
Iniziamo affrontando la parte più interessante Clima, capitalismo verde e catastrofismo, quella politica, raccontata nell'ottica anarco-libertaria dell'autore. Nella sua ricostruzione e interpretazione dei fatti, il grande successo mediatico degli annunci catastrofisti in merito al riscaldamento globale fanno parte di una strategia per controllare le popolazioni. E tale controllo viene portato avanti dalle elite politiche ed economiche, quelle del "capitalismo verde" del titolo. In questo senso, una volta chiuso il libro, il primo pensiero che ho avuto è stato: allora è fondamentalmente per questo motivo che le politiche ambientali in merito al cambiamento climatico sembrano, nella migliore delle ipotesi, insufficienti.
Se questa parte del libro ci invita a tenere desta l'attenzione per valutare nel modo migliore possibile le proposte politiche, ciò che risulta realmente debole del volume è tutta la parte scientifica, cosa che è indubbiamente piuttosto limitate soprattutto se consideriamo che Pelletier vuole convincere il lettore che l'approccio adottato è di tipo scientifico (cosa ben lontana dall'essere vera, soprattutto se confrontato con il saggio di Krauss).
Le affermazioni che più di tutte mi hanno fatto saltare sulla sedia sono state quelle di ordine astronomico, che a voler essere buoni possiamo considerare poco informate. La parte scientifica più approfondita, invece, e anch'essa facilmente verificabile, è quella relativa al famoso grafico a mazza da hockey.
Il grafico, realizzato dai climatologi Phil Jones e Raymond Bradley e pubblicato nel 1993, ricostruisce la temperatura media sulla superficie della Terra nei 2000 anni precedenti ed ha avuto ampia diffusione quando è stato presentato all'interno del rapporto dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) del 1995. Il grafico è stato ampiamente contestato, ed è stato uno degli elementi, come ben riassume Pellettier, che ha spinto molti climatologi o a non aderire o a uscire dall'IPCC, però, come ben si evince dalla voce wiki che riassume la controversia, è stato successivamente corretto sia nella metodologia della raccolta dei dati sia, di conseguenza, nei dati stessi e, sebbene l'inizio della vertiginosa salita sia stato "addolcito" e spostato un po' più avanti nel tempo, non cambia granché ciò che il grafico racconta.
Il vero problema di quella controversia, cosa che Pellettier non cita, secondo me perché si ferma proprio a quel grafico senza andare oltre (in fondo mi verrebbe da dire che non è materia sua) è che ricostruzioni analoghe sono state effettuate con altri metodi, decisamente molto più solidi di quel primo lavoro, e che in effetti confermano a grandi linee l'andamento della temperatura media del pianeta.
In aggiunta, se si recuperano le temperature medie misurate dai satelliti della NASA, si arriva anche in questo caso a una conclusione analoga. I dati satellitari, in questo caso, hanno uno svantaggio, non potendo fornirci le temperature prima dell'arrivo dei satelliti meteorologici (all'incirca tra gli anni Sessanta e Settanta del XX secolo), ma hanno anche un drammatico vantaggio: mostrano un netto aumento delle temperature medie nei primi due decenni del III millennio rispetto agli ultimi decenni del XX secolo, che pure secondo i dati mostrano un netto aumento rispetto ai decenni precedenti.
Tutte queste valutazioni, come avrete intuito, mancano dal libro di Pellettier, che fondamentalmente contesta il modo in cui le ricostruzioni delle temperature vengono date per solide, limitandosi però al solo esame (neanche troppo approfondito) del grafico a mazza di hockey, e l'idea dello studio del clima su scala esclusivamente globale, ignorando, a suo dire, i microclimi locali (cosa che, se avrete modo di leggere il libro di Krauss non è nemmeno così vera).
Se a questo aggiungiamo il suo scetticismo sull'entità dell'apporto antropico al cambiamento climatico, fenomeno quest'ultimo che non contesta visto che ammette che il clima sulla Terra è cambiato nel corso delle ere geologiche, ciò pone Pellettier nella folta schiera degli scettici climatici.
Ciò non toglie, però, che dal punto di vista politico le obiezioni di Pellettier sono, alla fine, sensate. In questo senso è significativo l'esempio dei politici che, per non accollarsi le responsabilità relative a una cattiva gestione del territorio, usano il riscaldamento globale come colpevole dei disastri ambientali. Ciò che forse manca a Pellettier è, quindi, quell'ultimo salto che fa dire a chi, come il sottoscritto, che un po' di modelli fisici sul clima se lì è visti, che la classe politica semplicemente non sta adottando politiche realmente incisive in materia. Di fatto l'agenda politica, e su questo si può concordare con Pellettier, viene guidata dal capitalismo, verde o meno che sia.
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