Il primo a proporre una teoria della luce che prevedesse un valore finito per la sua velocità fu il greco Empedocle, ma, come molti dopo di lui, non fece mai alcun vero tentativo per misurarne il valore. Il primo a proporre un esperimento per lo scopo fu Galileo Galilei. Nel 1638, Galilei sugerì di misurare la velocità della luce utilizzando una lanterna posta sulla cima di una collina e quindi osservando il ritardo tra il momento in cui la lanterna viene coperta e quello in cui l’occhio percepisce tale evento. Il fisico pisano non riuscì a determinare se la luce viaggiasse istantaneamente o meno, ma concluse che in quest’ultimo caso doveva essere estremamente rapida.
Nel 1667 l’Accademia del Cimento di Firenze dichiarò di aver realizzato l’esperimento di Galileo senza aver osservato alcun ritardo: d’altra parte in un esperimento di tal genere il ritardo misurabile dovrebbe essere dell’ordine degli 11 microsecondi.
La prima stima quantitativa della velocità della luce venne fatta da Ole Rømer nel 1676 a partire dalle osservazioni delle lune di Giove, in particolare Io. Egli stimò che la luce impiegava 22 minuti per percorrere il diametro dell’orbita terrestre. Utilizzando questa stima, Christiaan Huygens stabilì in 220000 km/s la velocità della luce, ovvero circa il 26% più bassa rispetto al valore reale.
Nel 1826 Léon Foucault, perfezionando il metodo della ruota dentata sviluppato da Hippolyte Fizeau, fornì un valore incredibilmente vicino a quello reale: 298000 km/s. Foucault utilizzò degli specchi rotanti, cosa che fecero anche Albert Michelson e Edward Morley nel 1887 in quello che è ancora oggi l’esperimento più famoso sulla determinazione dela velocità della luce, soprattutto perché giocò un ruolo fondamentale nella discussione più generale sull’etere e nello sviluppo della teoria della relatività ristretta.
Nel 1983 la 17.ma Conferenza Generale sui pesi e le misure stabilì per la velocità della luce nel vuoto il valore costante di 299792458 m/s, rendendo così la luce una costante all’interno del sistema internazionale di misure. Quali sono le soluzioni dell’equazione $x-7 = \sqrt{x-7}$?
Si può affrontare il problema in due modi. Elevando al quadrato ambo i membri dell’equazione per poi risolvere semplificando, prima imponendo $x \not = 7$ e poi discutendo il caso di $x=7$, oppure chiedendosi: quali sono i numeri che coincidono con la propria radice quadrata?
La risposta a questa domanda è: due soli numeri, $0$ e $1$. Quindi o $x-7=0$, da cui $x=7$, o $x-7=1$, da cui $x=8$. Quando gettiamo un qualsiasi dispositivo elettronico nell’acqua, a meno che non sia indicato come water resistant, possiamo essere abbastanza certi di averlo distrutto. Perché?
Il punto essenziale è che l’acqua è un buon conduttore di corrente elettrica, così buono che quando dei circuiti elettrici aperti vengono a contatto con l’acqua, gli elettroni iniziano a fuggire in giro dappertutto senza alcun controllo, creando con grande facilità e velocità i distruttivi cortocircuiti che determinano la fine del nostro dispositivo. In molte risposte matematiche viene utilizzato il simbolo del $\pm$ per indicare la possibilità di scegliere tra due valori. Il suo impiego principale è nelle soluzioni della radice quadrata. Una prima versione del $\pm$ venne introdotta nel 1626 da Albert Girard per poi venire adottato nella forma attuale in Clavis Mathematicae del 1631, testo scritto da William Oughtred (1).
In statistica e nelle discipline sperimentali, invece, viene utilizzato per indicare l’errore. I matematici migliori visualizzano ogni cosa, inclusa l’algebra?
- Per maggiori dettagli, leggere Più per meno diviso di Giuseppe (detto Peppe) Liberti. ↩
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