Che a Milano ci sia la 'ndrangheta è cosa nota ormai da tempo. Sono anche stati scritti fiumi d'inchiostro, tra libri di cronaca e articoli di giornale. Sono stati messi in scena spettacoli teatrali. Sono stati realizzati incontri di testimonianza. Ognuno di questi aveva una caratteristica comune: raccontare le storie delle vittime di mafia, di coloro che in un modo o nell'altro si sono trovati a opporsi alle 'ndrine e sono state schiacciate dalla loro voracità di denaro e potere. Le organizzazioni criminali, però, hanno bisogno dei loro assassini, dei loro killer prezzolati. Ed è proprio su uno di questi che si concentra Adele Marini, giornalista di nera, nel poderoso A Milano si muore così, edito dalla Fratelli Frilli Editore, gli scopritori di Dario Capranzano, per citare il loro autore più noto. Come, però, in un classico romanzo di genere, la vicenda è corale, ogni porzione segue uno dei personaggi di cui è composta la vicenda: i poliziotti e i carabinieri che indagano, una vittima di rapimento che sta cercando di ritrovare la normalità della vita, l'assassino prezzolato e vari altri piccoli personaggi animano la storia che la Marini ha sviluppato con attenzione ai particolari. Non mancano, infatti, i riti di affiliazione, riportati con grande precisione (basti rileggere i testi di Enzo Ciconte in proposito), né una ben precisa descrizione dei metodi di indagine, il tutto condito con un appassionante susseguirsi delle scene che, per lo più, rende la lettura godibile. Tra i pochi difetti forse quello più evidente è lo stile alla "verbale" con cui i poliziotti dialogano uno con l'altro anche in contesti informali, rendendo surreale e irrealistico il corrispondente scambio di battute.
A parte ciò, un poliziesco all'italiana da leggere e rifletterci su con attenzione.
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