Una definizione della #matematica ad opera di #EugeneWigner
Qualcuno una volta ha detto che la filosofia è l'uso improprio di una terminologia che è stata inventata proprio per questo proposito
(1). Allo stesso modo, direi che la matematica è la scienza delle operazioni esperte con concetti e ruoli inventati proprio per questo scopo. La principale enfasi è sull'invenzione dei concetti. La matematica resterebbe presto a corto di teoremi interessanti se questi dovessero essere formulati in termini di concetti che già compaiono negli assiomi. Inoltre, mentre è senza dubbio vero che i concetti della matematica elementare e in particolare della geometria elementare sono formulati per descrivere entità che sono direttamente suggerite dal mondo reale, lo stesso non sembra essere vero per i concetti più avanzati, in particolare i concetti che giocano un ruolo importante nella fisica. Così, le regole per le operazioni tra coppie di numeri sono ovviamente progettate per fornire gli stessi risultati delle operazioni con le frazioni che prima abbiamo imparato senza alcun riferimento a "coppie di numeri". Le regole per le operazioni con le sequenze, cioè con i numeri irrazionali, appartengono ancora alla categoria delle regole che sono determinate in modo da riprodurre le regole per le operazioni con quantità che sono a noi già note. La maggior parte dei concetti matematici avanzati, come i numeri complessi, l'algebra, gli operatori lineari, gli insiemi di Borel (questa lista potrebbe continuare quasi all'infinito) sono così concepiti da essere soggetti adatti su cui il matematico può dimostrare la sua ingenuità e il suo senso di bellezza formale. Infatti, la definizione di questi concetti, con una percezione che queste considerazioni interessanti e ingegnose possono essere a loro applicate, è la prima dimostrazione dell'ingegnosità del matematico che li definisce. La profondità del pensiero che si spinge nella formulazione dei concetti matematici è successivamente giustificata dall'abilità con cui questi concetti sono utilizzati. Il grande matematico utilizza completamente, quasi spietatamente, il dominio dei ragionamenti permessi e rasenta quelli non permessi. Che la sua avventatezza non lo conduce in un pantano di contraddizione è di per se un miracolo: certamente è difficile da credere che la nostra capacità di ragionamento è stata portata, dal processo di selezione naturale di Darwin, alla perfezione che sembra possedere. Comunque, questo non è il nostro attuale oggetto di discussione. Il punto principale che sarà richiamato più tardi è che il matematico potrebbe formulare solo una manciata di teoremi interessanti senza definire concetti oltre quelli contenuti negli assiomi e che i concetti oltre quelli contenuti negli assiomi sono definiti con l'idea di permettere le operazioni logiche ingegnose che appagano il nostro senso estetico sia come operazioni, sia per i loro risultati di grande generalità e semplicità
(2).
I numeri complessi forniscono un esempio particolarmente evidente di quanto esposto sopra. Certamente nulla nella nostra esistenza suggerisce l'introduzione di queste quantità. Indatti, se si chiede a un matematico di giustificare il suo interesse verso i numeri complessi, egli citerà, con una certa indignazione, verso i molti bei teoremi nella teoria delle equazioni, delle serie di potenze, e delle funzioni analitiche in generale, che devono la loro origine all'introduzione dei numeri complessi. Il matematico non è disposto a rinunciare al suo interesse verso queste bellissime realizzazioni del suo genio
(3).
(mia traduzione da The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences di Eugene Wigner)
(1) Questa affermazione è citata da W. Dubislav,
Die Philosophie der Mathematik in der Gegenwart (Berlin: Junker and Dunnhaupt Verlag, 1932), p. 1.
(2) M. Polanyi, nel suo
Personal Knowledge (Chicago: University of Chicago Press, 1958), scrive: "Tutte queste difficoltà non sono altro che conseguenze del nostro rifiuto di vedere che la matematica non può essere definita senza riconoscere la sua caratteristica più ovvia: che è interessante" (p 188).
(3) Il lettore potrebbe essere interessato, a tal proposito, alle osservazioni piuttosto irascibili di Hilbert riguardo l'intuizionismo che "cerca di rompere e far sfigurare la matematica", Abh. Math. Sem., Univ. Hamburg, 157 (1922), or Gesammelte Werke (Berlin: Springer, 1935), p. 188.
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