L'efficacia di un'opera letteraria è spesso legata innanzitutto a un titolo efficace, quindi alla trama e all'abilità dell'autore di sviluppare la stessa, indipendentemente da eventuali errori dell'autore stesso nei piccoli particolari che compongono l'opera. E' questo sicuramente il caso di Io uccido, il romanzo di Giorgio Faletti che entra così di gran carriera nel filone letterario dedicato ai serial killer. Titolo efficace, una nuova trama e una splendida ambientazione, un buon sviluppo della storia e dei personaggi, accompagnata da una prosa scorrevole: tutto questo crea un piccolo caso letterario nelle vendite, facendo nel complesso perdonare a Faletti un piccolo errore nella costruzione dell'indagine.
Un altro romanzo efficace quanto Io uccido, con un titolo secco, la trama interessante, un autore di razza è l'horror di fine XX secolo Hanno sete di Robert R. McCammon: un vampiro europeo arriva a Los Angeles e, all'avvicinarsi della notte di Ognisanti, inizia a ingrossare le sue fila per sferrare un attacco definitivo contro il genere umano, secondo le istruzioni del suo Gran Maestro. Gli si oppongono, però, un gruppo di esseri umani che sorretti dalla volontà, dall'ingegno e dalla fede (e forse anche da qualcosa d'altro...) si avviano verso una strada che, nel loro cuore, non ha altro che la speranza come unico cartello indicatore. Nel complesso McCammon costruisce un romanzo atipico all'interno della letteratura vampirica, tipicamente gotica (Dracula viene considerato l'ultimo romanzo gotico classico): inserisce elementi tipici della narrativa poliziesca e noir (approfondimento psicologico dei personaggi, la presenza di un serial killer) su una trama vampirica e sviluppa l'intera vicenda in modo lovecraftiano. Non solo l'orrore che i protagonisti devono affrontare viene scoperto (metaforicamente e letteralmente!) un pezzo alla volta, ma gli stessi protagonisti sono intrisi di una sorta di predestinazione alla morte. Il lettore viene così immerso in una atmosfera oscura, condivide con gli eroi di McCammon un senso sempre più imminente di impotenza, fino a che l'autore non lascia esplodere in tutta la sua violenza l'orrore di migliaia di vampiri scatenati per le strade di Los Angeles.
La vittoria finale ha un gusto dolce e amaro: dolce per il pericolo scongiurato e per la sconfitta del male, amaro per tutto ciò che si è visto e che si è perso e per tutto ciò che ancora potrebbe accadere.
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