I festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia, se da una parte non hanno portato delle grandi discussioni critiche su quegli eventi storici e su come l'unità sia stata gestita dopo la conclusione delle operazioni belliche, dall'altra, però, ha portato alla ribalta mostre, progetti e persone che hanno messo sicuramente la passione del proprio mestiere oltre che l'amore per l'Italia stessa. In particolare in campo fumettistico, molti
cartoonist hanno risposto con grande passione alla chiamata di questo o di quell'altro progetto. Ad esempio all'interno della collana
Sulle rotte dell'immaginario che
Stefano Gorla e
Angelo Nencetti hanno curato per conto de
Il Giornalino e del Museo italiano del fumetto e dell'immagine di Lucca, due volumi,
Storie d'Italia, sono stati dedicati all'interpretazione di alcuni dei più noti
cartoonist italiani della storia della nostra penisola. Ai due volumi hanno partecipati autori del calibro di
Carlo Ambrosini,
Francesco Artibani,
Ivo Milazzo,
Giorgio Cavazzano,
Sergio Toppi, che ha anche realizzato la copertina del primo volume e la storia d'apertura di tutto il progetto.
In particolare la storia di Toppi,
Un lungo cammino, parte praticamente dalla preistoria fino alla conclusione dell'unità e alla fine della spedizione dei mille di Garibaldi. Se da una parte questi due volumi, abbastanza snelli (poco più di 125 pagine), hanno come unico obiettivo quello di catturare lo spirito dell'Italia, non sono certo sufficienti per approfondire alcune delle figure più importanti del risorgimento italiano. Tra queste uno dei garibaldini più noti è sicuramente
Ippolito Nievo. Colonnello dell'esercito di Garibaldi, Ippolito è uno dei garibaldini più amati, come spiega
Giacomo Vit nella postfazione de
Il castello scomparso in mare, tanto che lo stesso Garibaldi ne piange la scomparsa, avvenuta in mare durante il naufragio del vaporetto
Ercole salpato da Palermo il 4 marzo del 1861 e colato a picco a causa di una tempesta quella stessa notte.
Nievo, che aveva ancora 29 anni quando le fredde acque del mare Mediterraneo lo abbracciarono, è noto soprattutto per l'unico romanzo,
Le confessioni di un italiano, che venne pubblicato postumo nel 1867 con il titolo de
Le confessioni di un ottuagenario perché quel primo editore, Le Monnier di Firenze, aveva paura che venisse preso non per un romanzo ma per un'opera politica: in fondo l'unità d'Italia era ancora abbastanza fresca e non era ben vista da tutta la popolazione, come è anche stata molto brava a sottolineare
Erika De Pieri nel corso del romanzo a fumetti edito da Lavieri in collaborazione con Venchiaredo.
Che tutta l'operazione portata avanti prima dai garibaldini e poi conclusa dai piemontesi non fosse chiara o ben vista da una fetta più o meno ampia della popolazione è cosa nota ed evidente già semplicemente leggendo quel capolavoro che è
Il Gattopardo di
Tommasi di Lampedusa, che grazie anche al film di
Luchino Visconti, ha diffuso nel mondo un pezzo importante della storia d'Italia che va ben oltre i film
holliwoodiani sull'antica Roma (ben fatti, certo, ma comunque limitati ad un arco narrativo ristretto, come se l'Italia fosse tutta là e nulla più...). In particolare nel romanzo di Lampedusa sono soprattutto il prete e il patriarca a essere sospettosi nei confronti della nascente nazione, che nelle parole promette di rendere liberi i poveracci, ma che nei fatti sta semplicemente cambiando un padrone con un altro, magari restituendo il potere ai soliti noti attraverso la democrazia rappresentativa.
Questo dramma che visse l'Italia durante e subito dopo l'unità d'Italia viene rappresentato molto bene dalla rissa sulla nave tra i marinai e i soldati di Nievo. A un certo punto, infatti, uno dei marinai grida:
Garibaldini dei miei stivali! Siete solo dei mercenari!
L'episodio genera nel ragazzino che ha fatto amicizia con il colonnello un problema apparentemente insolubile: il suo amico Ippolito è un bandito oppure no?
E' difficile spiegare a un ragazzino di 10 anni, come uno stesso uomo possa essere visto come eroe da alcuni... e tacciato di delinquente da altri.
Per spiegare questo concetto, che spesso non è ben chiaro nemmeno a un adulto, il Nievo fumettistico utilizza una storia, quella di Spaccafumo, prima fornaio di paese e poi bandito da Cordovado perché aveva difeso una signora del paese contro i soprusi di un tutore della legge.
Non sempre la legge è giusta, non sempre chi la sfida è cattivo.
Non è mio compito adesso entrare nel dettaglio di questa frase che Erika De Pieri mette in bocca a Nievo, ma ci tengo a sottolineare come storicamente è dietro queste buone intenzioni di molti banditi che si è nascosta per secoli la criminalità organizzata italiana (e non solo), costruendo, così, un rapporto di fiducia con la popolazione, che veniva presa per i fondelli due volte: dai mafiosi che promettevano di proteggerli contro i soprusi dei potenti e dai politici che promettevano di proteggerli contro le violenze dei banditi.
Al di là dello sfogo più o meno sentito, torniamo però al fumetto.
Il castello scomparso in mare non è solo una storia sull'unità d'Italia, ma è soprattutto la storia di un bambino che sta crescendo, è anche una storia d'amore, più o meno classica, ed è una storia poetica, fatta di immagini che sembrano a volte uscite da una cartolina, altre da ricordi un po' confusi. Erika infatti utilizza diverse tecniche illustrative per rappresentare i vari momenti di una storia costituita con immagini prese in prestito anche da
Le confessioni di un italiano.
Per la storia principale utilizza uno stile chiaro, molto simile a quello di ... ne
Le tre ombre. E con
Le tre ombre,
Il castello scomparso in mare condivide anche l'alternanza di stili, con figure allungate per alcuni dei punti cardine della vicenda, come ad esempio a pag.24 quando il piccolo Ippolito viene sgridato per essere stato fuori troppo tempo. Per sottolinearela drammaticità, per la mente di un bambino, di quella situazione, la De Pieri disegna, poi, l'illustrazione su un foglio nero, come molte altre scene del romanzo, come ad esempio alcune delle visioni che costituiscono il naufragio della
Ercole, ottenendo l'effetto di un graffito (questa tecnica consiste semplicemente nel colorare un foglio bianco con strati di pastelli di colori diversi, fino all'ultimo strato da realizzarsi con il pastello nero. Alla fine del processo di ricoprituradel foglio si disegna utilizzando una punta, ad esempio quella del compasso, grattando lo strato nero fino ad arrivare al colore che ci interessa far emergere. In questo caso, però, è importante avere in mente ben chiaro il soggetto da rappresentare).
La tecnica sembra un alternarsi tra acquerelli e pastelli, e l'effetto complessivo non è semplicemente gradevole, ma perfetto per una storia molto bella e romantica, infantile e al tempo stesso adulta, drammatica ma anche divertente. E alcune delle pagine più belle non sono altro che rappresentazioni dei luoghi di Nievo o delle immagini evocate nel suo romanzo, che il lettore avrà modo e piacere di scoprire anche grazie all'ottima e puntuale postfazione di Giacomo Vit.