Stomachion

martedì 23 giugno 2015

Discussione sulla divulgazione

la promesso risposta estensiva a @MathisintheAir
[L'occhio] è principe delle matematiche, le sue scientie son certissime.
(Leonardo Da Vinci)
Recentemente è tornata (e lo fa più o meno periodicamente, perché è il senso del migliorarsi insieme discutendo) una discussione sulla divulgazione scientifica, in questo caso matematica. Ho risposto con un commento, che ripropongo in questo post provando anche a integrare alcuni punti, avendo però ben in testa che una risposta estensiva, dettagliata e più generale l'avevo già scritta nel 2011 (tra l'altro ripubblicata per l'occasione).
La prima questione cui ho risposto è stata quella del formalismo matematico all'interno dei post:
esistono moltissimi argomenti che possono essere raccontati senza alcun formalismo, ma la vera sfida, soprattutto per noi stessi che facciamo lo sforzo di raccontare la matematica (e anche la fisica!) è proprio riuscire innanzitutto a comprendere l'argomento di cui si vuole discutere. Mi spiego meglio: nel momento in cui il formalismo non è il velo dietro cui ci si nasconde perché in questo modo raccontare costa meno in termini di sforzo e tempo, allora è anzi ben accetto, e secondo me necessario. Poi, ovviamente, le scelte personali sono indiscutibili e non si possono accontentare tutti i lettori, ma credo che anche le equazioni si possono utilizzare in modo intelligente e poco invasivo. E' abbastanza ovvio, però, che con l'aumentare del formalismo, diminuiscono i lettori che possono fruire appieno dell'articolo stesso. Ovvero nel momento in cui scegli il livello di formalismo, stai più o meno implicitamente scegliendo un target di lettori.
C'è ben poco da aggiungere a quanto scritto, anche perché, come i lettori fedeli sanno, cerco di non rinunciare mai alle equazioni, anche al minimo indispensabile. D'altra parte le equazioni sono la parte formale più evidente per un lettore, mentre sono altri gli aspetti formali realmente difficili. E' ovvio che per superare questo ostacolo lo sforzo di chi scrive non è l'unico, ma è necessaria anche una base di partenza che si costruisce da soli, a scuola o con letture personali.
Se sul discorso del formalismo sono del partito che, in qualche modo, bisogna provare a raccontarlo, raccogliendo quella stessa sfida che raccolse David Foster Wallace quando scrisse il suo saggio sulla matematica dell'infinito, i punti successivi sollevati da Davide sono interessanti e meritano due righe in più:
  • Raccontare la scienza non è per niente semplice (neanche fra colleghi).
  • Raccontare la matematica è ancora più difficile, poiché spesso il livello di astrazione aumenta. Il rischio, se non si riesce, è che restino i luoghi comuni sulla disciplina.
  • È presente un diffuso consenso sociale sul fatto che si possa essere totalmente ignoranti in matematica.
  • Istruire è compito in primo luogo della scuola: la divulgazione non si sostituisce a questa e, anzi, ha bisogno di una buona scuola
Sull'ultimo punto concordo con Davide e aggiungo quanto ho scritto nel commento al suo post:
Riguardo la statistica: devo dirti che, invece, ho riscontrato un certo interesse nei confronti della materia e della probabilità. Ho avuto modo di affrontare l'argomento sia in un diurno sia, nell'ultimo anno scolastico, in un serale, e in entrambi i contesti è stato qualcosa che ha catturato l'attenzione. L'atteggiamento è stato differente: al diurno i ragazzi più brillanti o quelli di quinta, al serale era un po' più generalizzato. E credo che in generale questo sia un argomento che si presta molto bene per essere raccontato.
Sulle difficoltà del racconto della scienza, vi rimando a quanto scrissi tempo addietro, mentre sulla matematica nello specifico, confermo: è decisamente più complesso. Non solo c'è la questione del formalismo di cui sopra, ma anche l'operazione di riduzione dell'argomento in termini quanto più semplici (ma non banali) possibile. E' qualcosa che ha a che fare con il rischio Kazzenger:
c'è sempre, anche quando si hanno le migliori intenzioni e l'unico modo per limitarlo è, secondo me, prestare attenzione. Non si annulla del tutto, certo, ma l'importante è essere aperti al confronto con i lettori che se ne accorgono!
Forse il vero punto da scardinare è il terzo, il diffuso consenso sociale sul fatto che si possa essere totalmente ignoranti in matematica, o che possa bastare il saper fare di conto per sopravvivere. Purtroppo la consapevolezza sulla matematica nasce innanzitutto a scuola e qui, secondo me, bisogna puntare soprattutto sulla matematica ricreativa, quella applicata e su statistica e probabilità, che poi sono gli aspetti che maggiormente sono presenti nelle famigerate prove invalsi. Sono anche argomenti che si possono utilizzare su un blog e che, sia nel breve ma anche nel lungo periodo, possono risultare interessanti qualunque sia l'età e il grado di istruzione del lettore.
Non mi soffermo su quale sia la divulgazione da fare: come .mau. ritengo che tutte siano necessarie in qualche modo.
L'ultimo punto su cui mi soffermo è invece quello delle news. Ecco quanto scrivevo nei commenti:
Riguardo "l'essere sul pezzo": secondo Dave Munger raccontare la scienza è essere sul pezzo sempre, anche quando si scrive o si parla di una scoperta di un secolo e più prima. E se alcune volte scrivere sulle ultime novità è quasi necessario, è molto più divertente seguire il proprio estro quotidiano, l'ispirazione data da una conferenza o dalla domanda di uno studente.
Questo è più o meno quel che mi premeva aggiungere riguardo a quanto scritto e ripubblicato (giusto qualche decina di minuti prima rispetto a quanto scritto qui), e in ogni caso mi vedo d'accordo con i punti necessari per poter scrivere un buon articolo divulgativo proposti da Davide:
  • Il tema dovrebbe generare interesse: per farlo è utile partire dalla propria esperienza, da aneddoti, da problemi veri e concreti che possano interessare e incuriosire il "lettore/fruitore".
  • Per spiegare alcuni concetti è necessario provare a introdurre delle metafore/analogie per dare al lettore una "idea intuitiva" che possa aiutarlo nella comprensione.
  • Un buon testo divulgativo dovrebbe sollecitare in modo attivo il "lettore/fruitore" di un contenuto in modo da stimolarne ragionamenti e riflessioni e l'utilizzo delle conoscenze (il lettore non è una "tabula rasa").
  • Un testo divulgativo (e questa è la sfida!) dovrebbe contenere il minimo indispensabile di formalismo. Evitare le formule, non sempre è un bene.
Nello spirito di questi punti, quelli più difficili sono proprio il primo e l'ultimo: nel mio caso gioco pure abbastanza facile grazie all'esperienza da insegnante (che ha influito su come scrivo, così come il blog ha influito su come insegno: un perfetto mutualismo tra esperienze!) o alla passione per fumetti e fantascienza (e letteratura in generale), ma non sempre è così.
In conclusione vorrei segnalare anche un bellissimo post di @devicerandom, Storie naturali, che tratta, da un punto di vista differente, il problema del racconto della scienza.

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