Stomachion

giovedì 4 novembre 2021

Ritorno dall'universo

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Come in Ritorno al domani di Ron Hubbard, anche Ritorno dall'universo gioca sul paradosso dei gemelli. Stanislaw Lem, però, usa il paradosso come espediente narrativo per raccontare un'utopia, o una distopia, dipende dal punto di vista con cui si guarda alla vicenda.
Dopo un viaggio durato 10 anni per lui e 127 per la Terra, Hal Bregg torna a casa insieme con ciò che resta del suo equipaggio. La sua astronave è stata diretta verso Fomalhault, stella nella costellazione del Pesce Australe. Al suo ritorno Hal trova un pianeta profondamente cambiato, in cui la società ha spento qualunque istinto di violenza nell'essere umano.
Sta qui il duplice modo di vedere Ritorno dall'universo: è indubbiamente un'utopia, poiché viene descritta una società in qualche modo ideale, dove la violenza e la guerra sono state cancellate perché in fondo non risultavano più in alcun modo necessarie; dall'altro è una distopia, un po' per come è iniziata, un po' perché dal punto di vista di Hal il genere umano, lasciandosi alle spalle i suoi istinti violenti, si è anche lasciato alle spalle altri aspetti positivi del proprio carattere, prima fra tutti la spinta creativa. E non è un caso come a notare tutto ciò sia un occhio "esterno" come quello di Hal: è molto difficile capire cosa hai perso, quando questo qualcosa non lo hai mai incontrato.
In questo senso è interessante notare come la trasformazione del genere umano sia avvenuta tramite una serie di trattamenti obbligatori per i bambini (risultano letali negli adulti). Questo rende la nuova struttura sociale più che accettabile e nessuno dall'interno è quindi invogliato in qualche modo a metterla in dubbio. In questo senso, dunque, non si può parlare tecnicamente di una distopia, visto che non abbiamo alcuna idea di ribaltamento sociale che nasce dall'interno della società stessa.
Per contro gli stessi astronauti, elementi esterni, stanno organizzando una nuova spedizione nello spazio, allontanandosi così da un mondo che non può che causare loro sofferenza. Non può non saltare all'occhio il parallellismo tra gli astronauti e i robot: è proprio con questi ultimi che Hal riesce a comunicare in maniera più semplice e diretta. Interessante, poi, come tramite i robot, seppur in una singola scena, Lem riesca in maniera semplice e chiara a raccontare la spersonalizzazione del lavoro e come gli operai vengano considerati un po' come dei robot: semplicemente degli ingranaggi da cambiare. In questo senso molti passaggi del romanzo, uscito nel 1961, sono quasi dickiani sia per stile sia per tematiche. Ed è curioso come Philip Dick sia stato l'unico scrittore di fantascienza statunitense che Lem abbia in qualche modo tenuto in considerazione.
Altri passaggi del libro, invece, ricordano un po' il romanzo-bozza di Robert Heinlein A noi vivi. Molti punti, infatti, sono molto simili a dei piccoli saggi, politici o scientifici, ma a differenza di A noi vivi, risultano più dinamici e di lettura più scorrevole. Ritorno all'universoStanislaw LemPier Francesco PoliSellerio2021392brossurato158838942323

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