La trama è intrigante. Veritas è una delle molte città della fantascienza dove un'utopia diventa realtà e si trasforma presto in distopia. Gli abitanti della città, una volta giunti alle soglie dell'adolescenza, vengono condizionati per non mentire. In questo modo tutto ciò che viene considerato menzogna genera nei veritasiani la sensazione di una scossa elettrica che attraversa il corpo. A questa società resiste un manipolo di persone che fanno della menzogna un modo per riaffermare l'umanità che il bando della menzogna ha allontanato. A questo gruppo si unisce Jack Sperry, uno dei censori di Veritas, critico d'arte il cui lavoro consiste nell'esaminare le opere d'arte e scientifiche del passato per valutarne il grado di verità. L'evento che lo spinge alla sua difficile scelta è la rarissima e incurabile malattia che colpisce il figlio a causa del morso di un coniglio.
Tranquilli. Potete ridere di ciò. Di quanto sia ridicola la causa della malattia, anche perché la prima parte de Il ribelle di Veritas è fatta esattamente per questo: ironizzare sulla società veritasiana e riderci su. D'altra parte nella seconda parte si soffre insieme con Jack e con il figlio, con i tentativi di un genitore di andare contro l'impossibile utilizzando una terapia assurda tanto quanto la stessa Veritas, una società che dietro il baluardo della verità finisce per diventare molto più alienante, disumana e ignorante delle società che l'hanno preceduta.
Tutto questo viene ottimamente amalgamato da James Morrow, in grado di gestire il registro ironico, in alcuni casi persino comico dell'idea di una società fondata sulla verità, ma anche quello drammatico negli ultimi istanti di vita del figlio di Jack. Una lettura godibile che riafferma il diritto, se non addirittura la necessità sociale della menzogna, la cui assenza rischierebbe di creare una società fondamentalmente ipocrita.
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