Stomachion

sabato 13 aprile 2013

L'ultimo domani

A volte, molto per caso, si trovano sulle bancarelle che vendono vecchi libri di seconda mano, si trovano dei romanzi interessanti, che magari non sempre sono dei capolavori, ma che certamente risultano sorprese gradevoli e interessanti. L'ultimo domani è una di quelle sorprese, a maggior ragione per il fatto che è un romanzo italiano e non straniero.
Al di là della scrittura del romanzo stesso, la gradevolezza del romanzo non toglie, comunque, la sensazione che il romanzo stesso sia in effetti un collage di vari altri romanzi, una combinazione di elementi di opere della fantascienza anglosassone giunte in Italia grazie alle collane Urania o Cosmo, su cui questo Ultimo domani è pubblicato. L'idea di fondo, in effetti, sembra presa da La peste scarlatta di Jack London, dove una strana epidemia inizia a decimare la popolazione mondiale. In questo caso ben presto si scopre anche la causa dell'epidemia, una variazione letale nelle radiazioni solari, e si cerca anche di porre un rimedio. Peccato che la soluzione preveda lo spostamento, in città appositamente costruite e schermate contro queste radiazioni, venga divulgata tra la popolazione, generando così dei disordini che spingono i protagonisti, un giovane medico e la sua fidanzata, ad allontanarsi dalla città per andare verso la campagna, proprio come avviene, ad esempio, ne La morte dell'erba di John Cristopher.
Il finale, poi, è per certi versi sorprendente, in una sorta di ribaltamento de Il villaggio dei dannati dove l'alienazione dei nuovi figli dell'umanità non è dovuta a degli alieni invasori, ma è conseguenza diretta dell'evoluzione umana, della capacità di adattarsi all'ambiente esterno e di migliorare come unica possibilità di sopravvivere, andando verso quella super-razza tante volte prevista/sperata in alcuni dei migliori romanzi di Alfred Elton van Vogt. Forse è anche per questo che il finale è al tempo stesso amaro: Bellomi, infatti, sembra anche sposare la tesi, che poi sarà anche negli X-Men di Stan Lee e Jack Kirby, che una evoluzione di questo genere non sarebbe mai ben accetta e sarebbe certamente avversata dal resto dell'umanità.
Ed è veramente difficile dar loro torto.

P.S.: curioso come, in appendice al numero, il 202, venga pubblicato un articolo sugli UFO con in particolare un approfondimento sull'Avrocar, un veicolo aereo di forma discoidale sviluppato dagli Stati Uniti con la collaborazione di una azienda specializzata canadese.

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