Stomachion

lunedì 16 giugno 2025

Questione di prospettiva

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Ormai instagram, per quanto sia ancora installato sul mio smartphone, non è esattamente un social che vivo particolarmente spesso. A volte capita, come per esempio venerdì scorso quando abbiamo rilanciato l'uscita de Il fattore gamma di cui ho scritto l'introduzione. In quell'occasione il sistema mi ha proposto un reel in cui Beatrice Mautino ed Emanuele Menietti pubblicizzavano l'ultima puntata di Ci vuole una scienza, uno dei podcast del Post. E quel reel devo dire che mi ha dato fastidio e non poco, ma non per i contenuti. Passo a spiegarvelo.
La memoria dell'acqua
La storia della "memoria dell'acqua", ovbvero il fatto che l'acqua conserverebbe memoria di ciò che viene dissolto al suo interno anche dopo un numero arbitrariamente grande di diluizioni successive, ha origine nel 1988 grazie a un esperimento di un team guidato da Jacques Benveniste, che sembrava aver verificato tale idea.
L'articolo con il quale vennero riportati i risultati fu proposto a Nature: l'idea iniziale era rifiutarlo, perché era evidentemente sbagliato, visto che metteva in crisi leggi fondamentali della chimica e della fisica. L'unico problema era che non sembrava esserci alcun errore metodologico nell'esperimento stesso. Così si giunse a un compromesso: si sarebbe pubblicato l'articolo a patto di ripetere l'esprimento sotto la supervisione di un team messo in piedi dalla redazione di Nature: John Maddox, l'editor di nature, James Randi, illusionista e "cacciatore" di bufale, e Walter Stewart, chimico dello U.S. National Institutes of Health.
Così dopo la pubblicazione iniziale dei risultati di Beneviste, il team riprodusse l'esperimento sotto la supervisione di Maddox &co. Dopo la prima esecuzione, assolutamente identica a quella portata avanti dal team, anche nei risultati, Maddox comprese subito quale fosse stato il problema, così propose di rifare l'esperimento utilizzando il sistema del doppio cieco (un modo per ridurre il più possibile eventuali manipolazioni, anche involontarie, durante l'esperimento). Inultile dire che i risultati in questo caso furono negativi e non c'era alcuna "memoria dell'acqua". E i risultati del test vennero, ovviamente, pubblicati su Nature.
Se dal punto di vista scientifico ciò chiudeva la faccenda, per quel che riguarda i fan dell'omeopatia questa dimostrazione di falsità non è mai stata sufficiente (un po' come mostrare a un terrapiattista la curvatura della Terra così come fotografata dalla Stazione Spaziale Internazionale), per cui ogni tanto questa storia torna a farsi sentire in contesti tra i più disparati.
Definito, comunque, il contesto, passiamo alla storia narrata nel reel.
Ci sono esperimenti ed esperimenti
Nel reel vediamo Beatrice Mautino che fa ascoltare musica, con delle cuffie, a un bicchiere d'acqua. A quel punto, su stimolo di Menietti, la Mautino spiega che sta facendo (all'incirca) le stesse cose che sono state fatte in una scuola, come raccontato da un ascoltatore del podcast. La divulgatrice racconta che in una scuola era stato eseguito un esperimento (nel laboratorio di scienze) in cui, etichettando i bicchieri d'acqua in maniera opportuna, era stato fatto ascoltare a ciascuno di essi della musica "bella" e della musica "brutta" per poi verificare la qualità dell'acqua dopo l'ascolto (verificare se c'erano delle differenze).
Detta così la cosa mi ha dato non poco fastidio, perché i due sembravano deridere il metodo scientifico in generale, o, in maniera forse ancora più grave, suggerire che lo si dovesse applicare solo per qualcosa che avesse senso verificare. Il punto è che dal semplice reel non era possibile capire se effettivamente quello era stato un esperimento vero e proprio (e sembrava questo il caso) oppure se il contesto era differente.
Solo ascoltando lo spezzone presente su Spotify (la puntata completa è disponibile solo per gli abbonati, e io non lo sono) si scopriva che era il secondo caso: nello specifico uno spettacolo teatrale in cui la questione della "memoria dell'acqua" non era messa in discussione, ma assodata, verificata (o almeno così la raccontava il genitore che aveva contattato Beatrice Mautino).
Se quindi da un lato, per fortuna, la questione era molto più complessa di così (e si verrebbe portati a quel punto a chiedersi come sia possibile che delle maestre di scuola possano anche solo pensare di proporre qualcosa del genere!), dall'altro torniamo al solito discorso della comunicazione a mezzo social, perché quella sensazione di cui scrivevo sopra, ovvero che ci sono esperimenti di serie A con cui si può insegnare il metodo scientifico e altri di serie inferiore che è meglio non affrontare proprio, purtroppo resta.
Onestamente continuo a pensare che qualunque esperimento (ma ciò vale anche per la teoria), anche uno che serve per verificare l'assurdità (e dunque la falsità) di un'idea, sia degno di essere progettato e discusso, questo per instillare la buona pratica del verificare tutto ciò che si può e si riesce, che poi è proprio l'atteggiamento con cui Nature ha affrontato la questione della "memoria dell'acqua". Purtroppo spiace notare che la semplificazione condotta nel reel (ma, ripeto, non nella puntata del podcast) da cui sono partito per queste considerazioni sembra, invece, andare nella direzione opposta.
P.S.: ci tengo a ricordare, a scanso di equivoci, che questioni come la "memoria dell'acqua" e l'"omeopatia" sono state sempre, da me, trattate per quel che sono: assurdità senza alcuna base scientifica.

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