La scoperta della particella di carica positiva sembrava, però, non così semplice: il rapporto carica massa dei raggi anodici, scoperti da Eugen Goldstein nel 1886, aveva valori differenti per gas differenti, a differenza di quanto avveniva con i raggi catodici.
Un importante passo avanti venne fatto nel 1911 quando Ernest Rutherford scoprì i nuclei atomici come la sede della carica positiva di un atomo(1). Tale scoperta indusse Antonius van den Broek, avvocato olandese con la passione per la fisica, a suggerire che la posizione degli atomi nella tavola periodica dipendesse dalla carica del nucleo(2). Tale idea venne sperimentalmente confermata nel 1913 da Henry Moseley utilizzando la spettroscopia a raggi X(3). Morì nel 1915 durante la prima Guerra Mondiale e secondo Rutherford avrebbe sicuramente vinto il premio Nobel per la sua scoperta.
L'esperimento di Rutherford era abbastanza semplice: bombardò una sottile lamina d’oro con dei raggi alfa. Dal lato opposto rispetto al punto di collisione, osservò la distribuzione delle particelle alfa che attraversavano la lamina. Dai risultati di questa collisione, Rutherford dedusse l’esistenza, al centro, di un nucleo di carica positiva. In un esperimento condotto nel 1917 e i cui risultati vennero diffusi prima in un articolo nel 1919 e quindi il 24 agosto del 1920 durante il congresso della British Association for the Advancement of Science a Cardiff, Rutherford scoprì anche la particella positiva che costituisce la base elementare del nucleo: il protone:
Dobbiamo concludete che l'atomo di azoto si è disintegrato sotto la forza intenza sviluppata in una collisione ravvicinata con una particella alfa veloce, e che l’atomo di idrogeno che si è liberato forma una parte costituente del nucleo dell’azoto.(4, 5)Il nucleo dell'idrogeno aveva, dunque, un ruolo elementare all'interno dei nuclei di ogni elemento atomico, motivo per cui Rutherford propose l'uso di un nome apposito. La sua proposta di protone (proton) venne accettata dalla comunità scientifica (l'alternativa, sempre proposta da Rutherford, era protyle proposto da Prout per identificare l'atomo di idrogeno come fondamentale) e anche se oggi sappiamo che né il protone né il neutrone sono particelle elementari, il primo sembra comunque volersi comportare come tale grazie alla sua incredibile stabilità. Il fatto che il neutrone decada producendo un protone, un elettrone e un neutrino, ha sempre suggerito l’esistenza di un processo di decadimento analogo anche per il protone, qualcosa del tipo: \[p^+ + e^- \rightarrow n + \nu_e\] Questo, però, non è un processo spontaneo e ha bisogno di energia per poter avvenire e in ogni caso il decadimento del neutrone entro 15 minuti garantisce il ritorno del protone.
La ricerca sperimentale sul decadimento del protone, invece, si concentra su altri canali, come nella produzione di un antimuone e di un pione neutro o di un positrone e un pione neutro. Entrambi questi decadimenti sono stati testati dal Super-Kamiokande in Giappone determinando come limiti inferiori $6.6 \times 10^{33}$ anni e $8.2 \times 10^{33}$ anni rispettivamente. Il Sudbury Neutrino Observatory in Canada, invece, ha determinato come limite inferiore il valore di $2.1 \times 10^{29}$ anni.
Questo vuol dire che da quando ha avuto inizio l'espansione dello spaziotempo, nessun protone dell'universo è mai spontaneamente decaduto, il che lo rende una particella decisamente molto stabile nonostante non sia elementare: una grande soddisfazione per un piccolo attore del nostro cosmo!
- Rutherford, E. (1911). LXXIX. The scattering of $\alpha$ and $\beta$ particles by matter and the structure of the atom. The London, Edinburgh, and Dublin Philosophical Magazine and Journal of Science, 21(125), 669-688. (html)↩
- Broek, A. van den (1913). “Die Radioelemente, das periodische System und die Konstitution der Atome”. Physikalische Zeitschrift. 14: 32–41.↩
- Moseley, H. G. J. (1913). XCIII. The high-frequency spectra of the elements. The London, Edinburgh, and Dublin Philosophical Magazine and Journal of Science, 26(156), 1024-1034. doi:10.1080/14786441308635052 (archive.org)↩
- Rutherford, E. (1919). LIV. Collision of α particles with light atoms. IV. An anomalous effect in nitrogen. The London, Edinburgh, and Dublin Philosophical Magazine and Journal of Science, 37(222), 581-587. doi:10.1080/14786440608635919↩
- Citazione da The Manhattan Rare Book Company↩
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