Stomachion

lunedì 16 novembre 2009

Io le sogno, le pecore elettriche!

Mi avevano messo sull'avviso: leggere Dick non è semplice. Eppure questo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? è a dir poco eccezionale. I protagonisti principali sono tre: Rick Deckard, il cacciatore di androidi (Harrison Ford in Blade Runner, il film di Ridley Scott ispirato al bellissimo romanzo di Dick); John Isidore, uno speciale, una sorta di reietto della società, contaminato dalle polveri radioattive che si trovano nell'atmosfera terrestre che ne hanno minato le facoltà intellettive; Wilbur Mercer, predicatore di una nuova religione salvifica che si dimostrerà una farsa, interpretato in realtà da un attore della vecchia Hollywood, Al Jarry.
I protagonisti sono loro perché, in fondo, Dick esplora tre aspetti differenti nel suo visionario, a tratti allucinato romanzo. Inziamo da Mercer: egli rappresenta una nuova religione, ne è il profeta. Questo culto si basa su una macchina empatica che consente a tutti i fedeli che in quel momento sono collegati di condividere le loro emozioni, i loro sentimenti. Il successo di questa religione sta proprio nel fatto che ormai l'empatia tra esseri umani e verso altri esseri viventi è l'unico, vero carattere distintivo tra esseri umani e androidi, sempre più perfetti e simili agli esseri umani. Eppure questa religione, lo stesso Mercer, si riveleranno finti, delle costruzioni a ben guardare piuttosto raffazzonate, come hanno scoperto gli androidi nel tentativo estremo di far crollare l'unica certezza di distinzione che gli uomini hanno rispetto alle macchine.
Isidore nella sua semplicità si sentirà distrutto dal messaggio televisivo (è importante la diffusione delle notizie attraverso televisione e radio, nel romanzo di Dick, perché tiene compagnia, mantiene il controllo insieme alle macchine per l'induzione degli stati d'animo), eppure troverà in un ultima visione con Mercer un modo per andare avanti, per sopravvivere al crollo apparente della sua fede. In un certo senso il messaggio è chiaro: non importa ciò in cui credi, l'importante è crederci, anche se sai che razionalmente quell'oggetto è una farsa, una finzione. Isidore, tra l'altro, nella sua semplicità e unicità (vive da solo in un grande palazzo, almeno fino all'arrivo della prima degli ultimi tre androidi, Pris) si accorge della realtà dietro l'apparenza delle tre macchine umanoidi senza bisogno di alcun macchinario, semplicemente sentendo il loro distacco, la loro freddezza. E questo lo sconvolgerà nel finale, il loro distacco dalla vita: Pris, più per gioco che per curiosità scientifica, taglia le zampine a un ragno, prima 4 per vedere che succede e poi non contenta una terza; ciò sconvolgerà Isidore anche più dell'annuncio della finzione di Mercer, anche se non lo porterà a tradire i suoi amici droidi, gli unici che hanno rotto il suo isolamento e che per un giorno lo hanno fatto sentire importante.
Deckard, invece, ha bisogno di macchinari per scovare gli androidi, non perché il suo istinto di cacciatore non gli permetta di identificarli anche senza, ma per il semplice motivo che, in quanto funzionario pubblico, ha la necessità della certezza di chi ha davanti. E Rick, al mattino, quando si sveglia accanto ad una moglie intrattabile, che reagisce a una vita monotona, controllata quasi in ogni minuto, cercando di evitare le abitudini, tranne l'unica che rende sopportabile la vita, il legame empatico con gli altri mercenari, non immagina che lo aspetterà una lunga giornata, in cui dovrà ritirare ben 6 androidi. La sua caccia sarà anche una ricerca di se stesso, di quello che prova, del suo vero posto nel mondo. I dubbi sul suo lavoro, l'empatia che inizia a provare verso gli androidi, dalla bella Rachel, con la quale tradirà la moglie(1) prima di uccidere gli ultimi tre droni, dei quali Pris è identica a Rachel, e quindi in quel senso la più difficile da uccidere, alla cantante lirica Luba Luft, che spera fino all'ultimo non sia un androide, perché ama la lirica e apprezza la sua voce. E i dubbi aumenteranno perché sospetta che il collega cacciatore Phil Resch sia anch'egli un drone, ma semplicemente gli sta antipatico e non lo capisce. E poi quel suo identificarsi con Mercer, nella penultima scena del romanzo, egli che per tutta la giornata ha dimostrato un superficiale scetticismo verso la fede in questo fantomatico profeta, che alla fine, per assurdo, crederà essere vero e reale in contrasto con la realtà svelata dagli androidi.
Deckard e Isidore sono i due lati della stessa medaglia, mentre Mercer è la costa, ciò che li unisce indissolubilmente. Non possono stare vicini, dalla stessa parte, ma al tempo stesso non possono esistere uno senza l'altro. E sullo sfondo ci sono gli androidi, che vanno eliminati:
Nell'universo esistono cose gelide e crudeli, a cui io ho dato il nome di macchine. Il loro comportamento mi spaventa, soprattutto quando imita così bene quello umano da produrre in me la sgradevole sensazione che stiano cercando di farsi passare per umane pur non essendolo. In questo caso le chiamo androidi... Mi riferisco a una cosa prodotta per ingannarci in modo crudele, spacciandosi con successo per un nostro simile. Che ciò avvenga in un laboratorio o meno per me non ha molta importanza: l'intero universo è una sorta di enorme laboratorio, da cui provengono scaltre e crudeli entità, che ci sorridono tendendoci la mano. Ma la loro stretta è quella della morte, e il loro sorriso è di un gelo tombale.
Nonostante questo Isidore prova amicizia per gli androidi e Deckard empatia, tanto che per concludere il suo lavoro ha bisogno di Mercer, della sua spinta a fare un lavoro per lui ormai sgradevole, ma che deve essere fatto: sembra quasi che Dick, che per molti critici è rappresentato dai due personaggi, comprenda perfettamente la posizione di Turing, ma che non riesca ad accettarla completamente. E forse è per questo che alla fine della giornata i ruoli rappresentati da ciascun personaggio, e a questo punto includerei anche la moglie di Rick, Iran, le loro idee, sono tutti completamente ribaltati, senza però che alla fine nulla cambi in maniera percettibile.
Ora non mi resta che vedere Blade Runner, film che dicono si discosta anche in maniera netta dalla trama di Dick, ma che ne cattura lo spirito, l'essenza più intima, un po' come V for Vendetta film rispetto all'opera di Alan Moore e David Lloyd (e in questo senso è il film più fedele tra tutti quelli tratti da opere del cartoonist di Northampton). Una curiosità: difficilmente avrei letto questo romanzo se non avessi trovato una copia con ancora il titolo vero, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, visto che ormai la Fanucci ha avuto la poco brillante idea (per me lettore seriale, non certo per il lettore superficiale e legato alla pubblicità e all'immagine) di distribuire il romanzo con il nuovo titolo di Blade Runner e con copertina-collage tratta da fotogrammi del film di Scott. Invece l'edizione cartonata, del 2007, con copertina di Antonello Silverini non poteva sfuggirmi, unica e sola sullo scaffale da cui è andata via(2).
Una lettura bella, intensa, veloce, scorrevole e non banale, un capolavoro, un romanzo che di fatto anticipa il cyber punk per temi e atmosfera.

(1) E la sensazione è che per Rick il tradimento sia vero come se fosse stato consumato con una donna umana
(2) La libreria è la Feltrinelli di Corso Buenos Aires a Milano dove, l'ultima volta che ci sono stato, le copie erano state rimpiazzate con altre 5 della stessa edizione!

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