Stomachion

lunedì 9 settembre 2019

Dark: perdersi nel labirinto del tempo

Ho appena concluso la prima stagione di Dark, serie fantascientifica tedesca realizzata per Netflix. La storia inizia con la sparizione di alcuni bambini dalla città di Winden. Tra questi c'è anche il figlio di Ulrich Nielsen, il piccolo Mikkel, appassionato di illusionismo. La storia di Winden con le sparizioni dei suoi giovani abitanti, però, non è nuova: 33 anni prima, infatti, era scomparso Mads, fratello proprio di Ulrich. La vicenda, che con questi pochi elementi si potrebbe considerare tranquillamente un thriller, è in realtà di genere fantascientifico e si dipana intorno alla domanda Quando è Mikkel?
La storia, dunque, che ruota intorno alla centrale nucleare di Winden e alle caverne sotto di essa, si dipana intorno ai viaggi nel tempo. Questi, però, non vengono fatti con una macchina del tempo, né classica né moderna in stile Delorean (peraltro citata in una delle ultime puntate della prima stagione), ma attraverso una serie di labirinti sotto la centrale nucleare. Questo metodo di viaggio nel tempo, le cui basi "scientifiche" vengono poste in uno degli ultimi episodi della stagione, si innesta all'interno di una struttura narrativa abbastanza classica, dove è evidente la presenza di due gruppi che viaggiano su e giù lungo il tempo spostandosi con cicli di 33 anni. Lo stile narrativo, invece, che alterna intensità e introspezione a scoperta e azione, ricorda molto da vicino Lost grazie alla sovrapposizione di due o tre linee temporali che approfondiscono i personaggi principali e la storia di Winden.
Al di là della qualità della narrazione e della storia raccontata, Dark ha però dato anche origine a una interessante discussione sulla fantascienza lanciata su instagram da Computer di Shrodinger nelle sue storie incentrata sul rapporto tra questo bellissimo genere della letteratura e la scienza.
Scienza e fantascienza
Di fatto la fantascienza, dai suoi inizi (che siano quelli di Amazing Stories o di autori come Jules Verne o anche precursori precedenti) ha prodotto tutta una serie di generi e filoni. Il più noto è indubbiamente la hard scifi, anche detta fantascienza tecnologica, dove la scienza gioca un ruolo centrale e dunque si caratterizza per una certa precisione e aderenza alle leggi dell'universo, dove gli aspetti fantastici che permettono di superarle (come ad esempio viaggiare più veloci della luce) sono basati su progressi tecnologici che si cerca di descrivere nel modo più plausibile possibile, utilizzando spesso la così detta scienza di frontiera, quella non ancora verificata per motivi tecnologici.
Di fatto questo resta il filone più importante ancora oggi, sebbene sia cresciuto negli ultimi decenni (a partire dagli anni Ottanta del XX secolo) il cyberpunk. Diretto discendente della soft scifi, che si concentra soprattutto sulle reazioni degli esseri umani alla tecnologia stessa o, più spesso, al contatto con civiltà e mondi alieni, il cyberpunk prende, però, dalla hard scifi anche una certa importanza della tecnologia, discostandosi così da entrambi i generi visto che la tecnologia in oggetto è quella della rete. In questo senso il cyberpunk ha dunque come basi scientifiche quelle della comunicazione informatica e quantistica e quelle biologiche, esplorando tra gli altri aspetti tecnologici proprio l'integrazione tra tecnologie informatiche e esseri biologici.
Altro sottogenere che prevede una certa presenza di tecnologia è la space opera, dove inevitabilmente bisogna confrontarsi con le leggi della relatività speciale e generale di Albert Einstein; lo steampunk, cappello sotto cui vengono spesso raccolti molti romanzi della fantascienza dell'Ottocento, come quelli del già citato Verne, è caratterizzato dalla presenza di macchinari sofisticati basati, però, su tecnologie semplici come il vapore. La macchina del tempo presente in Dark è, in un certo senso, una sorta di tecnologia steampunk, perché costruita con materiali semplici, pur se non cade esattamente nel genere visto che non usa il vapore come fonte d'energia. E ovviamente non possiamo dimenticare il viaggio nel tempo, filone sotto il quale rientra proprio Dark. Esistono anche altri filoni, ma fondamentalmente questi (forse si dovrebbe aggiungere la xenofiction, quella alla Alien, per fare un esempio abbastanza noto alla maggior parte dei miei lettori) sono i sottogeneri che utilizzano la scienza in maniera abbastanza imprescindibile.
Fatto questo recap, cosa possiamo dire su quale dovrebbe essere la buona fantascienza? In generale la fantascienza è sempre buona quando non si discosta dal suo obiettivo principale: parlare dei tempi odierni utilizzando la fascinazione del futuro. Fatto ciò, il resto sono accessori che permettono di far apprezzare in maniera più o meno buona la storia al lettore. E' evidente che nel caso delle belle storie e dei grandi autori, questi ultimi accolgono la sfida che il genere (e il lettore) pone loro: ideare mondi e situazioni in cui lo sviluppo tecnologica è plausibile. Poi sta al desiderio del lettore di approfondire l'aspetto tecnologico, ma in generale vale quanto affermato da Mark Waid per le sue storie di supereroi:
Penso che più scienza riesco a mettere in una storia di supereroi, appare più reale, possiede maggiore verosimiglianza – questo penso che sia molto importante per i lettori che vogliono investire nei tuoi personaggi.
E vale anche per una buona storia di fantascienza.

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