Stomachion

martedì 29 dicembre 2015

La fortezza di Farnham

Di come un dettaglio può cambiare un romanzo
E' uno dei romanzi più contraddittori, controversi e difficili di Robert Heinlein questo Fortezza di Farnham, non solo per i contenuti della seconda parte, ma per molti dettagli che, nel complesso, fanno recepire il romanzo come un tentativo fallito di scrivere un testo anti-razzista.
Andiamo, però, con ordine e partiamo dall'inizio:
Fine della civiltà
In sintesi Hugh Farnham e famiglia, a causa di una guerra nucleare scoppiata per colpa dei sovietici, si ritrova proiettato con tutto il suo rifugio anti-atomico in un lontano futuro dove la società si ritrova completamente ribaltata e la "razza bianca" precedentemente dominante è ora relegata al rango di schiavi, mentre le altre, con quella africana in testa, occupano le posizioni di comando.
Per raccontare tutto questo Heinlein suddivide il romanzo in due parti: nella prima vengono raccontati i tentativi di Farnham e famiglia di sopravvivere in un ambiente ostile e spoglio di qualsiasi traccia di civiltà, di fatto riportando il gruppo familiare all'epoca dei pionieri; nella seconda, invece, viene descritta la nuova struttura sociale in cui i Farnham diventano dei semplici schiavi. I primi punti controversi, come scrive Silvia Castoldi nella postfazione all'ultima edizione italiana del romanzo, su Urania collezione n.79 del 2009, si trovano proprio nell'idea apparentemente esplicita che il primato culturale sia occidentale in generale e statunitense in particolare, visto che la civiltà finisce a causa dei sovietici che per primi hanno dato vita all'olocausto nucleare.
Eppure Heinlein, per bocca del suo protagonista, scrive:
Sono anni che mi addoloro per come vanno le cose nel nostro paese. Mi pare che abbiamo allevato degli schiavi, mentre io credo soltanto nella libertà.
Se uniamo questa citazione con la bandiera stellata che sventola sulla casa di Farnham nel finale del romanzo e ricordiamo che il principio fondativo degli Stati Uniti e del sogno americano è proprio la libertà individuale, per Heinlein la critica contenuta nel romanzo è molto più complessa dello sbrigativo esaltare gli Stati Uniti e l'occidente in generale. In un'ottica libertaria, infatti, il comunismo e lo statalismo più in generale rappresentato dai sovietici è il vero nemico della libertà, che in ultima analisi è stata tradita persino dagli Stati Uniti, motivo per cui nonostante le colpe minori nel conflitto, persino l'occidente deve perire definitivamente di fronte all'olocausto definitivo.
In quest'ottica è allora semplice leggere la prima parte del romanzo non solo in termini letterali come un "manuale di sopravvivenza non sia mai arrivi una guerra nucleare per spazzare tutta la vita sulla Terra", ma anche come un'indicazione su quali dovrebbero essere i valori su cui ricostruire una nuova civiltà: quelli dei coloni, basati sulla forza della famiglia e sull'ingegno dei singoli.
D'altra parte è, secondo me, questa stessa ottica libertaria quella con cui si dovrebbe provare a leggere anche la seconda parte.
Attraverso lo specchio
Quasi come se la civiltà stessa avesse attraversato lo specchio carrolliano, nella seconda parte Farnham e famiglia si ritrovano catapultati in una società che ribalta i valori precedenti e porta sulla cima della scala sociale gli africani e sul fondo i "bianchi".
E' questa seconda parte quella che raccoglie le maggiori critiche, riassunte da SF Site
(...) nel migliore dei casi, si tratta di un libro scomodo con alcuni buoni punti mescolati con altri cattivi, come un parente anziano che può dare buoni consigli salvo poi iniziare con un qualche sproloquio razzista o sessista. Nel peggiore dei casi, La fortezza di Farnham è uno sproloquio survivalista anti-minoranze e anti-femminista. E' spesso frustrante. A volte è scioccante. Non è mai noioso.
Se da un lato è evidente il tentativo di Heinlein di scrivere un romanzo anti-razzista attraverso il ribaltamento dei ruoli per permettere l'empatia con gli "schiavi", dall'altro per ottenere questo obiettivo costruisce una società fortemente basata sui cliché che viene spesso letta come un modo per affermare, invece, la superiorità della civiltà occidentale e "bianca" sulle altre.
Da un'ottica libertaria, invece, c'è una visione pessimistica del destino dell'umanità: la nuova società costruita nel "dopo-bomba", fondamentalmente tagliata per struttura sociale sulle civiltà azteche, è una esatta prosecuzione di quella precedente. Altrettanto statalista, commette gli stessi errori di schiavismo e di limitazione dell'individuo, in una visione pessimistica delle potenzialità del genere umano. D'altra parte, come rilevato da Andrea Pachetti, il titolo originale, Farnham's freehold, gioca sullo scontro tra libertà e schiavitù. A questa lettura c'è poi da aggiungere un più sottile monito rivolto alle "vittime", che potrebbero facilmente diventare "carnefici" senza alcuna pietà non appena ne hanno la possibilità.
In conclusione, in una lettura libertaria del romanzo, La fortezza di Farnham è da considerarsi, fin nei suoi intimi dettagli, una critica contro lo statalismo come atteggiamento che inevitabilmente distorce qualunque buona intenzione e un'elegia dell'individualismo e della libertà. In quest'ottica, però, la sua efficacia si perde non già per via degli "aspetti esteriori", ma per non essere in grado di rendere evidente il punto di vista libertario di Heinlein, più interessato alla costruzione di un personaggio forte come Hugh Farnham, ma dimenticandosi di approfondire un personaggio come Ponse, che poteva essere l'equivalente di Farnham nella società del futuro.
A volte, infatti, mi chiedo, risfogliando il volume, se una descrizione più approfondita e sfaccettata di Ponse non avrebbe giovato all'atmosfera generale del romanzo, spostando magari l'attenzione dal maldestro tentativo di scrivere un romanzo antirazzista che poteva essere amato da un kukluxklaner (giudizio a mio parere eccessivo) ai più complessi confronti schiavitù-libertà e stato-individuo.

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