Stomachion

giovedì 8 novembre 2012

La prima notte dei vampiri

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La raccolta vampirica curata dall'Einaudi contiene alcuni piccoli capolavori nella letteratura di genere, a partire da Il vampiro di Polidori, il racconto considerato l'iniziatore della tradizione letteraria che oggi vede come punta di vendite la saga di Twilight. Una delle cose che colpisce di più in una raccolta di questo genere (un po' come l'identico e più corposo progetto della Newton Compton, Storie di vampiri) è la flessibilità del mito così come viene raccontato dagli autori. Si spazia dal classico racconto dell'orrore o fantastico, racconti come L'amante cadavere o La famiglia dei vurdalak, a racconti un po' più romantici, contenenti già gli elementi che poi faranno il successo delle saghe moderne, come La bella vampirizzata o la mitica Carmilla, senza contare una interpretazione estremamente razionale che distrugge, per certi versi, il mito come Il vampiro del Sussex, racconto di Conan Doyle all'interno della fortunata saga di Holmes.
Un altro aspetto però assolutamente interessante e forse altrettanto caro a chi vi scrive è come la letteratura vampirica si sia calata perfettamente all'interno della quotidianità diventando, forse più del resto della letteratura dell'orrore (Lovecraft a parte), un modo assolutamente alternativo alla letteratura seria per raccontare i dubbi e le paure della gente comune. Esempi di questa idea sono sicuramente L'horla di Guy de Maupassant, Un vampiro di Capuana e Aylmer Vance e il vampiro degli Askew. In tutti e tre i racconti viene citata la scienza, che sta diventando sempre più un argomento importante di discussione. In particolare L'horla propone una serie di considerazioni politiche interessanti, al limite dell'anti-democratico ma certamente molto poco ipocrite. Vedi per esempio la citazione pubblicata nel post Festa della Repubblica, oppure questo scambio di battute che apparentemente sembrerebbe ispirato da Shakespeare, ma che in effetti mostra una certa attenzione ai progressi scientifici dell'epoca, con gli scienziati che iniziavano ad occuparsi di cose sempre più piccole e invisibili, come l'elettricità:
Io ripresi: - Se esistessero sulla terra degli esseri diversi da noi, come potremmo non conoscerli dopo tanto tempo? Come potremmo non averli visti dopo tanto tempo, né voi né io?
Egli rispose: - Ma vediamo noi forse la centomillesima parte di ciò che esiste? Guardate, ecco il vento, la più grande forza della natura, che rovescia gli uomini, abbatte gli edifici, sradica le piante, solleva il mare in montagne d'acqua, distrugge le rocce e getta contro gli scogli i grandi bastimenti, il vento che uccide, sibila, geme, muggisce... l'avete forse visto, e potete vederlo? Eppure esiste.
In un certo senso, per molti degli scrittori nella raccolta, i vampiri rappresentano il mistero e la paura dell'ignoto da una parte, o la superstizione che può essere combattuta con la ragione dall'altra. Non a caso è uno scienziato, Van Helsing, che combatte e sconfigge il Conte Dracula nel romanzo di Stoker, consegnando così al romanzo e alla letteratura vampirica in genere una chiave di lettura interessante e forse molto poco esplorata sotto la patina dell'orrore e del gotico classici.
E' interessante, comunque, notare come il vampirismo stia diventando in effetti una malattia psichiatrica riconosciuta: il primo a discuterne in questi termini è stato Herschel Prins nel 1985, mentre nel 1992 è Richard Noll a coniare il termine di sindrome di Renfield.
Renfield, come sa chiunque abbia letto il romanzo di Stoker o visto un qualsiasi film da esso tratto, è un folle che mangia esseri viventi (prima mosche, poi ragni e poi uccelli) per catturare e accumulare in se la loro forza vitale, facilmente controllato dai poteri mentali del Conte Dracula.
La malattia, che come molti disturbi psichici ha origine nell'infanzia, sembrerebbe passare attraverso tre stadi di cui solo l'ultimo è il vampirismo propriamente detto. Secondo il dettagliato schema pubblicato su Renfield's Syndrome: A Psychiatric Illness Drawn from Bram Stoker's Dracula, non tutti i serial killer identificati come vampiri dai giornali soffrono realmente di questa sindrome particolare, come ad esempio Richard Trenton Chase, che sembra abbia ripetutamente chiesto sangue fresco durante il suo soggiorno in carcere.
Concludo, però, con quella che spero possa essere una vignetta divertente:

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