Gli sviluppi successivi passano attraverso l’ipotesi dello psicologo Donald Hebb che nel 1949 suggerì che l’apprendimento si basasse sul meccanismo di plasticità neurale. L’aprendimento hebbiano e le sue successive varianti sono stati alla base di molti modelli computazionali degli anni successivi alla sua introduzione.
Il primo esempio è dovuto a Farley e Clark(2), che nel 1954 simularono una rete hebbiana nei laboratori del MIT. Un’altra rete neurale artificiale venne creata nel 1956 da Rochester, Holland, Habit e Duda(3).
Quindi nel 1958 Frank Rosenblatt(4) creò un algoritmo per il riconoscimento dei disegni basato un una rete di apprendimento che utilizzava semplicemente addizione e sottrazione.
Più o meno a questo punto si trova la tecnologia delle reti neurali quando Fritz Leiber da alle stampe Le argentee teste d’uovo: è il 1961 ed evidentemente già si parla del pericolo robotico per il lavoro umano! Leiber, però, affronta il tema in maniera ironica e divertente: siamo in un futuro in cui i robot sono i veri scrittori dei romanzi, mentre gli esseri umani sono dei semplici tecnici che forniscono il materiale d’archivio da cui le macchine scrivono i romanzi. Sorge, però, un’imprevisto: lo sciopero degli operatori umani, che non si accontentano di cofirmare i romanzi.
Da qui scaturiscono una serie di divertenti e sconclusionate avventure per i protagonisti del romanzo, con sullo sfondo il segreto delle argentee teste d’uovo, che, a salvaguardia dei grandi classici della letteratura, dovrebbero salvare la situazione del mercato in crisi e quindi i conti degli editori.
In un colpo solo, così, Lieber prende in giro le paure per l’arrivo dei robot nella vita degli esseri umani e le dinamiche commerciali che evidentemente già all’epoca stavano invadendo il mondo della letteratura. Sebbene, in fondo, una cosa sola vale: leggere è bello (oltre che cultura)!
- McCulloch, W. S., & Pitts, W. (1943). A logical calculus of the ideas immanent in nervous activity. The bulletin of mathematical biophysics, 5(4), 115-133. (pdf) ↩
- Farley, B.G.; W.A. Clark (1954). “Simulation of Self-Organizing Systems by Digital Computer”. IRE Transactions on Information Theory. 4 (4): 76–84. doi:10.1109/TIT.1954.1057468 (sci-hub) ↩
- Rochester, N.; J.H. Holland; L.H. Habit; W.L. Duda (1956). “Tests on a cell assembly theory of the action of the brain, using a large digital computer”. IRE Transactions on Information Theory. 2 (3): 80–93. doi:10.1109/TIT.1956.1056810 (sci-hub) ↩
- Rosenblatt, F. (1958). “The Perceptron: A Probabilistic Model For Information Storage And Organization In The Brain”. Psychological Review. 65 (6): 386–408. doi:10.1037/h0042519. PMID 13602029. ↩
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