Stomachion

domenica 26 ottobre 2014

Il (non) carnevale della fisica #2

Il premio Nobel venne assegnato per la prima volta nel 1901 a seguito delle ultime disposizioni testamentarie di Alfred Nobel, chimico e filantropo nonché inventore della dinamite.
Il premio è diventato ben presto uno dei più prestigiosi al mondo e, nell'ambito della fisica, il primo a riceverlo fu lo scopritore dei raggi X, il tedesco Wilhelm Conrad Röntgen
in riconoscimento dello straordinario servizio reso per la scoperta delle importanti radiazioni che in seguito presero il suo nome
Restando nell'ambito della fisica, il primo italiano a vincere il riconoscimento è stato, nel 1909, Guglielmo Marconi, insieme con Karl Ferdinand Braun
in riconoscimento del loro contributo allo sviluppo della telegrafia senza fili
L'ultima volta che l'Italia si è affacciata sul Nobel per la fisica è stato invece nel 2002 con Riccardo Giacconi
per i contributi pionieristici all'astrofisica, che hanno portato alla scoperta di sorgenti cosmiche di raggi X
Mentre il Nobel dello scorso anno è stato un telefonatissimo riconoscimento a Peter Higgs e François Englert come conseguenza della scoperta del bosone di Higgs, quest'anno sono stati premiati i tre giapponesi che sono riusciti a sviluppare il led blu, Isamu Akasaki, Hiroshi Amano, Shuji Nakamura.
E' a loro che è dedicata la prima parte del secondo (non) carnevale della fisica:

Tesla accanto a una lampadina a fosforescenza
Iniziamo con Stefano Dalla Casa su Zanichelli Aula Scienza: Il Nobel per la fisica ai LED blu
Centinaia di esperimenti falliti dopo, e vere e proprie crisi professionali (la società aveva ordinato a Nakamura di lasciar perdere i diodi, ma questi continuò nel suo tempo libero), agli inizi degli anni Novanta il mondo ha avuto i primi LED a luce blu, spianando la strada ai LED a luce bianca e quindi alla rivoluzione dell'illuminazione che vediamo procedere sotto i nostri occhi.
Quindi Cristina Da Rold per Oggi scienza con Il Nobel per la fisica ai tre giapponesi "che hanno illuminato il mondo"
Mai come oggi il sole nascente che distingue la bandiera giapponese potrebbe essere più calzante per rappresentare il paese. Il Nobel per la fisica 2014 l’ha vinto letteralmente la luce proveniente dal Giappone, nelle persone di Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura, tre scienziati nipponici che si sono distinti per le loro ricerche nell'ambito dello studio della luce, in particolare "per l'invenzione di efficienti diodi emettitori di luce blu che hanno sviluppato le fonti di luce bianca luminosa e a risparmio energetico."
E infine Andrea Bersani per Scientificast con Una nuova luce che vale il Nobel
I LED esistono da oltre cinquant'anni: un LED è un piccolo dispositivo a semiconduttore che, quando è attraversato da corrente, emette luce ad una precisa lunghezza d’onda (e quindi di un determinato colore). Era stato relativamente semplice creare LED che emettessero luce rossa, poi verde, ma il blu era più difficile da ottenere. L'importanza di completare il terzetto, però, era fondamentale: l'occhio umano recepisce luci rosse, verdi e blu, per cui, con tre LED di questi colori si può produrre una luce tale da sembrare "naturale" per l’uomo.
Non di solo Nobel fresco di assegnazione si può vivere e allora ecco un paio di post estratti dagli archivi di Popinga, in arte Marco Fulvio Barozzi (o è il contrario?), Fritz Haber, il maledetto
Tra gli scienziati della galleria degli slesiani poche figure sono così controverse, complicate, tragiche come quella di Haber (1868–1934). Il chimico era stato insignito del Premio Nobel del 1918 per aver sviluppato prima della guerra un metodo per sintetizzare direttamente l’ammoniaca dai suoi elementi costituenti, l'idrogeno e l'azoto, ad alta pressione e temperatura.
e poi Peppe Liberti con I raggi cosmici ed un Nobel mancato
Malgrado il lavoro di Pacini non venga frequentemente riportato nelle ricostruzioni storiche della vicenda che portò alla scoperta dei raggi cosmici, esso venne comunque citato correttamente nella relazione, preparata da E. Hultén e sottoposta al Comitato per il Nobel nel giugno del 1936, che venne poi inclusa come appendice al "Committee's Proposal". Qui Hulten nota - e cita – la conclusione di Gockel (che già nel 1909 aveva provato l’ebbrezza del volo) secondo il quale i risultati delle sue misurazioni con il pallone aerostatico, in accordo con le misure di Pacini, mostravano che una parte non trascurabile della radiazione era indipendente dalla azione diretta di sostanze presenti nella crosta della Terra.
Sempre dagli archivi vi segnalo l'ultimo post di Annarita Ruberto su Matem@ticamente, Gregorio Ricci Curbastro, Il Gentiluomo Padre Della Teoria Dei Tensori che ha una certa importanza per la fisica relativistica
L'obiettivo di Ricci era quello di realizzare un sistema, in base al quale le leggi della geometria e della fisica risultassero indipendenti dalla scelta delle coordinate. I tensori e le equazioni tensoriali posseggono tali caratteristiche di invarianza, che consentono la semplificazione dei calcoli, con la scelta di variabili opportune, e la generalizzazione a spazi geometrici di natura qualsiasi e dimensione arbitraria.

L'occhio di Newton
Sul Tamburo riparato, Juhan con Raccontare di scienza prova a recensire al meglio uno dei più recenti libri di divulgazione scientifica
Lo so che lo avete già letto per cui la faccio breve: secondo me ha ragione Marco, Particelle Familiari per i bambini delle elementari (ma non si chiamano primarie adesso?) è troppo difficile. Naturalmente questa è solo la mia impressione, di vecchio fuori dal gioco.
Juhan si è dato da fare e ha anche recensito un altro libro importante, di cui però non scrivo perché una delle regole del (non) carnevale è il limite di un post per blogger, ma forse utilizzerò quella recensione per un'altra recensione ancora che (spero) uscirà da un'altra parte (quanto mi piace essere oscuro!). D'altra parte la recensione del buon Juhan mi da modo di lanciare Misurare il tempo che passa di Marco Delmastro:
Ecco una cosetta che ho scritto a fine agosto per il numero 49 di DafDaf. Si tratta di un pezzo sulla misura del tempo, che, per bizzarra coincidenza, è anche il tema del fumetto OraMai scritto e disegnato da Tuono Pettinato per Comics & Science.
Il sempre prolifico Leonardo Petrillo pubblica un inusuale incontro tra fisica e psiche sui collegamenti tra due figure apparentemente distanti tra loro come Pauli e Jung:
Nell'aprile del 1934 Pauli scrisse, sempre ad Heisenberg: "Tutto diverrà magnifico quando si definirà [1/137]".
Quell'anno, durante una conferenza tenuta a Zurigo, Pauli rimarcò l'importanza di eliminare i valori infiniti che persistevano nella QED e analizzò il rapporto della teoria con il modo in cui comprendiamo lo spazio e il tempo.
Risolvere il suddetto problema avrebbe richiesto appunto "un'interpretazione del valore numerico della grandezza priva di dimensione [137]".
Ma, vi starete chiedendo, in tutto questo che diavolo c'entra Jung?
Ebbene, l'ossessione per quel numero che lo perseguitava di giorno e di notte fu uno dei motivi che condusse Pauli a rivolgersi proprio a Carl Gustav Jung (1875-1961), psichiatra e psicoanalistica svizzero che insieme a Freud aveva introdotto il concetto di mente alla stregua di realtà che poteva essere studiata, spiegata e, nel caso, anche curata.
Nota a margine del post: il 137 è legato al numero aureo (è, infatti, l'angolo aureo) e quindi alla serie di Fibonacci. Forse Cantor, dopo tutto, aveva ragione a ritenere che i numeri posseggono un grado di realtà indipendente dalla realtà fisica?
La sezione astronomica viene, quindi, inaugurata da Christofaro Sorrentino con The scale of the Universe: l'applet che ci fa sentire grandi e piccoli nello stesso tempo!
Rispetto ad una formica o ad una mosca ci sentiamo dei giganti, ma se contempliamo la cima di una montagna ci sembra di essere dei granelli di sabbia. Tutto questo è legato alla percezione delle nostre dimensioni relativamente ad altri oggetti che ci circondano, ma quanto sono realmente grandi questi oggetti? E quanto sono piccoli o grandi tanti oggetti che non ci capita quasi mai di vedere, perché troppo piccoli, troppo grandi oppure troppo distanti da noi, come una stella o una galassia?
Si prosegue, poi, con l'Astronomia pratica dello storico incontro tra un pianeta e una cometa!
La C/2013 A1 Siding Spring è una cometa proveniente dalla Nube di Oort, una regione dello spazio attorno al nostro Sistema Solare popolata da centinaia di migliaia di planetesimi composti prevalentemente da ghiaccio e roccia.
A questo mi sembra molto utile e interessante attaccare i consigli per osservare il cielo di Sandro Ciarlariello, decisamente particolari, come comprenderete leggendo il post:
Molto spesso capita che la gente mi chieda: "Dai Sandro, mostraci le costellazioni!". E a volte, anche con un certo imbarazzo, cerco di evitare la risposta per mia ignoranza. Spero, dopo questo post, che risulti chiaro il motivo.
Ora l'imbarazzo è tutto mio, visto che, come da carnevalesca tradizione, dovrei segnalarvi qualcosa di scritto dal sottoscritto. E la scelta cade su Paradosso cosmico, un lungo ma anche incompleto discorso sui paradossi temporali tra letteratura e scienza:
Ad esempio nel 1846 il romanziere svedese August Blanche da alle stampe il racconto 1846 och 1946 (1846 e 1946), dove il protagonista, un archeologo, Bautastenius, si ritrova proiettato 100 anni nel futuro dalla dea della verità. Qui incontra suo nipote, persona antipatica, che gli rivela che il nonno paterno, risposatosi, era impazzito credendosi un grande archeologo, tanto da farsi mummificare. Così nel 1946 erano presenti contemporaneamente un Bautastenius viaggiatore del tempo e un Bautastenius mummificato. Tornato nel suo tempo, fu tanta e tale l'antipatia verso il nipote, che il nostro eroe decise di modificare il futuro, al punto da acconsentire alle nozze della figlia con il fidanzato e da non volersi più risposare, in modo da non generare l'odiato nipote.
La chiusura la lascio a La Stampa con l'addio a Tullio Regge, scomparso il 23 ottobre 2014
Ma per il grande pubblico Tullio Regge rimarrà colui che ha cambiato la divulgazione scientifica in Italia. Quando nel 1980 lasciò gli Stati Uniti per tornare nel nostro paese, prima professore all'Università di Torino, poi al Politecnico, gli accademici snobbavano i colleghi che scrivevano sui giornali. Regge, provenendo da una cultura anglosassone, non temeva di "sporcarsi le mani" spiegando la scienza in modo semplice, con le parole di tutti i giorni. Incominciò a raccontare la fisica e dopo qualche anno diventò un "opinion leader" che firmava editoriali su qualsiasi tema culturale lo incuriosisse. Della sua curiosità sentiremo la mancanza.
L'appuntamento è alla prossima edizione, sempre (si spera) con l'ultima domenica del mese. Sempre qui, a meno che non voglia darmi una mano qualcuno, ma magari se ne può iniziare a discutere dal #3.

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