giovane, sparito da dieci anni, sembra sia stato irretito da una splendida fanciulla: Lewis riporta in auge una nuova strega e ci fa esplorare il mondo sotterraneo, popolato da pallide creature, pronte a invadere il mondo superiore. Al di là della nuova cerca e delle nuove avventure narrate, Lewis affida a uno dei personaggi, il paludrone Pozzanghera, la difesa del genere fantastico e della fantasia:
Permette una parola signora? Una soltanto, se consentite. Sono certo che tutto quello che avete detto sia vero, anzi, verissimo. Io sono un povero diavolo che vede sempre il peggio delle cose e poi le affronta facendo buon viso a cattivo gioco. Che volete, sono fatto così. Dunque credo a tutto quello che avete detto, ma c'è una cosa che tengo a chiarire. Supponiamo che abbiamo fatto un sogno e ci siamo inventati le cose di cui abbiamo parlato poco fa: gli alberi, il sole, la luna, le stelle e perfino Aslan. Supponiamolo: ma lasciate che vi dica che le cose inventate sono più belle e importanti di quelle reali da cui, secondo voi, avremmo tratto ispirazione. Immaginiamo che l'orribile buco nero che governate sia l'unico mondo autentico: non mi piace lo stesso, anzi mi fa una gran pena. Avete detto che siamo ragazzi e stiamo giocando, ma quattro ragazzi che giocano al gioco del mondo, signora, possono essere così abili da spazzar via il vostro mondo. Ecco perché voglio continuare la partita. Io sto dalla parte di Aslan, anche se è pura invenzione; voglio vivere come un Narniano anche se Narnia non esiste. Quindi, grazie infinite per la cena ma vi informo che se questi due gentiluomini e questa signorina sono pronti, noi lasciamo la vostra corte per addentrarci nelle tenebre, dove passeremo il resto della vita a cercare il Mondodisopra. Non che le nostre vite dureranno in eterno, ma che importanza ha se il mondo è piatto e scialbo come ce lo avete dipinto?Questo discorso rappresenta, in effetti, una sintesi del saggio Tre modi di scrivere per l'infanzia che chiude il volume. D'altra parte La sedia d'argento rappresenta, in un certo senso, il confronto tra ciò che è e ciò che sembra, tra la cultura dell'essere e quella dell'apparire: le illusioni e le stregonerie, le finte gentilezze contrapposte alla sincerità e all'amicizia dei protagonisti, che cercano lungo tutto il romanzo, in maniera non sempre efficace (in fondo sono esseri umani!), di aggirare tutte queste difficoltà fino al lieto fine, il tutto per rimandare alla prossima e ultima avventura.
Infatti La battaglia finale è soprattutto l'ultimo romanzo di Narnia. In questo caso niente di particolare: nella prima parte una pura avventura, con Narnia che deve cercare di respingere l'attacco dei calormeniani, ispirati da una scimmia che inganna i suoi compatrioti animali parlanti. La seconda e conclusiva parte è invece intrisa di atmosfere più religiose che non mitologiche, dove vengono richiamati tutti coloro che sono stati a Narnia, esclusa Susan che non vi crede più, giusto nell'attimo in cui stanno morendo a causa di un incidente ferroviario. Se tecnicamente, comunque, si torna all'antico, con una narrazione forse troppo infantile, evidente è l'idea di Lewis di raccontare la morte ai suoi giovani lettori attraverso una trama leggera, inserendo comunque alcuni insegnamenti del cristianesimo. In quest'ultimo senso, in effetti, quest'ultimo romanzo è il più cristiano di tutti.
Nel complesso la saga non è del livello del Signore degli anelli cui è stata accostata, e lo stesso Tolkien, come narratore per l'infanzia (ovvero con scritti esplicitamente rivolti ai bambini, come poteva essere Roverandom o il pur lungo Lo hobbit) è di qualità ben superiore. Detto ciò, si può considerare l'intera saga nel suo complesso sufficiente, o poco più, pur con la presenza di picchi stilistici e narrativi in romanzi come Il principe Caspian o Il viaggio del veliero. Lettura, quindi, comunque consigliata, anche solo per il periodo estivo, normalmente più leggero.
Chiudo, però, con un estratto da un articolo comparso su Fantasy Magazine:
Mentre Lewis fu un appassionato sostenitore del Signore degli Anelli, non si può dire che Tolkien, pur apprezzando altri scritti dell'amico, ricambiasse l'entusiasmo nei conforti di Narnia, troppo lontana dal suo mondo per gusto, scelte narrative e fonti. Purista per natura, Tolkien considerava Narnia un universo caotico dove buone idee e spunti erano soffocati da riferimenti contrastanti, opinione comprensibile se si pensa che l'ottica con cui ha affrontato il suo lavoro era molto diversa da quella del collega. Tolkien ha continuato a ritoccare i suoi libri per decenni, pulendo e sfrondando da tutto ciò che potesse distrarre dall'idea di fondo mentre la scrittura di Lewis si nutriva anche di innovazioni subitanee e improvvisi rifacimenti: tanto Tolkien cercò di fare della sua creazione una vera mitologia moderna, basata sulla coerenza di regole inviolabili, quanto Lewis scrisse in Narnia un racconto propriamente fantastico coltivando il gusto per l'effetto scenico, la commistione di fonti e i rimandi a tradizioni diverse. Un approccio alla scrittura che Tolkien definì "l'intrusione tipicamente lewisiana di cose che non c'entrano."(da J.R.R.Tolkien e C.S.Lewis: osservando un'amicizia trentennale, di Chiara Codecà)
Ultima nota: in effetti Walter Hooper, biografo di Lewis, ha scoperto che il nome Narnia è molto probabilmente ispirato alla cittadina italiana Narni, anticamente nota proprio con il nome di Narnia. Si è, infatti, scoperta tra le carte di Lewis una cartina dell'Italia romana con il nome Narnia cerchiato di rosso. La stessa scelta del leone come deus ex machina di Narnia potrebbe non essere casuale, poiché il simbolo di Narni è proprio un leone su sfondo rosso.
Le recensioni de Le cronache di Narnia:
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
mercoledì 27 agosto 2008
Buon lavoro, Paperino!
Paperino, almeno per la maggior parte degli autori italiani, è un papero pigro, bersagliato dalla sfortuna, litigioso e iracondo. Per Barks, invece, Paperino è un personaggio più complesso e sfaccettato. In alcuni casi è uno scansafatiche, che cerca di riposarsi, ma spesso è un papero dinamico, sempre impegnato in lunghe avventure in giro per il mondo o in solitario (ma sempre con i nipotini) o come accompagnatore del ricco zio Paperone. Nelle storie più brevi, poi, spesso il Paperino di Barks è operoso e volenteroso, impegnato in attività particolari e spesso abile come pochi. Esempio è Paperino e il rinoceronte dagli occhi rosa, dove Paperino è un abile arciere e viene assoldato da un professore di zoologia dell'Università di Paperopoli per catturare con frecce soporifere un raro rinoceronte.
La sua abilità, poi, raggiunge vette quasi artistiche in Paperino demolitore (la trama viene poi ripresa da Scarpa con esiti finali altrettanto disastrosi) dove viene sconfitto da una piccola, insognificante zanzara. In altri casi è la troppa voglia di fare che spinge Paperino a esagerare, come in Paperino e la Fiera di Paperopoli, dove il nostro amato papero ottiene un lavoro alla Fiera Mondiale solo per portare scompiglio e distruzione tra i visitatori.
In altri casi, invece, attraverso Paperino, il Maestro dell'Oregon lancia un messaggio nostalgico al passato, ad una vita più tranquilla, a lavori più semplici, come in Paperino traghettatore, dove il povero Paperino conduce un traghetto in un fiume pieno di motoscafi che, in pratica, gli riducono i passeggeri a una semplice mucca che paga con un secchio di latte i viaggi di andata e ritorno. E proprio nel finale, quando tutti sono costretti a prendere il traghetto di Paperino, questi fa mettere tutti in fila dietro alla dolce... Delizia: ditemi voi se questo non è un inno a una vita più semplice!
La sua abilità, poi, raggiunge vette quasi artistiche in Paperino demolitore (la trama viene poi ripresa da Scarpa con esiti finali altrettanto disastrosi) dove viene sconfitto da una piccola, insognificante zanzara. In altri casi è la troppa voglia di fare che spinge Paperino a esagerare, come in Paperino e la Fiera di Paperopoli, dove il nostro amato papero ottiene un lavoro alla Fiera Mondiale solo per portare scompiglio e distruzione tra i visitatori.
In altri casi, invece, attraverso Paperino, il Maestro dell'Oregon lancia un messaggio nostalgico al passato, ad una vita più tranquilla, a lavori più semplici, come in Paperino traghettatore, dove il povero Paperino conduce un traghetto in un fiume pieno di motoscafi che, in pratica, gli riducono i passeggeri a una semplice mucca che paga con un secchio di latte i viaggi di andata e ritorno. E proprio nel finale, quando tutti sono costretti a prendere il traghetto di Paperino, questi fa mettere tutti in fila dietro alla dolce... Delizia: ditemi voi se questo non è un inno a una vita più semplice!
martedì 26 agosto 2008
La catastrofe finale
Inizia come una nota da parte di fantomatici marziani (forse i discendenti dei primi coloni terrestri?) del ritrovamento su una Terra deserta e desolata, una cloaca dalla superficie radioattiva e invivibile, di un diario, il diario del premi-pulsanti X-127. E' Livello 7 di Mordecai Roshwald.
Lo si potrebbe definire tranquillamente il Gordon Pym della fantascienza, e ancora non si è detto nulla. Sicuramente la cappa di attesa che aleggia lungo le pagine del diario e il finale senza via di scampo lo accostano all'opera di Poe, ma l'intento di Roshwald è quello di allertarci dai pericoli di un conflitto atomico, e soprattutto di un conflitto completamente automatizzato.
La popolazione del Livello 7, poi, è tutta identificata da sigle alfanumeriche, per sottolineare la spersonalizzazione delle persone che dovranno lanciare le bombe contro il fantomatico nemico, e soprattutto per impedire ogni coinvolgimento emotivo. Lo dice lo stesso autore nelle appendici del libro:
Lo si potrebbe definire tranquillamente il Gordon Pym della fantascienza, e ancora non si è detto nulla. Sicuramente la cappa di attesa che aleggia lungo le pagine del diario e il finale senza via di scampo lo accostano all'opera di Poe, ma l'intento di Roshwald è quello di allertarci dai pericoli di un conflitto atomico, e soprattutto di un conflitto completamente automatizzato.
La popolazione del Livello 7, poi, è tutta identificata da sigle alfanumeriche, per sottolineare la spersonalizzazione delle persone che dovranno lanciare le bombe contro il fantomatico nemico, e soprattutto per impedire ogni coinvolgimento emotivo. Lo dice lo stesso autore nelle appendici del libro:
I guardiani dell'era nucleare devono essere pronti a mostrarsi ostili sia agli amici sia ai nemici, a seconda di cosa gli ordina il loro comando!E ancora:
Alcuni hanno rivolto a Livello 7 la critica che X-127 e i suoi compagni non si comportano come esseri umani. Nella loro personalità c'è scarsa profondità emotiva, per non parlare poi di ricerca spirituale. Di conseguenza, diversamente dagli eroi dei buoni romanzi, non suscitano la partecipazione del lettore. E' una critica comprensibile, perché il lettore ama identificarsi con i personaggi della storia anziché estraniarsi da loro come nel presente caso. Questo però è proprio l'effetto che cercavo di ottenere: nella comunità del Livello 7 non c'è posto per gli esseri umani nel normale senso della parola. E se per caso ne capita uno - X-117 ne è l'esempio - gli abili manipolatori dell'anima umana lo curano dalla sua anomalia.Comunque, pur se il romanzo può essere letto da entrambi i lati, è un romanzo nato e sviluppato negli Stati Uniti, e a questa realtà Roshwald si ispira:
lunedì 25 agosto 2008
Buona la prima!
Ancora un nuovo circuito per il mondiale, quello di Valencia, valido per il Gran Premio d'Europa 2008, ancora una vittoria per la Ferrari, quella di Felipe Massa, questa volta senza rotture, dominando sempre in testa dal primo all'ultimo giro, pit stop a parte. Rottura, però, c'è stata, e sulla vettura di Kimi Raikkonen: il campione del mondo, però, vuoi per una non perfetta partenza, ma comunque prevedibile visto che partiva dal 4.o posto, vuoi per una evidente impossibilità nell'attaccare il proprio avversario (nonostante tutto il circuito di Valencia è molto veloce, pur se molto lungo, con pochi punti dove si può tentare un attacco), il campione del mondo era solo 6.o in quel momento. La posizione, comunque, era dovuta non solo alla condotta di gara, ma anche a una frettolosa partenza dal box, quando la luce gialla del semaforo elettronico ha fatto, in un certo senso, andare in tilt la freddezza del finlandese, che così si è trascinato la macchina del rifornimento, travolgendo un meccanico. Momenti di tensione, risolti con un sospiro di sollievo per la salute dell'uomo in rosso, mentre Raikkonen, in questo modo, perdeva la sfida a distanza (vinta, per inciso, dai meccanici del Cavallino Rampante) con il connazionale Kovalainen, alla fine 4.0. Peccato per il motore, peccato per gli errori. Speriamo che certe situazioni non avvengano più, non solo perché fa piacere ad ogni tifoso Ferrari vedere entrambi i piloti in cima alla classifica, ma anche per il titolo costruttori.
Intanto Hamilton, 2.o al traguardo, si gode il primato nella classifica, con un vantaggio però di molto inferiore rispetto all'anno scorso (6 punti su Massa), e Kubica si gode il ritorno sul podio di un gp, in questo caso il 3.o posto, avvicinandosi in classifica a soli 2 punti dal campione del mondo, questa volta 3.o nel mondiale.
E ora restiamo in attesa del Gran Premio del Belgio, pista dove, forse, vedremo ritornare tra le prime posizioni Raikkonen e dove, speriamo di no, potrebbe giungere la solita pioggia.
Intanto Hamilton, 2.o al traguardo, si gode il primato nella classifica, con un vantaggio però di molto inferiore rispetto all'anno scorso (6 punti su Massa), e Kubica si gode il ritorno sul podio di un gp, in questo caso il 3.o posto, avvicinandosi in classifica a soli 2 punti dal campione del mondo, questa volta 3.o nel mondiale.
E ora restiamo in attesa del Gran Premio del Belgio, pista dove, forse, vedremo ritornare tra le prime posizioni Raikkonen e dove, speriamo di no, potrebbe giungere la solita pioggia.
sabato 23 agosto 2008
Criminali sensitivi
Se ancora la macchina del tempo è in preparazione, nel frattempo gli Invisibili sono in grado di saltare in altre epoche. Lo avevano già fatto con un rito magico in gruppo, ma questa volta, in Criminali sensitivi, viaggia in trance il solo King Mob. Si ritrova nella New York degli anni Venti per capire come funziona la Mano della Gloria, un oggetto mistico che sembra in grado di mettere in connessione uno con l'altro più tempi differenti. In questa occasione Morrison, ancora supportato da Jimenez, propone una bella avventura mistica tra leggende tribali della vecchia africa, riti indù e lotte anarchiche. Un'avventura veloce che scorre quasi come prologo a Campo di sterminio americano, sempre attraverso orrori lovecraftiani che continuano a fare da filo rosso a tutta la vicenda.
In quest'ultima avventura, Boy si dirige verso, sembra, un campo degli Arconti (o così sembra dalle prime pagine) per consegnare loro la Mano della Gloria. A parte gli intrecci dell'avventura (l'ultima disegnata da Jimenez), Morrison ripropone da una parte l'utilizzo di lingue artificiali per indurre programmazioni particolari all'interno del cervello umano, e dall'altra una citazione nemmeno tanto sottile di Orwell, sia con il controllo sulla popolazione, sia con una battuta finale di King Mob, parafrasi di una famosa frase della Fattoria degli Animali:
Ne viene fuori una storia claustrofobica che, oltre ad approfondire la vita di Boy, solleva il sipario su alcuni aspetti oscuri dell'organizzazione degli Invisibili, spesso frammentaria, con ogni cellula che agisce indipendentemente una dall'altra.
Per struttura e intrecci queste due nuove avventure confermano la qualità della seconda stagione degli Invisibili che, mi sembrerebbe strano il contrario, sembra giocare un ruolo fondamentale come fonte ispirativa di una delle serie più in voga del momento, la misterica Lost.
(continua)
Puntate precedenti:
* Rivoluzione invisibile
* Inferno in America
In quest'ultima avventura, Boy si dirige verso, sembra, un campo degli Arconti (o così sembra dalle prime pagine) per consegnare loro la Mano della Gloria. A parte gli intrecci dell'avventura (l'ultima disegnata da Jimenez), Morrison ripropone da una parte l'utilizzo di lingue artificiali per indurre programmazioni particolari all'interno del cervello umano, e dall'altra una citazione nemmeno tanto sottile di Orwell, sia con il controllo sulla popolazione, sia con una battuta finale di King Mob, parafrasi di una famosa frase della Fattoria degli Animali:
Tutti gli Invisibili sono eguali, ma alcuni sono più uguali degli altri, eh compagni?
Ne viene fuori una storia claustrofobica che, oltre ad approfondire la vita di Boy, solleva il sipario su alcuni aspetti oscuri dell'organizzazione degli Invisibili, spesso frammentaria, con ogni cellula che agisce indipendentemente una dall'altra.
Per struttura e intrecci queste due nuove avventure confermano la qualità della seconda stagione degli Invisibili che, mi sembrerebbe strano il contrario, sembra giocare un ruolo fondamentale come fonte ispirativa di una delle serie più in voga del momento, la misterica Lost.
(continua)
Puntate precedenti:
* Rivoluzione invisibile
* Inferno in America
venerdì 22 agosto 2008
La fortuna
Nelle storie di Barks uno degli aspetti più ambigui è sicuramente l'idea che il Maestro dell'Oregon ha della fortuna. Nell'ideazione di Amelia, che esordisce in Zio Paperone e la fattucchiera, la strega napoletana inizia la sua lotta con Paperone a causa della raccolta delle monete dei più ricchi del pianeta per creare un amuleto, un porta fortuna in grado di renderla ricca. In questo modo cadono le attenzioni della Fattucchiera che ammalia sulla Numero Uno di Paperone, la prima moneta da questi guadagnata. Essa, però, per Paperone non rappresenta il simbolo della sua fortuna, ma ha un valore affettivo: il fatto stesso che, però, sia la sua prima moneta lo rende, agli occhi di Amelia, un potente amuleto, indipendentemente dall'effettivo potere che essa possiede. Inizia una sfida sul filo della fortuna che periodicamente si rinnova, e che fa il paio con la precedente creazione di Gastone.
Il fortunato cugino di Paperino, era inevitabile prima o poi, si ritroverà a sfidare Paperone e il suo ingegno: ecco Zio Paperone e la barca d'oro. Nella storia di Barks viene riecheggiata una leggenda, quella di una nave d'oro che fa da sfondo del bel romanzo storico-avventuroso di Buticchi, La nave d'oro: alla fine della sfida, che si svolge in Alaska, Gastone vince, con una pepita acquistata da Paperone a Paperopoli dallo stesso Gastone e successivamente nascosta da Paperino e nipoti per farla trovare allo zione. Ovviamente il papero fortunato sfrutta il suo magico fluido e raccoglie i frutti immediati della sua fortuna, ma quei pochi minuti in più che ottiene in questo modo Paperone, anche se con un pizzico di fortuna, gli consentono di trovare una pepita mai vista prima, così grande da potervi costruire una barca in grado di navigare su un fiume. Qui alla fine sta l'ingegno del papero e quindi dell'uomo, che, aiutato o meno dal caso, è in grado di portare a suo favore situazioni difficili, risolvendo problemi come portare lungo il fiume una pepita gigante!
Che l'ingegno per Barks sia comunque importante è fondamentale per Barks, e prova ne è leggendo Paperino e l'oroscopo cinese. Usciti da un ristorante cinese, Paperino e nipotini leggono i loro bigliettini della fortuna:
per tutti e tre i nipotini,
per Paperino. E la differenza, alla fin fine, non la fa l'effettiva esattezza dell'oroscopo, ma il differente modo di affrontare la giornata da parte dei quattro paperi. Mentre Paperino, con eccessiva superiorità, si infile in un guaio via l'altro, agendo in maniera frenetica e facendosi prendere dall'invidia verso i nipotini e il cugino Gastone, i nipotini invece sfruttano le indicazioni dell'oroscopo come sprone, ottenendo il loro obiettivo finale, un aereoplano radiocomandato, proprio grazie alla loro fiducia nell'ottenere il loro piccolo obiettivo.
Non pensino, infatti, i lettori che Barks creda in maniera incondizionata all'oroscopo e alla fortuna, ma semplicemente indica al lettore come, spesso, delle semplici sproni possono dare ogni giorno la spinta per affrontare al meglio la giornata, cosa che Paperino, sovente, dimentica.
Il fortunato cugino di Paperino, era inevitabile prima o poi, si ritroverà a sfidare Paperone e il suo ingegno: ecco Zio Paperone e la barca d'oro. Nella storia di Barks viene riecheggiata una leggenda, quella di una nave d'oro che fa da sfondo del bel romanzo storico-avventuroso di Buticchi, La nave d'oro: alla fine della sfida, che si svolge in Alaska, Gastone vince, con una pepita acquistata da Paperone a Paperopoli dallo stesso Gastone e successivamente nascosta da Paperino e nipoti per farla trovare allo zione. Ovviamente il papero fortunato sfrutta il suo magico fluido e raccoglie i frutti immediati della sua fortuna, ma quei pochi minuti in più che ottiene in questo modo Paperone, anche se con un pizzico di fortuna, gli consentono di trovare una pepita mai vista prima, così grande da potervi costruire una barca in grado di navigare su un fiume. Qui alla fine sta l'ingegno del papero e quindi dell'uomo, che, aiutato o meno dal caso, è in grado di portare a suo favore situazioni difficili, risolvendo problemi come portare lungo il fiume una pepita gigante!
Che l'ingegno per Barks sia comunque importante è fondamentale per Barks, e prova ne è leggendo Paperino e l'oroscopo cinese. Usciti da un ristorante cinese, Paperino e nipotini leggono i loro bigliettini della fortuna:
Giornata favorevole! Troverete un portafortuna che esaudirà il vostro più grande desiderio!
per tutti e tre i nipotini,
Giornata nera! Vi conviene andare a casa a dormire!
per Paperino. E la differenza, alla fin fine, non la fa l'effettiva esattezza dell'oroscopo, ma il differente modo di affrontare la giornata da parte dei quattro paperi. Mentre Paperino, con eccessiva superiorità, si infile in un guaio via l'altro, agendo in maniera frenetica e facendosi prendere dall'invidia verso i nipotini e il cugino Gastone, i nipotini invece sfruttano le indicazioni dell'oroscopo come sprone, ottenendo il loro obiettivo finale, un aereoplano radiocomandato, proprio grazie alla loro fiducia nell'ottenere il loro piccolo obiettivo.
Non pensino, infatti, i lettori che Barks creda in maniera incondizionata all'oroscopo e alla fortuna, ma semplicemente indica al lettore come, spesso, delle semplici sproni possono dare ogni giorno la spinta per affrontare al meglio la giornata, cosa che Paperino, sovente, dimentica.
giovedì 21 agosto 2008
Narnia (3): Avventure per mare
Gli appassionati della saga dei Pirati dei Caraibi, con un brillante Johnny Depp, non resteranno delusi nonostante la saga, per il momento, non sembra destinata a proseguire. Il terzo e probabilmente futuro film de Le cronache di Narnia si svolge proprio sul mare: Il viaggio del veliero, terzo romanzo scritto da Lewis (1953), sesto nella cronologia interna, si svolge infatti sull'inesplorato mare dove dovrebbero trovarsi da qualche parte le terre di origine di Aslan e dove sette condottieri fedeli al padre di Caspian si erano diretti alla ricerca proprio del magico leone narniano. Questo il filo conduttore della nuova cerca nel fantastico mondo di Lewis, cerca alla quale partecipano al fianco di Caspian e del topo Ripicì anche Lucy, Edmund e il loro antipatico cugino Eustachio, che rappresenta in questo caso non già il mondo degli adulti, quanto il mondo moderno, complesso e codificato, a tratti sofisticato.
La nuova contrapposizione, infatti, è tra il modo semplice e schietto che hanno Lucy e Edmond nell'affrontare gli imprevisti e l'avventura, tipico di un vero e sano progresso, contro quello che invece viene comunemente detto progresso, ovvero i suoi effetti codificati e inquadrati, senza imprevisti. Proprio grazie all'avventura e agli imprevisti del viaggio per mare, Eustachio smusserà il suo carattere, tanto che tornato a casa, l'unica a trovarlo cambiato in peggio sarà la madre!
Comunque, nel complesso, l'avventura si caratterizza per essere da una parte l'ultima di Lucy e Edmund a Narnia, dall'altra per una serie di avventure fantastiche, divertenti, appassionanti e magiche attraverso un mare sconosciuto facendo scalo su isole strane, alcune anche terribili, abitate da personaggi particolari, un po' come in One Piece (anche se in quel caso la situazione è esplosa all'ennesima potenza!). Il finale e comunque il viaggio nel complesso ricorda un po' Il diario di Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe, ma una sua versione più magica e fantastica.
Una bella lettura consigliata non solo agli amanti del genere fantasy.
La nuova contrapposizione, infatti, è tra il modo semplice e schietto che hanno Lucy e Edmond nell'affrontare gli imprevisti e l'avventura, tipico di un vero e sano progresso, contro quello che invece viene comunemente detto progresso, ovvero i suoi effetti codificati e inquadrati, senza imprevisti. Proprio grazie all'avventura e agli imprevisti del viaggio per mare, Eustachio smusserà il suo carattere, tanto che tornato a casa, l'unica a trovarlo cambiato in peggio sarà la madre!
Comunque, nel complesso, l'avventura si caratterizza per essere da una parte l'ultima di Lucy e Edmund a Narnia, dall'altra per una serie di avventure fantastiche, divertenti, appassionanti e magiche attraverso un mare sconosciuto facendo scalo su isole strane, alcune anche terribili, abitate da personaggi particolari, un po' come in One Piece (anche se in quel caso la situazione è esplosa all'ennesima potenza!). Il finale e comunque il viaggio nel complesso ricorda un po' Il diario di Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe, ma una sua versione più magica e fantastica.
Una bella lettura consigliata non solo agli amanti del genere fantasy.
Le recensioni de Le cronache di Narnia:
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
mercoledì 20 agosto 2008
Inferno in America
La seconda stagione degli Invisibili è caratterizzata da tre elementi fondamentali: il primo sono gli splendidi disegni di Phil Jimenez (tutti gli altri disegnatori che si sono alternati al talentuoso erede di Perez sono risultati poco efficaci, come lo stesso Chris Weston, efficace su The Filth, e qui autore delle ultime due saghe della seconda stagione), il secondo le bellissime copertine di Brian Bolland, il terzo dall'ambientazione statunitense.
La seconda stagione inizia con Black Science, pubblicata originariamente in Italia in Inferno in America e presentata prima della prima stagione (le prime due stagioni sono state presentate in maniera abbastanza mescolata una all'altra, con il placet dello stesso Morrison, a quanto sembra): in questo caso il nostro gruppo di Invisibili preferiti, ospitati dal ricco industriale, Mason, impegnato nello sviluppo di teconologia avanzata, fanno una sortita in una base americana degli Arconti al confine con il Messico per recuperare la cura dell'AIDS.
Il prossimo passo, ne Il suono della fissione, è il viaggio nel tempo, i cui semi sono già stati piantati in Inferno in America: i nostri eroi devono recuperare i piani per la costruzione della macchina del tempo dal giovane fisico che lavora per Mason.
Mentre con Inferno in America Morrison propone ancora una volta una complessa teoria del complotto, con l'AIDS malattia artificiale diffusa tra le popolazioni più povere, e al tempo stesso punta il dito contro l'industria farmaceutica, che ha le cure per molte malattie ancora incurabili (almeno a suo dire). Certo il giro di affari sui farmaci è incredibilmente ricco, e spesso sui quotidiani si leggono di farmaci scaduti e cure costose che non sono alla portata di tutti, soprattutto dei paesi poveri e delle fasce di popolazione meno abbienti. D'altra parte la posizione della base consente a Morrison di citare Oppenheimer, uno dei più grandi fisici del XX secolo, direttore del Progetto Manhattan, e la sua tristemente famosa frase
Evidente il messaggio generale di Morrison: attenzione all'uso che si fa della scienza, essa potrebbe diventare... scienza nera!
Ovviamente non poteva mancare la stoccata politica:
Sono le parole del generale della base attaccata dagli Invisibili, cui fanno eco quelle di Quimper, nanetto con una maschera bianca che nasconde fattezze da mostro lovecraftiano:
Forse non ce ne siamo ancora accorti, ma già 10 e più anni fa Morrison ci avvisava delle armi con cui il potere controlla le persone: la paura e l'omologazione. Armi sottili, molto più sottili e subdole di quelle descritte da Orwell nel suo 1984, che stanno entrando nella quotidianità di ogni abitante. La Rivoluzione Invisibile, tra mostri lovecraftiani, teorie del complotto, complesse teorie mistiche, ustilizzo della fisica quantistica e in particolare della teoria delle stringhe (vedi in particolare Il suono della fissione), tra recensioni particolari di film d'avventura, ha cercato di fare la differenza. Se ci sia riuscita, non so. Certo oggi ancora ci sono persone che non vogliono farsi condizionare da un sistema sociale ed economico sbagliato, ma che ancora continua a dettare legge, fino all'esaurimento scorte!
Inferno in America e Il suono della fissione hanno, comunque, il pregio di approfondire la psicologia e la storia di King Mob e Ragged Robin, fornendoci soprattutto particolari fondamentali su quest'ultima, oltre a chiarire perfettamente chi siano gli Invisibili e i loro nemici, quale sia la loro lotta. Tecnicamente molte delle idee fantascientifiche (non la fine del tempo nel 2012, ovviamente!) sono prese non solo, o non tanto, dalla fantascienza classica, ma dall'ancora non verificata teoria delle stringhe, che tra le molte ipotesi per la nascita del nostro universo ha proprio la teoria illustrata da King Mob ne Il suono della fissione!
(continua)
Puntate precedenti:
* Rivoluzione Invisibile
La seconda stagione inizia con Black Science, pubblicata originariamente in Italia in Inferno in America e presentata prima della prima stagione (le prime due stagioni sono state presentate in maniera abbastanza mescolata una all'altra, con il placet dello stesso Morrison, a quanto sembra): in questo caso il nostro gruppo di Invisibili preferiti, ospitati dal ricco industriale, Mason, impegnato nello sviluppo di teconologia avanzata, fanno una sortita in una base americana degli Arconti al confine con il Messico per recuperare la cura dell'AIDS.
Il prossimo passo, ne Il suono della fissione, è il viaggio nel tempo, i cui semi sono già stati piantati in Inferno in America: i nostri eroi devono recuperare i piani per la costruzione della macchina del tempo dal giovane fisico che lavora per Mason.
Mentre con Inferno in America Morrison propone ancora una volta una complessa teoria del complotto, con l'AIDS malattia artificiale diffusa tra le popolazioni più povere, e al tempo stesso punta il dito contro l'industria farmaceutica, che ha le cure per molte malattie ancora incurabili (almeno a suo dire). Certo il giro di affari sui farmaci è incredibilmente ricco, e spesso sui quotidiani si leggono di farmaci scaduti e cure costose che non sono alla portata di tutti, soprattutto dei paesi poveri e delle fasce di popolazione meno abbienti. D'altra parte la posizione della base consente a Morrison di citare Oppenheimer, uno dei più grandi fisici del XX secolo, direttore del Progetto Manhattan, e la sua tristemente famosa frase
Sono diventato la morte. La morte che scompagina il mondo.
Evidente il messaggio generale di Morrison: attenzione all'uso che si fa della scienza, essa potrebbe diventare... scienza nera!
Ovviamente non poteva mancare la stoccata politica:
E' lei che ha reso grande questo paese, Quimper. Paura dei rossi, paura d'invecchiare, paura di fallire, paura del proprio vicino. Nel profondo vorremmo essere tutti uguali.
Sono le parole del generale della base attaccata dagli Invisibili, cui fanno eco quelle di Quimper, nanetto con una maschera bianca che nasconde fattezze da mostro lovecraftiano:
L'omogeneità è bella. La diversità va distrutta.
Forse non ce ne siamo ancora accorti, ma già 10 e più anni fa Morrison ci avvisava delle armi con cui il potere controlla le persone: la paura e l'omologazione. Armi sottili, molto più sottili e subdole di quelle descritte da Orwell nel suo 1984, che stanno entrando nella quotidianità di ogni abitante. La Rivoluzione Invisibile, tra mostri lovecraftiani, teorie del complotto, complesse teorie mistiche, ustilizzo della fisica quantistica e in particolare della teoria delle stringhe (vedi in particolare Il suono della fissione), tra recensioni particolari di film d'avventura, ha cercato di fare la differenza. Se ci sia riuscita, non so. Certo oggi ancora ci sono persone che non vogliono farsi condizionare da un sistema sociale ed economico sbagliato, ma che ancora continua a dettare legge, fino all'esaurimento scorte!
Inferno in America e Il suono della fissione hanno, comunque, il pregio di approfondire la psicologia e la storia di King Mob e Ragged Robin, fornendoci soprattutto particolari fondamentali su quest'ultima, oltre a chiarire perfettamente chi siano gli Invisibili e i loro nemici, quale sia la loro lotta. Tecnicamente molte delle idee fantascientifiche (non la fine del tempo nel 2012, ovviamente!) sono prese non solo, o non tanto, dalla fantascienza classica, ma dall'ancora non verificata teoria delle stringhe, che tra le molte ipotesi per la nascita del nostro universo ha proprio la teoria illustrata da King Mob ne Il suono della fissione!
(continua)
Puntate precedenti:
* Rivoluzione Invisibile
martedì 19 agosto 2008
Cose scritte e cose dette
Si sa, la calunnia è un venticello che cresce, cresce e alla fine porta guai a chi la subisce. Filippo "Pippo" Genuardi, protagonista de La concessione del telefono di un Andrea Camilleri in grandissima forma, sul finire del XIX secolo, fa richiesta per una concessione telefonica a uso personale che colleghi la sua segheria con la casa del suocero. Purtroppo per lui Genuardi fa la richiesta alla persona sbagliata: il Prefetto di Montelusa, il dottor Marascianno. Ad aggravare la situazione (il Marascianno è mentalmente instabile), sbaglia il nome del Prefetto, che diventa Parascianno: ciò non fa altro che alimentare la paranoia del Prefetto che si convince che il povero Genuardi, politicamente ignorante, sia un pericoloso sobillatore. Tale convinzione aumenta dopo le superficiali indagini dei carabinieri, mentre la pubblica sicurezza (la polizia) cerca in tutti i modi di evitare problemi a un innocente.
Nel frattempo Genuardi, intenzionato a tutti i costi a ottenere la concessione, non esita prima a chiedere aiuto a un vecchio amico, quindi a tradirlo per un mafioso quando l'aiuto del suo amico non si rivela sufficiente. Alla fine Genuardi si trova preso, quasi ignaro, tra carabinieri e prefetto da un lato, e la mafia dall'altro, il tutto tra gag e situazioni assurde, fino all'incredibile finale.
Tecnicamente il romanzo è quanto di più originale sia uscito in questi anni: alternando capitoli con lo scambio epistolare tra i protagonisti a capitoli di soli dialoghi senza alcuna descrizione, Camilleri costruisce un passo dopo l'altro una vicenda interessante e divertente, il tutto senza dimenticare il suo amato dialetto siciliano. I dialoghi, molto teatrali, sono poi così vividi e intensi che non hanno veramente bisogno di alcuna descrizione: un piccolo capolavoro che non può mancare nella libreria di nessun amante di Camilleri (e non solo!).
Nel frattempo Genuardi, intenzionato a tutti i costi a ottenere la concessione, non esita prima a chiedere aiuto a un vecchio amico, quindi a tradirlo per un mafioso quando l'aiuto del suo amico non si rivela sufficiente. Alla fine Genuardi si trova preso, quasi ignaro, tra carabinieri e prefetto da un lato, e la mafia dall'altro, il tutto tra gag e situazioni assurde, fino all'incredibile finale.
Tecnicamente il romanzo è quanto di più originale sia uscito in questi anni: alternando capitoli con lo scambio epistolare tra i protagonisti a capitoli di soli dialoghi senza alcuna descrizione, Camilleri costruisce un passo dopo l'altro una vicenda interessante e divertente, il tutto senza dimenticare il suo amato dialetto siciliano. I dialoghi, molto teatrali, sono poi così vividi e intensi che non hanno veramente bisogno di alcuna descrizione: un piccolo capolavoro che non può mancare nella libreria di nessun amante di Camilleri (e non solo!).
lunedì 18 agosto 2008
Laggù nel profondo
Lansdale non è solo un grande autore hard boiled, o western, ma in generale un autore pulp, nel senso che si occupa di un po' tutta la narrativa popolare. In questo caso, quello di Laggiù nel profondo, racconto lungo, esplora più generi in un colpo solo, realizzando un racconto di genere fantastico con supereroi, orrori infernali e magia. Un gruppo di eroi dai poteri straordinari scende, accompagnati da Virgilio (lo stesso della Divina Commedia di Dante, una delle fonti ispiratrici di Lansdale), nell'Inferno, in uno dei tanti Inferni, per uccidere Belzebù, salvare Satana e così riportare ogni cosa al suo posto, tanto all'Inferno quanto sulla Terra, avvolta da un irreversibile gelo.
L'autore statunitense alla fine costruisce una storia in cui interroga il lettore sulla fede e soprattutto sulla religione e sulla sua molteplicità (per ogni religione esiste un Inferno: e si scopre anche che esiste un Inferno personale creato da una sola persona, e questo perché quest'ultima crede così tanto e così fermamente in esso che, nonostante non sia legato ad alcuna religione, è stato previsto un piccolo posto anche per questo, di Inferno!).
Il racconto, giunto in Italia grazie alla bd, viene accompagnato da una graphic novel di Luca Crovi e Andrea Mutti che propongono una traspozione a fumetti del racconto di Lansdale. In questo caso la scelta è di raccontare la vicenda in prima persona (Jack, uno dei protagonisti, è anche il narratore), approfondendo alcuni aspetti (l'evocazione di Virgilio sulla Terra), ma alla fin fine soprassedendo sullo scontro finale con Belzebù, che risulta molto più rapido e superficiale di come lo aveva descritto Lansdale stesso. Anche nel corso della narrazione, in cui hanno un'ottima resa i disegni di Mutti, che si pone sulla linea grafica di Mignola, sono soventi le semplificazioni della vicenda: nonostante Crovi riesca a riprendere lo stile di Lansdale (in alcuni casi con battute forse più efficaci!), si resta con la sensazione di avere di fronte un racconto con molti, forse troppi buchi. Probabilmente le 44 pagine a disposizione dei due autori non erano alla fin fine sufficienti per confezionare un prodotto che se certo non sfigura nella media dei prodotti fumettistici, perde e non poco rispetto al racconto lansdaliano. Comunque da lodare l'inziativa della bd che porta in Italia, in un modo abbastanza originale e coraggioso di questi tempi e in questo mercato italiano, un racconto comunque divertente di uno degli autori più di cult e più bravi che al momento ci propone la letteratura statunitense.
L'autore statunitense alla fine costruisce una storia in cui interroga il lettore sulla fede e soprattutto sulla religione e sulla sua molteplicità (per ogni religione esiste un Inferno: e si scopre anche che esiste un Inferno personale creato da una sola persona, e questo perché quest'ultima crede così tanto e così fermamente in esso che, nonostante non sia legato ad alcuna religione, è stato previsto un piccolo posto anche per questo, di Inferno!).
Il racconto, giunto in Italia grazie alla bd, viene accompagnato da una graphic novel di Luca Crovi e Andrea Mutti che propongono una traspozione a fumetti del racconto di Lansdale. In questo caso la scelta è di raccontare la vicenda in prima persona (Jack, uno dei protagonisti, è anche il narratore), approfondendo alcuni aspetti (l'evocazione di Virgilio sulla Terra), ma alla fin fine soprassedendo sullo scontro finale con Belzebù, che risulta molto più rapido e superficiale di come lo aveva descritto Lansdale stesso. Anche nel corso della narrazione, in cui hanno un'ottima resa i disegni di Mutti, che si pone sulla linea grafica di Mignola, sono soventi le semplificazioni della vicenda: nonostante Crovi riesca a riprendere lo stile di Lansdale (in alcuni casi con battute forse più efficaci!), si resta con la sensazione di avere di fronte un racconto con molti, forse troppi buchi. Probabilmente le 44 pagine a disposizione dei due autori non erano alla fin fine sufficienti per confezionare un prodotto che se certo non sfigura nella media dei prodotti fumettistici, perde e non poco rispetto al racconto lansdaliano. Comunque da lodare l'inziativa della bd che porta in Italia, in un modo abbastanza originale e coraggioso di questi tempi e in questo mercato italiano, un racconto comunque divertente di uno degli autori più di cult e più bravi che al momento ci propone la letteratura statunitense.
domenica 17 agosto 2008
Alla lettera
Asterix: Getta la rete, Obelix!
Obelix: Agli ordini, capitano!
(E Obelix gettò letteralmente la rete in mare!)
(da Asterix in America, di Goscinny e Uderzo, dal volume Asterix e Obelix alla conquista del mondo, ed.Mondadori, trad.Luciana Marconcini)
Obelix: Agli ordini, capitano!
(E Obelix gettò letteralmente la rete in mare!)
(da Asterix in America, di Goscinny e Uderzo, dal volume Asterix e Obelix alla conquista del mondo, ed.Mondadori, trad.Luciana Marconcini)
sabato 16 agosto 2008
Narnia (2): Il principe Caspian
E' abbastanza scontato intitolare questo post con il titolo del secondo romanzo, nella cronologia di scrittura, del quarto nella cronologia interna della saga, che in questi giorni sta facendo il suo esordio al cinema con il secondo film tratto dai sette romanzi di Lewis.
Nella cronologia interna alla saga, lo precede Il cavallo e il ragazzo, pubblicato nel 1954, e quindi prima anche de Il nipote del mago, ma sicuramente dopo Il principe Caspian, che è del 1951. Questi due romanzi risultano stilisticamente e contenutisticamente superiori ai precedenti (aggiungendo, cioè, anche Il leone, la strega e l'armadio).
Mentre ne Il cavallo e il ragazzo viene raccontata una vicenda che avviene durante il regno di Peter, Susan, Edmund e Lucy, nel secondo viene narrato il ritorno dei quattro a Narnia per aiutare il principe Caspian, legittimo erede del trono del magico regno creato dal leone Aslan. Le due vicende si incastonano perfettamente e hanno in comune la battaglia con nemici e usurpatori. Esistono, però, anche alcune differenze. Innanzitutto Il cavallo e il ragazzo presenta un gusto orientale particolare: la cultura dei nemici, abitanti del paese di Calormen, è fondamentalmente islamica, o comunque orientale. Sembra quasi che, in un impianto fondamentalmente fantasy (Lewis crea una compagnia, con una missione, avvisare Narnia di una imminente incursione bellica), l'autore voglia proporre un confronto tra la cultura araba e quella occidentale (fondamentalmente cristiana e nordica), facendo pendere le sue preferenze, indipendentemente dalla vittoria finale, verso l'ultima: i regnanti di Calormen risultano alla fine piuttosto ipocriti e viscidi!
Il principe Caspian, invece, è da intendersi come una parabola della crescita: alla fine della guerra contro i nemici di Caspian, infatti, sono soprattutto i più giovani a voler restare a Narnia, mentre la maggior parte degli adulti preferiscono tornare sulla nostra Terra, luogo d'origine dei loro antenati. Anche in questo caso l'impianto fantasy, con una compagnia con la missione di raggiungere Caspian, fa da struttura portante a tutto il romanzo: a questo viene aggiunta una battaglia e anche un duello, con tanto di tradimento finale.
In definitiva Il cavallo e il ragazzo e Il principe Caspian rappresentano sia nei contenuti sia nella tecnica narrativa una crescita rispetto a Il nipote del mago e Il leone, la strega e l'armadio, nonostante un piccolo difetto nel finale: Peter e Susan sono alla loro ultima avventura a Narnia, in quanto i più grandi tra i quattro fratelli. Loro due non potranno tornare, mentre Edmund e Lucy vivranno ancora un'altra avventura. Tale limite potrebbe sembrare logico, se non fosse che gli avi di Caspian e del suo popolo giunsero a Narnia proprio da adulti!
Forse in questo caso, nella sua idea di contrappore la spensieratezza e la spontaneità dell'età giovanile alle paure, i timori, la razionalità dell'età adulta (rappresentati dai timori delle foreste, dove potrebbero nascondersi gli animali parlanti di Narnia, e del mare, da cui potrebbe venire Aslan, il leone di Narnia), Lewis si è lasciato eccessivamente trasportare, sottolineando quelle differenze in modo sbrigativo e superficiale.
Nonostante questo, però, resta comunque un buonissimo romanzo che, probabilmente (e senza aver visto nessuno dei due film!) al cinema rende meglio del precedente Il leone, la strega e l'armadio.
Nella cronologia interna alla saga, lo precede Il cavallo e il ragazzo, pubblicato nel 1954, e quindi prima anche de Il nipote del mago, ma sicuramente dopo Il principe Caspian, che è del 1951. Questi due romanzi risultano stilisticamente e contenutisticamente superiori ai precedenti (aggiungendo, cioè, anche Il leone, la strega e l'armadio).
Mentre ne Il cavallo e il ragazzo viene raccontata una vicenda che avviene durante il regno di Peter, Susan, Edmund e Lucy, nel secondo viene narrato il ritorno dei quattro a Narnia per aiutare il principe Caspian, legittimo erede del trono del magico regno creato dal leone Aslan. Le due vicende si incastonano perfettamente e hanno in comune la battaglia con nemici e usurpatori. Esistono, però, anche alcune differenze. Innanzitutto Il cavallo e il ragazzo presenta un gusto orientale particolare: la cultura dei nemici, abitanti del paese di Calormen, è fondamentalmente islamica, o comunque orientale. Sembra quasi che, in un impianto fondamentalmente fantasy (Lewis crea una compagnia, con una missione, avvisare Narnia di una imminente incursione bellica), l'autore voglia proporre un confronto tra la cultura araba e quella occidentale (fondamentalmente cristiana e nordica), facendo pendere le sue preferenze, indipendentemente dalla vittoria finale, verso l'ultima: i regnanti di Calormen risultano alla fine piuttosto ipocriti e viscidi!
Il principe Caspian, invece, è da intendersi come una parabola della crescita: alla fine della guerra contro i nemici di Caspian, infatti, sono soprattutto i più giovani a voler restare a Narnia, mentre la maggior parte degli adulti preferiscono tornare sulla nostra Terra, luogo d'origine dei loro antenati. Anche in questo caso l'impianto fantasy, con una compagnia con la missione di raggiungere Caspian, fa da struttura portante a tutto il romanzo: a questo viene aggiunta una battaglia e anche un duello, con tanto di tradimento finale.
In definitiva Il cavallo e il ragazzo e Il principe Caspian rappresentano sia nei contenuti sia nella tecnica narrativa una crescita rispetto a Il nipote del mago e Il leone, la strega e l'armadio, nonostante un piccolo difetto nel finale: Peter e Susan sono alla loro ultima avventura a Narnia, in quanto i più grandi tra i quattro fratelli. Loro due non potranno tornare, mentre Edmund e Lucy vivranno ancora un'altra avventura. Tale limite potrebbe sembrare logico, se non fosse che gli avi di Caspian e del suo popolo giunsero a Narnia proprio da adulti!
Forse in questo caso, nella sua idea di contrappore la spensieratezza e la spontaneità dell'età giovanile alle paure, i timori, la razionalità dell'età adulta (rappresentati dai timori delle foreste, dove potrebbero nascondersi gli animali parlanti di Narnia, e del mare, da cui potrebbe venire Aslan, il leone di Narnia), Lewis si è lasciato eccessivamente trasportare, sottolineando quelle differenze in modo sbrigativo e superficiale.
Nonostante questo, però, resta comunque un buonissimo romanzo che, probabilmente (e senza aver visto nessuno dei due film!) al cinema rende meglio del precedente Il leone, la strega e l'armadio.
Le recensioni de Le cronache di Narnia:
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
venerdì 15 agosto 2008
giovedì 14 agosto 2008
Rivoluzione Invisibile
Tornato da Milano con una serie di volumi sugli Invisibili, per poterli leggere senza nulla perdere della narrazione di Morrison, inizio con la rilettura di tutta l'opera (unico volume della serie a mancarmi è Entropy in the U.K. - speriamo che la Planeta decida di ristampare anche questa serie!). Il primo volume, Rivoluzione Invisibile, conferma anche in questa nuova rilettura, tutto il suo valore: costituito da due saghe, Su e giù tra Inferno e Paradiso, dove facciamo conoscenza con i componenti del gruppo e con la loro nuova recluta, e Arcadia, complessa avventura che inizia con un mistico viaggio nel tempo, è l'inizio roboante di una delle saghe più belle mai uscite per l'etichetta Vertigo.
In Su e giù tra Inferno e Paradiso evidente è l'ispirazione di Arancia meccanica (film e romanzo): Dane, il futuro Jack Frost, è un piccolo teppista che finisce in un istituto di correzione minorile dove cercheranno di reindirizzarlo nella società. Le parole del giudice che commina la pena a Dane e gli intenti dell'istituto riecheggiano proprio il romanzo di Burgess, salvo poi passare alla deriva fantascientifica: quell'istituto è gestito dai nemici degli Invisibili, che cercano di preparare un mondo omologato e pronto per l'invasione da parte degli Arconti, una sorta di demoni lovecraftiani che, si scoprirà in seguito, provengono da un universo alternativo. Dopo questo inizio, comincerà per Dane la fuga e l'addestramento magico, di cui molti aspetti verranno poi chiariti nella saga conclusiva della prima stagione, L'ultima tentazione di Jack, dove il nostro piccolo mistico dovrà salvare alcuni componenti della cellula Invisibile catturati dai loro nemici. Tra questi due volumi c'è, come detto, Entropy in the U.K., che mi manca, e Vite invisibili, costituito dall'epologo di Arcadia (la seconda saga di Rivoluzione Invisibile), dal prologo all'Ultima tentazione di Jack, e da alcuni episodi slegati tra loro, ma importanti per la comprensione di tutta la vicenda che sta sviluppando Morrison.
A questo punto, però, è giunto il momento di parlare di Arcadia. La bella storia di Morrison è ambientata all'inizio nella Francia del Terrore, in quel periodo in cui nessuna testa era veramente al sicuro. L'obiettivo è recuperare il barone De Sade, ma qualcosa va storto, e così mentre un gruppo si trova rinchiuso in una cartolina a dover rivivere una interpretazione moderna dell'opera di De Sade, Ragged Robin finisce a Rennes le Chateau a parlare con la testa di Giovanni Battista (secondo Morrison è questo il segreto che ha arricchito Sauniere!), e nel nostro tempo Jack e Lord Fanny devono combattere contro uno spietato killer di un'altra dimensione. In mezzo a tutto questo Morrison inserisce anche alcuni flash incentrati su Lord Byron e sul poeta Shelly, il marito di Mary l'autrice di Frankenstein.
Arcadia alla fine della lettura è una vera e propria opera multimediale, ricca di spunti e idee, fondamentalmente anarchiche e comunque critiche contro una certa società omologante e alienante. E' questo il filo rosso di tutta l'opera di Morrison, che si va a mescolare con le più letterarie idee su un complotto mondiale per portare l'Apocalisse in Terra il prima possibile, tutte basate sulle più disparate teorie e leggende mistiche, come la fine del tempo (non del mondo o dell'universo!) il 21 Dicembre del 2012... ma questa è un'altra storia!
Ultima nota: ne L'ultima tentazione di Jack si inizia a intravedere un ingrendiente importante della seconda stagione: il linguaggio, come fonte di potere e controllo. In particolare in questo volume King Mob utilizza una sorta di meta linguaggio con il quale è stato infettato, la Chiave 17, che riecheggia il Babel-17 di delaniana memoria, linguaggio che conferiva alla protagonista del romanzo poteri telepatici e un'elevata velocità di pensiero, un po' come avviene allo stesso King Mob in una scena della storia.
(continua)
In Su e giù tra Inferno e Paradiso evidente è l'ispirazione di Arancia meccanica (film e romanzo): Dane, il futuro Jack Frost, è un piccolo teppista che finisce in un istituto di correzione minorile dove cercheranno di reindirizzarlo nella società. Le parole del giudice che commina la pena a Dane e gli intenti dell'istituto riecheggiano proprio il romanzo di Burgess, salvo poi passare alla deriva fantascientifica: quell'istituto è gestito dai nemici degli Invisibili, che cercano di preparare un mondo omologato e pronto per l'invasione da parte degli Arconti, una sorta di demoni lovecraftiani che, si scoprirà in seguito, provengono da un universo alternativo. Dopo questo inizio, comincerà per Dane la fuga e l'addestramento magico, di cui molti aspetti verranno poi chiariti nella saga conclusiva della prima stagione, L'ultima tentazione di Jack, dove il nostro piccolo mistico dovrà salvare alcuni componenti della cellula Invisibile catturati dai loro nemici. Tra questi due volumi c'è, come detto, Entropy in the U.K., che mi manca, e Vite invisibili, costituito dall'epologo di Arcadia (la seconda saga di Rivoluzione Invisibile), dal prologo all'Ultima tentazione di Jack, e da alcuni episodi slegati tra loro, ma importanti per la comprensione di tutta la vicenda che sta sviluppando Morrison.
A questo punto, però, è giunto il momento di parlare di Arcadia. La bella storia di Morrison è ambientata all'inizio nella Francia del Terrore, in quel periodo in cui nessuna testa era veramente al sicuro. L'obiettivo è recuperare il barone De Sade, ma qualcosa va storto, e così mentre un gruppo si trova rinchiuso in una cartolina a dover rivivere una interpretazione moderna dell'opera di De Sade, Ragged Robin finisce a Rennes le Chateau a parlare con la testa di Giovanni Battista (secondo Morrison è questo il segreto che ha arricchito Sauniere!), e nel nostro tempo Jack e Lord Fanny devono combattere contro uno spietato killer di un'altra dimensione. In mezzo a tutto questo Morrison inserisce anche alcuni flash incentrati su Lord Byron e sul poeta Shelly, il marito di Mary l'autrice di Frankenstein.
Arcadia alla fine della lettura è una vera e propria opera multimediale, ricca di spunti e idee, fondamentalmente anarchiche e comunque critiche contro una certa società omologante e alienante. E' questo il filo rosso di tutta l'opera di Morrison, che si va a mescolare con le più letterarie idee su un complotto mondiale per portare l'Apocalisse in Terra il prima possibile, tutte basate sulle più disparate teorie e leggende mistiche, come la fine del tempo (non del mondo o dell'universo!) il 21 Dicembre del 2012... ma questa è un'altra storia!
Ultima nota: ne L'ultima tentazione di Jack si inizia a intravedere un ingrendiente importante della seconda stagione: il linguaggio, come fonte di potere e controllo. In particolare in questo volume King Mob utilizza una sorta di meta linguaggio con il quale è stato infettato, la Chiave 17, che riecheggia il Babel-17 di delaniana memoria, linguaggio che conferiva alla protagonista del romanzo poteri telepatici e un'elevata velocità di pensiero, un po' come avviene allo stesso King Mob in una scena della storia.
(continua)
mercoledì 13 agosto 2008
Gara di storie (4): La storia della tessitrice e del pastorello
La tessitrice e il pastorello vivevano sulle due sponde del grande Fiume di Nuvole. Non potevano parlarsi, né vedersi. Ma affidavano i loro messaggi d'amore a una gru azzurra, che poteva volare sopra il fiume di Nuvole. Così per anni si amarono, scambiandosi poesie, e offerte d'amore, e giuramenti di fedeltà. Un giorno ci fu una bufera nel fiume di nuvole, e lampi e tuoni, e il fiume di nuvole si diradò. La tessitrice e il pastorello, finalmente, potevano vedersi e parlarsi. Camminarono uno incontro all'altro e videro a terra la gru azzurra, che nella bufera era morta, e giaceva lì, povero sacco di penne.
'Ahimè,' disse il pastorello, 'ora che possiamo incontrarci, come vedi il nostro amore è morto.'
(storia di Mei, da Terra! di Stefano Benni)
'Ahimè,' disse il pastorello, 'ora che possiamo incontrarci, come vedi il nostro amore è morto.'
(storia di Mei, da Terra! di Stefano Benni)
martedì 12 agosto 2008
Linguaggio macchina
Uno strano codice sembra essere collegato con una serie di attacchi che l'Alleanza subisce da parte degli Invasori. Solo una giovane poetessa, esperta di codici e linguaggi, potrebbe essere in grado di comprendere il codice che si nasconde dietro Babel-17, romanzo di Samuel R. Delany nonché nome in codice di quello che si rivelerà in seguito come una nuova lingua. Una lingua molto particolare, però, una sorta di lingua artificiale, un sofisticato linguaggio macchina in grado di riprogrammare gli stessi esseri umani, oltre a fornire loro una velocità di calcolo, osservazione, pensiero elevatissima. Delany costruisce una vicenda bella, intensa, interessante, originale, brillante e divertente. Dietro i personaggi e la loro vicenda, Delany, scrittore fantascientifico afroamericano, nasconde da una parte un messaggio di uguaglianza comunque tipicamente fantascientifico (gli equipaggi che si incontrano nel corso del romanzo hanno una varietà etnica terrestre estremamente alta), quindi l'idea importante che la capacità di comprensione tra culture passi attraverso la capacità di comprensione delle lingue di ciascuno, e infine quasi la speranza che gli esseri umani siano in grado di sviluppare nel futuro un sistema di comunicazione analitico in grado di far vedere in maniera lucida gli errori della storia. L'impresa è ardua e solo, come nella fantascienza di Van Vogt, persone dai grandi poteri e dalla grande personalità saranno in grado di riuscire. A differenza di Van Vogt, però, per Delany gli eroi non possono riuscire da soli, e da qui nasce la costruzione di una serie di personaggi efficaci e vividamente realistici, nonostante le particolarità del futuro descritto.
Un bellissimo romanzo che non può mancare nella collezione di ogni appassionato del genere.
Un bellissimo romanzo che non può mancare nella collezione di ogni appassionato del genere.
lunedì 11 agosto 2008
Il Valhalla cosmico
Nel 1962 faceva il suo esordio il mitico Thor, o per meglio dire la versione Marvel della divinità nordica Thor, dio del tuono, che con il suo magico martello era in grado di controllare le tempeste. Figlio di Odino, nella versione Marvel il suo spirito era ospitato nel corpo del dottor Blake, zoppo, che battendo il suo bastone a terra si trasformava immediatamente nella mitica divinità. Lo sposalizio tra eroi mitologici e supereroi trova in questa occasione il suo massimo apice: certo Wonder Woman l'aveva preceduto, e in un certo senso, anche se non in maniera così evidente, anche altri supereroi, primo fra tutti il Capitan Marvel della Fawcett (successivamente assorbita dalla DC Comics). Nel 1961, però, circa un anno prima di Stan Lee (che aveva una particolare predilezione per il cartoonist di cui tra poco vi parlerò, tanto che personalmente sospetto che proprio la sua storia ispirò il sorridente per il suo Thor) e Jack Kirby vennero preceduti da un indiscusso Maestro dei comic books, proveniente dall'Oregon: Carl Barks!
In Zio Paperone e il Valhalla cosmico, l'Uomo dei Paperi prende simpaticamente in giro la mitologia, il supereroismo, una certa propensione a prendere troppo sul serio i miti e le leggende. Vicino alla Terra, in particolare vicino a Paperopoli, si sta avvicinando un oggetto misterioso, che influenza i campi elettrici e magnetici, tanto che i nostri paperi vengono risucchiati verso questo corpo, che si rivela un pianeta errante, detto Valhalla, dove dimorano una serie di figure mitiche, tra panteon nordici e mediterranei: sono proprio gli abitanti di questo pianeta, che in luogo di poteri mistici posseggono poteri tecnologici (compreso il martello di Thor!), ad aver ispirato le leggende della Terra. Così Barks realizza una divertente avventura mettendo a confronto i miti dell'antichità, visti con sguardo disincantato, con dei piccoli miti del mondo di oggi, come erano e sono tutt'ora i suoi paperi di Paperopoli!
In Zio Paperone e il Valhalla cosmico, l'Uomo dei Paperi prende simpaticamente in giro la mitologia, il supereroismo, una certa propensione a prendere troppo sul serio i miti e le leggende. Vicino alla Terra, in particolare vicino a Paperopoli, si sta avvicinando un oggetto misterioso, che influenza i campi elettrici e magnetici, tanto che i nostri paperi vengono risucchiati verso questo corpo, che si rivela un pianeta errante, detto Valhalla, dove dimorano una serie di figure mitiche, tra panteon nordici e mediterranei: sono proprio gli abitanti di questo pianeta, che in luogo di poteri mistici posseggono poteri tecnologici (compreso il martello di Thor!), ad aver ispirato le leggende della Terra. Così Barks realizza una divertente avventura mettendo a confronto i miti dell'antichità, visti con sguardo disincantato, con dei piccoli miti del mondo di oggi, come erano e sono tutt'ora i suoi paperi di Paperopoli!
domenica 10 agosto 2008
[566]
Gemeva per la sete, moribonda,
una tigre. E io cercai nella sabbia -
raccolsi alcune gocce da una roccia
e le portai in mano.
La morte aveva coperto i suoi forti
occhi d'un velo, ma osservando bene
vidi un'immagine d'acqua e di me -
impressa nella retina.
Non ebbi colpa io che corsi piano -
non ebbe colpa lei che morì
mentre ero ormai sul punto di raggiungerla -
la colpa fu - il fatto che era morta.
(di Emily Dickinson, trad. Alessandro Quattrone)
una tigre. E io cercai nella sabbia -
raccolsi alcune gocce da una roccia
e le portai in mano.
La morte aveva coperto i suoi forti
occhi d'un velo, ma osservando bene
vidi un'immagine d'acqua e di me -
impressa nella retina.
Non ebbi colpa io che corsi piano -
non ebbe colpa lei che morì
mentre ero ormai sul punto di raggiungerla -
la colpa fu - il fatto che era morta.
(di Emily Dickinson, trad. Alessandro Quattrone)
sabato 9 agosto 2008
Narnia (1): Magi, nipoti e armadi
Le Cronache di Narnia è una saga fantasy scritta da C.S.Lewis principalmente per l'infanzia: ciò non vuol dire che non possa essere letta a tutte le età. Come dice lo stesso Lewis nel saggio che conclude il volume che raccoglie tutti e sette i romanzi delle Cronache, molte delle storie per l'infanzia che egli ha letto sono però state da lui apprezzate solo in tarda età, e questo perché un vero lettore appassionato non ha età e può e deve apprezzare un libro ben scritto indipendentemente dal pubblico cui è rivolto, nelle intenzioni dell'autore o di chi per lui.
Nonostante tutto, però, una certa differenza tra il fantasy per l'infanzia e quello per gli adulti è, comunque, presente: al primo genere certo appartengono le favole, al secondo, ad esempio, lo sword & sorcery. Tra questi due diversi modi di intendere il fantasy (certo oziosi di per sé: se un'opera fantasy è valida, lo è indipendentemente dall'età dello scrittore e del lettore) la favola è sicuramente il più complesso. Un racconto favolistico, infatti, deve unire ad una facilità nel racconto una complessità del messaggio che propone per il racconto differenti livelli di lettura, questi sì comprensibili a differenti età, ma solo per il differente bagaglio di esperienze che il lettore si suppone faccia. Non è esente da questo discorso la saga di Narnia: tecnicamente sia Il nipote del mago, sia Il leone, la strega e l'armadio, sono scritti in maniera semplice e scorrevole, molto colloquiale, in maniera tale che un lettore di qualsiasi età possa facilmente seguire la vicenda.
Tutto inizia con Il leone, la strega e l'armadio, uscito nel 1950, divenuto poi il secondo romanzo nella cronologia interna dopo l'uscita de Il nipote del mago nel 1955, dove vengono raccontate le origini di Narnia e della Strega Bianca, la nemica dei piccoli fratelli inglesi protagonisti de Il leone, la strega e l'armadio. Così, con una tecnica oggi molto in voga, quella dei prequel, Lewis introduce Narnia, che nasce dal canto di Aslan, il leone del primo romanzo, e ci racconta come e perché il magico armadio consente di arrivare nel fantastico mondo parallelo al nostro. Già leggendo questi primi due romanzi nell'ordine cronologico ci si rende conto come buona parte del fantasy odierno deve molto a questo grande autore britannico, amico di Tolkien, che condivide con lui la fondazione effettiva del genere (escludendo il bagaglio favolistico dell'umanità o lo sword & sorcery che compete all'altrettanto abile Howard): mondi paralleli, magia, battaglie, male e bene che si fronteggiano. La saga, scritta nell'atmosfera bellica della Seconda Guerra Mondiale, e quindi da essa inevitabilmente influenzata, vuole essere al tempo stesso una fuga da quegli orrori e un modo per scongiurarli, almeno per le generazioni future. Significativi gli inviti di Aslan sia ne Il nipote del mago, sia ne Il leone, la strega e l'armadio, ai bambini protagonisti: attenzione al futuro, ricerca di una via della pace.
La saga, comunque, dopo il successo del primo romanzo, è ovviamente proseguita, ma degli altri romanzi avremo modo di parlare in seguito: alternando un romanzo con uno di altro genere, Narnia dovrebbe tenermi compagnia per tutto agosto, con le sue magie e le sue meraviglie.
Nonostante tutto, però, una certa differenza tra il fantasy per l'infanzia e quello per gli adulti è, comunque, presente: al primo genere certo appartengono le favole, al secondo, ad esempio, lo sword & sorcery. Tra questi due diversi modi di intendere il fantasy (certo oziosi di per sé: se un'opera fantasy è valida, lo è indipendentemente dall'età dello scrittore e del lettore) la favola è sicuramente il più complesso. Un racconto favolistico, infatti, deve unire ad una facilità nel racconto una complessità del messaggio che propone per il racconto differenti livelli di lettura, questi sì comprensibili a differenti età, ma solo per il differente bagaglio di esperienze che il lettore si suppone faccia. Non è esente da questo discorso la saga di Narnia: tecnicamente sia Il nipote del mago, sia Il leone, la strega e l'armadio, sono scritti in maniera semplice e scorrevole, molto colloquiale, in maniera tale che un lettore di qualsiasi età possa facilmente seguire la vicenda.
Tutto inizia con Il leone, la strega e l'armadio, uscito nel 1950, divenuto poi il secondo romanzo nella cronologia interna dopo l'uscita de Il nipote del mago nel 1955, dove vengono raccontate le origini di Narnia e della Strega Bianca, la nemica dei piccoli fratelli inglesi protagonisti de Il leone, la strega e l'armadio. Così, con una tecnica oggi molto in voga, quella dei prequel, Lewis introduce Narnia, che nasce dal canto di Aslan, il leone del primo romanzo, e ci racconta come e perché il magico armadio consente di arrivare nel fantastico mondo parallelo al nostro. Già leggendo questi primi due romanzi nell'ordine cronologico ci si rende conto come buona parte del fantasy odierno deve molto a questo grande autore britannico, amico di Tolkien, che condivide con lui la fondazione effettiva del genere (escludendo il bagaglio favolistico dell'umanità o lo sword & sorcery che compete all'altrettanto abile Howard): mondi paralleli, magia, battaglie, male e bene che si fronteggiano. La saga, scritta nell'atmosfera bellica della Seconda Guerra Mondiale, e quindi da essa inevitabilmente influenzata, vuole essere al tempo stesso una fuga da quegli orrori e un modo per scongiurarli, almeno per le generazioni future. Significativi gli inviti di Aslan sia ne Il nipote del mago, sia ne Il leone, la strega e l'armadio, ai bambini protagonisti: attenzione al futuro, ricerca di una via della pace.
La saga, comunque, dopo il successo del primo romanzo, è ovviamente proseguita, ma degli altri romanzi avremo modo di parlare in seguito: alternando un romanzo con uno di altro genere, Narnia dovrebbe tenermi compagnia per tutto agosto, con le sue magie e le sue meraviglie.
Le recensioni de Le cronache di Narnia:
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
(1) Magi, nipoti e armadi | (2) Il principe Caspian | (3) Avventure per mare | (4) Il finale
venerdì 8 agosto 2008
Pechino 2008
Con l'avvicinarsi dell'inizio delle Olimpiadi, stanno iniziando proclami da parte di alcuni politici, con curriculum non proprio folto, inviti al boicottaggio della cerimonia inaugurale. La politica italiana, insomma, con una parte ha invitato la nostra delegazione a non presentarsi alla cerimonia inaugurale e con un'altra esprime il suo dissenso per la proposta. Intanto un rappresentante, chiunque esso sia, del governo e uno dello sport italiano saranno presenti alla stessa cerimonia in un paese che è stato accusato di non rispettare i diritti umani, che è stato anche accusato di non rispettare accordi commerciali, che in buona sostanza si è inserito perfettamente in un sistema economico oggi sempre più in discussione, anche grazie alle sue politiche aggressive, e che sta portando sull'orlo del collasso il sistema mondiale.
A tutto questo aggiungerei un fatto interessante (e ridicolo, se si vuole): in questi ultimi 20 anni l'opposizione (italiana, ma non solo) ha sempre criticato il governo per gli accordi commerciali e politici con la Cina: e ricordiamoci a questo punto che l'opposizione, in Italia, è cambiata almeno quattro volte!
E così, oggi, alla vigilia di un'Olimpiade tra le più commerciali in assoluto, ci troviamo di fronte ad una gran quantità di ipocrisia mondiale, che prima con le prioprie grandi industrie, quasi tutte accusate di non rispettare i diritti umani in una qualche parte del mondo, ha spinto per andare a Pechino nel 2008, e poi decide che forse esiste un problema in Cina.
Era un'Olimpiade che non doveva farsi in Cina, ma che i soldi hanno portato lì. E ora non si può fare altro se non onorarla.
E speriamo bene per i nostri atleti e la sicurezza di tutti!
A tutto questo aggiungerei un fatto interessante (e ridicolo, se si vuole): in questi ultimi 20 anni l'opposizione (italiana, ma non solo) ha sempre criticato il governo per gli accordi commerciali e politici con la Cina: e ricordiamoci a questo punto che l'opposizione, in Italia, è cambiata almeno quattro volte!
E così, oggi, alla vigilia di un'Olimpiade tra le più commerciali in assoluto, ci troviamo di fronte ad una gran quantità di ipocrisia mondiale, che prima con le prioprie grandi industrie, quasi tutte accusate di non rispettare i diritti umani in una qualche parte del mondo, ha spinto per andare a Pechino nel 2008, e poi decide che forse esiste un problema in Cina.
Era un'Olimpiade che non doveva farsi in Cina, ma che i soldi hanno portato lì. E ora non si può fare altro se non onorarla.
E speriamo bene per i nostri atleti e la sicurezza di tutti!
giovedì 7 agosto 2008
Assedio
In questi giorni di caldo (ed è il primo assedio), un gruppo di criminali, utilizzando l'auto, sta iniziando a sfondare le vetrine dei negozi (o forse si dovrebbe dire ricomincia a sfondare le vetrine, poiché alcuni anni fa ci provarono già una prima volta): hanno iniziato da un negozio di vestiti, ma forse le telecamere esterne a circuito chiuso di una vicina gioielleria sono riuscite a riprendere i ladri (certo: quando si parla di un ricco negozio di vestiti, quando i ladri sono riusciti a portare via una settantina di capi, si parla di rapina, quando invece l'esercizio commerciale è un semplice bar, quando la rapina non va completamente a buon fine - più i danni che il furto - e questo perché la saracinesca è abbassata e la porta montata è ottima, non si può parlare di rapina ma di intimidazione, pur se intimidazione non era!).
E intanto, giusto per non dimenticare che ci sono degli interessi anche nella propria zona, ricominciano le intimidazioni, rivolte in questo caso ai cantieri edili presenti in città. Intimidazioni scoperte dagli investigatori non certo grazie all'aiuto degli... intimiditi, che anzi negano, a quanto pare anche di fronte all'evidenza!
E' così che si fa! Bisogna negare! Anche perché se lo fanno nelle ricche città del nord, come Milano (dove ammettere la presenza della criminalità organizzata, 'ndrangheta in testa, sarebbe come veder crollare completamente la propria economia), perché non dovremmo continuare noi sulla strada dell'omertà, che l'abbiamo inventata, per paura, per servilismo, per chissà cos'altro?
E intanto, giusto per non dimenticare che ci sono degli interessi anche nella propria zona, ricominciano le intimidazioni, rivolte in questo caso ai cantieri edili presenti in città. Intimidazioni scoperte dagli investigatori non certo grazie all'aiuto degli... intimiditi, che anzi negano, a quanto pare anche di fronte all'evidenza!
E' così che si fa! Bisogna negare! Anche perché se lo fanno nelle ricche città del nord, come Milano (dove ammettere la presenza della criminalità organizzata, 'ndrangheta in testa, sarebbe come veder crollare completamente la propria economia), perché non dovremmo continuare noi sulla strada dell'omertà, che l'abbiamo inventata, per paura, per servilismo, per chissà cos'altro?
mercoledì 6 agosto 2008
Hanno sete
L'efficacia di un'opera letteraria è spesso legata innanzitutto a un titolo efficace, quindi alla trama e all'abilità dell'autore di sviluppare la stessa, indipendentemente da eventuali errori dell'autore stesso nei piccoli particolari che compongono l'opera. E' questo sicuramente il caso di Io uccido, il romanzo di Giorgio Faletti che entra così di gran carriera nel filone letterario dedicato ai serial killer. Titolo efficace, una nuova trama e una splendida ambientazione, un buon sviluppo della storia e dei personaggi, accompagnata da una prosa scorrevole: tutto questo crea un piccolo caso letterario nelle vendite, facendo nel complesso perdonare a Faletti un piccolo errore nella costruzione dell'indagine.
Un altro romanzo efficace quanto Io uccido, con un titolo secco, la trama interessante, un autore di razza è l'horror di fine XX secolo Hanno sete di Robert R. McCammon: un vampiro europeo arriva a Los Angeles e, all'avvicinarsi della notte di Ognisanti, inizia a ingrossare le sue fila per sferrare un attacco definitivo contro il genere umano, secondo le istruzioni del suo Gran Maestro. Gli si oppongono, però, un gruppo di esseri umani che sorretti dalla volontà, dall'ingegno e dalla fede (e forse anche da qualcosa d'altro...) si avviano verso una strada che, nel loro cuore, non ha altro che la speranza come unico cartello indicatore. Nel complesso McCammon costruisce un romanzo atipico all'interno della letteratura vampirica, tipicamente gotica (Dracula viene considerato l'ultimo romanzo gotico classico): inserisce elementi tipici della narrativa poliziesca e noir (approfondimento psicologico dei personaggi, la presenza di un serial killer) su una trama vampirica e sviluppa l'intera vicenda in modo lovecraftiano. Non solo l'orrore che i protagonisti devono affrontare viene scoperto (metaforicamente e letteralmente!) un pezzo alla volta, ma gli stessi protagonisti sono intrisi di una sorta di predestinazione alla morte. Il lettore viene così immerso in una atmosfera oscura, condivide con gli eroi di McCammon un senso sempre più imminente di impotenza, fino a che l'autore non lascia esplodere in tutta la sua violenza l'orrore di migliaia di vampiri scatenati per le strade di Los Angeles.
La vittoria finale ha un gusto dolce e amaro: dolce per il pericolo scongiurato e per la sconfitta del male, amaro per tutto ciò che si è visto e che si è perso e per tutto ciò che ancora potrebbe accadere.
Un altro romanzo efficace quanto Io uccido, con un titolo secco, la trama interessante, un autore di razza è l'horror di fine XX secolo Hanno sete di Robert R. McCammon: un vampiro europeo arriva a Los Angeles e, all'avvicinarsi della notte di Ognisanti, inizia a ingrossare le sue fila per sferrare un attacco definitivo contro il genere umano, secondo le istruzioni del suo Gran Maestro. Gli si oppongono, però, un gruppo di esseri umani che sorretti dalla volontà, dall'ingegno e dalla fede (e forse anche da qualcosa d'altro...) si avviano verso una strada che, nel loro cuore, non ha altro che la speranza come unico cartello indicatore. Nel complesso McCammon costruisce un romanzo atipico all'interno della letteratura vampirica, tipicamente gotica (Dracula viene considerato l'ultimo romanzo gotico classico): inserisce elementi tipici della narrativa poliziesca e noir (approfondimento psicologico dei personaggi, la presenza di un serial killer) su una trama vampirica e sviluppa l'intera vicenda in modo lovecraftiano. Non solo l'orrore che i protagonisti devono affrontare viene scoperto (metaforicamente e letteralmente!) un pezzo alla volta, ma gli stessi protagonisti sono intrisi di una sorta di predestinazione alla morte. Il lettore viene così immerso in una atmosfera oscura, condivide con gli eroi di McCammon un senso sempre più imminente di impotenza, fino a che l'autore non lascia esplodere in tutta la sua violenza l'orrore di migliaia di vampiri scatenati per le strade di Los Angeles.
La vittoria finale ha un gusto dolce e amaro: dolce per il pericolo scongiurato e per la sconfitta del male, amaro per tutto ciò che si è visto e che si è perso e per tutto ciò che ancora potrebbe accadere.
martedì 5 agosto 2008
A tre giri dalla fine
E' quando si conclude la cavalcata fantastica di Felipe Massa in Ungheria. Il motore della sua Ferrari lo tradisce. E giustamente, per precauzione, fanno rallentare anche Raikkonen, che, dopo essersi liberato di Alonso solo al secondo pit stop, con una serie di giri veloci (suo il miglior tempo in gara, fatto con gomme super soft) aveva ripreso Glok, in quel momento terzo (alla fine secondo).
E così, sotto la bandiera a scacchi vince Kovalainen sulla McLaren (Hamilton, alla fine 5.o, ha bucato quando mancavano una trenitina di giri alla conclusione), con la Ferrari che in gara si dimostra eccezionale, superiore alle aspettative, e ancora di più lo è Felipe, che con una grandissima partenza prima scavalca il finlandese d'argento (sorpasso scontato, vista la partenza del brasiliano dalla parte pulita, posizione importante in ogni pista, ancora di più in Ungheria), quindi prende la scia del britannico per poi superarlo con una staccata spettacolare: quando i freni funzionano il brasiliano sa fare compe pochi bene il suo mestiere di pilota!
Ancora una volta, però, si dimostra scarsamente coraggioso il box Ferrari, che avrebbe potuto accorciare la seconda parte di gara di Kimi, che a pista libera avrebbe potuto sorpassare con i giri veloci non solo Alonso, ma anche Glok: certo, visto come è finita con il motore (vecchio) di Felipe e come sembra da indiscrezioni stesse andando il motore di Kimi, alla fine è stata forse una fortuna che il finlandese in rosso non sia riuscito a liberarsi dello spagnolo prima della seconda sosta.
A volte le gare sono così, e ci sta anche una sconfitta per problemi di motore (forse causati dal gran caldo? Il motore del campione del mondo era nuovo!), ma certo rischia di essere molto pesante alla fine della stagione se consideriamo le occasioni perse nei gran premi precedenti (Silverstone e Montecarlo su tutti!).
E così, sotto la bandiera a scacchi vince Kovalainen sulla McLaren (Hamilton, alla fine 5.o, ha bucato quando mancavano una trenitina di giri alla conclusione), con la Ferrari che in gara si dimostra eccezionale, superiore alle aspettative, e ancora di più lo è Felipe, che con una grandissima partenza prima scavalca il finlandese d'argento (sorpasso scontato, vista la partenza del brasiliano dalla parte pulita, posizione importante in ogni pista, ancora di più in Ungheria), quindi prende la scia del britannico per poi superarlo con una staccata spettacolare: quando i freni funzionano il brasiliano sa fare compe pochi bene il suo mestiere di pilota!
Ancora una volta, però, si dimostra scarsamente coraggioso il box Ferrari, che avrebbe potuto accorciare la seconda parte di gara di Kimi, che a pista libera avrebbe potuto sorpassare con i giri veloci non solo Alonso, ma anche Glok: certo, visto come è finita con il motore (vecchio) di Felipe e come sembra da indiscrezioni stesse andando il motore di Kimi, alla fine è stata forse una fortuna che il finlandese in rosso non sia riuscito a liberarsi dello spagnolo prima della seconda sosta.
A volte le gare sono così, e ci sta anche una sconfitta per problemi di motore (forse causati dal gran caldo? Il motore del campione del mondo era nuovo!), ma certo rischia di essere molto pesante alla fine della stagione se consideriamo le occasioni perse nei gran premi precedenti (Silverstone e Montecarlo su tutti!).
lunedì 4 agosto 2008
Nel mezzo del cammin...
Susanita: Perché diavolo gli adulti continuano a fare e dire cose incomprensibili?
Mafalda: E' semplicissimo, Susanita. Quando entri al cinema che è già cominciato, lo capisci?
Susanita: No!
Mafalda: Bene, con gli adulti succede lo stesso. Com'è possibile capirli se quando arriviamo noi, loro sono già cominciati!
(Quino)
Mafalda: E' semplicissimo, Susanita. Quando entri al cinema che è già cominciato, lo capisci?
Susanita: No!
Mafalda: Bene, con gli adulti succede lo stesso. Com'è possibile capirli se quando arriviamo noi, loro sono già cominciati!
(Quino)
domenica 3 agosto 2008
Il pittore nel mare
Tutt'intorno nessuno. Quasi nessuno. Nel mare - che ci fa nel mare? - un pittore.
(da Oceano mare di Alessandro Baricco)
(da Oceano mare di Alessandro Baricco)
sabato 2 agosto 2008
L'Italia che vince...
E non convince! Certo, Riccò ha confessato, l'altra ciclista Bastianelli in un certo senso ha ammesso di avere un problema (perché, dico io, volere ancora dimagrire quando pesi appena 48 Kg?), e intanto lo schermidore Baldini, campione del mondo in carica, si professa innocente (come Riccò subito dopo la scoperta del doping presente nelle sue urine). In questo caso, credendo all'innocenza di Baldini, non si può non pensare che, comunque, l'esclusione dai giochi se la sia meritata: se ne hai bisogno, non puoi non verificare la composizione di un garmaco prima di prenderlo!
I nostri atleti sembrano avere problemi, forse di stupidità, o semplicemente sono problemi legati al doping: possiamo ancora fidarci? Speriamo di si!
I nostri atleti sembrano avere problemi, forse di stupidità, o semplicemente sono problemi legati al doping: possiamo ancora fidarci? Speriamo di si!
venerdì 1 agosto 2008
Il magnate del petrolio
E' balzata alla ribalta negli ultimi mesi la crisi del petrolio, con un aumento vertiginoso dei prezzi dell'oro nero e una conseguente discussione sulle alternative energetiche al petrolio (prima fra tutte le scelte il nucleare, che non tiene conto di tempi, mezzi tecnici, capitale umano e dell'annoso problema dello smaltimento dei rifiuti tossici, sul quale si getteranno sicuramente, conoscendo la classe politica italiana, le principalli organizzazioni criminali nostrane). Tornando, però, alle considerazioni strettamente legate al petrolio, la sua introduzione nel sistema economico mondiale ha prodotto una rivoluzione se si vuole ancora più profonda rispetto alla stessa rivoluzione industriale britannica. L'oro nero, infatti, non solo ha reso sempre più forte un modello economico oggi sempre più, e non a caso, in discussione con l'esaurimento delle scorte petrolifere, ma ha influito profondamente nei consumi energetici e nello stile di vita delle popolazioni mondiali. Tale osservazione non è sfuggita a quel geniale autore che è stato Carl Barks: nella prima metà del 1960, sul n.71 di Donald Duck usciva Zio Paperone magnate del petrolio, splendida avventura barksiana giocata sulla grandezza di Paperone come magnate e sull'inesperienza dei nipitini (Qui, Quo, Qua), considerati fino a poche pagine dalla conclusione piccoli operatori: questa differenza viene accentuata, però, a tutto vantaggio di questi ultimi. Il problema che Paperone deve affrontare questa volta è lo stoccaggio del petrolio estratto dai suoi ultimi pozzi nella regione di Erg el doom. Giunto nel vasto deserto, identifica in una alta vasca rocciosa naturale il posto ideale dove stipare il greggio estratto e inizia subito i lavori senza controllare l'interno del luogo scelto. Il magnate paperopolese si accorgerà in seguito, a causa di divertenti (per il lettore) sabotaggi ripetuti, che la conca è in realtà abitata da un popolo di paperi minuscoli, il cui mondo ed ecosistema rischia di essere distrutto da Paperone, il quale si troverà improvvisamente prigioniero della stessa conca proprio mentre i lavori di travaso del petrolio verranno iniziati. Senza i nipotini Paperone e tutto il villaggio non si sarebbero mai salvati, ma soprattutto senza questa esperienza Paperone non avrebbe cambiato la destinazione d'uso della conduttura già costruita, ovvero portare al villaggio acqua fresca.
Ho speso "milioni di dollari" per rendere fertile il cratere abitato da quei piccoli paperi rimpiccioliti dal sole... ma dopo quel che era accaduto "dovevo farlo"! Era l'unico modo per provare loro che sono veramente un "grande operatore"!Con queste parole già allora Barks punta l'indice contro la fiorente industria del petrolio (e non solo contro quella, visti i molteplici interessi di de Paperoni), un indice che ancora oggi resta teso e puntato contro un modello di sviluppo che sembra sempre più simile a un suicidio di massa.
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