Narrazione leggera, brillante e ironica dei nostri primi passi su Marte
La missione ExoMars 2016 ha avuto un doppio esito, positivo per il satellite di comunicazioni messo in orbita intorno a Marte, e che servirà per la missione successiva, negativo per il lander, che invece si è schiantato su Marte. L'ammartaggio di Schiaparelli ha, infatti, avuto esito negativo a causa di un non meglio identificato problema tecnico: a quanto pare il computer ha frenato il lander per appena 3 dei 30 secondi previsti. La causa di questo malfunzionamento potrebe essere una malprogrammazione del software o una difficoltà nell'incrocio dei dati provenienti dai sensori.
Ovviamente ci sarà nei prossimi quattro anni la necessità di capire l'origine del problema, per poter ridefinire la missione che dovrebbe portare nel 2020 un vero e proprio rover, come il famoso Spirit della Nasa.
Questi dispositivi mobili che vengono periodicamente inviati su Marte non si muovono di loro iniziativa, ma vengono guidati da Terra, con grande precisione, attenzione e lentezza, essenzialmente a causa dei 14 minuti per inviare e ricevere informazioni dal pianeta rosso. Tra gli attuali Autisti marziani che lavorano presso il JPL della Nasa c'è anche l'italiano Paolo Bellutta che, coadiuvato da Stefano Dalla Casa, ha scritto un'interessante guida per i suoi aspiranti colleghi!
L'uomo di Marte ha esplorato le possibilità di sopravivenza di uno scienziato rimasto solo sulla superficie marziana. Questo vero e proprio Robinson Crusoe del terzo millennio (e si spera che su Marte ci andremo entro questo millennio!) può essere considerato come un passo intermedio (ancora da compiere) nel processo di colonizzazione del pianeta rosso, iniziato, seppure in maniera indiretta, nel 1964 grazie alle prime foto scattate dal Mariner 4, la prima delle sonde terrestri a riuscire nell’impresa di avvicinarsi a sufficienza al pianeta.
Fino ad allora l'osservazione di Marte era stata fatta da lontano utilizzando il classico strumento dell'astronomo: i telescopi. Sebbene le osservazioni rislagono fino agli albori della civiltà, i più noti osservatori del pianeta sono stati considerati Giovanni Schiaparelli e Percival Lowell. In particolare quest'ultimo, a causa di una cattiva traduzione degli scritti dell'italiano, suggerì che sulla superficie marziana abitasse un popolo tecnologicamente avanzato. L'equivoco era nato a causa della traduzione del termine "canali", reso in inglese con "canals", utilizzato per i "canali artificiali", mentre Schiaparelli intendeva "canali naturali", suggerendo così un'idea forse meno forte di vita intelligente sul nostro vicino cosmico, ovvero quella di presenza di acqua corrente su un altro pianeta del sistema solare.
Ad ogni buon conto le idee di Lowell scatenarono gli scrittori di fantascienza, in particolare Edgar Rice Burroughs, che così trovò materiale per ideare la saga di John Carter eroe di Barsoom (il nome natio di Marte secondo Burroughs), e H.G. Wells con la sua Guerra dei mondi.
Tornando all'esplorazione di Marte, il passo successivo furono le missioni Viking, 1 e 2. Esse erano costituite da un orbiter e da un lander, con quest'ultimo che avrebbe effettuato l'esplorazione vera e propria del suolo marziano. Possiamo considerarli come i veri primi pionieri della possibile futura colonizzazione del pianeta.
Tra alterne fortune l'importante passo successivo avviene nel 1997 con l'entrata in orbita del Mars Global Surveyor e il successivo atterraggio del Pathfinder il 4 luglio del 1997, che però non arriva solo: deposita, infatti, il primo rover della storia del pianeta, il Sojourner. E ovviamente a guidarlo, da Terra e con un ritardo di 14 minuti circa, c'è il primo team di autisti marziani!
Il primo rover era teleguidato utilizzando la telecamera in dotazione al Pathfinder, quella utilizzata da Mark Watney per le prime comunicazioni con la Terra durante il suo soggiorno forzato sul pianeta rosso. I rover successivi, Spirit e Opportunity, vennero dotati di una telecamera propria che, sebbene in bianco e nero, permetteva una maggiore automonia di movimento, non confinandoli più ai dintorni di una telecamera fissa come nel caso del Sojourner. Dal punto di vista scientifico, invece, i due nuovi rover vennero dotati anche degli strumenti necessari per stabilire se su Marte c'era (o c'era stata) acqua.
A seguito del lavoro di Spirit e Opportunity, il più naturale passo successivo sarebbe dunque stato chiedersi se su Marte ci fosse (o ci fosse stata) vita, ma all'epoca era piuttosto complicato trovare un modo per ottenere una risposta a questa domanda, così ci si accontentò per Curiosity di stabilire se le condizioni erano (o erano state) favorevoli per ospitare la vita.
Tralasciando tutti i dettagli tecnici (d'altra parte il libro dovrete pur leggerlo!) su quale tipo di strumenti utilizzare per l'obiettivo e come progettarli e costruirli, c'è ovviamente da ricordare che, se Spirit è famoso, Curiosity non lo è da meno, grazie a un account Twitter e a uno Foursquare. In particolare quest'ultimo sta martelocalizzando la superficie del pianeta: i primi coloni umani non avranno dunque bisogno di aggiungere alcun sito del pianeta mentre utilizzeranno i loro eventuali account!
Un altro elemento importante che Curiosity ha portato all'esplorazione marziana è la sua discesa, che è stata invece fatale per Schiaparelli.
Con i lander e rover precedenti il sistema principale prevedeva l'utilizzo dello scudo termico anche come sistema frenante nella prima fase di ingresso nell’atmosfera, quindi l'aperura di un paracadute apposito e infine una sistema di airbag che proteggesse gli strumenti dall’impatto con il suolo di Barsoom. Le innovazioni per portare giù Curiosity furono due: la prima proprio nello scudo, opportunamente modificato per sfruttare l'effetto fisico noto come portanza, ottenendo anche una zona di atterraggio molto più piccola rispetto ai sistemi precedenti (e quindi una precisione maggiore); la seconda per la fase conclusiva di tutto il processo.
Il problema, infatti, era la grandezza e il peso del rover, dovuti soprattutto alla gran quantità di strumenti necessari per portare a compimento la missione. Il sistema con gli air bag non era, dunque, utilizzabile sia per una questione di ingombri sia per una questione di peso. A questo punto Adam Steltzner sviluppò un nuovo sistema denominato Sky Crane, essenzialmente una piattaforma che, sostenuta da degli appositi razzi, calò sul suolo marziano Curiosity, agganciato con dei cavi.
Una volta giunto sano e salvo ecco arrivare il momento degli autisti marziani. Per guidare un rover nell'esplorazione di Marte bisogna tenere conto del ritardo tra l'invio delle istruzioni e la loro ricezione: questo, ad esempio, impedisce una guida basata su joystick, come negli usuali videogiochi, in luogo invece di una gestione delle funzioni quotidiane inviando dei veri e propri comandi. In pratica un autista marziano è innanzitutto un programmatore, che ogni giorno muove il rover sulla superficie, gli fa raccogliere campioni e portare a termine una serie di esperimenti per poi inviare sulla Terra i risultati. E a volte scattare anche qualche foto (magari un selfie ogni tanto!). E' indubbiamente un lavoro delicato, soggetto anche agli errori: le manovre, infatti, vengono prima provate con dei simulatori o con modelli in scala dei rover stessi.
Ovviamente la prossima sfida sarà (si spera senza rinvii dopo lo schianto di Schiaparelli) ExoMars 2020 che porterà sul suolo di Barsoom un nuovo rover, equipaggiato esplicitamente per la ricerca di tracce di vita sul pianeta e, come potete immaginare, con dimensioni paragonabili a quelle di Curiosity. Farlo atterrare sarà, dunque, una grandissima sfida, considerando anche che il rover europeo si porterà dietro dei pannelli solari (reclinabili, se non ricordo male), il che ovviamente complica ulteriormente le cose rispetto a Curiosity, che invece utilizzava un generatore termoelettrico a radioisotopi, ovvero un generatore che utilizza l'effetto termoelettrico generato dal decadimento di un isotopo radioattivo.
Speriamo che il rover europeo riesca ad atterrare senza danni, non solo per il prestigio dell'Esa e dei tecnici e scienziati italiani (che hanno contribuito in gran parte alla progettazione dell’intera missione), ma anche per una maggiore comprensione del pianeta rosso.
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