Nel 1950 Nicolaas Govert de Bruijn introdusse la oggi nota funzione $H (\lambda, z)$, con $\lambda$ parametro reale e $z$ variabile complessa, connessa con la funzione di Riemann, la famosa $\zeta$. Tale funzione venne introdotta da Bernhard Riemann all'interno di un più ampio lavoro sui numeri primi. Una delle questioni irrisolte su tali numeri (ovvero quei numeri naturali che non hanno divisori se non loro stessi) è legata alla loro spaziatura e a come questa varia man mano che i numeri primi diventano sempre più grandi. Secondo l'ipotesi di Riemann gli zeri della funzione $\zeta$, che sono collegati con i numeri primi (e quindi la funzione $\zeta$ ne rappresenta la distribuzione sull'asse dei numeri), sono numeri complessi la cui parte reale è uguale a $1/2$.
Il lavoro di de Bruijn venne successivamente implementato da Charles Newman che nel 1976 dimostrò l'esistenza di una costante $\Lambda$ tale che la funzione $H$ ha zeri reali se e solo se $\lambda \geq \Lambda$. Inoltre mostrò che l'ipotesi di Riemann era equivalente a suppore $\Lambda \leq 0$.
Seguendo questo approccio, una parte della ricerca matematica sulla dimostrazione dell'ipotesi di Riemann si è concentrata sulla determinazione della costante di de Bruijn-Newman, in particolare sui limiti inferiore e superiore di $\Lambda$.
Per quel che riguarda il limite superiore, questo è stato stabilito in $\Lambda \leq 0.22$. Tale risultato è stato raggiunto dal progetto Polymath, una collaborazione tra matematici per risolvere i problemi più importanti e difficili della disciplina lanciato nel 2009 Timothy Gowers sul suo blog.
Tale limite sembrerebbe suggerire una possibilità positiva nella dimostrazione dell'ipotesi di Riemann. Tale possibilità è però frustrata dal limite inferiore determinato da Brad Rogers e Terence Tao: $\Lambda \geq 0$. Questo implica che l'ipotesi di Riemann è, nel migliore dei casi, a malapena vera.
La situazione è complicata dal fatto che è possibile introdurre una nuova variabile $t$, detta tempo, ottenendo così differenti versioni della funzione $H$. Ed eseguendo piccole perturbazioni nel tempo, gli zeri di $H$ tendono a spostarsi dall'asse reale se $\Lambda \geq 0$. Quindi la dimostrazione dell'ipotesi di Riemann, anche nel caso in cui $\Lambda$ si rivelasse nullo, sarebbe ancora ben lontana dal dirsi conclusa.
Articoli:
de Brttijn, N. G. (1950). The roots of trigonometric integrals. Duke Math. J, 17, 197-226. doi:10.1215/s0012-7094-50-01720-0 (pdf
Newman, C. M. (1976). Fourier transforms with only real zeros. Proceedings of the American Mathematical Society, 61(2), 245-251. doi:10.1090/s0002-9939-1976-0434982-5
Rodgers, B., & Tao, T. (2018). The De Bruijn-Newman constant is non-negative. arXiv preprint arXiv:1801.05914.
de Brttijn, N. G. (1950). The roots of trigonometric integrals. Duke Math. J, 17, 197-226. doi:10.1215/s0012-7094-50-01720-0 (pdf
Newman, C. M. (1976). Fourier transforms with only real zeros. Proceedings of the American Mathematical Society, 61(2), 245-251. doi:10.1090/s0002-9939-1976-0434982-5
Rodgers, B., & Tao, T. (2018). The De Bruijn-Newman constant is non-negative. arXiv preprint arXiv:1801.05914.
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