La matematica dell'infinito, e con essa tutta la matematica, avrebbe potuto prendere il volo già con Archimede, e magari lo avrebbe fatto se un certo soldato romano non avesse ucciso il grande matematico siciliano, ma dovette attendere un po' di secoli prima di incontrare i primi sfidanti dell'infinito (sia quello molto grande sia quello molto piccolo). In particolare furono i matematici del 1600, gente come Kepler, Galileo, Newton, Leibniz, il già citato Wallis, che costituirono le basi per i lavori successivi di Bolzano, Weierstrass e soprattutto Cantor. E fu proprio quest'ultimo, gigante che si poggiava sulle spalle di altri giganti(1) a fornire all'infinito un certo fascino... discreto!
Georg Ferdinand Ludwig Philipp Cantor nasce a San Pietroburgo il 3 marzo del 1845 da Georg Woldemar Cantor e Maria Bohm. La famiglia Cantor (e forse anche quella Bohm) era di origini ebraiche (e questo, probabilmente, ebbe un peso nella scelta del nome dei numeri transfiniti), sparpagliata un po' in tutta Europa e con una certa tradizione musicale (il cugino Joseph Grimm era un famoso concertista da camera della Russia dell'epoca). Non avrebbe, dunque, stupito se Georg, primo di sei figli, avesse intrapreso la carriera artistica (si dice che fosse bravo nel disegno(ADA) oltre a saper suonare il violino(DFW)), ma invece venne catturato dal fascino della matematica, probabilmente durante il periodo del ginnasio a Darmstadt (la famiglia si era trasferita in Germania quando Georg aveva 11 anni). E' di quell'epoca una lettera del padre di cui vi propongo questo passaggio tratto da Il mistero dell'alef:
Concludo con queste parole: tuo padre, o meglio i tuoi genitori e i membri della tua famiglia in Russia, in Germania e in Danimarca tengono gli occhi puntati su di te in quanto primogenito, e si aspettano che diventi almeno un Theodor Schaeffer e in seguito, se Dio vuole, forse una stella che brilla sull'orizzonte della scienza.Cantor, dunque, aveva l'appoggio, nella sua scelta scientifica (appoggio che, secondo alcuni storici, fu ottenuto non senza molte difficoltà
Ad ogni modo, senza congetturare più di tanto sulla follia di Cantor, si possono fare giusto un paio di osservazioni: innanzitutto Georg, persona sicuramente ambiziosa, aveva iniziato i suoi studi con Weiertstrass e Kroeneker. In particolare quest'ultimo era stato il relatore delle sue tesi a Berlino e probabilmente consulente del primo lavoro importante di Cantor sul Teorema dell'Unicità. Quando però il suo allievo prese una strada più vicina a quella di Weierstrass, ovvero la strada per l'infinito, Kroeneker ne divenne uno dei più fieri avversari e questa avversione fu fondamentale, tanto quanto la voglia di Halle di tenerlo, quando Cantor provò a spostarsi all'Università di Berlino. Questi suoi tentativi, d'altra parte, furono probabilmente una delle cause del momentaneo allontanamento con Dedekind (Cantor voleva farsi sostituire dall'amico), uno dei suoi pochi amici, nonché uno dei pochi matematici a credere fin dall'inizio nelle ricerche di Georg (consideriamo che anche le ricerche di Dedekind lo portarono verso l'infinito). L'altro matematico e amico importante per Cantor fu Mittag-Leffler, fondatore di Acta Mathematica, la rivista che pubblicò praticamente tutti i suoi lavori. A questa ristretta cerchia di amici va aggiunta la moglie, Vally Guttmann, sposata nel 1874.
La seconda osservazione va alle idee piuttosto fideistiche che Cantor poneva nei numeri transfiniti, idee forse alimentate dalla forte religiosità imparata dal padre, che quindi forse ebbe più un peso in questi aspetto del carattere del matematico tedesco che non nella sua follia. A conti fatti, però, nonostante il senso di assedio che circondava Cantor e l'isolamento accademico nella piccola Halle, i suoi risultati di furono eccezionali e lo portarono ad aprire le porte dell'infinito alla matematica. Queste porte hanno sicuramente... portato un po' di paradossi nella matematica, come ad esempio il teorema di Banach-Tarski: è innegabile che senza le scoperte di Cantor sull'infinito non sarebbe stato possible concepire un modo per moltiplicare una sfera in se stessa. Il primo passo logico (provando a seguire l'ordinamento di DFW) nell'avvicinamento all'ipotesi più famosa, l'ipotesi del continuo, è la dimostrazione del Teorema dell'Unicità, un particolare teorema sulle serie di Fourier: supponiamo di avere una data funzione $f (x)$ che può essere rappresentata attraverso una serie di funzioni trigonometriche; allora questa rappresentazione è unica. Fu proprio dimostrando questo teorema in un saggio del 1872 (revisionato per metà da Kroeneker, almeno fino a che quest'ultimo non si accorse della direzione dove stava andando il suo allievo) che Cantor fece per la prima volta i conti con l'infinito. In questo contesto, che pone le basi per la moderna teoria matematica degli insiemi, Georg introdusse il concetto di insieme derivato: sia $P$ un insieme di punti; allora l'insieme $P'$ è l'insieme derivato di $P$ se è costituito da tutti i punti di accumulazione di $P$, dove per punto di accumulazione di un insieme si intende un punto intorno al quale si trovano sempre una infinità di punti appartenenti all'insieme stesso. A questo punto, però, si scopre che esiste un secondo insieme derivato, il $P''$ che è il derivato di $P'$, e poi il $P'''$ che è il derivato di $P''$ e così via, ma non necessariamente all'infinito. Si possono infatti distinguere tra due tipi di insiemi: l'insieme $P$ di prima specie, per il quale la serie degli insiemi derivati ha una fine, ovvero esiste $n$ tale che $P^{(n+1)}$ non ha alcun membro (insieme vuoto); e l'insieme $P$ di seconda specie, per il quale la serie degli insiemi derivati è infinita, ovvero prosegue senza interrompersi. Per dimostrare il Teorema di Unicità, Cantor è interessato agli insiemi di prima specie, perché in questo caso la serie dei derivati avrà termine in un insieme senza punti di accumulazione, e quindi, dal teorema di Bolzano-Weierstrass, sarà finito e avrà un minimo in un certo punto. Minimo che esisterà anche per tutti gli insiemi precedenti della serie e, in particolare, per l'insieme di partenza $P$. E questo punto minimo coincide con il punto verso il quale convergono due serie trigonometriche rappresentative diventando così un'unica serie trigonometrica.
Questo saggio, oltre a porre le basi per la teoria degli insiemi, e oltre a permettere a Cantor di sviluppare una sua teoria dei numeri irrazionali, avvicina il matematico tedesco al problema degli infiniti, perché non dimentichiamo che ci sono in giro anche gli insiemi $P$ di seconda specie.
E' infatti a questo punto che è possibile derivare l'esistenza dei numeri transfiniti. Innanzitutto si prende un insieme $P$ di seconda specie. Il suo primo insieme derivato $P'$ può essere decomposto nell'unione di due sottoinsiemi $Q$, costituito da tutti i punti appartenenti ai derivati di prima specie di $P'$, ed $R$, costituito da tutti i punti in comune tra i derivati di $P'$, in pratica la loro intersezione. Partendo da qui, Cantor è in grado di dimostrare che $R = P^\infty$, ma poiché $P$ è di seconda specie, allora è possibile proseguire la serie con $P^{(\infty+1)}$, $P^{(\infty+2)}$ e così via, ma anche insiemi come $P^{(n\infty^\infty)}$, $P^{(\infty^{\infty+1})}$, $P^{(\infty^{n \infty})}$, ...
Vediamo qui una generazione dialettica di concetti, che porta sempre più distante e in questo modo resta in sé libera da qualsiasi arbitrarietà(DFW)Ovvero siamo di fronte a delle vere entità matematiche, a una nuova classe di numeri, i numeri transfiniti:
I numeri transfiniti sono in un certo senso nuovi irrazionali e di fatto io ritengo che il miglior modo per definire i numeri irrazionali finiti sia del tutto simile; potrei anche dire in linea di principio che è lo stesso metodo rispetto a quello che io ho usato per introdurrei numeri transfiniti. Si può affermare in termini assoluti che i numeri transfiniti procedono di pari passo con i numeri irrazionali finiti, sono simili nella loro natura più intrinseca, perché i primi come i secondi sono forme o modifiche definite e delineate dell'infinito attuale.(DFW)La matematica dei transfiniti, il cui simbolo è $\aleph$, è semplicemente riassumibile in queste poche regole:
(1) $1 +2 +3 +4+\cdots + n + \cdots = \aleph_0$
(2) $\aleph_0 + n = \aleph_0$
(3) $\aleph_0 \times n = \aleph_0$
(4) $\aleph_0 + \aleph_0 + \aleph_0 + \cdots = \aleph_0 \times \aleph_0 = (\aleph_0)^2 = \aleph_0$
(5) $\aleph_1 + n = \aleph_1 + \aleph_0 = \aleph_1$
(6) $\aleph_1 \times n = \aleph_1 \times \aleph_0 = \aleph_1$
(7) $\aleph_1 + \aleph_1 + \aleph_1 + \cdots = \aleph_1 \times \aleph_0 = \aleph_1$
(8) $\aleph_1 \times \aleph_1 = (\aleph_1)^2 = (\aleph_1)^n = (\aleph_1)^{\aleph_0} = \aleph_1$
Il passo successivo nella strada verso l'ipotesi del continuo coinvolge alcune corrispondenze 1-a-1 scoperte prima del lavoro di Cantor, dove per corrispondenza (o anche associazione) 1-a-1 si intende un procedimento (non meglio specificato) attraverso il quale è possibile associare ad ogni elemento di un dato insieme $A$ un altro elemento di un insieme $B$. La prima si trova nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze di Galileo Galilei, dove lo scienziato pisano scopre il poi noto Paradosso di Galileo, dimostrando che il numero dei quadrati perfetti è un infinito pari al numero degli interi. In un certo senso possiamo vedere la questione in questo modo: tutti i numeri interi sono la radice quadrata di un quadrato perfettoDFW! Possiamo considerarlo quasi come il primo spiraglio sull'esistenza di infiniti (e infinitesimi) di ordini differenti, e questo problema sorge, secondo Galileo, perché agli infiniti si pensa con lo stesso approccio che si utilizza per i numeri finiti:
(...) il difetto fondamentale di tutte le cosiddette dimostrazioni dell'impossibilità dei numeri infiniti è che esse attribuiscono a questi numeri tutte le proprietà dei numeri finiti, laddove i numeri infiniti (...) costituiscono un tipo di numero totalmente nuovo, la cui natura dovrebbe essere oggetto di ricerca e non di pregiudizio arbitrario.(DFW)Poco più di un secolo dopo il Paradosso di Galileo finisce nelle mani di padre Bolzano, matematico dell'Università di Praga. Questi parte esaminando l'intervallo chiuso $[0, 1]$ e applica a tutti i valori dell'intervallo la funzione $y = 2x$. In questo modo si associa ad ogni punto di $[0, 1]$ uno e un solo punto dell'intervallo $[0, 2]$, dimostrando che i due intervalli sono costituiti dallo stesso numero di punti. Questa associazione, però, può essere estesa a qualsiasi intervallo modificando il coefficiente della funzione, prendendo, cioè, come fattore moltiplicativo un qualsiasi numero reale. In questo modo è possibile estendere l'associazione uno a 1-a-1 dall'intervallo $[0, 1]$ a tutta la retta reale, dimostrando che una parte della retta contiene lo stesso numero di punti di tutta la retta!
Arriviamo così a Cantor: all'interno della sua teoria, si definisce insieme numerabile un insieme per cui esiste una corrispondenza 1-a-1 con l'insieme dei numeri interi, i quali in effetti possono essere contati, per quanto la conta non avrebbe mai fine. D'altra parte possiamo definire un insieme contabile se o è finito (e quindi la conta dei suoi elementi è una operazione finita) o è numerabile (e quindi i suoi elementi possono essere contati così come i numeri interi). A questo punto è necessario dimostrare che non si perde di generalità se si confronta un insieme con i soli interi positivi e per fare ciò bisogna dimostrare che esiste una associazione 1-a-1 tra i positivi e i negativi incluso lo 0. Per fare questo, però, Cantor introduce un ordinamento dei negativi differente dall'usuale associando a 1 lo 0 e agli $n_{\text{pari}}$ $(-1) \frac{n}{2}$ e agli $n_{\text{dispari}}$ $\frac{n-1}{2}$. Ora Cantor può ragionevolmente iniziare a confrontare qualunque insieme con quello degli interi, iniziando con l'insieme dei razionali. Utilizzando quindi questo suo famoso serpentone, il matematico tedesco riesce a dimostrare che esiste una associazione 1-a-1 tra interi e razionali, e quindi la cardinalità dei due insiemi è identica, dove per cardinalità si intende il numero di elementi appartenenti a un dato insieme. E ovviamente questa cardinalità viene indicata dal primo dei numeri transfiniti, $\aleph_0$.
Il passo successivo è il confronto con i numeri reali, o più precisamente con gli irrazionali, in particolare gli irrazionali trascendentali. Esistono, infatti, due tipi di irrazionali, quelli algebrici, definibili a partire da operazioni algebriche come la radice quadrata (ad esempio $\sqrt{2}$) e quelli trascendentali, che non possono cioè essere definiti da alcuna operazione algebrica di base, come ad esempio $\pi$ o $e$ (in entrambi i casi possiamo al massimo avvicinarci al loro valore cercando di calcolare in maniera sempre più precisa i limiti che li definiscono). E' abbastanza semplice intuire come tra irrazionali algebrici e naturali esista una corrispondenza 1-a-1, per cui nella dimostrazione di Cantor, che cercherò di raccontare nel modo più chiaro possibile, gli irrazionali che entrano in gioco sono di tipo trascendentale.
Iniziamo scrivendo una lista di irrazionali da mettere in corrispondenza 1-a-1 con i naturali, come indicato nella figura tratta dalla versione on-line (scaricabile dal blog di Andrea Plazzi) de L'ultima lezione a Gottinga di Davide Osenda: Non ha realmente importanza la cifra iniziale di ciascun numero irrazionale, poiché il metodo può essere applicato indifferentemente ai numeri maggiori o minori di 1. L'importante è comprendere il procedimento: si sceglie il primo decimale del primo numero, il secondo decimale del secondo numero, il terzo decimale del terzo numero (quelli cerchiati nella figura) e così via e li si utilizza per costruire un nuovo decimale le cui cifre sono quelle scelte diminuite di 1 (se il decimale è pari a 0 si passa a 9), ottenendo qualcosa del tipo (seguendo l'esempio descritto da Osenda): \[X,3809\cdots\] Questo irrazionale così descritto risulterà differente dal primo numero per la prima cifra decimale, dal secondo per la seconda, dal terzo per la terza, dall'$n$-simo per l'$n$-sima cifra decimale, e in sintesi sarà diverso da qualunque numero reale incluso nella lista, e quindi, avendo trovato un elemento non associato ad alcun numero intero, possiamo concludere che l'insieme dei reali non è né contabile, in quanto infinito, né numerabile, mentre la sua cardinalità, $c$, è sicuramente superiore a quella di $\aleph_0$.
Il confronto tra naturali e reali è il primo passo nella successiva ricerca di nuovi infiniti, e il prossimo candidato è il piano, che Cantor suppone avere una cardinalità superiore a $c$. Come nel caso di reali-naturali, anche in questo caso utilizza il metodo della Diagonalizzazione, limitandolo, però al quadrato unitario (di lato 1), visto che gli infiniti contenuti in un segmento sono dello stesso ordine degli infiniti su tutta la retta, come dimostrato da Bolzano. Per costruire l'associazione Cantor prende un punto qualsiasi del quadrato con componenti \[x = 0, a_1 a_2 a_3 a_4 \cdots\] \[y = 0, b_1 b_2 b_3 b_4 \cdots\] e costruisce il seguente numero reale: \[r = 0, a_1 b_1 a_2 b_2 a_3 b_3 a_4 b_4 \cdots\] scoprendo, a differenza di quanto egli stesso credeva, una corrispondenza 1-a-1 tra piano e retta. Questo vuol dire che il cardinale transfinito del piano è $c$, il cardinale transfinito dei numeri reali!
Questo risultato sconvolse lo stesso scopritore (Lo vedo, ma non ci credo! scrisse a Dedekind), immaginiamo quindi quello che successe nella comunità matematica. D'altra parte, se ci pensiamo un attimo, chiunque, vista da un lato l'opposizione del resto dei matematici, dall'altra la scoperta che $c$ è la cardinalità della retta, del piano, dello spazio e via via verso altri iperspazi, avrebbe deciso di abbandonare le ricerche sul campo, cullandosi nell'illusione di avere scoperto il transfinito cardinale più grande. La domanda insita nell'ipotesi del continuo, però, non sarebbe stata possibile formularla senza la certezza dell'esistenza di altri transfiniti. Per fare questo prendiamo un qualsiasi insieme $A$. Si definisce insieme potenza, o insieme delle parti di $A$, l'insieme costituito da tutti i sottoinsiemi di $A$. Questo insieme di potenza è sempre possibile costruirlo per qualunque insieme e in generale sarà sempre costituito da almeno due elementi, l'insieme vuoto e l'insieme stesso. Se il nostro $A$ è un insieme finito, la cardinalità dell'insieme finito è $2^A$, dove in questo caso $A$ indica la cardinalità dell'insieme di partenza. Questa legge vale anche per gli insiemi infiniti, e questo vuol dire che la cardinalità dell'insieme potenza dei numeri naturali è $2^{\aleph_0}$ e poiché questa cardinalità è strettamente maggiore rispetto alla cardinalità dell'insieme di partenza, allora $2^{\aleph_0} = \aleph_1$ e di seguito $2^{\aleph_1} = \aleph_2$ e via così.
Una cosa di questo genere è possibile vederla ancora una volta grazie alla diagonalizzazione. Prendiamo i numeri interi e costruiamo tutti i possibili sottoinsiemi. A questo punto associamo ad ogni sottoinsieme un numero naturale. Costruiamo, poi, una tabella in cui mettiamo nella prima riga il numero intero, nella seconda il sottoinsieme, nelle successive mettiamo un Si o un No in corrispondenza del fatto se il numero naturale appartiene al sottoinsieme oppure no: A questo punto, come ormai dovremmo aver capito, si prende la diagonale e si cambiano i Si con i No e viceversa, ottenendo un sottoinsieme dei naturali che differisce per il primo elemento dal primo sottoinsieme, per il secondo dal secondo e così via, ovvero scoprendo l'esistenza di un sottoinsieme dei naturali che non è stato associato ad alcun naturale. E questo fatto ha come conseguenza che l'insieme delle parti non può essere messo in corrispondenza 1-a-1 con il proprio insieme e la sua cardinalità è dunque superiore.
Cantor, in questo modo, non solo ha dimostrato l'esistenza di infiniti transfiniti, ma soprattutto ha fornito un metodo per passare da un transfinito a un altro di ordine superiore. Questo, però, ha di fatto imposto all'attenzione del matematico tedesco la famosa ipotesi del continuo, ovvero che $c = \aleph_1 = 2^{\aleph_0}$. O detto in altri termini: non esiste alcun insieme infinito con cardinalità intermedia tra $c$ e $\aleph_0$. O almeno questa era quella che Cantor riteneva fosse la risposta alla domanda quale è la cardinalità del continuo?
Di questa ipotesi non esiste una dimostrazione (o una sua confutazione) completa e convincente, ma a partire dai lavori di Godel nel 1940 e Cohen del 1963 si è giunti alla conclusione che l'ipotesi del continuo è una di quelle affermazioni indecidibili presenti nell'attuale sistema assiomatico della matematica, ovvero una di quelle affermazioni sulle quali nulla si può dire circa il loro grado di verità. A proposito della quale, comunque, Godel scrisse dopo la pubblicazione dei risultati di Cohen:
Solo chi (come gli intuizionisti) nega che i concetti e gli assiomi della teoria classica degli insiemi abbiano un qualche significato potrebbe essere soddisfatto da una situazione del genere, non chi ritiene che essi descrivano una qualche realtà ben determinata. Perché in realtà la congettura di Cantor deve essere vera o falsa e la sua indecidibilità a partire dagli assiomi oggi noti può significare solo che questi non contengono una descrizione completa della realtà.DFWGodel aveva anche la sua ipotesi del continuo, ed era che semplicemente l'ipotesi di Cantor fosse falsa e che tra $c$ e $aleph_0$ esistessero una infinità di $\aleph$. Su questa linea sembrano porsi le ricerche di Hugh Woodin, che introducendo la logica-Ω ha dimostrato la congettura falsa o indecidibile. (1) Come fa notare DFW nel 1854, quando Riemann scrisse il saggio, poi pubblicato postumo da Dedekind, sulla convergenza delle serie di Fourier, erano attivi praticamente tutti i più importanti matematici del secolo: Riemann e Dedekind, ma anche Weierstrass, Kroeneker e Heine. L'unico non ancora partito era il giovanissimo Cantor, appena 9 anni.
Bibliografia e altri link
(DFW) Tutto, e di più di David Foster Wallace, trad. di Giuseppe Strazzeri e Fabio Paracchini
(ADA) Il mistero dell'alef di Amir D. Aczel, trad. di Gianluigi Oliveri
Cantor su MacTutor
Cantor sul en.wiki
Georg Cantor, Contributions to the Founding of the Theory of Transfinite Numbers
Borges and Mathematics di Guillermo Martínez
Gray, R. (1994). Georg Cantor and Transcendental Numbers The American Mathematical Monthly, 101 (9) DOI: 10.2307/2975129 (pdf)
Dimostrare l'indimostrabilità di Alberto Marcone pdf)
Splendido articolo! Complimenti! La figura di Cantor e le sue ricerche inerenti all'infinito rappresentano, a mio giudizio, uno degli argomenti più interessanti della storia della matematica. Tra l'altro, il saggio Il mistero dell'alef di Amir Aczel l'ho letto e lo ritengo uno dei migliori libri di divulgazione matematica in circolazione. Il saggio di Wallace, invece, lo possiedo ma lo devo ancora iniziare!!
RispondiEliminaGrazie per i complimenti. E comunque il saggio di Wallace, per me, lo supera!
RispondiEliminaGran bel post, molto interessante e ben scritto. Devo ringraziarti due volte, una per il post e l'altra per la segnalazione del racconto-fumetto di Osenda.
RispondiEliminaUn salutone
Marco
Mi unisco ai complimenti. Proprio in questo periodo sto leggendo il libro di D.F.Wallace "Tutto, e di più" che era insieme a Le scienze di qualche mese fa, non senza difficoltà, data la patina di ossido che ricopre la mia matematica superiore. Tuttavia lo sto trovando molto accessibile e di piacevole (per quanto possa essere piacevole un saggio di matematica) e con un linguaggio accessibile e intrigante. Peccato solo per quella mania di iperabrreviazione che lo appesantisce, IMO.
RispondiEliminaIn ogni caso, la storia dell'infinito per me riscuote sempre un certo fascino!