Ma che mistero
La storia della materia oscura inizia da lontano: già sul finire del XIX secolo si iniziava a fare sempre più larga l'idea dell'esistenza nell'universo di oggetti invisibili alla vista. Questa prima idea, che in qualche modo si confonde con i buchi neri, venne per la prima volta suggerita da Lord Kelvin nel 1884, che stimò come la maggior parte delle stelle che costituiscono la Via Lattea fossero scure. Il termine "materia oscura" venne, però, coniato da Henri Poincaré(1), in una nota in cui commentava proprio il lavoro di Kelvin del 1884, mentre il primo a supporre che l'idea di Kelvin non fosse campata in aria fu Jacobus Kapteyn nel 1922(2) grazie a una serie di misure astronomiche. Per avere i primi dati sufficientemente solidi ci volle un decennio: prima Jan Oort nel 1932(3), quindi Fritz Zwicky nel 1933(4) e infine Horace Babcock con le sue osservazioni sulla nebulosa di Andromeda(5) (a dire il vero Babcock non associò le sue osservazioni alla presenza di materia invisibile), la stessa studiata da Vera Rubin nel 1970 insieme con Kent Ford jr., portando nuovi supporti e riportando in auge l'idea della materia oscura(6).Il punto centrale di queste osservazioni è molto semplice: osservando il moto delle periferie galattiche, si nota che queste ruotano troppo velocemente considerando il contenuto di materia visibile. Per spiegare tali osservazioni, bisogna postulare la presenza di materia invisibile all'interno della galassia.
L'esistenza della materia oscura, nel corso dei decenni successivi, ha ottenuto sempre più evidenze a favore: il moto di rotazione delle galassie, la velocità di dispersione della materia, il comportamento gravitazionale delle galassie all'interno degli ammassi, i dati provenienti dalle lenti gravitazionali e dalla radiazione cosmica di fondo, le misure di distanza delle supernove e, soprattutto, l'Ammasso del Proiettile.