Pazza idea di un pi greco razionale...
Tutto inizia da un articolo su Stabroek News dove si annuncia che una matematica della Guyana, Lorna A. Willis, ha risolto alcuni dei problemi più noti della matematica greca, come per esempio la quadratura del cerchio (cui ho dedicato uno spazio nella terza parte della storia di $\pi$), utilizzando strumenti semplici come quelli che possedevano tali matematici.
Al di là delle dimostrazioni più o meno complicate sull'impossibilità di quadrare il cerchio con compasso e righello, un risultato accessorio è la dimostrazione della razionalità di $\pi$ e del numero di Nepero.
Il procedimento proposto dalla matematica (che tra l'altro lavora presso il dipartimento di fisica dell'Università delle Indie Occidentali, in Giamaica) è quello di partire da una pagina completamente coperta da puntini e qui costruire circonferenza e quadrato a partire da un triangolo rettanglo di cateti 2 e 1 (dove 1 è la distanza orizzontale o verticale tra due punti). Alla fine della serie di disegni, in cui è assente un qualunque riferimento ai ben noti criteri e teoremi di congruenza, vengono determinati un quadrato e un cerchio che si asserisce possedere la stessa area. Utilizzando geogebra, ho riprodotto l'ultima figura dell'articolo (che è in open access, quindi potete dargli un'occhiata) inserendo a lato l'area delle due figure, giusto per verificare se l'asserzione fosse in qualche modo corretta:
Come avrete potuto immaginare, però, le due aree sono differenti, facendo così crollare la presunta dimostrazione della razionalità di $\pi$.
Sarebbe stato sicuramente differente se l'idea fosse stata quella di mostrare un nuovo metodo approssimato per calcolare il $\pi$, invece così mi sembra l'ennesimo articolo degno di un IgNoble. E forse nemmeno di quello.
Aggiornamento: sulla quadratura del cerchio, vi propongo quanto scritto un po' di tempo fa da Marco Cameriero
A. Willis, L. (2014). New Parameter for Defining a Square: Exact Solution to Squaring the Circle; Proving π is Rational American Journal of Applied Mathematics, 2 (3) DOI: 10.11648/j.ajam.20140203.11
Stomachion
mercoledì 30 settembre 2015
martedì 29 settembre 2015
I rompicapi di Alice: Il problema dei figli
A volte i figli sono anche pezzi di matematica
Prendiamo un noto dilemma matematico, il problema di Monty Hall nella formulazione data da Craig F. Whitaker nel 1990 in una lettera indirizzata alla rivista Parade per la rubrica di Marilyn vos Savant(1):
Cosa c'è di diverso tra di due casi?
Un modo per capirlo è esaminare il problema dei figli, formulato per la prima volta nel 1959 da Martin Gardner(3).
Prendiamo un noto dilemma matematico, il problema di Monty Hall nella formulazione data da Craig F. Whitaker nel 1990 in una lettera indirizzata alla rivista Parade per la rubrica di Marilyn vos Savant(1):
Supponi di partecipare a un gioco a premi, in cui puoi scegliere fra tre porte: dietro una di esse c'è un'automobile, dietro le altre, capre. Scegli una porta, diciamo la numero 1, e il conduttore del gioco a premi, che sa cosa si nasconde dietro ciascuna porta, ne apre un'altra, diciamo la 3, rivelando una capra. Quindi ti domanda: "Vorresti scegliere la numero 2?" Ti conviene cambiare la tua scelta originale?Se esaminiamo il problema da un punto di vista probabilistico, otteniamo che cambiando porta ci sono i 2/3 di probabilità di vincere l'auto mentre mantenendo la scelta iniziale la probabilità è di 1/3. E' un problema abbastanza noto e ben esaminato, citato anche in alcuni romanzi, due dei quali ho anche avuto l'ardire di leggere (Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon e PopCo di Scarlett Thomas), ma ne esiste una variante interessante: supponiamo che il conduttore non conosca cosa si nasconda dietro ciascuna porta. In questo caso quando il conduttore aprirà una delle altre porte, avrà probabilità 1/3 di trovare l'automobile, e nel caso (fortunato per il concorrente) in cui dietro la porta aperta si nasconde una delle due capre, allora la probabilità di trovare l'automobile, sia che si cambi porta sia che si resti su quella scelta in origine, resta 1/2.
Cosa c'è di diverso tra di due casi?
Un modo per capirlo è esaminare il problema dei figli, formulato per la prima volta nel 1959 da Martin Gardner(3).
lunedì 28 settembre 2015
Il caso di Charles Dexter Ward
I primi approcci di Lovecraft con i romanzi non soddisfecero appieno il gusto dello scrittore. Sia La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath, scritto tra il 1926 e il 1927 (e poi pubblicato nel 1948), sia Il caso di Charles Dexter Ward, scritto subito dopo tra gennaio e marzo 1927 (e poi pubblicato nel 1941), vennero mantenuti nel cassetto del Solitario di Providence fino alla successiva scoperta e pubblicazione postuma. In particolare Il caso di Charles Dexter Ward ricade all'interno dei Miti di Cthulhu, il 6.o tra racconti e romanzi nella cronologia di scrittura, grazie alla presenza, all'interno delle invocazioni di Yogh-Sothoth, in grado di dare a chi ne usa il nome, il potere di evocare qualunque cosa.
L'idea di base è semplice: un giovane, Charles Dexter Ward, scopre di possedere un antenato del cui passato si preferisce tacere. Il ragazzo, incuriosito, inizia una ricerca storica, che lo porta a recuperare le sue perdute carte e un ritratto in cui Joseph Curwen, il lontano parente, risulta una goccia d'acqua (a parte una cicatrice) con il suo discendente. Inizia, allora, un'ossessionante vicenda fatta di evocazioni, follia, presunzione che viene ricomposta come una sorta di lungo flashback a partire dalla sparizione di CDW dal manicomio in cui era stato rinchiuso.
L'idea di base è semplice: un giovane, Charles Dexter Ward, scopre di possedere un antenato del cui passato si preferisce tacere. Il ragazzo, incuriosito, inizia una ricerca storica, che lo porta a recuperare le sue perdute carte e un ritratto in cui Joseph Curwen, il lontano parente, risulta una goccia d'acqua (a parte una cicatrice) con il suo discendente. Inizia, allora, un'ossessionante vicenda fatta di evocazioni, follia, presunzione che viene ricomposta come una sorta di lungo flashback a partire dalla sparizione di CDW dal manicomio in cui era stato rinchiuso.
domenica 27 settembre 2015
Topolino #3122: Le avventure della luce
Il 2015 è stato eletto anno internazionale della luce e molte sono le iniziative che hanno animato le celebrazioni, soprattutto a carattere scientifico. Tra i principali scienziati che si sono occupati in vario modo di ottica e quindi di luce, si ricordano Renato Cartesio, Galileo Galilei e soprattutto Isaac Newton, che fece esperimenti utilizzando i suoi stessi occhi, arrivando vicino a perdere la vista.
I primi esperimenti di ottica, però, vennero condotti da Ibn al-Haytham, latinizzato in Alhazen, matematico arabo che scrisse una serie di trattati sull'ottica fondamentali per molti degli scienziati europei che ne raccolsero l'eredità. L'arabo è il protagonista della prima delle ministorie di cui è costituita Topolino e le avventure della luce di Matteo Venereus e Marco Mazzarello e pubblicata su Topolino #3122, ed è anche l'ispiratrice dell'ultimo ritratto della serie.
La storia ha come motore narrativo Tip e Tap, nipotini di Topolino, che vanno a visitare Lucy Blink e le raccontano alcune avventure dello zio attinenti con il tema della luce. La prima delle storie che i due raccontano è dedicata proprio ad Alhazen e vede coprotagonista insieme a Topolino l'archeologo dell'avventura Indiana Pipps, che così riassume la vita del matematico arabo:
I primi esperimenti di ottica, però, vennero condotti da Ibn al-Haytham, latinizzato in Alhazen, matematico arabo che scrisse una serie di trattati sull'ottica fondamentali per molti degli scienziati europei che ne raccolsero l'eredità. L'arabo è il protagonista della prima delle ministorie di cui è costituita Topolino e le avventure della luce di Matteo Venereus e Marco Mazzarello e pubblicata su Topolino #3122, ed è anche l'ispiratrice dell'ultimo ritratto della serie.
La storia ha come motore narrativo Tip e Tap, nipotini di Topolino, che vanno a visitare Lucy Blink e le raccontano alcune avventure dello zio attinenti con il tema della luce. La prima delle storie che i due raccontano è dedicata proprio ad Alhazen e vede coprotagonista insieme a Topolino l'archeologo dell'avventura Indiana Pipps, che così riassume la vita del matematico arabo:
sabato 26 settembre 2015
Ritratti: Alhazen
C'è chi in carcere passa il tempo a scrivere delle "Mie prigioni", e chi invece scrive un libro sull'ottica. Qualcuno come Alhazen, per esempio.
Abū 'Alī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, o seplicemente ibn al-Haytham, latinizzato in Alhazen è stato un matematico arabo, ritenuto il primo dei fisici teorici, oltre ad aver sviluppato il metodo scientifico con circa trecento anni d'anticipo rispetto agli scienziati del rinascimento e anche più rispetto a coloro che lo formalizzarono in maniera più dettagliata, il filosofo Bacone e il matematico Galilei, per esempio.
Le informazioni sulla sua vita non sembrano molte, almeno stando a quanto scritto su en.wiki o sulla Britannica.
Alhazen, nato a Basra (da qui uno degli appellativi con cui è noto, al-Basri), andò in Egitto presso il califfo al-Hakim, mecenate della scienza ma anche particolarmente crudele (soprannominato il califfo pazzo). Non sono chiare le condizioni che lo hanno portato presso la corte di un così pericoloso personaggio. Secondo lo storico Ibn al-Qifṭī, vissuto un paio di secoli dopo Alhazen, il matematico fu chiamato dal califfo per dimostrare quanto affermava: ovvero di essere in grado di regolare le acque del Nilo. Secondo altri, invece, fu lo stesso Alhazen a proporre il progetto al califfo. Ad ogni buon conto sembra che il progetto, conclusi i conti, si rivelò impraticabile e a questo punto sembra che il califfo, non prendendo nel verso giusto la notizia, decise di condannare Alhazen. Quest'ultimo, allora, evidentemente per evitare pene peggiori, decise di fingersi pazzo(1), restando così prigioniero delle carceri egizie dal 1011 al 1021, anno della morte del califfo.
Questo decennio non fu infruttuoso: Alhazen, infatti, portò avanti una serie di esperimenti di ottica che sfociarono in uno dei primi e più importanti testi sull'argomento, il Libro dell'ottica (in originale Kitab al-Manazir), un'opera in sette volumi dove lo scienziato arabo presentò la sua teoria della visione oculare, supportata sia da un apparato matematico/geometrico sia da una serie di esperimenti. L'opera fondamentale per il libro di Alhazen da cui, di fatto, prese le mosse, fu l'Ottica di Tolomeo.
Abū 'Alī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham, o seplicemente ibn al-Haytham, latinizzato in Alhazen è stato un matematico arabo, ritenuto il primo dei fisici teorici, oltre ad aver sviluppato il metodo scientifico con circa trecento anni d'anticipo rispetto agli scienziati del rinascimento e anche più rispetto a coloro che lo formalizzarono in maniera più dettagliata, il filosofo Bacone e il matematico Galilei, per esempio.
Le informazioni sulla sua vita non sembrano molte, almeno stando a quanto scritto su en.wiki o sulla Britannica.
Alhazen, nato a Basra (da qui uno degli appellativi con cui è noto, al-Basri), andò in Egitto presso il califfo al-Hakim, mecenate della scienza ma anche particolarmente crudele (soprannominato il califfo pazzo). Non sono chiare le condizioni che lo hanno portato presso la corte di un così pericoloso personaggio. Secondo lo storico Ibn al-Qifṭī, vissuto un paio di secoli dopo Alhazen, il matematico fu chiamato dal califfo per dimostrare quanto affermava: ovvero di essere in grado di regolare le acque del Nilo. Secondo altri, invece, fu lo stesso Alhazen a proporre il progetto al califfo. Ad ogni buon conto sembra che il progetto, conclusi i conti, si rivelò impraticabile e a questo punto sembra che il califfo, non prendendo nel verso giusto la notizia, decise di condannare Alhazen. Quest'ultimo, allora, evidentemente per evitare pene peggiori, decise di fingersi pazzo(1), restando così prigioniero delle carceri egizie dal 1011 al 1021, anno della morte del califfo.
Questo decennio non fu infruttuoso: Alhazen, infatti, portò avanti una serie di esperimenti di ottica che sfociarono in uno dei primi e più importanti testi sull'argomento, il Libro dell'ottica (in originale Kitab al-Manazir), un'opera in sette volumi dove lo scienziato arabo presentò la sua teoria della visione oculare, supportata sia da un apparato matematico/geometrico sia da una serie di esperimenti. L'opera fondamentale per il libro di Alhazen da cui, di fatto, prese le mosse, fu l'Ottica di Tolomeo.
domenica 20 settembre 2015
Topolino #3121: Una divisa per Topolino
Recensione di #Topolino 3121 con storie, tra gli altri, di @jacopocirillo e @giorgiosalati
Con un po' di ritardo rispetto al solito, ecco con l'usuale (da un mese a questa parte) recensione dell'ultimo numero di Topolino, il #3121 in questo caso. Il ritardo è essenzialmente dovuto alla giornata di ieri, impegnativa, con in particolare l'incontro con Don Rosa al Museo WOW. Il cartoonist del Kentucky era in collegamento via Skype da casa sua in compagnia con Dan Shane che ha collaborato con lui per la storia Bassotti contro deposito realizzando i progetti pubblicati all'interno delle pagine di quella divertente avventura.Visto che non so se scriverò un resoconto di quell'incontro, semplicemente vi anticipoi che Luca Boschi sta lavorando per proporre la ristampa di alcune storie di Don Rosa nel 2016 in Italia (molto probabilmente sarà una nuova edizione della Saga, e questo, evidentemente, per via delle particolarità del mercato italiano, dove gli editori sembrerebbero allergici alle cronologiche fatte bene...).
Detto ciò, passiamo alla recensione dell'ultimo numero di Topolino, che in questa versione estesa potrete confrontare con la già pubblicata brevisione: Come intuibile dalla copertina di Carlo Limido (magari c'è un riferimento alla pur breve carriera da portiere di Paperino in Paperino ai mondiali di calcio di Romano Scarpa!) la prima storia è a tema calcistico. Scritta da Marco Bosco e disegnata dallo stesso Limido, presenta un Paperino e un Archimede particolarmente intraprendenti nel proporre a Paperone una sorta di campionato virtuale simulato al computer composto dalle grandi squadre del passato e da trasmettere sull'apposito canale tematico di PdP. In un crescendo di aggiunte di contorno alle partite che portano, all'inizio, a una passione sempre maggiore da parte degli appassionati, il giocattolo si rompe, fino alla soluzione finale che salva i nostri due eroi dall'ennesimo mezzo fallimento.
Una storia divertente e come al solito ben scritta da Bosco, dai tipici riferimenti europei assolutamente assenti su suolo statunitense (ma è una più che comprensibile concessione, visto l'inizio recente del camionato di calcio) e ben disegnata da Limido, che conferma la bontà del tratto dinamico già espressa nel numero precedente.
giovedì 17 settembre 2015
La sigaretta
Il padre di Mafalda è seduto sulla poltrona, rilassato, che aspira dalla sigaretta accessa le esalazioni chimiche della stessa. Quindi sposta la testa all'indietro e soffia verso l'alto un pò del fumo inalato in forma di nuvolette. Mafalda osserva attenta il padre, gli si avvicina e chiede:
Mafalda: Cosa fai, papà?
Papà: Fumo una sigaretta, perché?
Mafalda: Niente, niente. Mi sembrava che fosse la sigaretta a fumare te, ma non farci caso
Mafalda si allontana. Dopo poco il padre, inginocchiato a terra, taglia, con una forbice, convulsamente, le sigarette
Quino
Mafalda: Cosa fai, papà?
Papà: Fumo una sigaretta, perché?
Mafalda: Niente, niente. Mi sembrava che fosse la sigaretta a fumare te, ma non farci caso
Mafalda si allontana. Dopo poco il padre, inginocchiato a terra, taglia, con una forbice, convulsamente, le sigarette
Quino
martedì 15 settembre 2015
Babel-17
Un misterioso codice crittografico viene intercettato sui luoghi di una serie di attentati che evidentemente sono stati ispirati dagli Invasori. Il codice, intercettato dalle forze dell'Alleanza con la Terra, è stato denominato Babel-17 e sfugge a qualsiasi tentativo di decifrazione: per i terrestri del lontano futuro è giunto il momento di rivolgersi al miglior crittografo del pianeta.
La forza del romanzo, però, non sta in questi aspetti, che sono comunque dei dettagli, ma in alcune delle idee che erano presenti, separatamente, nelle opere coeve di due altri scrittori statunitensi: sto infatti pensando a Dune di Frank Herbert e Nova Express di William Burroughs.
Con il romanzo di Herbert, Babel-17 condivide l'atmosfera sognante di alcuni passaggi soprattutto nella prima parte, quando Rydra è alla ricerca del suo equipaggio, o l'ambientazione sul pianeta del barone Ver Dorco, colui che crea le armi per l'Alleanza contro l'Invasione.
E' poi possibile che, a sua volta, Babel-17 abbia influenzato le atmosfere del Dune cinematografico del 1984 di David Lynch, visto che il romanzo stesso è ricco di modifiche genetiche autoindotte, alcune di livello estetico altre funzionali al lavoro da svolgere.
Le similitudini con Nova Express di Burroughs sono, a mio giudizio, invece molto più profonde: anche nel romanzo di Burroughs, che fa parte della allucinata e allucinante quadrilogia fantascientifica dello scrittore beat statunitense, c'è un'invasione verso la Terra. L'arma principale dell'invasione è una sorta di linguaggio virale, qualcosa di simile a quello che si rivelerà essere Babel-17. Questo, infatti, è un linguaggio sviluppato dagli Invasori, trasmesso nello spazio e mancante della definizione della prima persona. Questa semplice mancanza rende qualunque persona appartenente all'Alleanza una spia e un sabotatore al soldo dell'Invasore.
E' un concetto che, per esempio, verrà sviluppato da Grant Morrison sia ne Gli Invisibili sia in Crisi Infinita e che (stando a quanto segnalato su wiki.en) è stato in parte espresso anche sui romanzi precedenti Il linguaggio di Pao di Jack Vance e Anthem di Ayn Rand.
In conclusione un romanzo bello, veloce, appassionante e interessante, consigliato a tutti gli amanti della fantascienza soprattutto perché riesce a unire i due grandi filoni, quella cosmica e quella intimista.
Ricordo infine che sia Dune sia Nova Express sono sostanzialmente contemporanei con Babel-17, a dimostrazione che solo i grandi autori sono in grado di cogliere i medesimi dettagli e svilupparli in modi e stili completamente differenti.
Linguaggio, matematica, poesia
Il personaggio principale di Babel-17 è Rydra Wong, poetessa, studiosa del linguaggio e crittografa. C'è un po' di Samuel R. Delany in Rydra: lo scrittore, infatti, è un matematico di formazione poi passato alla letteratura come scrittore di fantascienza e come poeta. Delany è, poi, anch'egli una persona piuttosto rara, in particolare nel genere: è uno dei pochi scrittori afroamericani che hanno affrontato la fantascienza. E la sua sfida è sicuramente vincente sin da questo Babel-17, un romanzo scritto nel 1966 ma incredibilmente fresco e dove l'unico elemento che realmente lo identifica come scritto in quell'epoca è un accenno nel finale alle schede perforate: cd, dvd e prima ancora floppy erano di là da venire, così come lo stesso concetto di cloud computing, però la tecnologia e i macchinari descritti sono tali da essere coerenti con un qualsiasi tempo futuro.La forza del romanzo, però, non sta in questi aspetti, che sono comunque dei dettagli, ma in alcune delle idee che erano presenti, separatamente, nelle opere coeve di due altri scrittori statunitensi: sto infatti pensando a Dune di Frank Herbert e Nova Express di William Burroughs.
Con il romanzo di Herbert, Babel-17 condivide l'atmosfera sognante di alcuni passaggi soprattutto nella prima parte, quando Rydra è alla ricerca del suo equipaggio, o l'ambientazione sul pianeta del barone Ver Dorco, colui che crea le armi per l'Alleanza contro l'Invasione.
E' poi possibile che, a sua volta, Babel-17 abbia influenzato le atmosfere del Dune cinematografico del 1984 di David Lynch, visto che il romanzo stesso è ricco di modifiche genetiche autoindotte, alcune di livello estetico altre funzionali al lavoro da svolgere.
Le similitudini con Nova Express di Burroughs sono, a mio giudizio, invece molto più profonde: anche nel romanzo di Burroughs, che fa parte della allucinata e allucinante quadrilogia fantascientifica dello scrittore beat statunitense, c'è un'invasione verso la Terra. L'arma principale dell'invasione è una sorta di linguaggio virale, qualcosa di simile a quello che si rivelerà essere Babel-17. Questo, infatti, è un linguaggio sviluppato dagli Invasori, trasmesso nello spazio e mancante della definizione della prima persona. Questa semplice mancanza rende qualunque persona appartenente all'Alleanza una spia e un sabotatore al soldo dell'Invasore.
E' un concetto che, per esempio, verrà sviluppato da Grant Morrison sia ne Gli Invisibili sia in Crisi Infinita e che (stando a quanto segnalato su wiki.en) è stato in parte espresso anche sui romanzi precedenti Il linguaggio di Pao di Jack Vance e Anthem di Ayn Rand.
In conclusione un romanzo bello, veloce, appassionante e interessante, consigliato a tutti gli amanti della fantascienza soprattutto perché riesce a unire i due grandi filoni, quella cosmica e quella intimista.
Ricordo infine che sia Dune sia Nova Express sono sostanzialmente contemporanei con Babel-17, a dimostrazione che solo i grandi autori sono in grado di cogliere i medesimi dettagli e svilupparli in modi e stili completamente differenti.
sabato 12 settembre 2015
Topolino #3120: il ritorno dei milioni di Paperone
E a quanto pare continuo a brevisionare Topolino. Questa volta inizia una nuova saga (o continua, dipende dai punti di vista!) e come nelle settimane precedenti, con le opportune modifiche, il testo per la brevisione su LSB (che dovrebbe uscire lunedì 14, un paio di giorni prima del nuovo numero) viene integrato con le osservazioni relative alle altre storie presenti sul #3120.
Dopo la raccolta in volume delle prime quattro storie della serie Tutti i milioni di Paperone, torna sulle pagine di Topolino Fausto Vitaliano con il racconto dell'undicesimo milione.
Questa volta Vitaliano si concentra sull'epica della posta aerea: Paperone, infatti, inizia una attività di consegna della posta su un'isoletta nei pressi del Circolo Polare Artico, con gran soddisfazione di quasi tutti gli abitanti. Purtroppo un sabotaggio complica la situazione e rende l'ultimo viaggio in aereo di Paperone piuttosto movimentato.
Il ritmo e il susseguirsi senza respiro delle gag in questa porzione della storia sono indubbiamente la parte meglio riuscita, all'interno comunque di una storia con un'ottima gestione dei personaggi, in particolare di un PdP grintoso e intraprendente che mostra gli aspetti positivi del libero mercato. Ad affiancare Vitaliano troviamo Carlo Limido: il tratto rotondo alla Luciano Gatto si adatta perfettamente alle scene maggiormente action, mentre si mostra poi particolarmente efficace nella rappresentazione dei personaggi e soprattutto nella caratterizzazione grafica dell'antagonista di Paperone.
Piccola osservazione: la serie si caratterizza per un Paperone spaccone che raccontando le sue avventure di gioventù si accredita l'invenzione di alcuni prodotti più o meno famosi. Ovviamente Paperino, come accade nell'ultimo capitolo della Saga, non crede allo zio e potremmo dire che ogni volta fa bene, anche se in fondo tutto questo è parte del gioco decisamente efficace costruito da Vitaliano nelle storie di questa serie.
In questa occasione, comunque, lo scrittore propone come invenzione del giovane Paperone quella del ghiacciolo.
Questa volta Vitaliano si concentra sull'epica della posta aerea: Paperone, infatti, inizia una attività di consegna della posta su un'isoletta nei pressi del Circolo Polare Artico, con gran soddisfazione di quasi tutti gli abitanti. Purtroppo un sabotaggio complica la situazione e rende l'ultimo viaggio in aereo di Paperone piuttosto movimentato.
Il ritmo e il susseguirsi senza respiro delle gag in questa porzione della storia sono indubbiamente la parte meglio riuscita, all'interno comunque di una storia con un'ottima gestione dei personaggi, in particolare di un PdP grintoso e intraprendente che mostra gli aspetti positivi del libero mercato. Ad affiancare Vitaliano troviamo Carlo Limido: il tratto rotondo alla Luciano Gatto si adatta perfettamente alle scene maggiormente action, mentre si mostra poi particolarmente efficace nella rappresentazione dei personaggi e soprattutto nella caratterizzazione grafica dell'antagonista di Paperone.
Piccola osservazione: la serie si caratterizza per un Paperone spaccone che raccontando le sue avventure di gioventù si accredita l'invenzione di alcuni prodotti più o meno famosi. Ovviamente Paperino, come accade nell'ultimo capitolo della Saga, non crede allo zio e potremmo dire che ogni volta fa bene, anche se in fondo tutto questo è parte del gioco decisamente efficace costruito da Vitaliano nelle storie di questa serie.
In questa occasione, comunque, lo scrittore propone come invenzione del giovane Paperone quella del ghiacciolo.
venerdì 11 settembre 2015
L'entropia di espansione
Breve post piuttosto tecnico che introduce una nuova quantità matematica, l'entropia di espansione. Nella speranza che le poche parole scritte non siano così complesse, vi lascio alla veloce lettura.
In termini semplici l'entropia di espansione (expansion entropy) è un nuovo modo per calcolare l'entropia di un dato sistema.
Utilizzando queste mappe si può costruire la così detta matrice delle derivate $Df$, che è costituita dalle derivate parziali di $f$ rispetto alle $n$ coordinate dello spazio $M$ (dobbiamo considerare uno spazio generico, quindi le sue dimensioni possono essere in numero differente dalle usuali 3 o 4, se consideriamo ad esempio lo spaziotempo).
A questo punto facendo uso di $Df$, si può calcolare la funzione $G(Df)$, che è
Ora $G(Df)$ verrà integrata su tutto lo spazio $n$-dimensionale e rinormalizzata sul suo volume, e la nuova quantità $E(f, S)$ così calcolata sarà utilizzata per definire l'entropia di espansione: \[H_0 (f, S) = \lim_{t' \rightarrow \infty} \frac{\ln E_{t', t} (f, S)}{t'-t}\] dove $t'$ è il tempo finale, $t$ quello iniziale.
In questo modo l'entropia di espansione misura il disordine del sistema, proprio come l'entropia topologica, ma utilizzando l'entropia di espansione si può definire il caos come $H_0 > 0$.
In termini semplici l'entropia di espansione (expansion entropy) è un nuovo modo per calcolare l'entropia di un dato sistema.
L'entropia di espansione utilizza la linearizzazione del sistema dinamico e una nozione di volume nel suo spazio degli stati.Da un punto di vista matematico, possiamo descrivere l'evoluzione di un dato sistema $M$ utilizzando una mappa (una funzione, un'applicazione) che agisce sullo stesso sistema $M$: $f: M \rightarrow M$. Ognuna della mappe $f$ dipende dal tempo, che può essere discreto o continuo.
Utilizzando queste mappe si può costruire la così detta matrice delle derivate $Df$, che è costituita dalle derivate parziali di $f$ rispetto alle $n$ coordinate dello spazio $M$ (dobbiamo considerare uno spazio generico, quindi le sue dimensioni possono essere in numero differente dalle usuali 3 o 4, se consideriamo ad esempio lo spaziotempo).
A questo punto facendo uso di $Df$, si può calcolare la funzione $G(Df)$, che è
il tasso di crescita di un volume locale per la (tipicamente non lineare) funzione $f$.o in altri termini un modo per misurare la crescita di $M$ nel tempo.
Ora $G(Df)$ verrà integrata su tutto lo spazio $n$-dimensionale e rinormalizzata sul suo volume, e la nuova quantità $E(f, S)$ così calcolata sarà utilizzata per definire l'entropia di espansione: \[H_0 (f, S) = \lim_{t' \rightarrow \infty} \frac{\ln E_{t', t} (f, S)}{t'-t}\] dove $t'$ è il tempo finale, $t$ quello iniziale.
In questo modo l'entropia di espansione misura il disordine del sistema, proprio come l'entropia topologica, ma utilizzando l'entropia di espansione si può definire il caos come $H_0 > 0$.
Hunt, B., & Ott, E. (2015). Defining chaos Chaos: An Interdisciplinary Journal of Nonlinear Science, 25 (9) DOI: 10.1063/1.4922973 (arXiv)
E sono 200, in ricorsione!
in segnalazione del 200.mo dei @rudimathematici
Tutti lì, appassionatamente, i tre Rudi Mathematici per festeggiare ricorsivamente il 200.mo numero dell'omonima rivista (pdf). Buona lettura e tanti auguri al trio!
giovedì 10 settembre 2015
La coomologia delle figure impossibili
L'omotopia è un'applicazione matematica che permette di deformare due curve una nell'altra. Analoga all'omotopia è l'omologia, che è un insieme (tecnicamente successione) di gruppi abeliani associati a un dato spazio topologico. Essa è utilizzata per distinguere topologicamente gli oggetti in base ai loro "buchi" e al fatto che questi possano essere "tappati" o meno. Per contare (o misurare) questi buchi si utilizza un'invariante topologica detta coomologia. La famose figure impossibili, quelle rese famose prima da Escher e quindi da Roger Penrose, che le ha diffusamente studiate dal punto di vista matematico, presentano alcuni aspetti coomologici, ancora una volta enfatizzati proprio da Penrose.
Iniziamo con il triangolo di Penrose (detto anche tribar, essendo costituito da tre barrette). Questo può essere disegnato su un foglio di carta completamente bianco o all'interno di due regioni anulari, come mostrato nelle figure qui sotto.
Iniziamo con il triangolo di Penrose (detto anche tribar, essendo costituito da tre barrette). Questo può essere disegnato su un foglio di carta completamente bianco o all'interno di due regioni anulari, come mostrato nelle figure qui sotto.
mercoledì 9 settembre 2015
martedì 8 settembre 2015
Dagon: dalla Mesopotamia agli Stati Uniti
All'interno del pantheon di divinità extramondane ideato da Lovecraft, c'è un unico dio che il solitario di Providence ha estratto da una tradizione mitica già esistente: Dagon. E' quindi con l'omonimo racconto, scritto nel 1917 e apparso prima su The Vagrant #11 del novembre 1919 e quindi su Weird Tales dell'ottobre 1923, che si tende a far iniziare i Miti di Cthulhu.
In origine noto come Dagan, faceva parte del trio più importante di divinità mesopotamiche insieme con Illu o El e con Adad o Hadad. Molto probabilmente Dagon era il dio più importante di tutta la mitologia. Ad esempio a Ebla era a capo di un nutrito gruppo di circa 200 divinità! Uno dei suoi attributi, concordemente con il ruolo di dio della fertilità, è "rugiada della terra".
A Ugarit, invece, era il terzo dietro un non meglio identificato dio-padre e a El e precedeva Baal (identificato con Hadad). Secondo Joseph Fontenrose però El e Dagon sono, in realtà, da considerarsi come un'unica divinità. Indizio di questo fatto è che Hadad, fratello di Anat figlia di El, è identificato come figlio di Dagon.
Il mito passò poi ai fenici e qui venne trasformato in una versione che potrebbe essere alla base dei miti degli dei dell'Olimpo: Dagon ed El (Crono) erano fratelli, entrambi figli del Cielo (Urano). In questo mito il legame con Hadad si fa più complicato: quest'ultimo viene generato dal Cielo con una concubina prima che questi venga castrato da El. La concubina, incinta, diventa quindi compagna di Dagon, che così assume il doppio ruolo di fratellastro e patrigno di Hadad. Anche in questo caso ci sono indizi che andrebbero verso una identificazione di Dagon con El.
Ritroviamo il suo ruolo centrale tra i filistei, che lo assurgono a loro divinità: nell'antico testamento è proprio un tempio di Dagon quello distrutto da Sansone. Ad ogni buon conto il dio-pesce viene citato spesso nella Bibbia ed evidentemente ciò potrebbe aver ispirato Lovecraft per ritagliargli il ruolo di antagonista della razza umana nell'omonimo, delirante racconto. Lovecraft infatti fa scrivere al protagonista del racconto le seguenti parole:
Il dio-pesce
Divinità associata alla fertilità, Dagon appartiene al pantheon mitico mesopotamico (in particolare di Akkadia, Assiria e Babilonia). Viene tradizionalmente rappresentato come metà uomo e metà pesce e sono due le rappresentazioni note: una in stile tritone, ovvero con il busto a forma di uomo, e un'altra con la parte anteriore a forma di uomo e la parte posteriore a forma di pesce. Etimologicamente parlando il nome è associabile sia a "pesce" sia a "grano".In origine noto come Dagan, faceva parte del trio più importante di divinità mesopotamiche insieme con Illu o El e con Adad o Hadad. Molto probabilmente Dagon era il dio più importante di tutta la mitologia. Ad esempio a Ebla era a capo di un nutrito gruppo di circa 200 divinità! Uno dei suoi attributi, concordemente con il ruolo di dio della fertilità, è "rugiada della terra".
A Ugarit, invece, era il terzo dietro un non meglio identificato dio-padre e a El e precedeva Baal (identificato con Hadad). Secondo Joseph Fontenrose però El e Dagon sono, in realtà, da considerarsi come un'unica divinità. Indizio di questo fatto è che Hadad, fratello di Anat figlia di El, è identificato come figlio di Dagon.
Il mito passò poi ai fenici e qui venne trasformato in una versione che potrebbe essere alla base dei miti degli dei dell'Olimpo: Dagon ed El (Crono) erano fratelli, entrambi figli del Cielo (Urano). In questo mito il legame con Hadad si fa più complicato: quest'ultimo viene generato dal Cielo con una concubina prima che questi venga castrato da El. La concubina, incinta, diventa quindi compagna di Dagon, che così assume il doppio ruolo di fratellastro e patrigno di Hadad. Anche in questo caso ci sono indizi che andrebbero verso una identificazione di Dagon con El.
Ritroviamo il suo ruolo centrale tra i filistei, che lo assurgono a loro divinità: nell'antico testamento è proprio un tempio di Dagon quello distrutto da Sansone. Ad ogni buon conto il dio-pesce viene citato spesso nella Bibbia ed evidentemente ciò potrebbe aver ispirato Lovecraft per ritagliargli il ruolo di antagonista della razza umana nell'omonimo, delirante racconto. Lovecraft infatti fa scrivere al protagonista del racconto le seguenti parole:
Un giorno, venni in contatto con un etnologo famoso, e gli feci alcune domande sull'antica leggenda filistea di Dagon, il Dio-Pesce.
Cannibalismo stellare
Per la serie di conferenze I cieli di Brera, mercoledì 16 settembre alle 18:00 presso la Sala delle Adunanze dell'Istituto Lombardo, all'interno di Palazzo Brera, via Brera 28, e inserito all'interno del programma EXPO in Città, Sandro Mereghetti proporrà a chi vorrà o avrà tempo di venire ad ascoltarlo la conferenza Il cannibalismo tra le stelle:
Negli ultimi 50 anni, grazie allo sviluppo delle tecnologie spaziali, l'astronomia si è avvalsa di osservazioni che coprono tutta la banda dello spettro elettromagnetico, ed in particolare alle energie dei raggi X e gamma.E infine due parole sul conferenziere:
Questi nuovi dati hanno incredibilmente arricchito la nostra conoscenza dell'Universo, che per secoli era stata basata esclusivamente sulle osservazioni effettuate nella ristretta banda della luce visibile ai nostri occhi.
Le osservazioni X e gamma mostrano una volta celeste caratterizzata da fenomeni estremamente variabili ed energetici, tra cui quelli che originano in sistemi binari contenenti stelle di neutroni o buchi neri. L'attrazione gravitazionale di questi oggetti è talmente intensa da influenzare notevolmente la vita delle loro stelle compagne, che in certi casi possono essere in parte o totalmente divorate.
Sandro Mereghetti, laureato in Fisica all'Università degli Studi di Milano, ha lavorato negli Stati Uniti (Harvard University, Cambridge) ed in Francia (CESR, Toulouse) e dal 1988 è ricercatore INAF presso l'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano. Si occupa principalmente dello studio di stelle di neutroni mediante osservazioni ottenute con satelliti per astronomia X e gamma.L'ingresso è libero fino a esaurimento dei posti (100).
sabato 5 settembre 2015
Topolino #3119: il finale di Papere alla riscossa
Come da consuetudine delle ultime settimane ecco la recensione completa di Topolino #3119. Questa volta la recensione parte con il testo quasi integrale della brevisone dell'ultimo episodio di Papere alla riscossa, storia in cinque puntate di Marco Bosco e Silvia Ziche.
Come già scritto in occasione del primo episodio, Papere alla riscossa si distingue innanzitutto per la trama incentrata sul tema ecologico dello sfruttamento del territorio e della speculazione edilizia. Si comprende sin da subito che il tema è sentito dalla coppia di autori: le gag sono pressoché inesistenti, salvo alcune rare battute che al massimo strappano un sorriso, o quelle prettamente visive e ben interpretate da Ziche, come Nonna Papera provata dal lungo discorso fatto all'assemblea dell'Accademia delle Pannocchie per permettere la conclusione delle indagini.
La storia scritta da Bosco si suddivide, infatti, in due filoni narrativi ben distinti: quello di approfondimento ecologico-politico e quello investigativo. Mentre il primo è stato trattato in maniera efficace in ogni episodio, il secondo ha risentito della diluizione della storia in cinque puntate, riuscendo molto più efficace nell'ultima, anche grazie a un'ottima gestione della tensione narrativa e all'alternanza tra le scene nell'Accademia e nel covo dei criminali.
Forse, nel complesso, avrebbe giovato a una storia tutto sommato buona concedere uno spazio maggiore a ciascun singolo episodio rispetto alle 20 pagine che sono state utilizzate su ciascuno dei cinque Topolino.
La storia scritta da Bosco si suddivide, infatti, in due filoni narrativi ben distinti: quello di approfondimento ecologico-politico e quello investigativo. Mentre il primo è stato trattato in maniera efficace in ogni episodio, il secondo ha risentito della diluizione della storia in cinque puntate, riuscendo molto più efficace nell'ultima, anche grazie a un'ottima gestione della tensione narrativa e all'alternanza tra le scene nell'Accademia e nel covo dei criminali.
Forse, nel complesso, avrebbe giovato a una storia tutto sommato buona concedere uno spazio maggiore a ciascun singolo episodio rispetto alle 20 pagine che sono state utilizzate su ciascuno dei cinque Topolino.
venerdì 4 settembre 2015
L'abisso di Galileo
E' sempre bello e interessante leggere libri divulgativi, specie quando sono scritti da chi la divulgazione la sa fare. In questa occasione andrò a raccontarvi un paio di cose su un libro che contiene informazioni su un matematico e fisico pisano e sulla sua idea che i matematici il mondo lo conoscono meglio dei filosofi. O almeno ci provano, a conoscerlo.
Sull'identità dei contendenti e, per traslato, di Cecco di Ronchitti sembrerebbero esserci pochi dubbi. Da un lato abbiamo il conte Baldassarre Capra e, molto probabilmente, Antonio Lorenzini che giusto un paio di settimane prima aveva visto stampato il Discorso intorno alla Nuova Stella, cui il Dialogo di Cecco contrappone argomentazioni definite galileiane nel secondo volume delle opere di Galileo pubblicato nel 1891 dalla Tipografia G. Barbera di Firenze. E' quindi a ragion veduta che si ritiene il Dialogo di Cecco un'opera di Galileo Galilei, all'epoca rettore della cattedra di matematica a Padova, territorio di competenza della Serenissima Repubblica di Venezia.
Un dialogo
Agli inizi del 1605 viene pubblicato a Padova un Dialogo in prepuosito de la stella nuova firmato da tale Cecco di Ronchitti. I due protagonisti, i "dialoganti", sono due contadini che discutono di una stella nuova comparsa nel cielo nel 1604 e su cui hanno discusso con una certa veemenza un filosofo e un matematico, con il filosofo a difendere il punto di vista aristotelico e il matematico a opporsi ad esso, in pratica a difendere il punto di vista copernicano senza citarlo esplicitamente per ovvi motivi di sicurezza, per se e i suoi cari.Sull'identità dei contendenti e, per traslato, di Cecco di Ronchitti sembrerebbero esserci pochi dubbi. Da un lato abbiamo il conte Baldassarre Capra e, molto probabilmente, Antonio Lorenzini che giusto un paio di settimane prima aveva visto stampato il Discorso intorno alla Nuova Stella, cui il Dialogo di Cecco contrappone argomentazioni definite galileiane nel secondo volume delle opere di Galileo pubblicato nel 1891 dalla Tipografia G. Barbera di Firenze. E' quindi a ragion veduta che si ritiene il Dialogo di Cecco un'opera di Galileo Galilei, all'epoca rettore della cattedra di matematica a Padova, territorio di competenza della Serenissima Repubblica di Venezia.
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