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Il manga di Atsushi Kaneko (che è un po' tutto questo) è ambientato nella cittadina di Soil New Town, un micromondo pulito e perfetto come l'omonima cittadina del film Pleasantville, descritto da una carrellata asettica e quasi inquietante all'inizio del Block 1.1. Se nel caso della pellicola statunitense il motore che rompe questo equilibrio è l'arrivo di due giovani dall'esterno, nel caso di Soil è l'improvvisa sparizione di un'intera famiglia (e di un poliziotto di pattuglia) a incrinare quella che, procedendo con la lettura, si rivelerà una semplice facciata dietro cui gli abitanti della moderna cittadina giapponese nascondono peccatucci e invidie di vicinato che non verranno a galla nemmeno durante le indagini dei due investigatori incaricati, l'antipatico e ottuso sergente Yokoi e la giovane investigatrice Onoda, vessata verbalmente dal superiore.
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Rispetto alla narrazione classica del manga, Soil presenta elementi interessanti sia a livello grafico sia di storytelling, che avvicinano l'opera alla sensibilità occidentale. Le vignette sono ben strutturate e separate una dall'altra; i personaggi e le ambientazioni sono rappresentati con un tratto deciso e preciso inchiostrato in maniera netta con uno stile che, nel complesso, può essere definito come una linea chiara alla giapponese, molto vicino al tratto del nostro Ratigher. La narrazione, infine, è lineare, con pochi, ma comunque opportuni flashback e nessuna pausa introspettiva, giocata soprattutto sui dialoghi tra i personaggi. Ottimi, anche, i siparietti umoristici, al limite del comico, tra gli investigatori.
Ad ogni modo, al di là delle ispirazioni o del genere, l'obiettivo della serie di Kaneko sembra essere quello di mettere a nudo l'ipocrisia della società giapponese moderna (e per traslato di quella occidentale in generale).
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