La storia di base è abbastanza semplice: siamo in un futuro distopico, il 2045. Dopo una tremenda guerra mondiale, che ha fatto salire al potere un governo reazionario e militare, il mondo e la Spagna sono travolti da un terribile virus, che impone controlli sempre più stringenti sulla popolazione, fino alla costruzione di una barriera, che separa i ricchi e i privilegiati, che vivono in un ambiente isolato e controllato, dai poveri, che non possono fare altro che sopravvivere come possono nelle città o nelle periferie. A tutto questo si unisce anche il problema dell'approvvigionamento delle risorse, sia cibo sia energia. Tutto questo, in sintesi, è La barriera, serie televisiva di produzione spagnola, rilasciata in Spagna a gennaio 2020, quindi quando ancora la pandemia di covid19 non era esplosa, e successivamente su Netflix a partire di dicembre 2020.
Gli autori della barriera, con episodi di poco meno di un'ora ciascuno per un totale di 13, riescono a sviluppare in maniera interessante il tema distopico del controllo della popolazione, della ricerca scientifica senza moralità, della politica fatta a uso e consumo personale, per motivi arrivistici, di una polizia militarizzata che schiaccia le persone senza alcuno scrupolo. E soprattutto della speranza delle persone in un modo di vivere migliore, più giusto, non necessariamente più ricco, ma più sincero. D'altra parte ogni quartiere ha la sua spia governativa, un ruolo statale ben codificato, all'interno di una società in cui dubitare dell'azione di governo è un crimine eversivo. La rivoluzione, però, è dietro l'angolo, e muove i primi passi grazie a un padre che è alla disperata ricerca della figlia, sottrattagli apparentemente perché senza lavoro. Senza sapere che questa sua ricerca scoperchierà un vero e proprio vaso di Pandora che ribalterà la Spagna, fino al finale dolce e amaro, quasi scontato considerando la "memoria di gallina" che hanno generalmente gli elettori.
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