Dopo Non buttiamoci giù, questo Come diventare buoni è il secondo romanzo di Hornby che leggo.
Mentre in Non buttiamoci giù l'autore inglese da prova di una buona gestione di differenti personaggi, in questo caso scrive di un matrimonio in difficoltà dal punto di vista della donna che, dopo 20 anni di fedeltà, non riuscendo più a sopportare le cattiverie del marito, si prende un amante. La storia con il giovane dura poco, meno della metà del libro, ma diventa una spia fondamentale per capire la difficoltà della vita familiare della coppia, e soprattutto spinge il marito a diventare buono!
Il capovolgimento dei ruoli nella coppia diventa, alla lunga, un pretesto per mettere in difficoltà, in maniera a tratti spiritosa, certo velata ma molto arguta, la società moderna, che oscilla tra lo sfruttamento ed il consumo di grandi quantità di risorse a favore di pochi e che si bea di un più o meno finto altruismo, fatto per lo più per avere l'acclamazione popolare piuttosto che per chetare la propria coscienza o per un vero e proprio spirito altruistico.
Lo sfogo finale della narratrice, alla fine, è però definitivo e conclusivo, e riappacifica il lettore se non con la vicenda, almeno con se stesso: è infatti innegabile non essere d'accordo con la dottoressa sul fatto che già è difficile vivere la propria vita, per cui già solo questo fatto dovrebbe essere più che sufficiente per renderla buona.
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