Alle origini degli Osservatori Astronomici non c’è la verifica della legge di gravitazione di Isaac Newton, ma un problema molto più concreto: la determinazione della longitudine.
La Terra è una sfera, cosa abbastanza nota (a parte qualche buontempone qua e là) sin dall’antica Grecia. Essa viene convenzionalmente suddivisa in 24 spicchi, ognuno largo 15°. Questo vuol dire che, conoscere l’angolo rispetto a un meridiano di riferimento, vuol dire conoscere la propria posizione sul globo, anche in considerazione del fatto che determinare la latitudine è molto più semplice grazie alla posizione del Sole o alla lunghezza del giorno o alla posizione delle stelle note sull’orizzonte.
Tale informazione (lo propria posizione sulla superficie terrestre) assume un’importanza essenziale sia per i commerci sia per le campagne militari, non solo sulla terra ma anche sul mare. Il problema è che determinare tale posizione è stato per molti secoli piuttosto complicato, almeno fino a che regnanti della Gran Bretagna non decisero di istituire un premio per risolvere l’annoso problema della longitudine.
Le strade che vennero intraprese furono due, una che volgeva il suo interesse verso il cielo, l’altro verso l’utilizzo di strumenti di misurazione del tempo. Nel primo caso, fino all’istituzionalizzazione della sfida, lo strumento migliore a disposizione era il sestante. Il suo utilizzatore, però aveva la necessità di conoscere i cieli, cosa non così scontata, e fu proprio per ovviare al problema che vennero istituiti i primi Osservatori Astronomici: il loro scopo era determinare le mappe del cielo nel modo più preciso possibile, in modo tale che la misurazione della posizione apparente di quelle stesse stelle in un’altra porzione del globo permettesse di determinare, attraverso le differenze, la posizione rispetto ai dati pubblicati sull’Almanacco di Greenwich. Questo divenne l’almanacco più utilizzato non solo per la forza della marina inglese dell’epoca, ma anche grazie al lavoro certosino dei vari Astronomi Reali che si sono succeduti alla guida dell’Osservatorio Reale di Greenwich, a partire da John Flamsteed, il primo, fino al reverendo Nevil Maskelyne, il cui impegno in particolare portò alla diffusione degli Almanacchi Astronomici e che potrebbe essere considerato il “cattivo” della storia.
Maskelyne, infatti, fu un grande fautore del metodo celeste per la determinazione della longitudine contro la misurazione del tempo. Consideriamo che l’unico modo che all’epoca si riteneva valido per determinare l’ora sul mare era il pendolo, che però risentiva dei cambiamenti climatici e, in minima parte, anche dei movimenti della nave causati dalle onde del mare. Poiché ogni minimo errore rischiava di modificare di molto la posizione calcolata rispetto a quella reale, misurare la longitudine attraverso il tempo implicava migliorare e di molto gli strumenti di misurazione del tempo: gli orologi.
La storia narrata da Dava Sobel in Longitudine si concentra proprio su uno dei maestri orologiai più abili di tutti i tempi, John Harrison, e sulla sua decennale battaglia per ottenre il giusto riconoscimento per il suo pionieristico lavoro nel campo della misurazione del tempo applicata alla determinazione della longitudine. Costruì, con l’idea di ottenere il premio reale, ben 4 orologi: già il primo, noto come H1, rispondeva perfettamente alle richieste del bando. A causa della sua pignoleria, decise che l’orologio poteva essere ulteriormente migliorato, e così fu: dopo qualche anno (l’H1 era stato completato nel 1735, il modello successivo nel 1740) l’H2 venne presentato ala comissione risultando molto più compatto e maneggevole e ancora più preciso del predecessore. Il premio sembrava ormai in tasca anche perché la commissione, soprattutto grazie all’Astronomo Reale dell’epoca, Edmond Halley, che era un entusiastico estimatore del lavoro di Harrison.
La pignoleria di Harrison, però, lo spinse a rifiutare il premio, chiedendo invece ulteriore tempo e fondi per migliorare il progetto.
Col senno di poi questa scelta fu errata: per la costruzione dell’H3 furono necessari 19 anni nel corso dei quali l’opinione della commissione della longitudine sull’uso degli orologi per la misurazione della posizione sul globo cambiò grazie anche al lavoro di Maskelyne, che nel 1965 sarebbe diventato Astronomo Reale e ultimo ostacolo di Harrison sulla strada per il riconoscimento dei suoi successi.
Alla fine della storia, anche grazie all’impegno del figlio di John, William, e di uno dei suoi più validi eredi, Larcum Kendall, e all’entusiasmo di un navigatore di grande fama come James Cook, e all’impegno del re Giorgio III, arrivò un contentino in un premio rilasciato dal parlamento.
Sebbene in vita Harrison non ottenne il premio, oggi lo possiamo ricordare come il più grande orologiaio di tutti i tempi, inventore del cronografo e risolutore di uno dei problemi pratici più stimolanti come la determinazione della longitudine.
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