La recensione di questo libro mi è rimasta un po' appesa, da un bel po'. E non è quella che aspetta da più tempo (è che sono indeciso su dove pubblicarla: quando uscirà, capirete al volo cosa intendo!).
Una famiglia quasi perfetta di
Jane Shemilt è
il libro di cui scrivevo un paio di mesi fa, che ho concluso con qualche difficoltà. E queste difficoltà sono legate non solo al periodo, ma in parte anche al libro stesso. Non dico che è un brutto libro, anzi: in fondo la lettura la consiglio, ma non è nemmeno quel genere di libro che mi ha attirato particolarmente. E il motivo, probabilmente, è che l'ho letto dall'ottica del figlio. Per farvi capire, lasciatemi raccontare gli elementi salienti della trama.
Jenny e Ted Malcolm sono una coppia di medici che abitano in una casetta a due piani in quel di Bristol. Lei è il classico medico di famiglia, lui un neurochirurgo piuttosto affermato e parecchio indaffarato. Hanno tre figli, due maschi, Ed e Theo, e una femmina, Naomi. La storia, narrata in prima persona da Jenny come un lungo
flashback intervallato da momenti di vita in un
cottage nel Dorset, ruota intorno alla scomparsa di Naomi e a come questo evento faccia letteralmente crollare le certezze di Jenny sulla sua famiglia, che riteneve perfetta, figli inclusi. In pratica è la costruzione di un
puzzle intricato, solo che il mistero della scomparsa dell'adolescente è solo lo sfondo dell'immagine generale, una rappresentazione del marito, dei figli e di se stessa che risulta alla fine molto più realistica dell'idea che Jenny raccontava a se stessa.
Forse è proprio questo che non mi ha fatto apprezzare il romanzo fino in fondo, quell'idea che da adulti si possa essere così ingenui da restare stupiti dei segreti che i figli si costruiscono intorno, di quegli spazi da cui teniamo lontani gli adulti, spazi che Jenny si era presa da adolescente, ma che trova impossibile si siano presi i suoi stessi figli, Naomi in testa.
Il finale, poi, è al tempo stesso scontato e spiazzante, soprattutto considerando la direzione in cui stava andando la storia. E alla fine questo
mix crea delusione, molto più di un finale scontato. E forse il finale è l'unica pecca che obiettivamente mi sento di dare a un romanzo che, tutto sommato, non è malvagio. Basta non leggerlo con gli occhi del figlio.