Stomachion

venerdì 29 aprile 2016

Gli occhi di Heisenberg

Il principio di indeterminazione di Heisenberg è basilare per la meccanica quantistica. Afferma che è impossibile osservare con la medesima precisione la posizione e la quantità di moto di una particella. In effetti questo è come lo racconta un fisico, mentre per un matematico si parla più propriamente di principi di indeterminazione. Non è però questo a essere importante in questo momento, ma il fatto che il principio stesso può aprire una serie di possibilità narrative interessanti, nel momento in cui, seguendo quanto scritto da Schrodinger in Cos'è la vita?, si immagina una società in grado di influenzare la vita genetica di ciascun essere umano e quindi di guidare artificialmente l'evoluzione di tutta la specie.
Frank Herbert aveva già utilizzato il tema delle modifiche genetiche, seppur marginalmente, in Dune, romanzo uscito l'anno prima rispetto a Gli occhi di Heisenberg del 1966. In questo caso il punto di partenza è proprio la società su descritta, dove la classe medica ha anche alcune conoscenze, più o meno superficiali, di meccanica quantistica. Il motivo è semplice: il destino di ciascun nascituro viene deciso da un chirurgo che, all'inizio della formazione dell'embrione, interviene per sviluppare il suo potenziale e creare alla fine un individuo in grado di integrarsi perfettamente all'interno di una società stratificata, guidata dagli Ottimati, un gruppo di esseri umani praticamente immortali grazie alla genetica.
Herbert, però, utilizza il romanzo per anticipare una delle critiche più profonde mosse dalla società alla scienza, ma che in realtà va più correttamente, come fa lo scrittore, alla classe dirigente, ovvero l'uso arrogante della conoscenza e delle sue applicazioni, utilizzate per limitare lo sviluppo del genere umano, di fatto ostacolando e non accettando di essere modificati dall'evoluzione.
C'è poi un'altra osservazione, evidente se il romanzo viene letto da un punto di vista libertario: una qualunque struttura democratica è sempre e comunque destinata a limitare la libertà individuale in maniera sempre più intrusiva indipendentemente dalle intenzioni di chi guida questa struttura.

giovedì 28 aprile 2016

L'oceano in fondo al sentiero

"Quanti anni hai davvero tu?" le chiesi.
"Undici"
Riflettei un momento. "E da quanto tempo hai undici anni?"
Sorrise.
La storia è abbastanza semplice: un uomo di mezza età torna nei luoghi dell'infanzia in occasione di un funerale. E allora i ricordi iniziano a tornare, in particolare quelli di un'estate particolare in cui ha conosciuto la strana famiglia di Lettie Hempstock, una ragazzina che ha 11 anni da chissà quanti anni, composta da sole donne, ovvero lei, la madre e la nonna, che tra l'altro ricorda persino il Big Bang.
Neil Gaiman propone una variazione sulla trinità femminile, una rappresentazione delle età e dello scorrere del tempo, in una vicenda che in parte ricorda Coraline, con un'entità malvagia che ha solo voglia di maggiori attenzioni, e che è al tempo stesso una storia d'avventura, un fantasy e un racconto sul sacrificio e la crescita.
Un libro che scorre veloce tra magia e horror raccontato con la solita prosa leggera ma mai banale di Neil Gaiman.

mercoledì 27 aprile 2016

L'ispettore Grazia Negro


Una scena dal film Almost Blue (2000) di Alex Infascelli
All'inizio di tutto c'era Almost Blue, ma non la canzone di Chet Baker, bensì il romanzo di Carlo Lucarelli. Lo scrittore e presentatore televisivo si era gettato, nel 1997, nell'ampio bacino letterario dei serial killer, ideando un assassino che uccideva le sue vittime e quindi ne prendeva per qualche giorno le sembianze, continuamente alla ricerca di una sua identità.
Recependo gli stili e le caratteristiche del romanzo di genere statunitense, su tutti la serie con protagonista Hannibal Lecter, Lucarelli adatta la caccia al serial killer, di cui grazie al Mostro di Firemze si parla anche in Italia, al nostro paese. Protagonista della vicenda è l'ispettore Grazia Negro, una piccola poliziotta di origine pugliese che inizia una caccia serrata all'Iguana, soprannome del serial killer protagonista di questo primo romanzo.
Visto il suo successo, Lucarelli pensa bene di proseguire la serie, prima con Un giorno dopo l'altro, con il titolo e le atmosfere malinconiche ispirate all'omonima canzone di Luigi Tenco, quindi con il prequel Lupo mannaro.
L'edizione che raccoglie tutti e tre i romanzi in un'unico volume permette di leggere le tre storie nell'ordine cronologico interno, apprezzando così le coincidenze stilistiche, ma anche le differenze: ad esempio il Lupo mannaro è narrato in prima persona dal capo di Grazia, affetto da una rara malattia che lo fa dormire, quando va bene, un paio d'ore a notte.
Nel complesso, nonostante alcune scene abbastanza scontate, concessioni al genere tutto sommato perdonabili, la serie di tre romanzi è credibile nel suo essere calata nel contesto nazionale, non solo grazie all'ottimo lavoro di approfondimento psicologico o di rappresentazione della realtà italiana, ma soprattutto grazie al Pit Bull, protagonista di Un giorno dopo l'altro, killer a pagamento freddo ed efficace e quasi imprendibile grazie alle sue doti da trasformista.

martedì 26 aprile 2016

Ridley Scott va nello spazio

Il primo, grande successo di Ridley Scott è stato indubbiamente Alien, film di culto da cui la 20th Century Fox ha tratto una serie cinematografica dalle alterne fortune(1) recentemente ripresa da Scott con il primo prequel Prometheus. Pur girando film di vario genere, Scott si è affermato soprattutto come regista fantascientifico, fatto ribadito da Blade Runner, film tratto da Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip Dick. E sempre da un romanzo è tratto uno dei suoi ultimi successi, The Martian.
L'aspetto interessante dei due film, però, non è solo nella comunanza di genere e regista, ma anche nel fatto che pure di Alien esiste un romanzo, sebbene sia una semplice novelizzazione.

Necronom IV di Giger
La genesi di Alien viene dall'incontro tra Dan O'Bannon e Ronald Shusett. In particolare il primo, che aveva appena finito di scrivere Dark Star, il fantascientifico e parodistico esordio di John Carpenter, aveva in animo di realizzare una sua versione in stile horror ambientata in una astronave con un equipaggio di pochi elementi. Una volta che i due creativi ottennero il via dalla casa di produzione, il secondo passo fu la scelta del regista, che, dopo aver scartato tre nomi iniziali, come tutti sappiano ricadde su Scott. Fu quest'ultimo che, ufficialmente, portò nel team di lavoro il pittore surrealista Hans Rudolf Giger, che aveva già impressionato O'Bannon in particolare con Necronom IV, quadro del 1976. E Giger, proprio a partire da quello, sviluppa tutti gli aspetti esteriori dell'alieno, che poi sarebbe stato costruito da Carlo Rambaldi.
La novelizzazione della sceneggiatura venne affidata ad Alan Dean Foster, scrittore esperto in questo particolare esercizio letterario (vedi, ad esempio, alcuni romanzi tratti dalla serie Star Trek): e in effetti il romanzo è esattamente identico scena per scena al film di Scott, quindi la vera domanda per chi sta leggendo queste righe è cosa ha aggiunto la narrazione letteraria a quella cinematografica. Innanzitutto uno scontato approfondimento psicologico dei personaggi, nonostante lo stile decisamente asciutto e veloce, cui è da aggiungere una leggera vena d'ironia, che non ricordo fosse molto presente nel film.

lunedì 25 aprile 2016

Regno a venire

Il consumismo è il più grande strumento mai inventato per controllare le persone... Per una qualche ragione particolare, lo chiamano shopping. Ma è realmente la più pura forma di politica.
- J.G. Ballard (da Meme Huffer)
All'interno dei due movimenti idelogici totalizzanti che hanno fortemente influenzato la politica europea nel corso del XX secolo (e che in buona misura continuano a farlo ancora oggi), ovvero fascismo e nazismo, esistono alcune differenze sostanziali, di cui la più importante è legata al loro rapporto con lo stato.
Per il fascismo, che in origine nasceva come movimento libertario, lo stato è una grande istituzione da servire: il partito fascista era al servizio dello stato e la sua esistenza necessaria per preservarlo, a qualunque costo e con qualunque mezzo. Per il nazismo, invece, lo stato è un mezzo per affermare i principi del partito, ovvero la superiorità razziale innanzitutto: lo stato tedesco diventa servo del partito nazionalsocialista. Queste differenze sono evidenti se pensiamo ai ruoli politici dei due leader, Mussolini e Hitler: il primo era comunque subordinato al re d'Italia (e, formalmente, al parlamento), il secondo, invece, distorse esplicitamente le istituzioni per ottenere anche la carica di presidente della repubblica, riassumendo in se un potere che di fatto lo rendeva inattaccabile.
Un'altra interessante differenza sta nel rapporto con il capitalismo. La posizione più radicale è indubbiamente quella di Hitler: il capitalismo danneggia le nazioni a causa della finanza internazionale, del dominio economico dei grandi affaristi e dell'influenza giudea. Non a caso Hitler disse esplicitamente che
Il sistema economico dei nostri giorni è una creazione dei giudei
Forte era la sua opposizione al libero mercato e riteneva, inoltre, che il problema di fondo fosse la natura egoistica del capitalismo e ciò lo spingeva verso una struttura economica guidata dallo stato.
Mussolini, invece, ebbe un rapporto ambivalente con il capitalismo (non dimentichiamo che durante la prima guerra mondiale, di fatto rompendo per la prima volta con i principi libertari che, diceva lo avevano ispirato, passò da neutralista a interventista proprio grazie a opportuni finanziamenti), sebbene alla fine si può affermare che, nella sua divisione storica del capitalismo, egli vagheggiasse il ritorno a quella che chiamava "età eroica del capitalismo", contrapposta al "supercapitalismo" dell'epoca. In particolare quest'ultima forma di capitalismo veniva accusata da Mussolini come creatrice di una forma di standardizzazione degli esseri umani (non dimentichiamoci comunque che sotto il suo regime qualunque voce fuori dal coro aveva vita piuttosto difficile), oltre che la causa di un aumento eccessivo dei consumi. In questo senso il supercapitalismo sarebbe alla fine crollato, aprendo la strada alla rivoluzione marxista, e dunque, per evitare ciò, era necessario il controllo statale in materia economica. In questo campo Mussolini era propenso a mantenere alcuni elementi del capitalismo, come ad esempio l'iniziativa personale, ovviamente subordinata alle decsioni statali.
Se la situazione è questa, ovvero una aperta avversione nei confronti del capitalismo e del libero mercato, da cosa nasce l'idea, presente in Regno a venire di J.G. Ballard, che il consumismo, diretta conseguenza del capitalismo (come emerge anche dalle idee di Mussolini), sia una nuova forma di fascismo?
Una risposta a questa domanda sta nell'uso da parte dei due regimi totalitari della propaganda, o in termini un po' più vicini all'argomento del romanzo di Ballard, della pubblicità. Quest'ultima, che viene definita come una forma di comunicazione di massa tra produttori e consumatori, ha avuto un primo importante sviluppo con l'invenzione della stampa, per poi ottenere l'esplosione definitiva durante la rivoluzione industriale. L'idea era ovviamente quella di convincere le persone ad acquistare questo o quel prodotto: le tecniche per la realizzazione dei manifesti vennero in effetti perfezionate proprio dagli uffici di propaganda di fascismo e nazismo e vengono ancora oggi utilizzate, come si evince dal confronto tra due manifesti nel finale di un lungo articolo di Mike Holliday.
E in un certo senso è la stessa risposta che fornisce Ballard, visto che il protagonista di Regno a venire, Richard Pearson, è un pubblicitario che si ritrova a lavorare per il simbolo assoluto del consumismo: un centro commerciale. La fidelizzazione dei clienti passa attraverso la creazione di spot, marce musicali, creazione di eventi collaterali come la sponsorizzazione di una squadra di calcio, persino la creazione di un punto di riferimento come un comico sulla cui bocca vengono messi slogan che vagheggiano un leader politico, a suggerire così la convergenza tra due figure apparentemente così distanti tra loro. Tutto questo ha un unico scopo: invogliare le famiglie e più in generale i consumatori a passare il tempo libero all'interno del centro commerciale.
La situazione, nel romanzo di Ballard, degenera forse in una maniera eccessiva considerando l'ambientazione, ma è evidente l'intento metaforico del romanzo stesso, che diventa una accusa nei confronti del consumismo e delle tecniche utilizzate per invogliare al consumo di prodotti sostanzialmente inutili. Di fatto, secondo Ballard, il consumismo porta a una standardizzazione equivalente a quella prodotta dal fascismo: la vastità di scelta è solo apparente, ma nei fatti sottrae un grado di libertà agli esseri umani, che sono alla fine invogliati a scegliere in maniera acritica.
Le scene di violenza che vengono poi mostrate nelle fasi finali del romanzo sono un eccesso che vuole mostrare dove la situazione potrebbe arrivare una volta giunta alle sue estreme conseguenze e che sembrano ispirate alle proteste che travolsero Londra alcuni anni fa.
Nel complesso la posizione espressa da Ballard in Regno a venire potrebbe sembrare eccessiva, ma semplicemente pone l'attenzione, certo in maniera molto enfatica, sui punti di criticità del consumismo e della società su esso costruita.
Leggi anche: The Return of Fascism in Contemporary Capitalism | Consumerism and fascism

domenica 24 aprile 2016

Pippo Reporter e il concerto n.2 di Rachmaninoff

Sulla Definitive Collection #10 viene pubblicato il terzo volume dedicato alla serie Pippo Reporter ideata e realizzata da Teresa Radice e Stefano Turconi, che ringrazio anche in questo post per la gentilezza mostrata durante l'ultimo Cartoomics. Questo terzo volume della raccolta, però, è per me prezioso perché viene ristampata Il pianista suonato, bella e divertente avventura (come tutte quelle della serie, del resto) dove il protagonista, Sergei Vasilyevich Duckmaninoff è la disneyzzazione del mitico Sergei Rachmaninoff, compositore, pianista (uno dei più grandi di ogni tempo) e direttore d'orchestra russo.

venerdì 22 aprile 2016

Topolino, la meteorologia e il giorno della Terra

Quando ero bambino io Topolino, per un po' di anni una volta l'anno, aveva in allegato un sacchetto di semi da piantare: un modo per promuovere la coscienza ecologica dei lettori, educandoli così al rispetto del "verde". E' stato bell, questa settimana, girando per l'edicola, vedere che questa tradizione è tornata per il giorno della Terra 2016, grazie a un direttore, Valentina De Poli, che probabilmente all'epoca era una bambina che, come me, apriva Topolino e si trovava i semi da piantare. E quell'emozione provata è bello che oggi possa provarla qualche altro bambino!
Il numero in edicola, però, il 3152, non è speciale solo per i semi, ma anche per la storia principale, Topolino e il tesoro del cielo, scritta da un Marco Bosco in ottima forma per i disegni di Giada Perissinotto.
La storia è scritta con attenzione, giudizio e competenza. C'è, infatti, una lunga porzione di vignette in cui viene spiegato il lavoro del climatologo e del meteorologo, e il meteorologo interpellato da Zapotec, Topolino e Pippo è la disneyzzazione del famoso Luca Mercalli:

giovedì 21 aprile 2016

Lo zio Silas


Derrick De Marney nel film del 1947 Il segreto del castello tratto dal romanzo di Le Fanu
Joseph Sheridan Le Fanu, creatore del medico tedesco Martin Hesselius che nella sua serie di racconti si imbatterà nella sensuale vampira Carmilla, si ritirò in isolamento a scrivere romanzi e racconti nel 1858 dopo la morte della moglie Susan Bennet, sposata nel 1844.
Tra i suoi romanzi più di successo c'è Lo zio Silas, pubblicato a puntate nel 1864. L'edizione in volume, pur permettendo una lettura completa e praticamente senza interruzioni della vicenda, rileva tutti i difetti di un prodotto del genere, con una vicenda diluita il più possibile per prolungare la vita editoriale del romanzo, mentre non sembra molto ben chiaro lo scorrere del tempo. La storia, infatti, dovrebbe essere spalmata nell'arco di un paio di anni o poco più, eppure la vicenda scorre quasi senza soluzione di continuità.
A questo c'è da aggiungere la continua perplessità, da lettore moderno, nei confronti della protagonista e voce narrante, la giovane Maud Knolleys, che ora appare una ragazza tutto sommato saggia e intelligente, ora una stupida oca dell'alta società. E' interessante osservare come questa caratterizzazione sembra in parte voluta, visto che in un paio di occasioni è la stessa Maud a scrivere che al lettore il suo comportamento può sembrare incomprensibile.
Ad ogni buon conto la lettura scorre veloce sia nella prima parte, quando Le Fanu fa sorgere nel lettore l'esigenza di andare avanti per sapere cosa accade alla giovane Maud, sia nella seconda quando il lettore stesso è preso a tratti dalla stanchezza per la lunghezza del romanzo e il continuo ripresentarsi di immagini e situazioni a tratti scontate.
Punto d'onore de Lo zio Silas è, però, l'atmosfera gotica di un romanzo che di fantastico ha ben poco, ma che di fatto può essere considerato un precursore del romanzo noir, il giallo d'atmosfera e di approfondimento psicologico.