Ogni tanto capita anche a me, trovare una lettura che non mi piace per nulla. Trittico del tempo di Michele Branchi, acquistato perché uscito presso un meritorio editore come Frilli, esperto in gialli e noir italiani, è, in ultima analisi, un verbale dei carabinieri che si è travestito da romanzo: non solo non riesce a dare al lettore la partecipazione necessaria, ma cade costantemente nei cliché del genere, che l'autore più o meno esplicitamente vuole rifuggire. E cosa, poi, c'entri il tempo e cosa sia il trittico del titolo, onestamente non lo so: ho lasciato la lettura più o meno a metà (forse prima), quando si è arrivati allo scontatissimo incontro intimo tra il cinquantenne protagonista e una trentenne che ha incontrato nel corso della vicenda.
Se già in questo Branchi non riesce a scrollarsi i cliché, non ho osato immaginare quali altri si sarebbero presentati nel corso di una lettura tutto sommato abbastanza pesante e noiosa. Mi dichiaro sconfitto...
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