Stomachion

mercoledì 27 giugno 2018

Terra di mutazioni

Roger Zelazny si è occupato con abile indifferenza e altrettanta qualità sia del genere fantascientifico, sia di quello fantasy, spesso mescolando i due generi, giocando con il concetto che la magia è scienza che non è ancora stata spiegata (variazione personale sulla classica citazione di Arthuc Clarke, Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia). Invece Terra di mutazioni è, o almeno si configura all'inizio, come un tipico romanzo fantasy: è il seguito dei racconti che vedono Dilvish il maledetto protagonista (e che poi saranno raccolti proprio in... Dilvish il maledetto!), alla ricerca di vendetta contro Jelerak. Peccato che il Castello Senza Tempo, fortezza del suo arci-nemico, sia occupata da Tualua, potente e folle entità magica che sta mutando aspetto. Ciò, però, induce anche le mutazioni nei territori circostanti a Tualua, e quindi al Castello Senza Tempo.
Il romanzo, quindi, è un'intensa e dinamica sfida magica che presenta anche riferimenti filosofici e scientifici decisamente interessanti, visto che a un certo punto, nella pianura circostante al Castello, fanno la loro comparsa alcuni Antichi Dei che stanno giocando con un paio di giganteschi dadi di pietra!
Il riferimento è, abbastanza chiaramente, alla diatriba tra Niels Bohr e Albert Einstein e alla famosa frase su dio che non gioca a dadi. Inoltre c'è un più raffinato riferimento alle variabili nascoste nella forma traslucida e trasparente di questi Antichi Dei, che risultano a mala pena visibili all'occhio umano, proprio come sarebbero delle variabili nascoste. In un certo senso gli dei, che sono le variabili nascoste deterministiche dell'universo, creerebbero lo statistico mondo quantistico proprio giocando a dadi!
Un modo intelligente non solo di allietare il lettore, ma anche di trasformare una diatriba scientifica in materiale per un romanzo fantasy.

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