Dopo aver sperimentato e introdotto il tasto +1 (la cui attività può essere monitorata con strumenti come Analytics), Google da il via alla rivoluzione di Google Plus, che in effetti è da considerarsi qualcosa di più di un social network, anche se secondo me è più di quello che Google dovrebbe fare. Il tasto +1 insieme alla rivoluzione del Panda (leggi anche Ernesto) erano mosse più che sufficienti per mantenere la posizione di migliore motore di ricerca sul mercato e permettere ai siti che propongono contenuti interessanti di emergere dal rumore di fondo, che in ogni caso può sempre essere tagliato fuori grazie alla Personal Blocklist, l'estensione ufficiale che consente di bannare alcuni siti dai risultati di ricerca.
La rivoluzione esteriore ed estetica del +1, comunque, spingerà i blog e i siti a introdurre, però, il tasto sulla falsa riga del mi piace facebookiano, ma ci sono blog, come ad esempio il sottoscritto, che ancora non hanno inserito questa possibilità. E' un tagliarsi fuori? Non so, visto che prima o poi devo mettere mano al layout del blog, magari metterò tutti i pulsantini necessari per le condivisioni, nel frattempo, però, vi consiglio, almeno per voi utilizzatori di Chrome (che siete tanti) di installare l'estensione Plus One Button (pagina web), che potrete utilizzare per tutti quei siti (molti istituzionali) che non lo propongono. E' importante, in questo senso, utilizzare l'estensione, perché spesso sono proprio i siti istituzionali quelli a finire danneggiati dal rumore del SEO.
Stomachion
giovedì 30 giugno 2011
mercoledì 29 giugno 2011
Dammi un Feynman a fumetti!
Lo aveva segnalato con un certo anticipo Andrea, tanto che durante la settimana newyorkese (controllare l'etichetta per aggiornamenti) ho cercato di acquistarlo, avendo la precisa idea in mente che mi sarebbe costato meno in originale che nella sua versione tradotta. Purtroppo, come ho scoperto successivamente, Feynman di Jim Ottaviani e Leland Myrick, uscirà ad agosto (e quindi in Italia presumibilmente l'anno prossimo).
Nell'attesa possiamo, però, divertirci a dare un'occhiata alle 23 pagine di anteprima, oppure al comic trailer (via G.T. Labs):
Nell'attesa possiamo, però, divertirci a dare un'occhiata alle 23 pagine di anteprima, oppure al comic trailer (via G.T. Labs):
martedì 28 giugno 2011
Will Hunting e le riflessioni sul petrolio
C'è un interessante spezzone di Will Hunting che ho scovato su YouTube riguardo il petrolio e altre amenità del genere. Direi che sono estremamente interessanti, le considerazioni di Will, intendo:
lunedì 27 giugno 2011
Astaroth
Come ricorderete, una settimana fa sono stato impegnato nel saggio di fine corso teatrale. E' dunque venuto il momento di raccontare più in dettaglio sullo spettacolo e soprattutto sulla parte che mi sono scelto. Partiamo,però, dall'inizio, anzi dalla sigla(1)!
Mia sorella si era iscritta a una associazione, l'Umanitaria (presente anche a Roma e Napoli) che organizza corsi diurni e serali per adulti, detti corsi del tempo libero. Si può scegliere tra molte discipline, o corsi, alcuni magari un po' strani come una qualche cucina etnica, o su cosmesi e quant'altro, ma in ogni caso in grado di coprire un po' tutti gli interessi possibili e immaginabili. Fattomi trascinare dall'entusiasmo di mia sorella, per questo anno scolastico appena concluso mi sono inscritto anche io, seguendo tra gli altri un corso di meditazione e soprattutto un corso di teatro.
Lo scorso anno il corso era costituito dalla scrittura e poi dalla messa in opera di una sceneggiatura teatrale. Quest'anno, invece, gli stessi insegnanti hanno deciso di andare su qualcosa di differente: far recitare a ciascun corsista un monologo tratto da un'opera teatrale. La difficoltà nel saggio finale, dunque, sarebbe stata rendere gradevole uno spettacolo che di fatto sarebbe stato un miscuglio di estratti senza alcun vero filo logico. La difficoltà nel corso, invece, è stata quella di apprendere quel minimo di basi che ci avrebbe resi credibili sul palco, che poi alla fine sono delle basi che potrebbero tornare utili anche nella vita quotidiana, anche solo per apprezzare in maniera differente i gesti semplici come camminare, mangiare, interagire con gli altri provando ad ascoltarli. Che tutto questo, alla fine, lo abbiamo compreso o meno, non saprei dirlo: mi piace pensarlo. In fondo non abbiamo fatto una cattiva figura sul palco e abbiamo anche preso gli applausi (facile, però, visto che in sala c'erano nostri invitati: non saprei, però, darvi un'ordine di grandezza né assoluto né percentuale), senza contare i complimenti degli insegnanti a fine spettacolo.
E parliamo della fusione dei monologhi: erano stati avanzati due contesti, uno infernale, in cui alla fine mi sarebbero cadute sulle spalle un po' di responsabilità (che però, alla fine, mi sono preso comunque), e uno ospedaliero, da ospedale psichiatrico. Alla fine ha vinto quest'ultimo è l'idea dunque doveva essere quella di mettere in scena una serie di pazzi che si alternano e raccontano la loro storia. Alla fine, però, il contesto non credo si sia compreso molto. Personalmente ho avuto la sensazione che alla fine abbiamo fatto una sorta di ibrido, vista la presenza del fantasma di Canterville, di uno che si uccide nelle quinte e delle mie tre apparizioni sul palco da una parte e della presenza di una pazza e di una assassina dall'altra. In un certo senso, se proprio vogliamo trovare una chiave di lettura allo spettacolo, semplicemente ha raccontato le sfumature, o almeno alcune sfumature dell'animo umano, con le paure, le preoccupazioni, le follie e i divertimenti che lo compongono. E in fondo anche il corso stesso ha cercato di insegnarci a riconoscere e vivere al meglio queste sfumature, possibilmente senza inibirle per pura convenzione. In fondo è una lezione importante che viene forse dal mondo che, fino a che non si attraversa la linea del palco, si intende come il regno della finzione. Un po' lo è, certo. Però è anche una scuola per essere in fondo un po' più sinceri e onesti soprattutto con se stessi.
Lo scorso anno il corso era costituito dalla scrittura e poi dalla messa in opera di una sceneggiatura teatrale. Quest'anno, invece, gli stessi insegnanti hanno deciso di andare su qualcosa di differente: far recitare a ciascun corsista un monologo tratto da un'opera teatrale. La difficoltà nel saggio finale, dunque, sarebbe stata rendere gradevole uno spettacolo che di fatto sarebbe stato un miscuglio di estratti senza alcun vero filo logico. La difficoltà nel corso, invece, è stata quella di apprendere quel minimo di basi che ci avrebbe resi credibili sul palco, che poi alla fine sono delle basi che potrebbero tornare utili anche nella vita quotidiana, anche solo per apprezzare in maniera differente i gesti semplici come camminare, mangiare, interagire con gli altri provando ad ascoltarli. Che tutto questo, alla fine, lo abbiamo compreso o meno, non saprei dirlo: mi piace pensarlo. In fondo non abbiamo fatto una cattiva figura sul palco e abbiamo anche preso gli applausi (facile, però, visto che in sala c'erano nostri invitati: non saprei, però, darvi un'ordine di grandezza né assoluto né percentuale), senza contare i complimenti degli insegnanti a fine spettacolo.
Labels:
kiss,
led zeppelin,
milano,
nightmare before christmas,
rock,
stefano benni,
teatro,
video,
youtube
domenica 26 giugno 2011
Ritratti: Antonio Meucci
Raccontare la vita di Antonio Meucci è probabilmente facile e difficile al tempo stesso. Può essere banalmente sintetizzata con questa frase
Meucci nasce a San Frediano, quartiere di Firenze, il 13 aprile del 1808. I suoi studi sono presso l'Accademia delle Belle Arti di Firenze e inizia a lavorare prima come impiegato della dogana e poi come tecnico di scena al Teatro della Pergola.
Nel 1831 viene coinvolto nei moti rivoluzionari e per questo è costretto alla fuga a Cuba nel 1835 dove va con la moglie Ester Mochi, conosciuta proprio alla Pergola. Qui si trasferisce all'Avana dove lavora con la moglie al teatro Tacon: mentre la moglie è la direttrice dei costumisti, Meucci è il meccanico capo. Ed è proprio all'Avana, tra un meccanismo teatrale e l'altro, che Meucci inizia la sua lunga serie di invenzioni che, purtroppo, gli frutteranno ben poco: si parte con un sistema di purificazione dell'acqua interno al teatro; quindi un sistema per filtrare tè e caffè; alcune ricerche per un sistema di pietrificazione umana (!); studia poi un processo di elettrodeposizione per migliorare l'equipaggiamento militare.
E con l'elettricità inizia a giocare proprio nel periodo cubano. In effetti Meucci all'inizio non si discostava da molti dei ciarlatani della nostra epoca, ma se non lo definiamo oggi ciarlatano è semplicemente perché all'epoca non esistevano molte delle distinzioni di oggi e soprattutto non esistevano molte delle conoscenze odierne.
In particolare mi riferisco all'elettroshock, pratica che si credeva in grado di curare un po' tutte le malattie. Ed era proprio mentre stava sottoponendo un paziente (!) alla terapia dell'elettroshock che Meucci si rese conto che il campo elettrico, utilizzando un apposito mezzo di trasmissione, poteva essere utilizzato per trasportare la voce a distanza: siamo nel 1849 ed è l'inizio del telefono secondo Meucci!
I primissimi progetti vennero disegnati da Nestore Corradi nel 1856:
Nel museo di Meucci e Garibaldi a Staten Island, poi, è possibile anche dare un'occhiata ai primi prototipi di Meucci:
Il sistema inventato da Meucci e rappresentato da Corradi è una evoluzione del telefono fatto con due bicchieri (o due lattine) e una fune ben tesa che li collega e noto fin dalla seconda metà del 1600 grazie agli esperimenti di Robert Hooke(3). Il sistema di Meucci è leggermente più sofisticato perché distingue tra il bicchiere trasmettitore e il bicchiere ricevitore ma il principio di base è sostanzialmente lo stesso: quello che diciamo all'interno del bicchiere viene amplificato dal bicchiere che diventa una cassa di risonanza. Le risonanze prodotte si trasmettono all'altro bicchiere attraverso il filo che li collega, ma per una buona trasmissione del segnale il filo deve essere ben teso.
Ha inventato molte cose ma sono stati gli altri a guadagnarci su.Non è proprio la frase precisa, ma sostanzialmente è il senso di una delle tante cose che, durante la nostra visita, la direttrice del museo di Meucci a Staten Island(1), Michela Traetto, ci(2) ha detto.
Meucci nasce a San Frediano, quartiere di Firenze, il 13 aprile del 1808. I suoi studi sono presso l'Accademia delle Belle Arti di Firenze e inizia a lavorare prima come impiegato della dogana e poi come tecnico di scena al Teatro della Pergola.
Nel 1831 viene coinvolto nei moti rivoluzionari e per questo è costretto alla fuga a Cuba nel 1835 dove va con la moglie Ester Mochi, conosciuta proprio alla Pergola. Qui si trasferisce all'Avana dove lavora con la moglie al teatro Tacon: mentre la moglie è la direttrice dei costumisti, Meucci è il meccanico capo. Ed è proprio all'Avana, tra un meccanismo teatrale e l'altro, che Meucci inizia la sua lunga serie di invenzioni che, purtroppo, gli frutteranno ben poco: si parte con un sistema di purificazione dell'acqua interno al teatro; quindi un sistema per filtrare tè e caffè; alcune ricerche per un sistema di pietrificazione umana (!); studia poi un processo di elettrodeposizione per migliorare l'equipaggiamento militare.
E con l'elettricità inizia a giocare proprio nel periodo cubano. In effetti Meucci all'inizio non si discostava da molti dei ciarlatani della nostra epoca, ma se non lo definiamo oggi ciarlatano è semplicemente perché all'epoca non esistevano molte delle distinzioni di oggi e soprattutto non esistevano molte delle conoscenze odierne.
In particolare mi riferisco all'elettroshock, pratica che si credeva in grado di curare un po' tutte le malattie. Ed era proprio mentre stava sottoponendo un paziente (!) alla terapia dell'elettroshock che Meucci si rese conto che il campo elettrico, utilizzando un apposito mezzo di trasmissione, poteva essere utilizzato per trasportare la voce a distanza: siamo nel 1849 ed è l'inizio del telefono secondo Meucci!
I primissimi progetti vennero disegnati da Nestore Corradi nel 1856:
sabato 25 giugno 2011
La misura del tempo in astronomia
Uno dei concetti più difficili da definire in fisica è sicuramente quello del tempo. Scriveva Aristotele:
Altre definizioni che d'altra parte ne identificano la natura sfuggente sono di Sant'Agostino
Per gli scopi astronomici e più in generale quelli civili, però, non è necessario avere una misura così accurata: basta che sia sostanzialmente immutabile o che sia comunque legata a fenomeni che non cambiano su periodi di tempo molto lunghi. Si possono, allora, prendere come base alcuni fenomeni periodici come la rotazione terrestre, la rivoluzione della Terra intorno al Sole, le fasi lunari. Volendo si potrebbero usare le oscillazione del pendolo, che però sono legate alla sua lunghezza e quindi a un'altra unità di misura.
Cerchiamo, però, ora di dettagliare i vari tipi di tempo che si utilizzano generalmente in astronomia:
Il punto γ, o punto vernale, o equinoziale è il punto occupato dal Sole all'equinozio di primavera. In questo modo di definire il tempo sembra esserci un problema, la precessione degli equinozi, che porta a uno spostamento del punto γ. Ciò che garantisce la bontà della definizione è la velocità del punto γ, costante rispetto alle altre stelle.
A questo punto, della α l'ascensione retta, si ha \[H = TS - \alpha; \; TS = H + \alpha\] In particolare, con angolo orario nullo, il tempo siderale coincide con l'ascensione retta.
Il tempo è una misura del moto in base a un prima e un poiIn questa definizione si intuisce un legame importante che da sempre ha legato il tempo con la sua misura: il tempo, cioè, è legato al movimento. Non è in questo senso casuale usare delle lancette in movimento, quelle dell'orologio, per segnare il suo scorrere.
Altre definizioni che d'altra parte ne identificano la natura sfuggente sono di Sant'Agostino
Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più.e del grande fisico Richard Feynman
Il tempo è ciò che accade quando non accade nient'altro.Il tempo, però, va in qualche modo misurato e quindi definito come un po' tutte le unità di misura. Per definire in generale una qualsiasi unità di misura, e quindi anche il tempo, è necessario avere un campione che sia il più generale e immutabile possibile. Ad esempio nell'ultima conferenza dedicata a tale questione (gennaio 2011 - vedi Nature), l'obiettivo era quello di definire le unità di misura sulle costanti fondamentali della fisica. Nel caso del tempo, ad esempio, si utilizza un processo legato all'atomo del cesio (si usa come base il tempo impiegato da un elettrone per compiere una transizione, ovvero saltare, tra due livelli dello stato di minima energia dell'atomo).
Per gli scopi astronomici e più in generale quelli civili, però, non è necessario avere una misura così accurata: basta che sia sostanzialmente immutabile o che sia comunque legata a fenomeni che non cambiano su periodi di tempo molto lunghi. Si possono, allora, prendere come base alcuni fenomeni periodici come la rotazione terrestre, la rivoluzione della Terra intorno al Sole, le fasi lunari. Volendo si potrebbero usare le oscillazione del pendolo, che però sono legate alla sua lunghezza e quindi a un'altra unità di misura.
Cerchiamo, però, ora di dettagliare i vari tipi di tempo che si utilizzano generalmente in astronomia:
Tempo Siderale
Partiamo dalla definizione:
si definisce tempo siderale l'angolo orario del punto γdove per angolo orario si intende l'angolo compreso fra il meridiano celeste o superiore del luogo e il meridiano corrispondente alla stella di cui si sta misurando l'angolo orario. Si misura in ore e frazioni di ore.
Il punto γ, o punto vernale, o equinoziale è il punto occupato dal Sole all'equinozio di primavera. In questo modo di definire il tempo sembra esserci un problema, la precessione degli equinozi, che porta a uno spostamento del punto γ. Ciò che garantisce la bontà della definizione è la velocità del punto γ, costante rispetto alle altre stelle.
A questo punto, della α l'ascensione retta, si ha \[H = TS - \alpha; \; TS = H + \alpha\] In particolare, con angolo orario nullo, il tempo siderale coincide con l'ascensione retta.
venerdì 24 giugno 2011
Bat-Manga!
Following Pablo Casado, the manga is realized by Jiro Kuwata.
In the book, edited by Chip Kidd (see the preview) we can see a mix between the tipical atmospheres of Batman's stories with the dynamic japanese signs.
An example of dark atmospheres is the followin page in the beginning of a story published in the volume:
martedì 21 giugno 2011
Il regno periodico
Articolo riscritto e ripubblicato dopo la prima versione a causa di alcuni problemi con feedburner. Mi scuso per le evidenti differenze tra questa e la versione precedente.
Su anobii questo bell'articolo di sostanza di Paolo è paragonato con Il regno periodico di Peter Atkins, e in effetti la chiarezza espositiva è comune con il libro di Atkins. Mentre l'articolo si occupa della sostanza, il libro di Atkins si occupa invece della tavola periodica, uno degli strumenti scientifici più potenti e importanti sviluppati nell'ultimo secolo e mezzo.
Il primo ad occuparsi di una sistemazione possibilmente coerente degli elementi e delle sostanza che man mano la chimica andava scoprendo fu Lavoisier nel 1789, mentre a lato vedete una rappresentazione e classificazione degli elementi realizzata da Dalton per A New System of Chemical Philosophy del 1808. La tavola periodica che invece utilizziamo oggi è una evoluzione di quella sviluppata da Mendeelev, chimico russo, e, indipendentemente, da Mayer, chimico tedesco: siamo nel 1869 e il parametro d'ordine per la tavola è il peso atomico.
In effetti si possono utilizzare anche altre proprietà per classificare e ordinare gli atomi, come ad esempio la densità, o il diametro dell'atomo, o anche l'elettronegatività (la capacità di catturare un elettrone). Il peso atomico, però, è oggi il parametro, la proprietà che meglio rappresenta gli atomi, i quali possono essere ulteriormente distinti per gruppi (colonne) e periodi (righe): entrambi questi raggruppamenti sono dovuti alla struttura elettronica esterna di ciascun atomo. Per spiegare questa classificazione bisogna però introdurre alcuni concetti di meccanica quantistica. E' qui, dunque, che si osserva la grande potenza della tavola periodica, la sua capacità di sintesi scientifica, di trovare cioè un ponte tra la chimica e la fisica, in particolare la meccanica quantistica.
Andiamo, però, con ordine.
Su anobii questo bell'articolo di sostanza di Paolo è paragonato con Il regno periodico di Peter Atkins, e in effetti la chiarezza espositiva è comune con il libro di Atkins. Mentre l'articolo si occupa della sostanza, il libro di Atkins si occupa invece della tavola periodica, uno degli strumenti scientifici più potenti e importanti sviluppati nell'ultimo secolo e mezzo.
Il primo ad occuparsi di una sistemazione possibilmente coerente degli elementi e delle sostanza che man mano la chimica andava scoprendo fu Lavoisier nel 1789, mentre a lato vedete una rappresentazione e classificazione degli elementi realizzata da Dalton per A New System of Chemical Philosophy del 1808. La tavola periodica che invece utilizziamo oggi è una evoluzione di quella sviluppata da Mendeelev, chimico russo, e, indipendentemente, da Mayer, chimico tedesco: siamo nel 1869 e il parametro d'ordine per la tavola è il peso atomico.
In effetti si possono utilizzare anche altre proprietà per classificare e ordinare gli atomi, come ad esempio la densità, o il diametro dell'atomo, o anche l'elettronegatività (la capacità di catturare un elettrone). Il peso atomico, però, è oggi il parametro, la proprietà che meglio rappresenta gli atomi, i quali possono essere ulteriormente distinti per gruppi (colonne) e periodi (righe): entrambi questi raggruppamenti sono dovuti alla struttura elettronica esterna di ciascun atomo. Per spiegare questa classificazione bisogna però introdurre alcuni concetti di meccanica quantistica. E' qui, dunque, che si osserva la grande potenza della tavola periodica, la sua capacità di sintesi scientifica, di trovare cioè un ponte tra la chimica e la fisica, in particolare la meccanica quantistica.
Andiamo, però, con ordine.
lunedì 20 giugno 2011
Teatro
Ed è arrivato il giorno del saggio. Colgo l'occasione per parlarvi del libro, Teatro di Stefano Benni, da cui ho tratto il monologo,diviso in tre parti, che spero di riuscire a ben interpretare questa sera.
Le opere presenti nella raccolta sono 6:
La misteriosa scomparsa di W, una divertente storia di una bambina che viene seguita dagli spettatori dalla nascita fino a che non diventa una donna. E' un lungo monologo interpretato a teatro da Angela Finocchiaro.
Sherlock Barman è una presa in giro del giallo come solo Benni può fare, dove il barista si esibisce in una serie di definizioni che solo grazie al suo mestiere, che gli consente di vedere molti tipi differenti di persone, è in grado di fare. La breve opera è stata rappresentata al Teatro dell'Archivolto.
La signorina Papillon è una presa in giro del romanticismo alla francese, direi, i feulloton pieni di amori e tradimenti e contro-amori e contro-tradimenti, più ricchi di complotti della testa di un complottista medio! L'opera è stata rappresentata con la regia dello stesso Benni dagli attori Raffaella Lebboroni, Antonio Catania, Gigio Alberti e Maddalena De Panfilis.
La moglie dell'eroe è forse il monologo più attuale di tutti, dove la moglie di un comandante dell'esercito abbandonato dai suoi politici di riferimento viene ucciso in circostanze misteriose. Chi sarà il suo assassino? L'opera è stata interpretata da Lucia Poli.
Ed è sempre Lucia a interpretare La topastra, un breve testo che parla proprio del rapporto tra i topi e gli esseri umani!
L'ultima opera, che non è mai stata rappresentata,è Astaroth, dove protagonista è il diavolo che accoglie le anime nell'aldilà. Da questa ho tratto tre spezzoni che reciterò questa sera... E speriamo bene!
Le opere presenti nella raccolta sono 6:
La misteriosa scomparsa di W, una divertente storia di una bambina che viene seguita dagli spettatori dalla nascita fino a che non diventa una donna. E' un lungo monologo interpretato a teatro da Angela Finocchiaro.
Sherlock Barman è una presa in giro del giallo come solo Benni può fare, dove il barista si esibisce in una serie di definizioni che solo grazie al suo mestiere, che gli consente di vedere molti tipi differenti di persone, è in grado di fare. La breve opera è stata rappresentata al Teatro dell'Archivolto.
La signorina Papillon è una presa in giro del romanticismo alla francese, direi, i feulloton pieni di amori e tradimenti e contro-amori e contro-tradimenti, più ricchi di complotti della testa di un complottista medio! L'opera è stata rappresentata con la regia dello stesso Benni dagli attori Raffaella Lebboroni, Antonio Catania, Gigio Alberti e Maddalena De Panfilis.
La moglie dell'eroe è forse il monologo più attuale di tutti, dove la moglie di un comandante dell'esercito abbandonato dai suoi politici di riferimento viene ucciso in circostanze misteriose. Chi sarà il suo assassino? L'opera è stata interpretata da Lucia Poli.
Ed è sempre Lucia a interpretare La topastra, un breve testo che parla proprio del rapporto tra i topi e gli esseri umani!
L'ultima opera, che non è mai stata rappresentata,è Astaroth, dove protagonista è il diavolo che accoglie le anime nell'aldilà. Da questa ho tratto tre spezzoni che reciterò questa sera... E speriamo bene!
domenica 19 giugno 2011
L'Amleto secondo Grock
Quelli di Grock è una compagnia teatrale. La compagnia del Teatro Leonardo da Vinci a Milano. Presentano sempre rappresentazioni belle e spettacolari dei grandi classici del teatro. L'Amleto di Shackespeare che si è concluso oggi ne è un esempio perfetto!
Perché, però, parlare di qualcosa che è ormai finito, che solo pochi fortunati hanno visto? Perché le cose belle in ogni caso restano e poi perché parlarne, magari, le farà ritornare in scena, e non solo a Milano. E poi delle cose belle bisogna sempre parlare: nessuno trova strano se un fotografo diffonde la foto di un fiore che magari è appassito qualche giorno dopo che la foto è stata scattata, e nessuno trova strano se invece è lo scienziato che diffonde l'immagine ad esempio di un urto tra particelle, nonostante molte di quelle particelle non esistono più. Allo stesso modo uno spettacolo teatrale, che resterà nella nostra memoria, se abbiamo avuto la fortuna di assistervi.
Nel caso de L'Amleto è stata una vera fortuna, ve lo posso assicurare. In scena ci sono 6 attori: Francesco Alberici, Francesca Dipilato, Andrea Lietti, Sabrina Marforio, Sarah Paoletti, Isabella Perego. Saltano, corrono su e giù per il palco, si cambiano in scena. Ognuno di loro interpreta più di un personaggio, anche se alcuni di loro sono identificabili con alcuni personaggi in particolare, come ad esempio l'attrice che interpreta, tra gli altri, Polonio, il padre di Ofelia, dandone una caratterizzazione al tempo stesso seria e divertente ma in ogni caso estremamente efficace. Stupendo, poi, il monologo più noto dell'Amleto, quell'essere o non essere in cui il principe di Danimarca si interroga sulla vita, l'universo e tutto quanto (e scusate la citazione che non c'entra nulla...). L'attore scelto per interpretare il monologo (Amleto è interpretato dai due attori maschi del gruppo andato in scena) entra con ancora indosso gli abiti della regina, che aveva inscenato giusto pochi secondi prima, e mentre si pone quei dubbi ormai passati alla storia come amletici si spoglia degli abiti precedenti per ritornare ad essere Amleto, l'amato e folle figlio di un Amleto tradito e ucciso dal proprio fratello. Il monologo. Emblema stesso della rappresentazione inscenata non già però dalla Compagnia ufficiale, ma dai giovani attori usciti dall'Accademia di Quelli di Grock. Loro bravi a interpretare un testo difficile guidati dalla regia di Susanna Baccari e Claudio Orlandini, giocando in scena, come detto, a scambiarsi le parti, usando addirittura la platea come appendice del palco stesso, e senza poi preoccuparsi tanto di dare le spalle agli spettatori, non era necessario visto che con Quelli di Grock ci si sente comunque partecipi, e ci si riesce a divertire anche con un dramma, come è giusto che sia quando il dramma, a scriverlo, è Shackespeare.
E veniamo alle cose nostre, perché il tempo, ormai, è giunto...
Nel caso de L'Amleto è stata una vera fortuna, ve lo posso assicurare. In scena ci sono 6 attori: Francesco Alberici, Francesca Dipilato, Andrea Lietti, Sabrina Marforio, Sarah Paoletti, Isabella Perego. Saltano, corrono su e giù per il palco, si cambiano in scena. Ognuno di loro interpreta più di un personaggio, anche se alcuni di loro sono identificabili con alcuni personaggi in particolare, come ad esempio l'attrice che interpreta, tra gli altri, Polonio, il padre di Ofelia, dandone una caratterizzazione al tempo stesso seria e divertente ma in ogni caso estremamente efficace. Stupendo, poi, il monologo più noto dell'Amleto, quell'essere o non essere in cui il principe di Danimarca si interroga sulla vita, l'universo e tutto quanto (e scusate la citazione che non c'entra nulla...). L'attore scelto per interpretare il monologo (Amleto è interpretato dai due attori maschi del gruppo andato in scena) entra con ancora indosso gli abiti della regina, che aveva inscenato giusto pochi secondi prima, e mentre si pone quei dubbi ormai passati alla storia come amletici si spoglia degli abiti precedenti per ritornare ad essere Amleto, l'amato e folle figlio di un Amleto tradito e ucciso dal proprio fratello. Il monologo. Emblema stesso della rappresentazione inscenata non già però dalla Compagnia ufficiale, ma dai giovani attori usciti dall'Accademia di Quelli di Grock. Loro bravi a interpretare un testo difficile guidati dalla regia di Susanna Baccari e Claudio Orlandini, giocando in scena, come detto, a scambiarsi le parti, usando addirittura la platea come appendice del palco stesso, e senza poi preoccuparsi tanto di dare le spalle agli spettatori, non era necessario visto che con Quelli di Grock ci si sente comunque partecipi, e ci si riesce a divertire anche con un dramma, come è giusto che sia quando il dramma, a scriverlo, è Shackespeare.
E veniamo alle cose nostre, perché il tempo, ormai, è giunto...
giovedì 16 giugno 2011
Notte brava a Milano
La notte brava è stata una notte in caccia di scatti lunari, gli scatti dell'eclissi. All'inizio, partendo da casa mia, non è sembrata una caccia in grado di portare dei buoni frutti. Verso le 22, infatti, salgo nella soffitta, mi affaccio, visto che il posto è relativamente alto e vedo che, purtroppo, mi sto affacciando dal lato sbagliato.
A questo punto, su consiglio di mia sorella, mi dirigo verso l'Arco della Pace: è un posto sgombro di palazzi dove quindi c'è una maggiore possibilità di vedere l'eclissi.
Purtroppo la luce è molto forte e nemmeno mettendomi direttamente sotto l'Arco, una struttura grande abbastanza da schermare buona parte della luce che lo circonda, si riesce a notare alcunché a parte un paio di luci fisse più o meno sopra l'Arco stesso.
A quel punto prendo il 19, un tram, per poi passare alla metropolitana e dirigermi verso Brera, nella speranza di trovare qualcuno nei dintorni, magari una indicazione che non ho trovato all'uscita dal lavoro che nell'Osservatorio si sta... osservando!
Purtroppo nulla di tutto questo e allora, persa ormai ogni speranza, con l'idea di rifugiarmi in qualche libreria, mi dirigo verso il Duomo e qui, lasciata ormai ogni speranza, ecco la Luna!
Potete ammirare questo e altri scatti su tumblr, spulciando o la tag del mio nome o quella dedicata all'evento, dove spero di caricare gli scatti di altri lettori/blogger/fotografi!
In ogni caso, per fortuna, non sono stato il solo con lo sguardo rivolto al cielo e, nonostante il tardo orario di arrivo (qualche minuto prima delle 23:30) c'erano ancora fotografi con camere professionali lì a scattare, mentre il sottoscritto aveva la sua fidata Canon PowerShot A550. La foto che ho usato per questo post è stata scattata con zoom ottico 4x. Le altre con zoom digitale 16x. Personalmente ritengo che in un solo caso il risultato sia degno di rispetto.
In chiusura, infine, vi presento l'ultimo learning object che non avevo potuto embeddare nel post precedente: un po' per pigrizia un po' per la fretta di pubblicare non avevo cercato approfonditamente il file sorgente. Per fortuna ci ha pensato il nostro Marco, che mi ha spedito il codice e così ora posso proporvi l'ultimo learning object direttamente sul blog:
A questo punto, su consiglio di mia sorella, mi dirigo verso l'Arco della Pace: è un posto sgombro di palazzi dove quindi c'è una maggiore possibilità di vedere l'eclissi.
Purtroppo la luce è molto forte e nemmeno mettendomi direttamente sotto l'Arco, una struttura grande abbastanza da schermare buona parte della luce che lo circonda, si riesce a notare alcunché a parte un paio di luci fisse più o meno sopra l'Arco stesso.
A quel punto prendo il 19, un tram, per poi passare alla metropolitana e dirigermi verso Brera, nella speranza di trovare qualcuno nei dintorni, magari una indicazione che non ho trovato all'uscita dal lavoro che nell'Osservatorio si sta... osservando!
Purtroppo nulla di tutto questo e allora, persa ormai ogni speranza, con l'idea di rifugiarmi in qualche libreria, mi dirigo verso il Duomo e qui, lasciata ormai ogni speranza, ecco la Luna!
Potete ammirare questo e altri scatti su tumblr, spulciando o la tag del mio nome o quella dedicata all'evento, dove spero di caricare gli scatti di altri lettori/blogger/fotografi!
In ogni caso, per fortuna, non sono stato il solo con lo sguardo rivolto al cielo e, nonostante il tardo orario di arrivo (qualche minuto prima delle 23:30) c'erano ancora fotografi con camere professionali lì a scattare, mentre il sottoscritto aveva la sua fidata Canon PowerShot A550. La foto che ho usato per questo post è stata scattata con zoom ottico 4x. Le altre con zoom digitale 16x. Personalmente ritengo che in un solo caso il risultato sia degno di rispetto.
In chiusura, infine, vi presento l'ultimo learning object che non avevo potuto embeddare nel post precedente: un po' per pigrizia un po' per la fretta di pubblicare non avevo cercato approfonditamente il file sorgente. Per fortuna ci ha pensato il nostro Marco, che mi ha spedito il codice e così ora posso proporvi l'ultimo learning object direttamente sul blog:
mercoledì 15 giugno 2011
Eclissi di Luna
Oggi è il gran giorno di una eclissi lunare completa visibile anche dall'Italia. Annarita si è offerta per pubblicare le foto dei lettori dell'eclisse: per quel che mi riguarda, avendo un tumblr, metto a disposizione il modulo di sottomissione delle foto. Segnalerò eventuali sottomissioni domani.
Veniamo, però, al significato di eclissi, e lo facciamo introducendo una breve animazione tratta da Commons:
L'eclissi di Luna, al pari di quella di Sole, è un fenomeno ottico che avviene quando la Terra si interpone tra il Sole e la Luna. L'eclissi è detta totale quando la Luna entra completamente nel cono d'ombra della Terra (come nel caso di questa notte), parziale quando si trova parte nella zona d'ombra parte in quella di penombra, penombrale quando si trova, totalmente o parzialmente, all'interno della zona di penombra. Il breve testo qui sopra è quello che ho preparato, per ora come bozza, per il moodle delle Olimpiadi dell'Astronomia. A questa breve scheda mancano alcune applet, che, semplificandomi così il lavoro (ne scriverò domani, quando metterò in campo anche il caro ministro Brunetta...), estraggo da un breve post sull'eclissi scritto da Paolo e che vado a proporvi anche io:
Iniziamo con il learning object in flash del Guardian:
Veniamo, però, al significato di eclissi, e lo facciamo introducendo una breve animazione tratta da Commons:
L'eclissi di Luna, al pari di quella di Sole, è un fenomeno ottico che avviene quando la Terra si interpone tra il Sole e la Luna. L'eclissi è detta totale quando la Luna entra completamente nel cono d'ombra della Terra (come nel caso di questa notte), parziale quando si trova parte nella zona d'ombra parte in quella di penombra, penombrale quando si trova, totalmente o parzialmente, all'interno della zona di penombra. Il breve testo qui sopra è quello che ho preparato, per ora come bozza, per il moodle delle Olimpiadi dell'Astronomia. A questa breve scheda mancano alcune applet, che, semplificandomi così il lavoro (ne scriverò domani, quando metterò in campo anche il caro ministro Brunetta...), estraggo da un breve post sull'eclissi scritto da Paolo e che vado a proporvi anche io:
Iniziamo con il learning object in flash del Guardian:
martedì 14 giugno 2011
Il morso del vampiro (e gli auguri a Query)
Il vero vampiro è orribile a vedersi. Magro e peloso nello stato di veglia, diventa, quando giace ben nutrito nella sua bara, grasso e gonfio da scoppiare. Il sangue fresco gli cola dalla bocca, dal naso e dalle orecchie. La sua pelle è fosforescente e il suo alito fetido.Questa citazione, presa da Roland Villeneuve, è a sua volta ripresa da Prospero Lambertini, alias papa Benedetto XIV, in un testo del Settecento. Come si può ben constatare questa descrizione della figura del vampiro ha un qualcosa di ripugnante e abominevole che si discosta di molto dalla tradizione letteraria e cinematografica cui siamo oggi abituati. Diffusa anche nel corso dell'Ottocento, questa visione era però destinata a essere dimenticata grazie ai successi di alcuni importanti autori del romanzo gotico, che proprio in quel periodo iniziavano a diffondersi per l'Europa.
(Roland Villeneuve, vampirologo e demonologo, in Loups-garous et vampires - Lupi mannari e vampiri)
Il vampiro gentiluomo, quella figura carismatica, con un forte fascino, in grado di attirare a sé la vittima senza troppo sforzo, nasceva nel 1819 quando il medico John Polidori diede alle stampe il suo romanzo breve Il Vampiro, il cui protagonista, Lord Ruthven, era ricavato dall'amato/odiato Lord Byron. Da qui in poi il vampiro, in letteratura, ottenne sempre maggiori successi, passando per Carmilla, la vampira di Le Fanu, e per Varney, vampiro che animava i classici fascicoli a puntate, per finire con l'apice massimo del genere, quel Dracula di Bram Stoker che fuse in se parte degli elementi folcloristici europei e parte dei topos letterari del tempo, realizzando una sintesi perfetta e al contempo originale sull'argomento e un'avventura senza tempo e appassionante.
L'introduzione che avete letto è il cappello alla mia versione della voce Vampiro (ora è, giustamente, una traduzione della pagina inglese: la mia versione aveva una bibliografia veramente minimale e mi ero anche scordato di mettere tutte le fonti, anche se la motivazione principale è stata che la pagina era un lavoro troppo originale).
L'idea del post nasce dal racconto Sono più furbo io di Robert Sheckley, scrittore di fantascienza che però, soprattutto nei racconti, ha spaziato in vari ambiti. Nel racconto i protagonisti si trovano in Transilvania, terra di vampiri, e nell'albergo in costruzione di un tipo del posto iniziano una discussione sua possibile realtà della superstizione e dei mostri. Il finale è decisamente inquietante ma semplicemente geniale: il narratore del racconto dimostra come la serata e le teorie dell'albergatore si siano radicate profondamente nel suo animo, risvegliando la follia omicida al suo interno!
La citazione letteraria presente nel mio cappello, però, quella relativa al Dracula di Stoker, è in un certo senso un classico, essendo presente anche, ad esempio, in Bioarcheological and Biocultural Evidence for the New England Vampire Folk Belief (pdf) di Paul Sledzik e Nicholas Bellantoni. In particolare i due antropologi si sono occupati della superstizione vampirica negli Stati Uniti, concentrata soprattutto nel New England, terra che farà scattare qualcosa nei lovecraftiani:
American vampire folk beliefs, which were particularly strong in 19th century New England, contained some European features. The New England folklore is consistent in its incorporation of tuberculosis and examination of the body of the vampire for putative signs of life. Following the death of a family member from consumption (i.e., tuberculosis), other family members began to show the signs of tuberculosis infection. According to the New England folk belief, the "wasting away" of these family members was attributed to the recently deceased consumptive, who returned from the dead as a vampire to drain the life from the surviving relatives. The apotropaic remedy used to kill the vampire was to exhume the body of the supposed vampire and, if the body was un-decomposed, remove and burn the blood-filled heart or the entire body.
domenica 12 giugno 2011
Baci alla sorellina!
Mia sorella non era così, non preoccupatevi, però era simpatica e carina, come tutte le sorelline del mondo!
L'originale, come capita grazie al mitico blog Corrierino-Giornalino, sappiamo che è stato pubblicato sul Corriere dei Piccoli n.4 del 23 gennaio 1966.
L'originale, come capita grazie al mitico blog Corrierino-Giornalino, sappiamo che è stato pubblicato sul Corriere dei Piccoli n.4 del 23 gennaio 1966.
sabato 11 giugno 2011
PhD movie trailer
Per tutti i lettori nerd e non solo. Per tutti gli appassionati di PhD di Jorge Cham ecco il trailer del film dal vivo.
Buona visione!
Buona visione!
PHD Movie Trailer from PHD Comics on Vimeo.
giovedì 9 giugno 2011
Un marziano in Stormwatch
Stormwatch è il supergruppo delle Nazioni Unite creato da Jim Lee per la linea editoriale Wildstorm all'interno dell'editore Image messo in piedi insieme ad altri autori transfughi dalla Marvel (su tutti i grandissimi Todd McFarlane ed Eric Larsen).
Nel 1999 Lee ebbe l'intelligenza, considerando anche il ruolo di una certa importanza che ha poi assunto all'interno dell'editore, di tornare alla major, ma non a quella di partenza, la Marvel, bensì alla DC Comics, per fortuna di tutti gli amanti di questo universo narrativo. Oltre a portarsi dietro tutto l'Universo Wildstorm, iniziò a mettere subito le mani sui due principali personaggi dell'editore dei supereroi originali: Batman prima (Hush su testi di Jeph Loeb), Superman poi (Per il domani su testi di Brian Azzarello). Seguono tante copertine, altre pagine sparse qui e la e soprattutto un ruolo da editor (o qualcosa del genere) all'interno della DC.
Ora arriva l'ultima saga della vecchia DC, Flashpoint, alla fine della quale tutte le serie, comprese quelle Wildstorm, ripartiranno da 1, e, soprattutto, tutti gli universi narrativi ritorneranno ad essere un unico multi-verso. Questo vuol dire, ad esempio, che avremo una lega della magia con Deadman e John Constantine, o ad esempio il ritorno di Stormwatch con un nuovo numero 1, che però rispetto alla creatura originaria di Jim Lee presenta non poche differenze. Innanzitutto ci sarà la probabile presenza di due pezzi da novanta presi pari pari da Autorithy, il supergruppo ideato da Warren Ellis, ovvero Apollo e Midnighter, e poi c'è la presenza di uno dei più amati tra i leaguers, quello che fino a qualche anno fa non solo era considerato la vera anima della JLA, ma addirittura membro imprescindibile: J'onn J'onzz meglio noto come Martian Manhunter.
Curioso di sapere che fine faranno i diritti italiani della DC post-Flashpoint (che sembra molto simile a quella pre-Crisis), nel frattempo mi accontento della copertina del primo numero del nuovo Stormwatch:
Nel 1999 Lee ebbe l'intelligenza, considerando anche il ruolo di una certa importanza che ha poi assunto all'interno dell'editore, di tornare alla major, ma non a quella di partenza, la Marvel, bensì alla DC Comics, per fortuna di tutti gli amanti di questo universo narrativo. Oltre a portarsi dietro tutto l'Universo Wildstorm, iniziò a mettere subito le mani sui due principali personaggi dell'editore dei supereroi originali: Batman prima (Hush su testi di Jeph Loeb), Superman poi (Per il domani su testi di Brian Azzarello). Seguono tante copertine, altre pagine sparse qui e la e soprattutto un ruolo da editor (o qualcosa del genere) all'interno della DC.
Ora arriva l'ultima saga della vecchia DC, Flashpoint, alla fine della quale tutte le serie, comprese quelle Wildstorm, ripartiranno da 1, e, soprattutto, tutti gli universi narrativi ritorneranno ad essere un unico multi-verso. Questo vuol dire, ad esempio, che avremo una lega della magia con Deadman e John Constantine, o ad esempio il ritorno di Stormwatch con un nuovo numero 1, che però rispetto alla creatura originaria di Jim Lee presenta non poche differenze. Innanzitutto ci sarà la probabile presenza di due pezzi da novanta presi pari pari da Autorithy, il supergruppo ideato da Warren Ellis, ovvero Apollo e Midnighter, e poi c'è la presenza di uno dei più amati tra i leaguers, quello che fino a qualche anno fa non solo era considerato la vera anima della JLA, ma addirittura membro imprescindibile: J'onn J'onzz meglio noto come Martian Manhunter.
Curioso di sapere che fine faranno i diritti italiani della DC post-Flashpoint (che sembra molto simile a quella pre-Crisis), nel frattempo mi accontento della copertina del primo numero del nuovo Stormwatch:
mercoledì 8 giugno 2011
WikiFanfare!
Visto che vi segnalerò un po' di progetti wikipediani, giusto per non far torto a nessuno, almeno nel titolo, ho pensato bene di andare a un più anonimo WikiFanfare, eppure il post poteva tranquillamente chiamarsi WikiLibri e altre wikiziosità, visto che la prima segnalazione va a un interessante progetto, quello appunto dei WikiLibri, in particolare a quello sull'acqua, segnalato da Elitre sul suo tumblr. L'iniziativa, come spiega la stessa wikipediana calabrese, ha come obiettivo quello di realizzare dei libri stampabili a partire dalle migliori voci wikipediane. Gli autori dei WikiLibri, non necessariamente gli autori delle voci, avranno la possibilità di ottenere un buono di €25 o €10 in base alla categoria di appartenenza del libro stesso (presenza di voce in vetrina o meno) da spendere per ottenere un altro WikiLibro o comunque un altro libro prodotto a partire da un altro dei progetti Wikimediani.
L'idea portante dell'iniziativa è ovviamente quella di realizzare dei lavori di qualità, perché solo questi possono mettere in evidenza la qualità di Wikipedia stessa!
La seconda iniziativa viene segnalata su twitter da Cristina Perillo (che ha da poco iniziato a collaborare con Klat Magazine): è la maratona 2011 promossa dal progetto WikiAfrica. L'obiettivo è, in questo caso, quello di inserire delle voci sull'Africa soprattutto. La maratona si concluderà il 14 (ci sarà anche una festa!). Nella pagina della maratona sono anche indicati i siti dei donatori dei testi che si possono utilizzare, ciò non toglie che potete anche ampliare i vostri orizzonti a patto che o il sito abbia una licenza compatibile con Wikipedia, o che lo contattiate chiedendo esplicita richiesta, magari ad aderire all'iniziativa, o che lo usiate come banale bibliografia, senza citare integralmente pezzi del testo ma rielaborando. Ovviamente i vostri contributi sono graditi soprattutto come iscritti. E se poi siete nuovi e volete partecipare, chiedete prima aiuto magari proprio al bar del Progetto:Africa.
Infine ecco l'ultima iniziativa, anche questa scoperta grazie a Elitre e su twitter rilanciata e che vi segnalo ora solo grazie al post del mio omonimo in Gamba (se fate una scorsa dei firmatari, scoprirete che il secondo Gianluigi è proprio lui, mentre il primo potete immaginarlo! - lo so, mi sto slogando tutte e due le spalle, ma ogni tanto ci vuole!).
Sto parlando dell'iniziativa nota come Wikipedia patrimonio dell'umanità
Patron dell'iniziativa Jimmy Wales, che ha anche realizzato questo video per convincervi a firmare:
L'idea portante dell'iniziativa è ovviamente quella di realizzare dei lavori di qualità, perché solo questi possono mettere in evidenza la qualità di Wikipedia stessa!
La seconda iniziativa viene segnalata su twitter da Cristina Perillo (che ha da poco iniziato a collaborare con Klat Magazine): è la maratona 2011 promossa dal progetto WikiAfrica. L'obiettivo è, in questo caso, quello di inserire delle voci sull'Africa soprattutto. La maratona si concluderà il 14 (ci sarà anche una festa!). Nella pagina della maratona sono anche indicati i siti dei donatori dei testi che si possono utilizzare, ciò non toglie che potete anche ampliare i vostri orizzonti a patto che o il sito abbia una licenza compatibile con Wikipedia, o che lo contattiate chiedendo esplicita richiesta, magari ad aderire all'iniziativa, o che lo usiate come banale bibliografia, senza citare integralmente pezzi del testo ma rielaborando. Ovviamente i vostri contributi sono graditi soprattutto come iscritti. E se poi siete nuovi e volete partecipare, chiedete prima aiuto magari proprio al bar del Progetto:Africa.
Infine ecco l'ultima iniziativa, anche questa scoperta grazie a Elitre e su twitter rilanciata e che vi segnalo ora solo grazie al post del mio omonimo in Gamba (se fate una scorsa dei firmatari, scoprirete che il secondo Gianluigi è proprio lui, mentre il primo potete immaginarlo! - lo so, mi sto slogando tutte e due le spalle, ma ogni tanto ci vuole!).
Sto parlando dell'iniziativa nota come Wikipedia patrimonio dell'umanità
Patron dell'iniziativa Jimmy Wales, che ha anche realizzato questo video per convincervi a firmare:
martedì 7 giugno 2011
Osservatorio Astronomico di Brera - Attività di Giugno 2011
Ed ecco la nuova newsletter sull'attività dell'Osservatorio di Brera per il mese di giugno:
15 giugno - Conferenza ore 18:00
Presso la Sala Delle Adunanze dell'Istituto Lombardo, Palazzo Brera, Via Brera 28, Milano
in collaborazione con l'Istituto Lombardo, per il ciclo I cieli di Brera, Mari Polletta presenta: Quasar: un salto dalla nostra galassia ai confini dell'universo.
A circa 50 anni dalla scoperta dei quasar faremo un viaggio nel tempo e nello spazio ripercorrendo le tappe fondamentali della loro storia. Parleremo dello loro scoperta e di come essa abbia stravolto l'idea di Universo, dei buchi neri che si celano dietro la loro straordinaria luminosità degli effetti provocati dall'energia da loro prodotta su ciò che li circonda e di quali misteri spingono ancora oggi a studiarli. Infine, vedremo come i quasars possono essere utilizzati per studiare altri fenomeni ed indagare l'universo oscuro e profondo.
Mari Polletta è ricercatrice presso l'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano dove si occupa dello studio di quasars e galassie all'epoca in cui l'universo aveva un quinto della sua età attuale.
La conferenza rientra nelle iniziative per il 150° anniversario dell'Unità di Italia.
Ingresso libero fino a esaurimento posti (100)
23 giugno - Visita guidata ore 16:30
La visita guidata all'Osservatorio Astronomioc di Brera offrirà l'occasione di visitare la Galleria degli strumenti antichi, la Cupola Fiore e la Cupola Schiaparelli: luoghi che nei secoli hanno ospitato centinaia di astronomi, tra i quali il celebre G.V.Schiaparelli, facendo da scenografia all'astronomia italiana.
La visita inizia alle 16:30 e ha una durata di circa due ore.
Per prenotare è necessario compilare la scheda che trovate alla pagina di prenotazione.
Le prenotazioni apriranno lunedì 20 giugno e potranno considerarsi valide se e solo se verrete contattati via telefono o via mail dal personale dell'Ufficio POE dell'Osservatorio Astronomico di Brera.
È richiesto un contributo di € 8 da pagare in contanti al momento delle
visita; € 6 per studenti, ragazzi fino ai 18 anni e adulti oltre i 65
anni.
lunedì 6 giugno 2011
Ufficiosamente 19.mo
E' la posizione ufficiosa di questo blog su Wikio (scheda) nella classifica di scienza dell'aggregatore, dove però non è presente!
Non ne avrei scritto, come invece hanno fatto Peppe e Moreno, se non fosse che L'orologiaio miope ha avuto problemi con Wikio (niente di serio, in fondo ci sono modi migliori per essere un po' più visibili su web...), che non sono poi così diversi dai problemi di questo blog con Wikio. Sono mesi, ormai, che la scienza sta qui su queste pagine con regolarità, eppure Wikio non se ne è accorto (escludendo Wikio Labs, secondo cui, invece, la maggior parte dei post indicizzati sono di scienza!) e in effetti DropSea non è nella classifica scientifica, e in fondo non avrebbe molta importanza esserci o non esserci visto che ormai da tempo Wikio non porta più tutto il traffico che portava all'inizio. Posso assicurarvi che i Carnevali, Liquida, i social toys come twitter e friendfeed (e a quanto pare anche facebook!), o blog come i Rudi (hanno superato Annarita, grazie alla quale La controversa storia dei Tre porcellini è stato il post più letto in assoluto, fino all'avvento dei carnevali!) compaiono nelle top ten dell'origine del traffico presenti su Blogger (dettagliate quanto quelle di Analytics, comunque) e superano di gran lunga un aggregatore generalista come Wikio. E poi questo blog si trova nell'unico aggregatore dove mi interessa veramente stare e quindi non ha più nemmeno importanza che SciBack sia nella classifica, in 13.ma posizione (leggermente ripresosi dopo una caduta verticale), soprattutto considerando che ormai quello lo considero un blog più personale che altro con poco di professionale (sto decidendo quando andarmene da Blogosfere, certo non prima di aver aggregato 20 post), come tutto il network, giusto per intenderci.
E infine gli auguri a Lucia per l'esplosione di IncredibleButTrue, grazie anche al Carnevale della Fisica (che ho ospitato qui sopra e posso assicurarvi ha aiutato moltissimo!): ho avuto la fortuna di leggerlo più o meno dall'inizio (scoperto un po' per caso) e da allora non l'ho abbandonato e ve lo consiglio caldamente, non solo perché Lucia è della mia lontana città, ma perché è anche brava (come tutti i blogger scientifici italiani, o quasi tutti).
P.S.: la seconda motivazione principale del post (la prima era fare i complimenti a Lucia!) è che avevo bisogno di un riempitivo giusto per ricordare ai lettori che sono tornato da New York. Il jet lag sembra che sia superato e ora non mi resta che mettere ordine tra le foto e magari iniziare a raccontarvi qualcosa, forse iniziando da Antonio Meucci!
Non ne avrei scritto, come invece hanno fatto Peppe e Moreno, se non fosse che L'orologiaio miope ha avuto problemi con Wikio (niente di serio, in fondo ci sono modi migliori per essere un po' più visibili su web...), che non sono poi così diversi dai problemi di questo blog con Wikio. Sono mesi, ormai, che la scienza sta qui su queste pagine con regolarità, eppure Wikio non se ne è accorto (escludendo Wikio Labs, secondo cui, invece, la maggior parte dei post indicizzati sono di scienza!) e in effetti DropSea non è nella classifica scientifica, e in fondo non avrebbe molta importanza esserci o non esserci visto che ormai da tempo Wikio non porta più tutto il traffico che portava all'inizio. Posso assicurarvi che i Carnevali, Liquida, i social toys come twitter e friendfeed (e a quanto pare anche facebook!), o blog come i Rudi (hanno superato Annarita, grazie alla quale La controversa storia dei Tre porcellini è stato il post più letto in assoluto, fino all'avvento dei carnevali!) compaiono nelle top ten dell'origine del traffico presenti su Blogger (dettagliate quanto quelle di Analytics, comunque) e superano di gran lunga un aggregatore generalista come Wikio. E poi questo blog si trova nell'unico aggregatore dove mi interessa veramente stare e quindi non ha più nemmeno importanza che SciBack sia nella classifica, in 13.ma posizione (leggermente ripresosi dopo una caduta verticale), soprattutto considerando che ormai quello lo considero un blog più personale che altro con poco di professionale (sto decidendo quando andarmene da Blogosfere, certo non prima di aver aggregato 20 post), come tutto il network, giusto per intenderci.
E infine gli auguri a Lucia per l'esplosione di IncredibleButTrue, grazie anche al Carnevale della Fisica (che ho ospitato qui sopra e posso assicurarvi ha aiutato moltissimo!): ho avuto la fortuna di leggerlo più o meno dall'inizio (scoperto un po' per caso) e da allora non l'ho abbandonato e ve lo consiglio caldamente, non solo perché Lucia è della mia lontana città, ma perché è anche brava (come tutti i blogger scientifici italiani, o quasi tutti).
P.S.: la seconda motivazione principale del post (la prima era fare i complimenti a Lucia!) è che avevo bisogno di un riempitivo giusto per ricordare ai lettori che sono tornato da New York. Il jet lag sembra che sia superato e ora non mi resta che mettere ordine tra le foto e magari iniziare a raccontarvi qualcosa, forse iniziando da Antonio Meucci!
sabato 4 giugno 2011
Smax
In questo momento mi trovo a New York. Questo post è stato programmato in anticipo. Se posso scriverò qualcosa per raccontarvi della gita, altrimenti dovrete attendere il rientro.
Uno dei personaggi più enigmatici di Top Ten è il gigante blu Jeff. In Smax, finalmente, andiamo nel suo mondo e veniamo a conoscenza del suo passato, grazie alla morte dello zio adottivo. Nel suo viaggio porterà con sé Robyn, che alla fine risulterà determinante per la conclusione della sacra ricerca.
Infatti Jeff viene da un mondo periferico, dove la magia è sovrana rispetto alla tecnologia. Orchi, elfi, nani, draghi, maghi, mezziorchi come Jeff e la sorella Rexa, nati dalle violenze compiute dal padre, un orco, sulla madre, un'eroina andata ad ucciderlo, quell'orco.
Con il suo solito stile dissacrante, Alan Moore, coadiuvato da Zander Cannon, riscrive il fantasy in maniera anche inaspettata, un po' alla Neil Gaiman, con tanto di burocrazia: bisogna andare a chiedere, infatti, il permesso nell'apposito ufficio per iniziare una sacra ricerca nell'ufficio preposto, fino a concludere di fronte a una delle tante morti, ovvero i tizi incappucciati con falce alla mano e teschio al posto della faccia, che magari invece di giocare a scacchi preferiscono le parole crociate e sono forse un po' stupidi, almeno se non li fai arrabbiare (più o meno...). E ovviamente ogni morte deve essere assegnata ad ogni ricerca.
A Jeff e Robyn, ad esempio, tocca Carlo, la morte che non è brava a scacchi e perde sempre con il contadino, e per fortuna evitano Gigi, la morte epica e leggendaria, quella che ha reso la morte per quello che è, giusto per intenderci, che però non tarderà a fare la sua inquietante comparsa, visto che un epico e leggendario scontro si prepara tra Jeff e Astrosplendente, un drago elementale che colleziona anime da cui trae il potere. E che per inciso è anche particolarmente antipatico!
Il finale, senza anticiparvelo troppo, è ricco di fisica, che poi sarà la chiave per la sopravvivenza dei nostri eroi.
Uno dei personaggi più enigmatici di Top Ten è il gigante blu Jeff. In Smax, finalmente, andiamo nel suo mondo e veniamo a conoscenza del suo passato, grazie alla morte dello zio adottivo. Nel suo viaggio porterà con sé Robyn, che alla fine risulterà determinante per la conclusione della sacra ricerca.
Infatti Jeff viene da un mondo periferico, dove la magia è sovrana rispetto alla tecnologia. Orchi, elfi, nani, draghi, maghi, mezziorchi come Jeff e la sorella Rexa, nati dalle violenze compiute dal padre, un orco, sulla madre, un'eroina andata ad ucciderlo, quell'orco.
Con il suo solito stile dissacrante, Alan Moore, coadiuvato da Zander Cannon, riscrive il fantasy in maniera anche inaspettata, un po' alla Neil Gaiman, con tanto di burocrazia: bisogna andare a chiedere, infatti, il permesso nell'apposito ufficio per iniziare una sacra ricerca nell'ufficio preposto, fino a concludere di fronte a una delle tante morti, ovvero i tizi incappucciati con falce alla mano e teschio al posto della faccia, che magari invece di giocare a scacchi preferiscono le parole crociate e sono forse un po' stupidi, almeno se non li fai arrabbiare (più o meno...). E ovviamente ogni morte deve essere assegnata ad ogni ricerca.
A Jeff e Robyn, ad esempio, tocca Carlo, la morte che non è brava a scacchi e perde sempre con il contadino, e per fortuna evitano Gigi, la morte epica e leggendaria, quella che ha reso la morte per quello che è, giusto per intenderci, che però non tarderà a fare la sua inquietante comparsa, visto che un epico e leggendario scontro si prepara tra Jeff e Astrosplendente, un drago elementale che colleziona anime da cui trae il potere. E che per inciso è anche particolarmente antipatico!
Il finale, senza anticiparvelo troppo, è ricco di fisica, che poi sarà la chiave per la sopravvivenza dei nostri eroi.
venerdì 3 giugno 2011
Racconti africani
In questo momento mi trovo a New York. Questo post è stato programmato in anticipo. Se posso scriverò qualcosa per raccontarvi della gita, altrimenti dovrete attendere il rientro.
Dopo i reportage di Kapushinski nelle parti più disagiate del mondo, ritorniamo in Africa, quel continente che aveva calamitato la prima parte de La prima guerra del football, con Doris Lessing e i suoi Racconti africani.
Premio Nobel per la letteratura nel 2007, Doris Lessing ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza in Africa, in particolare in Rhodesia, l'attuale Zimbabwe. E' questa, dunque, l'ambientazione degli 11 racconti contenuti nella raccolta in cui si narra del rapporto tra l'uomo bianco, il colonizzatore, e gli indigeni, di pelle scura, di come solo col tempo, ad esempio in Il vecchio Capo Mshlanga, una giovane si rende conto di come quella terra, in origine, appartenesse a quelle persone che per buona parte della sua infanzia ha visto dall'alto in basso, niente più che schiavi o al meglio servi.
Ci sono, poi, alcuni racconti che, nella loro essenza, prescindono dall'ambiente, che presentano situazioni per certi versi anche possibili in una situazione cittadina, ma che vengono inevitabilmente esaltate dall'isolamento cui l'Africa spesso costringe gli uomini civilizzati. E' il caso di Inverno in luglio, una sorta di Cime tempestose africano che per fortuna è stato scritto dalla Lessing e non da De Sade. Storia di due cani, invece, potrebbe essere tranquillamente Il richiamo della foresta della Rhodesia.
Una modica invasione di locuste, invece, è quasi un invito ad adattarsi ai cicli africani, mentre Una moglie di troppo colpisce per brevità, sintesi, efficacia e divertimento.
Una bella raccolta, degna di un Premio Nobel.
Dopo i reportage di Kapushinski nelle parti più disagiate del mondo, ritorniamo in Africa, quel continente che aveva calamitato la prima parte de La prima guerra del football, con Doris Lessing e i suoi Racconti africani.
Premio Nobel per la letteratura nel 2007, Doris Lessing ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza in Africa, in particolare in Rhodesia, l'attuale Zimbabwe. E' questa, dunque, l'ambientazione degli 11 racconti contenuti nella raccolta in cui si narra del rapporto tra l'uomo bianco, il colonizzatore, e gli indigeni, di pelle scura, di come solo col tempo, ad esempio in Il vecchio Capo Mshlanga, una giovane si rende conto di come quella terra, in origine, appartenesse a quelle persone che per buona parte della sua infanzia ha visto dall'alto in basso, niente più che schiavi o al meglio servi.
Ci sono, poi, alcuni racconti che, nella loro essenza, prescindono dall'ambiente, che presentano situazioni per certi versi anche possibili in una situazione cittadina, ma che vengono inevitabilmente esaltate dall'isolamento cui l'Africa spesso costringe gli uomini civilizzati. E' il caso di Inverno in luglio, una sorta di Cime tempestose africano che per fortuna è stato scritto dalla Lessing e non da De Sade. Storia di due cani, invece, potrebbe essere tranquillamente Il richiamo della foresta della Rhodesia.
Una modica invasione di locuste, invece, è quasi un invito ad adattarsi ai cicli africani, mentre Una moglie di troppo colpisce per brevità, sintesi, efficacia e divertimento.
Una bella raccolta, degna di un Premio Nobel.
giovedì 2 giugno 2011
La prima guerra del football
In questo momento mi trovo a New York. Questo post è stato programmato in anticipo. Se posso scriverò qualcosa per raccontarvi della gita, altrimenti dovrete attendere il rientro.
Fa caldo. Faceva caldo. All'Hotel Metropol. A tropici. Quelli africani. Quelli del Ghana. Era il 1960 e Ryszard Kapuscinski iniziava la sua avventura come corrispondente dall'estero, seguendo la politica africana, seguendo uno dei primi, grandi leader politici africani, Kwame Nkrumah.
E intorno a lui che si stringe una nazione che vuole uscire dal colonialismo britannico, e intorno a figure come la sua, destinate inevitabilmente a fallire nella strada verso la liberazione completa, che le genti africane si stringono per uscire dal colonialismo europeo. Ancora dopo la Seconda Guerra Mondiale l'Europa ha le sue colonie in Africa. E questo genera personaggi di grande carisma, che cercano di essere simbolo di una rivolta, di un desiderio di rivalsa e indipendenza, gente come Patrice Lumumba o come Millinga. E attraverso gente come loro che il giornalista polacco descrive un intero continente, attraverso il quale ha viaggiato in lungo e in largo.
E scrive anche con uno stile molto colloquiale, oserei dire un blog ante-litteram, che non rinuncia alla precisione, come nel caso del Sud Africa e dell'apartheid e degli afrikans. Sono una razza particolare, e chiamarla razza è un favore, visto che si considerano più bianchi dei bianchi europei rimasti a casa. Sono intrisi di una dottrina fortemente messianica, ritenendo la loro presenza in Sud Africa come voluta dal loro Dio, in nome del quale sono disposti a fare di tutto, anche combattere contro altri bianchi, come per un certo periodo fecero contro i britannici. Tra afrikaners e inglesi, dunque, la vita degli africani, quelli veri, era dura e la colonizzazione estremamente pesante.
D'altra parte un po' tutti i paesi africani subivano colonizzazioni non da poco. Leggiamo cosa scrive Kapuscinski sull'Algeria:
L'esaltazione del sud del mondo, delle passioni e dei conflitti di popoli oppressi dai paesi industrializzati, dalle guerre, anche da se stessi. Un racconto appassionante di tanti piccoli conflitti che, ancora oggi, continuano a non avere termine.
Fa caldo. Faceva caldo. All'Hotel Metropol. A tropici. Quelli africani. Quelli del Ghana. Era il 1960 e Ryszard Kapuscinski iniziava la sua avventura come corrispondente dall'estero, seguendo la politica africana, seguendo uno dei primi, grandi leader politici africani, Kwame Nkrumah.
E intorno a lui che si stringe una nazione che vuole uscire dal colonialismo britannico, e intorno a figure come la sua, destinate inevitabilmente a fallire nella strada verso la liberazione completa, che le genti africane si stringono per uscire dal colonialismo europeo. Ancora dopo la Seconda Guerra Mondiale l'Europa ha le sue colonie in Africa. E questo genera personaggi di grande carisma, che cercano di essere simbolo di una rivolta, di un desiderio di rivalsa e indipendenza, gente come Patrice Lumumba o come Millinga. E attraverso gente come loro che il giornalista polacco descrive un intero continente, attraverso il quale ha viaggiato in lungo e in largo.
E scrive anche con uno stile molto colloquiale, oserei dire un blog ante-litteram, che non rinuncia alla precisione, come nel caso del Sud Africa e dell'apartheid e degli afrikans. Sono una razza particolare, e chiamarla razza è un favore, visto che si considerano più bianchi dei bianchi europei rimasti a casa. Sono intrisi di una dottrina fortemente messianica, ritenendo la loro presenza in Sud Africa come voluta dal loro Dio, in nome del quale sono disposti a fare di tutto, anche combattere contro altri bianchi, come per un certo periodo fecero contro i britannici. Tra afrikaners e inglesi, dunque, la vita degli africani, quelli veri, era dura e la colonizzazione estremamente pesante.
D'altra parte un po' tutti i paesi africani subivano colonizzazioni non da poco. Leggiamo cosa scrive Kapuscinski sull'Algeria:
L'immagine tipica di un paese coloniale è quella in cui si vede una moderna fabbrica di transistor tutta automatizzata, con accanto delle grotte abitate da gente che adopera ancora la zappa di legno. "guardate che splendide strade abbiamo costruito" dicono i colonizzatori. Sì, ma lungo la strada si snodano i villaggi i cui abitanti non sono ancora usciti dal paleolitico.E sembra di essere in Algeria, mentre è al governo Ben Bella, che poi subirà un colpo di stato. E poi il giornalista, sopravvissuto a entrambi i governi, si sposta in Nigeria, un paese che brucia sin dagli anni Sessanta, un paese che costringerà il polacco a tornare in patria, dove resta fermo per poco, e quindi riparte, questa volta Centro e Sud America. Prima tappa il Salvador e la prima guerra del football, quella che da il titolo alla raccolta, quella scoppiata con l'Honduras a causa della qualificazione persa dalla sua squadra contro quella salvadoregna.
L'esaltazione del sud del mondo, delle passioni e dei conflitti di popoli oppressi dai paesi industrializzati, dalle guerre, anche da se stessi. Un racconto appassionante di tanti piccoli conflitti che, ancora oggi, continuano a non avere termine.
mercoledì 1 giugno 2011
L'uomo illustrato
In questo momento mi trovo a New York. Questo post è stato programmato in anticipo. Se posso scriverò qualcosa per raccontarvi della gita, altrimenti dovrete attendere il rientro.
E' normale che uno scrittore di fantascienza come Ray Bradbury non ami troppo la tecnologia. Lo scrittore divenuto famoso con Farenheit 451 e con le Cronache marziane, si presenta al pubblico dei suoi lettori più interessato alle reazioni e ai comportamenti umani di fronte a situazioni particolari, fantascientifiche o meno che siano, più che alla tecnologia in sé.
L'ironia di fondo dei suoi scritti, un'ironia che emerge soprattutto nei racconti o nella serie di romanzi hollywoodiani, lo distingue nettamente da autori come Asimov e Lem, molto più psicologici e cerebrali, accostandolo a Scheckley, anche se il primo è in grado di scrivere racconti efficaci e privi di ironia, come il caso de La città, racconto contenuto all'interno della raccolta L'uomo illustrato.
L'uomo illustrato è un uomo completamente coperto di tatuaggi. Ognuno di essi è in continuo movimento e racconta una storia differente a chi li osserva, almeno fino a che sulla pelle dell'uomo non iniziano a comparire immagini del futuro dell'osservatore. Allora l'ospite dell'uomo tatuato fugge o scaccia il visitatore, che così non ha requie. In una veranda sotto le stelle, in una notte calda d'estate, un uomo inizia così ad osservare ciò che la pelle dell'uomo illustrato ha da raccontare.
E sono storie di strane stanze dei giochi, in grado di uccidere; storie di astronauti che cadono verso la Terra, ormai senza protezione; storie di paralipomeni delle Cronache; storie di fine del mondo, che però arriva solo se si viene avvisati, altrimenti il mondo non sta finendo, no; storie di miracoli cui è difficile credere, ma anche se non fossero miracoli, sono comunque storie che non danno requie, nell'infinita ricerca di qualcosa che non si riesce a comprendere, più che a possedere; storie di sogni esauditi e realizzati, che riecheggiano più della magia del cinema che non di quella della fantascienza; storie così, leggere e intelligenti, malinconiche e divertenti, di un futuro che deve venire o che forse è già perso, storie che fanno correre, come l'ospite dell'uomo illustrato, che fugge verso la sicurezza, ma nel caso del lettore è una fuga verso la sicurezza della fantasia.
Ultima osservazione: uno dei nemici di Lanterna Verde, creato qualche anno dopo l'uscita di questa raccolta, datata 1952, ha nome Uomo tatuato e ha il corpo pieno di tatuaggi che è in grado di animare e utilizzare per i propri loschi scopi (almeno nella prima incarnazione era un criminale puro, ora la situazione è molto più sfumata): forse che l'idea del personaggio è nata a partire dalla raccolta di Bradbury?
E' normale che uno scrittore di fantascienza come Ray Bradbury non ami troppo la tecnologia. Lo scrittore divenuto famoso con Farenheit 451 e con le Cronache marziane, si presenta al pubblico dei suoi lettori più interessato alle reazioni e ai comportamenti umani di fronte a situazioni particolari, fantascientifiche o meno che siano, più che alla tecnologia in sé.
L'ironia di fondo dei suoi scritti, un'ironia che emerge soprattutto nei racconti o nella serie di romanzi hollywoodiani, lo distingue nettamente da autori come Asimov e Lem, molto più psicologici e cerebrali, accostandolo a Scheckley, anche se il primo è in grado di scrivere racconti efficaci e privi di ironia, come il caso de La città, racconto contenuto all'interno della raccolta L'uomo illustrato.
L'uomo illustrato è un uomo completamente coperto di tatuaggi. Ognuno di essi è in continuo movimento e racconta una storia differente a chi li osserva, almeno fino a che sulla pelle dell'uomo non iniziano a comparire immagini del futuro dell'osservatore. Allora l'ospite dell'uomo tatuato fugge o scaccia il visitatore, che così non ha requie. In una veranda sotto le stelle, in una notte calda d'estate, un uomo inizia così ad osservare ciò che la pelle dell'uomo illustrato ha da raccontare.
E sono storie di strane stanze dei giochi, in grado di uccidere; storie di astronauti che cadono verso la Terra, ormai senza protezione; storie di paralipomeni delle Cronache; storie di fine del mondo, che però arriva solo se si viene avvisati, altrimenti il mondo non sta finendo, no; storie di miracoli cui è difficile credere, ma anche se non fossero miracoli, sono comunque storie che non danno requie, nell'infinita ricerca di qualcosa che non si riesce a comprendere, più che a possedere; storie di sogni esauditi e realizzati, che riecheggiano più della magia del cinema che non di quella della fantascienza; storie così, leggere e intelligenti, malinconiche e divertenti, di un futuro che deve venire o che forse è già perso, storie che fanno correre, come l'ospite dell'uomo illustrato, che fugge verso la sicurezza, ma nel caso del lettore è una fuga verso la sicurezza della fantasia.
Ultima osservazione: uno dei nemici di Lanterna Verde, creato qualche anno dopo l'uscita di questa raccolta, datata 1952, ha nome Uomo tatuato e ha il corpo pieno di tatuaggi che è in grado di animare e utilizzare per i propri loschi scopi (almeno nella prima incarnazione era un criminale puro, ora la situazione è molto più sfumata): forse che l'idea del personaggio è nata a partire dalla raccolta di Bradbury?
Iscriviti a:
Post (Atom)