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giovedì 8 maggio 2025

Ritratti: Wilhelm Lenz

Il contributo più importante alla fisica di Wilhelm Lenz è un modello che è, per lo più, ricordato con il nome di un suo studente: il modello di Ising. Su questa faccenda tornerò più avanti, almeno per quel poco che se ne può sapere. Sta di fatto che, come fisico teorico, i suoi contributi sono andati in particolare nei campi della teoria atomica e della fisica dello stato solido, il tutto all'interno del paradigma della meccanica quantistica(1).
La carriera
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Wilhelm Lenz - via Università di Amburgo
Nato l'8 febbraio del 1888 a Francoforte, in Germania, Lenz studiò presso la Klinger-Oberralschule, una scuola secondaria della sua città natale, dalla quale uscì nel 1906, per poi proseguire gli studi presso l'Università di Gottinga(2), dove studò matematica e fisica(1).
Dal 1908 al 1911 si trasferì a Monaco, dove conseguì il dottorato sotto la supervisione di Arnold Sommerfeld, di cui divenne l'assistente per i nove anni successivi(1), diventando Privatdozent il 4 aprile 1914. Giusto in tempo prima di venire arruolato come operatore radiofonico in Francia nel corso della prima guerra mondiale(2).
L'1 dicembre del 1920 ottenne il ruolo di professore straordinario presso l'Università di Rostock, che lasciò nel corso del 1921 dopo aver ottenuto il ruolo di professore ordinario di fisica teorica presso l'Università di Amburgo. Ruolo che mantenne fino al pensionamento, avvenuto nel 1956(2).
Tra i suoi studenti si contano fisici del calibro di Wolfgang Pauli, Ernst Jordan, Ernst Ising e Albrecht Unsöld. Quest'ultimo, dopo essersi specializzato nella spettroscopia stellare, è diventato uno dei più importanti astrofisici tedeschi(1).
Teoria atomica
Come anticipato nelle righe iniziali, il principale contributo di Lenz si concentrò nella fisica atomica e quantistica.
Nel 1919 propose delle sostanziali migliorie al modello della molecola di idrogeno e dell'atomo di elio, e nel 1924 analizzò un altro dei problemi presenti nella primissima formulazione della teoria quantistica, lo spettro dell'idrogeno quando questo viene attraversato da campi elettrici e magnetici.
Questi problemi, in effetti, rimasero una anomalia all'interno della meccanica quantistica fino a che il modello orbitale di Bohr-Sommerfeld non fu sostituito dall'equazione di Schrodinger e dalla nuova formulazione della teoria dei quanti(1).
Il modello di Ising
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Ernst Ising - via Università di Amburgo
Il suo contributo più noto è indubbiamente il modello di Ising. La cosa curiosa è come questo modello, che venne risolto "solo" nel 1924 dal suo allievo Ising, sia oggi noto con il solo nome di quest'ultimo (o al massimo come modello di Lenz-Ising), nonostante Lenz ne avesse fornito una formulazione già nel 1920(3). E questo nonostante nel suo articolo Ising accreditasse in maniera corretta la paternità al suo mentore. Lo stesso Lenz, apparentemente, non fece alcun tentatativo di accreditarsi la paternità del modello, e persino i suoi colleghi di Amburgo non erano a conoscenza del suo contributo.
Lenz, nella sua proposta originale, suggerì che gli atomi di-polari in un cristallo possono essere liberi di ruotare intorno a una posizione di riposo. Lenz, descrivendo il modello, parte da due posizioni di partenza, associate a due angoli "estremi", \(\alpha = 0\) e \(\alpha = \pi\). Tenendo conto della struttura cristallina, se alle posizioni intermedie sono associate valori alti di energia, allora queste posizioni avranno una bassa probabilità di essere occupate e quindi i processi di ribaltamento dello spin (detti da Lenz processi di Umklapp) si verificheranno piuttosto raramente. Quindi il magnete si troverà, in media, in ciascuna delle due posizioni estreme contemporaneamente (ovvero ciascun sito del reticolo avrà o spin su o spin giù)(3).
In presenza di un campo magnetico esterno, che per semplicità presumiamo essere nella direzione della posizione nulla, questa equivalenza delle due posizioni scomparirà, e si ha, secondo il principio di Boltzmann, un conseguente momento magnetico della barra del magnete a temperatura T.
Per i corpi ferromagnetici, oltre alla dipendenza della suscettibilità dalla temperatura, si deve prima prima di tutto spiegare la magnetizzazione spontanea, come si osserva nella magnetite e nella pirite.
Se si assume che nei corpi ferromagnetici l'energia potenziale di un atomo (magnete elementare) rispetto ai suoi vicini sia diversa nella posizione nulla e nella posizione (x), sorge una (...) magnetizzazione spontanea.
Le proprietà magnetiche dei ferromagneti sarebbero poi spiegate in termini di forze non magnetiche, in accordo con il punto di vista di Weiss, che, attraverso calcoli ed esperimenti, ha stabilito che il campo interno, che ha introdotto e che generalmente fornisce una buona rappresentazione della situazione, è di natura non magnetica. E' auspicabile che si riesca a spiegare le proprietà dei ferromagneti nel modo indicato(4, 3).
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Modello di Ising in due dimensioni - via commons
Una proposta cosmologica
Nel 1925 il fisico sperimentale Otto Stern si era interessato all'equilibrio tra materia e radiazione nell'universo, scoprendo che anche a temperature molto elevate il contenuto di particelle sarebbe stato piuttosto piccolo.
Ispirato dai risultati di Stern, Lenz provò a interrogarsi sulla stessa questione partendo dal modello di universo chiuso e ricco di materia proposto da Albert Einstein nel 1917. La sua conclusione, pubblicata nel 1926, fu che la curvatura dello spazio dipendeva dall'equilibrio radiativo.
La base di partenza della teoria di Lenz, che venne successivamente sviluppata da Ernst Jordan e Richard Tolman, crollò prima con la scoperta dell'espansione dell'universo, e quindi, questa volta definitivamente, con la scoperta dell'espansione accelerata (che per ora viene spiegata con la presenza di energia oscura nell'universo)(1).
  1. Kragh, H. (2014). Lenz, Wilhelm. In: Hockey, T., et al. Biographical Encyclopedia of Astronomers. Springer, New York, NY. doi:10.1007/978-1-4419-9917-7_9323 ↩︎ ↩︎ ↩︎ ↩︎ ↩︎ ↩︎

  2. Biografia su it.wiki ↩︎ ↩︎ ↩︎

  3. Brush, S. G. (1967). History of the Lenz-Ising model. Reviews of modern physics, 39(4), 883. doi:10.1103/RevModPhys.39.883 ↩︎ ↩︎ ↩︎

  4. Lenz, W. (1920). "Beitrag zum Verständnis der magnetischen Erscheinungen in festen Körpern" (pdf). Phys. Z. 21: 613–615. ↩︎

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