Il libro

Per contro, però, il romanzo può anche essere visto come un modo per esorcizzare l'uccisione accidentale di Joan Vollmer, avvenuta il 6 settembre del 1951. In quell'occasione i due coniugi, sicuramente ubriachi, provarono a ripetere l'impresa di Guglielmo Tell, ovviamente con esiti nefasti.
Si può solo supporre, quindi, che tutta la vicenda narrata in Queer sia stata proprio la reazione a tale evento, incluso il viaggio in sudamerica alla ricerca dello yagé, sostanza allucinogena ricavata da una pianta che si diceva avesse la capacità di attivare i poteri telepatici del cervello.
Il film

Alcune delle scene, poi, mi sono rimaste particolarmente impresse proprio perché hanno risvegliato molti ricordi del romanzo, come la cena con Allerton nella quale Lee racconta della sua omosessualità, o la scena nello studio del dottore quando cercano di ottenere un medicinale che possa placare le crisi di astinenza di Lee, o più in generale tutto il viaggio in sudamerica con l'ossessiva ricerca dell'"erba telepatica".
Guadagnino e Justin Kuritzkes, sceneggiatore del film, hanno anche inserito alcuni riferimenti alla vita e alla poetica di Burroughs, come il riferimento al gioco che ha portato alla morte di Joan Vollmer o le immagini lisergiche che caratterizzano molti dei romanzi dello scrittore. E qui, in effetti, casca l'asino, come si suol dire.
Se da un lato si possono anche sopportare alcune scene quasi pornografiche, si nota un eccessivo indulgere sulle stesse e soprattutto proprio sulle scene più lisergiche, che non mi pare fossero molto presenti nel romanzo o che comunque non prendevano chissà quante pagine. In questo senso il film, per quanto ben fatto, si è presentato con diverse scene eccessivamente lunghe, più simili a dei veri e propri esercizi di stile registico che non realmente al servizio della storia da raccontare. E' fuor di dubbio che ciò avrebbe giovato alla lunghezza del film, poco più di due ore e un quarto, e forse anche alla sua fruibilità.
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